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Autore: EnderScribble    12/01/2016    0 recensioni
Aetius Miles è un vincitore... viene dal Distretto 9 ed è il primo del suo Distretto dopo anni che vince ai sessantaquattresimi Hunger Games, ma lui non si ritiene tale.
La morte della madre e l'Arena gli hanno lasciato un vuoto nella sua anima che solo la vendetta può colmare... deciso più che mai a ribellarsi a Capitol City, Aetius è ormai ridotto ad un uomo che non ha più niente da perdere, l'uomo più pericoloso di tutti... e sarà con gli Assassini, che scoprirà le sue radici e il suo destino: eliminare la minaccia Templare che dopo i Giorni Bui, si è impadronita di Panem ed ora governata da Coriolanus Snow, gran maestro Templare. Ma chi ci dice... che sia Snow a muovere i fili?
Nulla è reale... tutto è lecito... benvenuti, ai settantaseiesimi Hunger Games!
Genere: Azione, Fantasy, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Presidente Coin, Presidente Snow
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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Oh, salve amico… immagino che tu sappia chi sono, cosa ho passato e voglia sapere la mia storia!
Molto bene, da dove comincio? Mi chiamo Aetius Miles… vengo dal Distretto 9. E che altro? Oh, certo. Sono un Assassino… non un pazzo che uccide gente a caso, però… ok, forse sono un po’ pazzo ma non uccido certamente a caso! Le mie prede sono i Templari: uomini dediti a raggiungere il totale controllo del mondo e degli uomini… be’, è una storia lunga quindi è meglio se vi sedete, bevete qualcosa e vi mettete l’anima in pace per avermi disturbato! Bene…
Tutto cominciò nella mia baracca, una piccola casa da povero in una fattoria del Distretto 9, stavo bevendo una bottiglia di vodka seduto ad un tavolo di legno, l’unico mobile della casa al momento, a parte la grossa falce appesa alla parete davanti a me. Staccai le labbra dalla bottiglia e mi studiai la mano sinistra completamente fasciata e sporca di sangue in corrispondenza dell’anulare. Qualcuno bussò alla mia porta ed entrò un ragazzo di colore –Abbiamo finito il trasloco, signore-  -Grazie… prendi pure!- gli lanciai un sacchetto pieno di soldi e mi guardò sorpreso –Che c’è? Non ti aspettavi il sacchetto? Apri pure… ci sono tutti!- alzando la bottiglia ormai vuota e la gettai a terra. Mi alzai, presi la falce dalla parete e uscii dalla baracca. Questa si trovava su una collina dentro ad una piccola fattoria circondata dai campi di grano. Mi avviai lungo un sentiero giù per la collina con la falce in spalla, intorno a me i lavoratori si voltavano a guardarmi. Non per il mio cappotto marrone scuro pieno di strappi e toppe, così come il resto dei miei vestiti, ne perché me ne andassi in giro con una falce, scendevo spesso da ragazzo per quella collina con la mia falce a mietere il grano… no. Mi guardavano perché ero un vincitore. Sopravvissuto all’Arena… la mano sinistra ne era la prova e questa volta non sarei tornato indietro per quel sentiero. Sarei andato al Villaggio dei Vincitori dove avrei vissuto con tutti gli agi che un contadino del Distretto 9 poteva sognare!
