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Autore: eugeal    09/01/2016    1 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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La donna velata allungò una mano e, tremando leggermente, strinse le dita intorno a una ciocca dei capelli di Guy e avvicinò la lama al collo dell'uomo.
Gisborne si girò sulla schiena e aprì gli occhi, assonnato.
- Marian? - Mormorò, poi si accorse della lama affilata così vicina al suo viso e si irrigidì, svegliandosi del tutto.
La donna fu più veloce di lui: con uno scatto del polso mosse il pugnale recidendo la ciocca di capelli che aveva afferrato e balzò indietro, stringendola al petto.
Guy afferrò uno dei pugnali che teneva sempre a portata di mano e si alzò di scatto per fronteggiare la sconosciuta, ignorando il dolore provocato da quel movimento brusco.
- No, no. - Disse la donna in un sussurro angosciato. - No, ti farai male!
Guy la guardò, pronto a difendersi.
- Chi siete?! Mostrate il vostro volto!
Allungò una mano per strapparle il velo che le copriva il volto, ma la donna si rannicchiò su se stessa con un gemito di terrore.
- No! No! È il volto del diavolo!
Guy esitò. La sconosciuta aveva in mano un pugnale, ma non sembrava essere una minaccia. Del resto se avesse voluto ucciderlo avrebbe potuto farlo tranquillamente mentre dormiva, invece si era limitata a tagliargli una ciocca di capelli.
Si toccò distrattamente il punto sulla nuca da dove la donna aveva tagliato quel ciuffo di capelli e guardò il ricciolo scuro, stretto convulsamente tra le mani della sconosciuta.
Mani nodose, segnate dagli anni, contorte dalla vecchiaia e forse dalla malattia. Di certo non le mani di un'assassina.
Tenne stretto il proprio pugnale, ma non cercò di avvicinarsi alla donna.
- Chi siete? - Chiese bruscamente e la vecchia emise una specie di guaito terrorizzato.
Guy pensò che doveva essere qualche anziana servitrice dalla mente annebbiata dall'età che per qualche motivo veniva tenuta al castello per pietà o semplicemente perché nessuno si ricordava più della sua esistenza. Lui di sicuro non la conosceva e se in passato Vaisey fosse venuto a conoscenza della sua presenza di certo l'avrebbe gettata fuori dal castello a calci, riducendola a mendicare per sopravvivere.
- Chi siete? - Chiese di nuovo, in tono più gentile.
- Non sono nessuno. Io non esisto. - Rispose la donna, tremando.
Guy pensò che quella risposta confermava la sua teoria: la sconosciuta viveva nascosta nel castello per riuscire a sopravvivere in qualche modo. Probabilmente si sfamava rubacchiando gli avanzi dalle cucine. Decise che avrebbe dovuto parlare di lei allo sceriffo, sperando che si dimostrasse più umano di Vaisey.
Nel frattempo non aveva intenzione di spaventarla ulteriormente, l'avrebbe lasciata in pace dopo essersi accertato che non potesse fare del male a nessuno.
Allungò una mano verso di lei, col palmo aperto verso l'alto.
- Datelo a me e vi lascerò andare. - Disse.
La vecchia fece un passo indietro scuotendo la testa e si strinse una mano sul petto come per proteggerla.
- No! No! È mia!
Guy notò che era la mano che stringeva la ciocca, mentre quella che impugnava il coltello era abbandonata lungo il fianco, come se se ne fosse dimenticata.
- Il coltello. Datemi il coltello.
La donna guardò il pugnale, come se lo avesse visto in quel momento per la prima volta. Fece un passo esitante verso Guy e glielo appoggiò delicatamente sul palmo, ritraendosi subito indietro.
Gisborne notò la pelle del polso, lucida e quasi corrosa, sfregiata dai segni antichi di un'ustione estesa e profonda, simili a quelli che lui stesso aveva sul braccio al posto del tatuaggio.
Guy la fissò: continuava a stringere la ciocca dei suoi capelli come un tesoro prezioso.
- Perché lo avete fatto? Perché mi avete tagliato i capelli?
La vecchia emise una risatina folle.
- Sono i riccioli scuri del mio bambino. - Disse, col tono leggero di una ragazzina. - Il bambino che amo così tanto.
Gisborne la guardò e per un attimo gli mancò il respiro, mentre un'idea assurda gli attraversava la mente.
Quelle parole, la cicatrice lasciata dal fuoco…
Madre?
Era possibile? Possibile che Ghislaine non fosse morta in quell'incendio e che si aggirasse per il castello, folle e sfigurata?
