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Autore: bettethelword    14/01/2016    3 recensioni
"Ti prego, Lana, non partire. Resta qui con me... "
E se ci fosse qualcosa tra le due bellissime attrici? Se non fosse solo lavoro?
E se si amassero davvero?
[Morrilla]
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Jennifer Morrison, Lana Parrilla
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A te, S.
Perché sei la mia ispirazione.


Say it again

Jennifer proprio non ci riusciva. Non riusciva ad essere amica di Lana, non dopo quello che era successo, non dopo quello che c’era stato.

Poco prima del cinque luglio duemilaquattordici, Lana aveva organizzato una cena per tutto il cast di “Once Upon A Time”, autori compresi. Aveva scelto un bel ristorante, una sala discreta, intima; aveva provveduto a sistemare tutti gli invitati lungo una grande tavolata, al centro della quale erano seduti, ovviamente, lei e Fred. Odia anche pensarlo, quel nome. Ad ogni modo, Ginnifer aveva insistito, aveva letteralmente trascinato Jennifer a quella cena, aveva detto che le avrebbe fatto bene, che, finalmente, avrebbe potuto mettersi l’animo in pace dopo aver visto Fred e Lana che annunciavano a tutti che si sarebbero sposati; le aveva promesso che sarebbe finita, una volta per tutte. Per un attimo Jennifer ci aveva anche creduto, davvero, a quella promessa, ci aveva creduto perché era l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi: un’affermazione, un giuramento che – capì presto – ritornò ad essere solamente un flusso di parole al vento. Aveva visto Lana alla cena nel suo vestito aderente, bianco, scollato, ricoperto di piccole perline color bianco panna, e aveva capito di aver fatto un grandissimo errore.

Jennifer aveva scelto appositamente il posto a sedere più lontano, per nascondersi: sapeva che dopo qualche bicchiere di vino in più avrebbe potuto cedere alle lacrime e non voleva che Lana la vedesse, non così, non in quel momento. Tutti erano felici, ridevano, si scambiavano battute, scattavano selfie, bevevano e mangiavano in quantità. Jennifer era lì, in fondo, seduta al fianco della sua migliore amica e suo marito; di fronte c’era Megan che le versava vino nel bicchiere ogni volta che accennava a svuotarsi; così Jennifer non si era nemmeno resa conto di quando avesse iniziato ad ubriacarsi. Non che le dispiacesse, dal momento che quella bevanda frizzante e chiarissima pareva occupare, seppur per poco, il vuoto che continuava a scavare al centro del suo petto, quella stessa voragine che la stava silenziosamente divorando dall’interno. Ginnifer se n’era accorta e l’aveva portata fuori, sulla grande terrazza dalla quale era possibile affacciarsi ed essere investiti dal panorama mozzafiato di Vancouver. Jennifer rideva, rideva a crepapelle, a stento riusciva a restare dritta, si appoggiava alle braccia di Ginnifer e non riusciva a smettere di ridere. Già, ridere. Come quando si fa un incidente e, quasi, non ci si rende conto di aver sfiorato la morte, allora viene da ridere. E Jennifer rideva forte.

Tanto forte che aveva attirato l’attenzione di qualche collega che era ancora all’interno della sala. Colin, Megan e Josh le avevano viste ed, incuriositi, avevano aperto la porta scorrevole che divideva la sala dalla terrazza per raggiungerle. Anche Lana aveva notato quel gruppetto che si era spostato all’esterno ed aveva chiesto dolcissima, non appena si era avvicinata:

‹‹Allora? Cosa c’è di così divertente?›› sorrideva, col suo sorriso bianchissimo e bellissimo.

Si erano girati tutti, alzando le spalle e rispondendo che non ne avevano idea, che Jennifer non riusciva a smettere di ridere e che la sua risata li aveva contagiati. Lana osservava Jennifer da dietro le larghe spalle di Colin e Josh, ed era divertita, avrebbe voluto sapere cos’è che faceva tanto ridere Jennifer. Poi il bicchiere che aveva portato con sé Jennifer aveva traballato troppo a causa dei suoi movimenti spasmodici, facendo cadere qualche goccia sul suo vestito grigio a fascia, così Ginnifer era corsa dentro a cercare un tovagliolo pulito con cui asciugare le macchie. Josh, Colin e Megan avevano percepito la strana aria che li circondava, non volevano essere lasciati soli in certe situazioni, perché non le capivano, certe situazioni, erano momenti che aveva imparato a gestire la sola Ginnifer; loro sentivano solo l’aria più tesa e l’imbarazzo. Erano intimoriti ed erano letteralmente fuggiti via, lasciando Lana e Jennifer da sole. La bruna era stata un po’ incerta, titubante, su cosa fare quando Josh le aveva praticamente scaricato addosso Jennifer piegata ancora in due dalle risate, si era guardata alle spalle per cercare qualcuno che potesse aiutarla, ma non aveva trovato nessuno.