Arrivai dopo dieci minuti di cammino al cancello del Villaggio: una serie di case a due piani che davano su un viale principale. In giro non sembrava esserci nessuno a parte due Pacificatori all’entrata che mi aprirono il cancello. Entrai nella casa che mi era stata assegnata, posai la falce sul tavolo più vicino e mi gettai sulla poltrona in salotto massaggiandomi le tempie e accendendo la televisione. I giochi erano finiti soltanto l’altro ieri e mandavano in onda i momenti più salienti… io che rubo del cibo da un accampamento dei Favoriti e facendoli saltare in aria con l’esplosivo… io che uccido un ragazzino di tredici anni… uno dei Favoriti sopravvissuto che mi cattura e mi taglia un dito… io che mi libero e gli spezzo il collo… e gli spettatori che applaudono dopo la serie di immagini… spensi la tv. Mi tremavano le mani e sudavo freddo mentre il ricordo dell’Arena, una distesa di montagne e alberi di pino, s’insinuava nella mente. Mi calmai scolandomi qualche bottiglia di liquori vari in cucina. Qualcuno bussò di nuovo ed entrarono due signore, una giovane e vestita di bianco con una valigetta in mano e una fascia grigia attorno al braccio; l’altra invece più anziana, sulla cinquantina credo, tutta truccata e vestita di abiti eleganti: Illary White, la mia accompagnatrice. –Oh, caro… ma che cosa fai!?- tolse le bottiglie vuote dal tavolo –hai un aspetto orribile! Cerca di aspettare almeno che finisca il tour… la signorina Marsh ti controllerà quella brutta ferita!- indicò la ragazza e poi la mia mano sinistra. Marsh si sedette, prese un paio di forbici e tagliata una fascia cominciò a togliere le altre finché non arrivò alla mano, tutta rossa. Illary stava quasi per vomitare. Mi osservò l’anulare ormai ridotto ad un moncherino che non arrivava neanche alla prima falange. –La ferita si è quasi cicatrizzata… meglio tenere la fasciatura fino a domani mattina! Ripasserò allora a controllare- prese un rotolo di bende e ricominciò a fasciarmi la mano lasciandomi libere le altre dita. Una volta finito si alzò e se ne andò. Illary rimase insieme a me impedendomi di prendere altri alcolici. –Non hai ancora detto nulla… hai almeno letto il discorso che ti avevo preparato per il tour?-. Risposi prendendo una pallina di carta dalla tasca. Lei sbuffò e la aprì. –Sentì… lo so che sei stanco, spaventato e ti senti in colpa, ma…-  -No…- la interruppi -…non è questo… sono solo disgustato!-  -Da cosa…?-  -Dal mondo… come posso vivere in un luogo, dove la morte è proiettata sul grande schermo in HD? Dove giovani innocenti sono costretti a uccidersi a vicenda per il gusto di pochi!?- sbattei il pugno buono sul tavolo –E’ la prima volta che il Distretto 9 ha un vincitore in tanti anni… tu non hai mai visto un vincitore in questo stato, vero? Li vedi solo durante le interviste prima dei giochi e poi durante il tour…-  -Forse…- rispose -…però voglio lo stesso che tu sia pronto per settimana prossima!- tremava la voce anche a lei, si alzò ed uscì dalla cucina prendendo con se tutti gli alcolici e mettendoli in un sacchetto. La vidi uscire e consegnare il sacco ai pacificatori. Rientrai e appesi la falce ad un chiodo sopra al camino, poi salii di sopra e mi misi a letto. Per mia enorme fortuna, l’alcol tenne alla larga gli incubi. Mi svegliai la mattina dopo e per un attimo mi scordai di dov’ero, ricredendo di essere in quella vecchia fattoria. La dottoressa Marsh tornò un’ora dopo, il dito era completamente cicatrizzato quindi mi diede solo qualche medicina da prendere ogni tanto.
La settimana successiva passò lentamente… ovviamente il ricordo dell’Arena continuava a martellarmi continuamente… ovunque andassi mi sentivo come se chiunque cercasse di uccidermi fino al punto che uscivo sempre con la falce in spalla. Il giorno prima di partire per il tour ero allo strenuo… la mia casa era piena di bottiglie vuote di alcol, Illary mi costrinse a farmi una doccia e di buttare via i rifiuti, mi portò un abito nuovo, anche se decisi di tenermi il mio cappotto rovinato. Lei ci teneva che io apparissi al meglio. Io no. Ero in bagno a specchiarmi, i capelli marroni lunghi ancora bagnati e gli occhi castani rossi… mi massaggiai la faccia leggermente rotonda e mi accorsi solo al momento di avere una cicatrice che mi attraversava le labbra… ero arrivato fino a quel punto… avevo vinto, avevo un futuro certo, una casa bellissima nel mio distretto e i suoi abitanti mi guardavano con orgoglio… orgoglio… mia madre diceva sempre che non è il giudizio degli altri a determinare cosa sei o le tue azioni, un essere umano è tale quando riesce da solo a capire cosa è bene e cosa è male e a sapere se le sue azioni sono giuste o no… “Ricorda Aetius” diceva “solo quando l’uomo sarà capace di giudicare se stesso, il mondo sarà libero… quando il bene non sarà dettato dalle leggi… ma dal giudizio di se stesso! Perché anche la migliore e più giusta delle leggi è schiavitù”.
