Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Ameliasvk    14/01/2016    4 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Delirium


_ Miguel_

Un rullo di tamburi invase l'aria.
Non saprei dire per quanto tempo rimasi semplicemente lì, in ascolto, ma ben presto al mormorio sommesso di quell'unico strumento se ne aggiunse un secondo, un terzo... poi un altro ancora.
Col passare dei minuti, i fragori si fecero più forti e stridenti, sovrapponendosi l'un l'atro in una danza misteriosa, atavica, incalzante.
Sempre più sfrenata.
" Ma cosa...?" pensai in preda alla confusione.
Non c'erano pause, nessun tipo di regola; battuta dopo battuta, il ritmo cresceva vertiginosamente, mutando schema con la stessa volubilità del vento.
Era un continuo innalzamento di volume, di ritmo, di tono; una scia inarrestabile, che mi trapassava i timpani con immane violenza, senza pietà, stritolandomi le tempie in una morsa dilaniante.
Tuttavia, qualcosa non andava.
Ci fu una violenta esplosione... e di nuovo un'altra.
Poi venne lo strazio sottoforma di suono.
Quello vero, stavolta.
Sentii le urla dei tamburi alzarsi di botto, accrescendo sempre di più, a dismisura, fino a tramutarsi in qualcosa di orripilante.
Intontito e fortemente provato, sbattei le palpebre più e più volte, come a volermi risvegliare definitivamente da quel brutto sogno, ma era tutto inutile... non ci riuscivo.
L'incubo non voleva cessare.
Allora cominciai a guardarmi in giro alla ricerca di una via di fuga, di uno spiraglio di speranza, di qualsiasi cosa!
Ma come trovarla?
Non c'era niente intorno a me, assolutamente nulla!
Solo immense distese di tenebra che si disperdevano a vista d'occhio; una landa desolata, buia, priva di gravità, dove sembrava quasi che il mio corpo fluttuasse nell'aria.
Senza peso.
<< Smettetela!>> ringhiai.
 La mia voce era roca, storpiata, come il latrato agonizzante di una bestia ferita.
<< Che cosa volete?>>
Di tutta risposta, sentii le grida dei tamburi calare drasticamente, fino a disperdersi nell'aria; c'erano solo sussurri adesso, bisbigli gorgoglianti, smorzati ed astiosi, come maledizioni intessute sottovoce.  
<< Chi siete?>> urlai verso l'ignoto, << Venite fuori!>>
Udii l'eco della mia voce protrarsi nello spazio vuoto, senza però incontrare alcuna barriera.
Ero solo, sì.
Solo.
Ma c'era qualcosa che non mi tornava: da dove provenivano quei mormorii?
Erano così lontani... eppure incredibilmente vicini, tanto da poter sentire il loro ronzio risuonarmi costantemente nelle orecchie.
Al loro interno, come se il suono non provenisse da fuori, ma dal centro esatto della mia scatola cranica.
E rombava, urlava, scavava... affondando sempre di più quella scure invisibile nel mio cervello.
"Sto diventando matto!" mi dissi.
Non poteva essere altrimenti.
Ma oltre al senno, avevo l'impressione di aver perduto anche ogni ricordo inerente al passato.
La mia testa era un recipiente vuoto, leggero.
Una tabula rasa.
E non riuscivo a venirne a capo!
Tutti i miei tentativi fallivano dopo pochi istanti, ed era svilente, doloroso, nauseante.
Per quanto mi sforzassi, la mia memoria rimaneva com'era e più cercavo di riportarla a galla, più i tamburi ritornavano a martellarmi nelle tempie. Non c'era modo di farli smettere.
Allora chiusi gli occhi, nella vana speranza di domare tutto quel caos, tuttavia... l'unica cosa che riuscii a fare, fu percepire quelle grida farsi sempre più vicine.
Ma dov'erano finite le prigioni?
E le catene e... le sbarre?
Fui letteralmente folgorato da quei pensieri improvvisi, tuttavia, non trovai alcuna spiegazione.
Di quali prigioni stavo parlando?
Quali catene, quali sbarre?
Dannazione!
C'era qualcosa che mi bloccava e non riuscivo a ricordare!
Non ce la facevo... e in preda allo sconforto, cominciai ad urlare e girare su me stesso come una trottola impazzita.
Così presi a correre con tutte le mie forze, disperatamente; alla ricerca di cosa, però, non avrei saputo dirlo.
Mi lasciavo guidare dalle voci, dalle grida, dai tamburi.
Oltre l'orizzonte di cui non vedevo la linea, oltre la fatica, oltre lo sfinimento.
Senza mai fermarmi.