‹‹Si può sapere che hai da ridere?›› aveva chiesto la bruna, ridendo a sua volta e tentando di non perdere l’equilibrio per colpa di Jennifer che si dimenava.

‹‹Io… Davvero, non lo so che mi è preso – aveva detto tra una risata e l’altra – non so perché sto ridendo››

La bionda si era staccata dalla presa di Lana, perché il suo tocco era qualcosa che le bruciava ancora addosso, aveva lasciato le sue mani come fosse stata la cosa più difficile del mondo, mani belle, morbide, mani che aveva stretto, mani che l’avevano toccata. Anche quelle erano qualcosa che faceva troppo male, e le aveva lasciate, appoggiandosi, poi, alla ringhiera. Lana era tesa quando si trovava da sola con Jennifer, era chiaro: le braccia distese lungo il corpo, le mani strette l’una sull’altra, la mascella serrata. E poi, Jennifer lo sapeva, aveva imparato a conoscerla, aveva ammirato ogni sua piccola espressione, l’aveva osservata in ogni momento della giornata: da lontano mentre si intratteneva con la troupe tra una ripresa e l’altra, quando sedeva concentrata a studiare il copione, quando i suoi occhi color cioccolato di perdevano dolci nei suoi verdi nel silenzio del trailer, quando si assopiva teneramente dopo aver fatto l’amore. Jennifer aveva smesso un po’ di ridere dopo che la sua mente era stata attraversata bruscamente da quei ricordi, così si era riportata posizione eretta, reggendosi sul metallo freddo del parapetto ed aveva guardato Lana con un sorriso malinconico e dolce allo stesso tempo.

‹‹Sei bellissima›› le aveva detto ad un certo punto.

Lana aveva abbassato lo sguardo timidamente, aveva sorriso ed aveva risposto ‹‹Grazie››, quasi sottovoce, arrossendo un po’. Ma quando Jennifer le aveva sfiorato i capelli acconciati in una pettinatura ondulata e romantica, portando una ciocca dietro l’orecchio, l’aveva supplicata ‹‹Jen, ti prego… Smettila›› e non l’aveva nemmeno guardata mentre lo diceva, perché aveva paura: aveva paura che qualcuno potesse vederle, che gli altri potessero vederle, gli autori, Fred. Il cuore di Jennifer si fermò per un attimo. Aveva dimenticato che non aveva più il diritto di dirle certe cose, forse, nemmeno più di pensarle. E questo la fece infervorare come non mai, le sue parole avevano risvegliato un fuoco nello stomaco di Jennifer che si era propagato sino agli occhi, riempiendoli di lacrime.

‹‹Adesso non posso dirti nemmeno che sei bellissima?›› le aveva chiesto con voce rotta e sussurrata.

‹‹Ci guardano tutti›› si era giustificata Lana.

‹‹Non me ne frega un cazzo se qualcuno ci guarda, Lana! Io voglio poterti dire tutto quello che mi passa per la testa, che sei bellissima, che…››

‹‹Ti prego, fermati›› Lana singhiozzava, neanche lei riusciva a sopportare il peso di quelle parole, parole che aveva già sentito pronunciare da quelle labbra che sapevano ancora di lei.

Jennifer aveva lasciato che il vento le soffiasse in viso per qualche secondo, caldo e silenzioso, lasciando che asciugasse le lacrime che le rigavano il viso e sollevasse i bellissimi capelli biondi. Aveva serrato le labbra, inghiottendo le parole, cercando di non pensare a Lana che era davanti a lei, nel suo vestito bianco, proprio come una sposa.