E io semplicemente non ci stavo.
Non sarei diventato un assassino per il divertimento dei ricchi e per il degrado dei poveri… giurai che se avessi ucciso di nuovo sarebbe stato in nome della libertà e della giustizia… forse non sarebbe stata la libertà che sognava mia madre, ma almeno Panem sarebbe stata più libera di quanto non fosse stata negli ultimi sessantaquattro anni! E se c’è una cosa di cui vado personalmente fiero, questa è la testardaggine nel portare a termine la cose… e il tour era l’occasione perfetta di parlare a tutto il popolo di Panem.
Mi misi una maglietta e scesi in cucina armato dii carta e penna. Mi sedetti e cominciai a pensare ad un bel discorso sulla libertà, i diritti, il futuro ed altra roba simile! Mi preparai un’abbondante scorta di caffè e mi misi a scrivere. Le ore passavano, le tazze di caffè si svuotavano e il pavimento si riempiva di palline di carta… non ricordo a che ora mi addormentai sul tavolo, mi ricordo solo che a un certo punto Illary mi svegliò:
-Tesoro, Aetius, sveglia… oggi comincia il tour! Devi prepararti al meglio…- sollevai il viso dal cumulo di carta scritta –Oh, si… mi preparo…- presi il discorso mezzo completato e mi alzai per andare in camera.
Decisi di indossare dei pantaloni neri e una camicia bianca, stavo cercando qualcosa da mettere sopra quando Illary bussò –Aetius, si può?-  -Si, entra pure…-  entrò con le mani dietro la schiena -Ho una sorpresa per te!- mi passò il mio cappotto marrone scuro tutto ripiegato ammodo, lo presi, lo aprii e vidi che era stato praticamente rimesso a nuovo: la pelle era lucida e pulita, i bordi erano lisci e senza strappi e le toppe erano state sostituite, non si vedevano neppure più e per finire c’erano di nuovo tutti i bottoni.
-Illary… grazie! Ma come hai fatto!-  -Conoscenze di Capitol City… ho pensato che se proprio dovevi mettertelo doveva essere almeno presentabile! Su, ora muoviti! Dobbiamo essere alla stazione tra dieci minuti!- indossai il cappotto e un paio di stivali e uscii.
Il treno era quasi più lussuoso di quanto ricordassi... stavo insieme ad Illary nell’ultimo vagone, seduto sul divano ad osservare il paesaggio e a bere.
La prima fermata sarebbe stata al Distretto 12, da li veniva il carbone, sapevo che era tra uno dei distretti più poveri e le mie aspettative… non furono deluse.
Il palco era stato adibito di fronte al municipio, perfettamente identico a quello del 9. I tetti e le strade erano pieni di Pacificatori armati di pistole e manganelli, tutti in fila a formare un muro tra gli abitanti e il palco.