No.
Per quanto potesse desiderare di rivederla, dentro di sé Guy sentiva che sua madre era morta, ne era assolutamente certo. Inoltre la donna che si trovava davanti a lui era più alta di sua madre, aveva un'ossatura più robusta, non era lei, non poteva essere lei in alcun modo.
La guardò ancora e se ne convinse con assoluta certezza, ritrovando la calma. Eppure in qualche modo avere quel dubbio anche se solo per pochi secondi gli aveva fatto provare compassione per quella donna folle.
- Non portarmela via! - Gemette la donna, stringendo al petto la ciocca dei suoi capelli e Guy si spostò, per permetterle di raggiungere la porta se lo avesse voluto.
- Se ci tenete tanto potete tenerla. - Disse Guy, a disagio e la donna rise, felice, come una bambina.
Allungò una mano e sfiorò la guancia di Guy con una carezza.
- Sei un caro ragazzo. - Sussurrò, con la voce improvvisamente gonfia di pianto, poi corse via, con una velocità sorprendente per la sua età.
Gisborne corse alla porta e si affacciò nel corridoio per vedere dove fosse diretta, ma si fermò, stupito: il passaggio era completamente deserto.

Guy rimase a fissare il corridoio vuoto, ancora confuso per quello strano incontro. Se non fosse stato per il pugnale che aveva in mano e per il ciuffo di capelli più corto che sentiva toccandosi la nuca, avrebbe pensato di aver sognato tutto.
- Padre!
Guy si girò nel sentire la voce di Seth e vide il bambino che correva lungo il corridoio, seguito da Marian.
Infilò il pugnale nella cintura e si chinò per accogliere Seth tra le braccia, senza riuscire a nascondere una smorfia di dolore quando il bambino gli toccò il fianco ferito.
Marian lo raggiunse poco dopo, preoccupata.
- Sei ferito, Guy? Robin mi ha detto…
Gisborne la interruppe mettendole un dito sulle labbra e Marian si accorse che Seth stava fissando Guy, improvvisamente spaventato e con gli occhi lucidi di lacrime.
- Ti sei fatto male, padre?
- Sono caduto da cavallo, ma non è niente, solo qualche livido. Devo solo riposare un po' e passerà tutto.
Seth lo prese per mano, serio, e lo tirò dentro la stanza.
- Allora mettiti a letto. Se non riesci a dormire ti racconto una storia.
Guy sorrise al figlio e lo seguì, sedendosi sul bordo del letto. Seth si arrampicò anche lui e iniziò a saltellare sul materasso, poi prese una coperta e la mise sulle spalle del padre.
Marian sedette accanto a Guy, interrogandolo con lo sguardo e Gisborne le prese una mano tra le sue per rassicurarla.
- Sto bene. - Disse. - Davvero. Più tardi ti racconterò tutto, ma ora stai tranquilla.
La ragazza gli accarezzò una guancia e a Guy venne in mente il gesto compiuto dalla misteriosa sconosciuta solo pochi minuti prima.
- Sei pallido. Forse dovresti dormire un po'.
- Anche tu hai il viso stanco, non sei riuscita a dormire molto a casa, vero?
Marian sorrise.
- Seth voleva giocare con me e poi è arrivato Robin per dirmi di raggiungerti al castello.
- Allora chiudi la porta e vieni a stenderti vicino a me. Un po' di sonno farà bene a tutti e due.
- Io non voglio dormire, padre! - Protestò Seth.
- Va bene, se non hai sonno puoi restare sveglio, ma resta sul letto insieme a noi e raccontaci una storia.
Il bambino annuì, si infilò sotto le coperte, abbracciando il padre e cominciò a parlare allegramente, inventando una avventura piuttosto contorta e di sicuro molto fantasiosa che parlava di un'impresa di Robin Hood contro un drago feroce che aveva rubato il cavallo del Guardiano Notturno.
Guy e Marian rinunciarono a seguire la trama della storia dopo pochi minuti, accontentandosi di restare stesi vicini ad ascoltare il suono della voce del bambino, con gli occhi chiusi e le mani intrecciate.
Anche se aveva affermato di non avere affatto sonno, Seth fu il primo ad addormentarsi, raggomitolato contro il fianco del padre.
Marian aprì gli occhi e lo guardò dormire per un po', poi spostò lo sguardo sul viso del marito e gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte con un gesto tenero e preoccupato.
- Ora dimmi tutto, Guy. Raccontami cosa è successo.
   
 
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