‹‹Sei felice? – aveva chiesto la bionda – Voglio solo sapere se sei felice, Lana, solo questo. Come lo eri con me, quando mi buttavi le braccia al collo e mi sorridevi, quando mi vedevi troppo stressata e mi tiravi su il morale con qualche balletto buffo o qualche smorfia divertente, quando eravamo semplicemente sdraiate sul divano di casa mia a parlare tutta la notte di qualunque cosa. Dimmi solo se sei felice. Ed io mi rassegnerò, Lana. Giuro che lo farò››

Gli occhi di Lana erano spalancati e lucidi, si muovevano velocemente guardando le iridi chiare di Jennifer, ritrovando in quegli occhi meravigliosi tutti i momenti appena descritti. Una lacrima si era liberata ed aveva sfiorato il viso della bruna delineandone le gote, la cicatrice, le labbra, il mento ed il collo; aveva deglutito prima di rispondere con voce strozzata: ‹‹Sì, sono felice, adesso››. Poi era arrivata Ginnifer di corsa – lamentandosi di quanto fosse difficile trovare un tovagliolo pulito in quella sala – e si era fermata proprio tra loro due; aveva guardato prima l’una e poi l’altra ed a Jennifer sembrava che si fosse resa conto di ciò che era appena successo dal suo sorriso che andava affievolendosi sempre più. Lana si era voltata, scacciando via l’unica lacrima che si era ribellata ed era scappata dal suo controllo, aveva raggiunto Fred in sala, saltandogli addosso e lo aveva baciato.

‹‹Che è successo?›› aveva chiesto Ginnifer spaventata.

‹‹Ha detto che è felice, Ginny – Jennifer aveva ripreso a ridere a crepapelle – Ora Lana è felice!››


***


Erano tutti in pausa dalle riprese dell’ultima puntata da registrare nel duemilaquindici. Jennifer stava scegliendo quale foto postare sui social, Lana rispondeva ai suoi fan su Twitter ringraziandoli per le migliaia di regali ricevuti, Ginnifer leggeva distrattamente una rivista, Josh teneva in braccio il bambino, Colin era accovacciato ed accarezzava il suo cane dietro le orecchie.

‹‹E voi cosa fate per Capodanno?›› chiedeva Ginnifer, cercando di intavolare una conversazione che non fosse noiosa quanto la sua rivista.

‹‹Domanda kamikaze›› aveva commentato sarcasticamente Colin.

‹‹Perché? Tu che fai?›› Josh cercava di dondolare il bambino per farlo addormentare.

‹‹Non so ancora, è questo il problema›› rideva, mentre il cane scodinzolava e gli saltava sulle gambe.

‹‹Io vado ad un party con amiche, voi?›› aveva risposto Jennifer con poca attenzione, mentre guardava ancora lo schermo dello smartphone.

‹‹Io e Josh faremo una cosa tranquilla in un ristorante, con il bambino e l’altro in arrivo – aveva portato una mano sul ventre mente lo diceva – forse ci raggiunge anche Robert con la sua famiglia. E tu, Lana?››

‹‹Oh – mettendo il cellulare in tasca e prestando attenzione alla conversazione, aveva aggiunto – Io e Fred abbiamo deciso di andare a Disneyland a Orlando con i ragazzi›› sorrideva. Jennifer non la guardava nemmeno, cercava solo di non pensare a quello che aveva appena detto: Lana e Fred ed i ragazzi, tutti insieme, come una famiglia. Dio, se faceva ancora male; era trascorso un anno, ma non l’aveva dimenticata.
Come avrebbe potuto?

‹‹Perché non venite anche tu ed Helen, Colin? Possiamo stare tutti insieme›› gli aveva proposto Ginnifer.

‹‹Sì, perché non ci vai, Colin? – Jennifer era praticamente esplosa, d’improvviso aveva pronunciato quelle parole con tutto l’odio ed il rancore che aveva dentro – Così starete tutti insieme, come una famiglia›› si era
alzata dalla sedia e si era allontanata da tutti gli altri per poi chiudersi nel suo trailer. Ci aveva provato, davvero, con tutte le sue forze aveva tentato di essere una semplice amica per Lana, ma non ci era riuscita. Non poteva, non erano semplici amiche. Ascoltarla mentre esponeva a tutti i suoi piani per il Capodanno, era qualcosa che non riusciva a sopportare, perché era felice mentre lo faceva, era felice con Fred. Senza di lei. Ed era qualcosa che faceva terribilmente male, tanto male da farle mancare il respiro.