Salii sopra seguito da Illary e presi posto davanti al microfono, presi il foglio del discorso dalla tasca del cappotto e cominciai a leggere: -Signore e signori… ehm… no, scusate…!- improvvisamente ciò che avevo scritto non andava più bene! Il momento migliore per un attacco di panico! Lessi e rilessi alla svelta e poi, tutto fu più chiaro… gettai il foglio e presi il microfono:
-Abitanti di Panem! Guardatemi! Cosa vi sembro!?- un brusio si diffuse per la piazza –Spoiler: non un vincitore! Io ho vinto… ma in nome di cosa? In nome di chi!? E per cosa sono morti i vostri figli!?- indicai le bare recanti le foto dei due tributi morti –Morti inutili… morti per far divertire la gente di Capitol City! Per ricordarci che noi non siamo niente in confronto a loro!? Cosa sono loro senza di noi? Niente! Ci opprimono con la forza e con la schiavitù! Potranno legare i nostri corpi! Lasciarci segni che ci ricorderanno il nostro “posto”!- alzai la mano sinistra mostrando il dito mancante –Ma la nostra voglia di libertà… è una cosa che non potranno mai portarci via come ci hanno portato via la libertà stessa!- un pacificatore salì sul palco –Ma verrà il giorno, Capitol City, che ci riprenderemo la libertà!- il pacificatore si avvicinò, sentii una forte scossa elettrica al fianco e tutto si fece buio.
Mi svegliai sul treno, sdraiato sul divano con Illary accanto che sudava –Ma cosa ti è saltato in mente!?- mi urlò appena alzai la testa –Un discorso simile! In diretta tv davanti a tutta Panem!-  -Ah… è andata bene…-  -Non scherzare Aetius! Se continui così potresti anche rimetterci la vita!-  -Ma io l’ho già fatto…- mi alzai e presi un pasticcino dal tavolo -…sono già morto nell’Arena… nessuno esce davvero da lì… e io non mi fermerò! Nessuno morirà più per mano di Capitol City negli Hunger Games!-.
 
In ogni distretto in cui andai, la storia si ripeté: salivo sul palco, dicevo la verità sui giochi e poi portato via a forza dai Pacificatori… solo che ogni volta il discorso era sempre più breve e i pacificatori più brutali; il tocco di classe però l’ho dato nel Distretto 1, dando al Presidente Snow del vigliacco, che si nasconde nel suo palazzo come un burattinaio… solo che noi non siamo burattini, e presto… lo impiccheremo con gli stessi fili che ci controllano!
Il colpo consisté in un calcio di fucile in testa in mezzo alla folla. Davanti a tutti… da allora è cominciata la mia discesa nell’Inferno…
Questa volta non c’era Illary accanto a me… il vagone era vuoto, a eccezione del divano su cui ero steso… il treno procedeva, certo ma guardandomi intorno mi accorsi che il paesaggio andava sempre più lento, sempre di più fino a che non mi fermai su un ponte. Provai a uscire ma le porte erano bloccate.
Vagai per la stanza, e fu allora che la vidi. Una bomba. Posizionata in fondo al ponte e poi un bigliettino sul divano; lo lessi:
“Signor Aetius Miles, le sue parole stanno causando non pochi problemi a noi, gente onesta di Capitol City… la sua accompagnatrice aveva tentato di avvertirla ma lei ha continuato imperterrito a seminare il suo insensato odio per Capitol City sugli altri Distretti! Purtroppo non mi lascia altra scelta… suo, presidente Corolianus Snow”
L’esplosione arrivò dieci secondi dopo. Le prime due bombe esplosero ai lati del ponte e subito il treno cominciò a sprofondare! Ci furono altre esplosioni, queste vicino al treno ed un ultima grande esplosione sotto di esso…  quando il vagone esplose io mi stavo già lanciando dai finestrini, ormai a pezzi, ma non feci in tempo! Il fuoco mi spinse ancora più lontano mentre le gambe e il braccio destro mi facevano male da impazzire! Caddi in acqua e mi aggrappai con la mano sinistra ad un resto del ponte che galleggiava.
Sentii la corrente trasportarmi via mentre il respiro si faceva pesante e la vista veniva meno… le forze mi abbandonarono ed io mi abbandonai alla stanchezza e alla corrente… ma prima di svenire giurai a me stesso, giurai a mia madre, giurai a Panem! Che io non sarei morto… ma che sarei tornato e avrei combattuto!... poi… il buio 
   
 
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