***


“È una cazzata. Una grandissima cazzata. Una cazzata colossale.”

Jennifer, ripetutamente, scandiva in mente queste parole come fossero una cantilena, forse cercava di convincersene. Certo era che le sue mani stavano letteralmente tremando, nell’ultimo quarto d’ora aveva torturato tutte le dita e mordeva in continuazione il labbro inferiore tanto forte da farlo sbiancare. Non sapeva nemmeno quello che stava facendo realmente, non riusciva a capire nulla, aveva solo seguito il consiglio della sua migliore amica.

‹‹So cosa stai pensando – Ginnifer aveva rotto la catena della filastrocca della bionda – Non pensarci neanche. Tu resti qui. Devi dirglielo, devi farlo, perché altrimenti potresti passare il resto della tua vita chiedendoti cosa sarebbe successo se glie l’avessi detto››

Ginnifer sapeva tutto. Le era sempre stata accanto: quando era iniziato tutto come un flirt, un gioco di seduzione, quando avevano capito di amarsi, quando avevano sofferto perché era stato loro impedito di vivere la loro storia alla luce del sole – forse non avevano lottato abbastanza, non avevano avuto abbastanza coraggio – quando era finito tutto.

Jennifer non sapeva cosa rispondere, semplicemente guardava la bruna con gli occhi di una supplica, cercando di convincersi che avesse dannatamente ragione, perché se non fosse stato così… Ne sarebbe uscita distrutta.

‹‹Ne sei sicura?›› aveva chiesto con voce flebile.

‹‹Assolutamente. Ecco, è arrivata›› Ginnifer aveva indicato Lana che si era messa in coda al Gate numero 10 per il volo 421, direzione Orlando. Si erano avvicinate entrambe mentre Fred ed i suoi figli iniziavano ad imbarcarsi. Poi Ginnifer aveva picchiettato la schiena di Lana.

‹‹Ginnifer – aveva esclamato, sorpresa, con la sua splendida voce calda – Jennifer… Che ci fate qui?››
Fred si era voltato, incuriosito ‹‹Che succede, amore?›› poi si era accorto delle tue colleghe attrici della moglie; Lana gli aveva risposto che andava tutto bene e che le sue amiche erano lì per salutarli, così l’uomo aveva salutato entrambe con un bacio sulla guancia – al quale gesto, Jennifer sembrava quasi stesse per tirargli un cazzotto in piena faccia – e si era imbarcato per primo, rammentando alla moglie di non fare tardi. Ginnifer, allora, si era allontanata ed aveva lasciato Lana e Jennifer da sole. La bionda era incerta, titubante, tuttavia, dopo poco, si era convinta ed aveva fatto un respiro profondo:

‹‹Lana, ti prego, devo parlarti›› le diceva mentre la tirava per allontanarsi dalla fila al Gate. Lana era intimorita, aveva le labbra socchiuse e gli occhi tremanti, non le staccava lo sguardo di dosso.

‹‹Ti prego, Lana, non partire. Resta qui con me… Io sono ancora innamorata di te, ti scongiuro, non andartene – Jennifer aveva preso coraggio e le aveva confessato ciò che provava tutto d’un fiato – Lo so che avrei dovuto dirtelo prima, che non avrei dovuto aspettare tutto questo tempo per dirtelo. Ma ti amo, Lana. Sono stata una stupida…››

‹‹Oh mio dio›› Lana l’aveva interrotta per un attimo solamente.

‹‹Ma te lo sto dicendo adesso. Non salire su quell’aereo… Non andare, ti prego›› Jennifer le aveva preso le mani e le stringeva nelle sue.

‹‹Jen, sei impazzita? Io sto per partire, loro mi stanno aspettando, l’aereo…›› Non sapeva cosa rispondere, non sapeva come reagire a tutto quello che le era stato appena detto. Le parole di Jennifer l’avevano investita come un’onda, lasciando spazio solo al silenzio.

‹‹No, Lana, ascolta – aveva portato una mano della bruna a toccarle petto – Io ti amo, lo sento dentro e so che lo senti anche tu››

‹‹Ecco… Io… Devo prendere l’aereo›› più Lana cercava di scappare, più Jennifer la tratteneva forte a sé.

‹‹No, resta qui con me, Lana. Ti prego. Ti prego, non andare da lui… scegli me. Non è giusto…›› ormai le lacrime scorrevano libere sul viso pallido della bionda. La bruna la guardava, attonita, poi si era staccata definitivamente dalla presa dell’altra e, camminando all’indietro, le aveva sussurrato ‹‹Mi dispiace, Jen. Non insistere, ti scongiuro. Devo andare›› con voce rotta, piangendo.


***


Era una domenica mattina, una di quelle lente e calde e bianche. Il cielo era azzurrissimo con qualche batuffolo di nuvola soffice, le foglie di un verde brillante danzavano inseguendo il leggero soffio del vento estivo. Erano le dieci e trenta ed erano ancora a letto, con le gambe incastrate una nell’altra e le lenzuola attorcigliate intorno ai copri seminudi. Si guardavano silenziosamente, senza mai distogliere lo sguardo, poi sorridevano, abbassavano gli occhi imbarazzate, si mordevano le labbra ed, infine, tornavano a guardarsi. Come fosse la prima volta, come se non fosse passato un solo giorno dalla loro prima volta insieme, come se la loro storia le avesse catapultate indietro nel tempo e vivessero come adolescenti, con il cuore pieno e leggero. Si erano avvicinate, si erano baciate, assaggiando ognuna sulle labbra dell’altra il sapore del sole e l’odore del mare.

‹‹Dimmelo ancora›› le aveva sorriso, stringendo il labbro inferiore tra i denti.

Lei no, invece, non aveva sorriso, era seria, aveva uno sguardo intenso ed incatenato alle sue iridi chiare e bellissime sotto la luce del sole. ‹‹Ti amo›› la sua voce era quella di sempre, quella che l’aveva fatta impazzire dalla prima volta, quella che le faceva venire i brividi all’altezza dello stomaco, una voce calda, densa, che l’avvolgeva tutta.

Allora Jennifer aveva baciato ancora Lana – non avrebbe mai voluto smettere – l’aveva baciata premendo le labbra contro le sue, poi le aveva dischiuse lasciando scivolare la lingua nella sua bocca e si abbandonò ad un bacio lento e morbido, labbra che mangiavano labbra, respiro dentro respiro.

‹‹Ewww! Che schifo!›› una piccola vocina aveva esclamato dalla base del letto.

Jennifer si staccò dalle labbra di Lana e chiedeva ‹‹Dove sei, piccola monella?›› alzando il capo, curiosa, guardando al di là del materasso: una testolina bionda spuntava proprio alle spalle di Lana, non si vedeva nulla, solo questo buffo caschetto color banana.

‹‹Vieni qui, che ti mangio tutta!›› Jennifer si era sollevata sulle ginocchia ed aveva preso sua figlia, anzi loro figlia, l’aveva sollevata da terra e portata in mezzo a loro due, le aveva alzato la canotta scoprendo il pancino e aveva iniziato a fare pernacchi con la bocca su quel piccolo ventre rosato, provocando risate dolcissime alla bambina. Lana aveva iniziato a fare il solletico con le dita alla piccola Allison, che quasi non respirava più per le risate.

‹‹Basta! Basta!›› supplicava la bambina con le lacrime agli occhi.

‹‹Ehi, che state combinando?›› un’altra piccola testolina era spuntata ai piedi del letto, questa volta, però, era piena di riccioli castani che rimbalzavano qua e là, mentre il piccolo Marcus si avvicinava divertito dalle grandi risate. Questa volta era stata Lana a sollevare il più piccolo dei due bambini e portarlo in mezzo a loro, facendogli patire la stessa pena del solletico riservata alla sorellina. Avevano riempito la casa con le loro risate, poi le madri si erano stancate, arrendendosi ai due piccoli che avevano contraccambiato la pena; una volta sventolata la bandiera bianca, Lana aveva detto ai bambini di andare giù in cucina di modo che avrebbero potuto fare colazione insieme, tutti e quattro, aggiungendo che chi sarebbe arrivato per primo avrebbe avuto una porzione enorme di pancakes. Così, i marmocchietti erano scesi di corsa dal letto e si erano letteralmente precipitati al piano di sotto e Jennifer, intanto, si era alzata dal letto ed era andata in bagno per legarsi i capelli.

Lana l’aveva osservata tutto il tempo, nella sua culottes celeste e nella canotta bianca di pizzo. Era semplicemente meravigliosa.

‹‹Ci pensi mai che avremmo potuto non avere niente di tutto questo?›› aveva chiesto la bionda, stringendo l’elastico tra i denti ed attorcigliando la lunga coda bionda in uno chignon.

Dopo qualche momento in cui la bruna era rimasta totalmente imbambolata ad ammirare il corpo longilineo e scultoreo della moglie, le aveva risposto ‹‹No, preferisco non pensarci e godermi quello che ho››. Jennifer, nel frattempo, si era appoggiata al grande comò di legno e marmo chiari, godendo della freschezza della superficie, mantenendo sempre lo sguardo fisso sulla bruna ancora distesa sul letto.

‹‹Non me lo perdonerai mai, vero?›› aveva aggiunto l’ispanica.

‹‹Che cosa? – chiedeva retorica Jennifer – Che mi hai abbandonata all’aeroporto, da sola e con il cuore a pezzi? Oppure che mi avevi spiattellato in faccia di essere felice con quello lì e che l’avresti sposato?›› No, dopo poco più di sei anni non riusciva ancora a pronunciare il nome di Fred. Solo al pensiero, rabbrividiva.

‹‹Ehi, non la fare così tragica. Non eri sola, c’era Ginny con te!›› le aveva detto, canzonatoria, mentre la bionda si avvicinava famelica alla propria moglie, gattonando sul materasso per raggiungerla.

‹‹Mi prendi anche in giro?›› le aveva chiesto, mordendo il suo labbro inferiore e socchiudendo gli occhi.

‹‹Non potrei mai›› aveva risposto Lana.

E si erano baciate ancora, dolcemente, con passione, lentamente. Jennifer teneva il viso di Lana tra i palmi delle mani e Lana aveva rotolato sul materasso, invertendo le posizioni e disponendosi a cavalcioni su di lei, le aveva preso le mani e le aveva portate intorno al suo corpo. Lana teneva le mani intrecciate dietro la nuca di Jennifer; erano sedute sul materasso e non avevano mai staccato le labbra l’una dall’altra.

‹‹Però mi hai perdonata›› aveva detto la bruna, ad un certo punto.

‹‹Come avrei potuto non farlo? Mi sei letteralmente saltata addosso sulla porta di casa mia!›› sorrideva e stringeva Lana ancor più vicino a sé.

‹‹Bugiarda! Tu mi sei saltata addosso, dopo che ti ho detto che avevo lasciato Fred e che non avrei mai dovuto arrendermi, ma combattere per noi perché tu ne vali la pena, perché illumini ogni mio singolo giorno, perché adoro stare in tua compagnia, anche mentre leggi un libro e sorseggi una tazza di tè, perché mi fai sorridere e perché amo vederti ridere, amo saltare sulle tue spalle e fare follie con te, amo stare con te, perché amo tutto di te, perché ti amo e non ho mai smesso di farlo››.

Jennifer aveva invertito nuovamente le loro posizioni, bloccando Lana sotto di lei, l’aveva baciata ancora, con maggiore passione, come se avesse voluto entrare dentro di lei.

‹‹Dillo ancora›› le aveva chiesto, di nuovo. E Lana aveva riso, sollevando la testa e guardando fuori dalla finestra.

‹‹Ti amo… e non ho mai smesso di farlo›› la guardava dritto negli occhi mentre lo diceva.

Dopo altri baci ed altrettante carezze, Jennifer aveva tirato su Lana dal letto e l’aveva abbracciata.

‹‹Dai, su, andiamo. Sento già battere le posate sul tavolo da Allie e Mark›› le aveva detto, schioccandole un bacio tra i capelli. L’aveva osservata mentre correva giù per raggiungere i bambini, aveva visto il suo corpo morbido e formoso – quel sedere che la faceva ancora sognare – i capelli fluenti e l’aveva ascoltata mentre gridava ‹‹Chi arriva per ultima lava i piatti!›› e sapeva che non avrebbe potuto essere più felice.



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Note dell'autrice:
Eccomi qua: nel mezzo della sessione invernale ho voluto dedicare, come sempre, ad S. questa Oneshot molto romantica, su sua esplicita richiesta.
E' la prima volta che mi addentro nel "fluff", spero vi sia piaciuto tanto quanto a me. E scusate per il dramma in precedenza, ma " l'attesa del piacere è essa stessa il piacere", no? ;)
Mi raccomando, fatemi sapere se vi è piaciuta! 'Notte! :*
   
 
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