Avrei potuto proseguire così per ore, forse per giorni, ma all'interno di quella dimensione il tempo si dilatava e restringeva a suo piacimento.
Non c'erano certezze, né tantomeno regole.
La relatività regnava sovrana.
Quindi non mi sorpresi quando lo spazio che mi gravitava intorno iniziò ad alterarsi, fino a cambiare forma e colore.
Dal vuoto al pieno, dall'aperto al chiuso.
Ora non potevo più correre: alte mura in laterizio m'ingabbiavano all'interno di una camera circolare, dal tetto basso, illuminata a malapena dalla calda luce aranciata delle candele.
Mi guardai intorno con aria circospetta, il cuore che ancora galoppava nel petto come un cavallo imbizzarrito.
La stanza in cui mi trovavo era spoglia, le pareti nude.
Solo il pavimento guizzava di vita, cosparso com'era di lumi e candelabri.
Sembravano indicarmi una via, un sentiero, una sorta di strada da percorrere.
Restai fermo a fissare le fiamme per un po', affascinato, poi spostai lo sguardo sulla porta che mi stava di fronte.
Era enorme e somigliava vagamente a qualcosa che avevo già visto in precedenza, sì... ma dove?
Un altro ricordo che mi sfuggiva fra le dita, come granelli di sabbia dalla consistenza troppo fine.
Con circospezione, decisi di avvicinarmi d'un passo alla mastodontica superficie in bronzo, poi di un altro ancora.
Le bizzarre figure che vi erano ritratte sopra sembravano incredibilmente realistiche, dinamiche, guizzanti, come se da un momento all'altro la materia in cui erano state scolpite potesse prendere vita.
Si trattava di corpi giovani, scalpitanti: Angeli e Demoni dalle membra eternamente intrecciate.
Sublimi, nei loro volti di bronzo.
Grotteschi, infinitamente terrificanti.
Sollevai una mano per saggiare la fredda durezza del materiale, ma non appena sfiorai la superficie della porta, i cardini cigolarono e la maniglia si abbassò.
Non c'erano più tamburi adesso ad infestare l'aria, nessuna voce stridente.
Solo un quieto silenzio, del tutto irreale.
Ma cosa si trovava dall'altra parte?
Mi mossi in avanti, quasi alla cieca... e fu come immergersi in una pozza d'acqua torbida.
Melmosa.
Oltrepassai la soglia senza nemmeno rendermene conto, dopodiché... fui investito da un immenso calore.
Potevo sentire il mio corpo sciogliersi e bruciare, scosso da spasmodici sussulti, come se una scarica letale di elettricità mi stesse trapassando da parte a parte.
Quel dolore immane si propagò ovunque, simultaneamente, mentre miliardi d'immagini, voci e sensazioni perdute s'affollavano con velocità sovrumana all'interno della mia testa.
Ed era il delirio, sì.
La cacofonia come pura essenza del caos.
Una pietra rossa brillava incastonata nell'oro, una mano la reggeva, finché non fui sommerso da un'infinità di volti, di nomi, di significati.
Vidi corpi spezzati imputridirsi ai miei piedi, arti mutilati, poi ancora morte, sangue e gole recise di netto.
Le scene più cruente e disparate s'intervallarono davanti ai miei occhi, in modo confuso, per poi lasciare spazio ad un'unica immagine che spazzò via tutto il resto.
Ed era come perdersi nella contemplazione del Paradiso, mentre un nettare delizioso, più dolce dell'Ambrosia, incendiava subdolamente le mie narici.
<< Amelie!>> gridai in preda al panico, riportando alla mente l'ultima immagine che avevo di lei.
Finalmente ricordavo, sì!
Tutte le tessere del puzzle erano tornate al proprio posto... ciononostante, ogni ricordo recuperato era come piombo, che di volta in volta si posava sul mio cuore fino a sconquassarlo.
<< Maledizione, Amelie! Dove sei?!>>
Mi guardai ansiosamente intorno, vedendo null'altro che vuota oscurità.
Ma che diavolo stavo facendo?
Lei era in pericolo, tra le grinfie di Cassandra ed io dovevo a tutti costi ritrovarla e portarla in salvo!
Non c'era tempo da perdere!
Ma lei dov'era?
Dove si trovava?
Sicuramente, Cassandra l'aveva portata via, con sé... per rinchiuderla chissà dove all'interno dell'Ailthium.
Magari nelle sue stanze?
Avevo la testa in procinto di scoppiare e nessuna risposta a disposizione.
Pensare lucidamente era pressoché impossibile!
Però una cosa la sapevo con certezza: non mi trovavo più nelle prigioni, né dentro l'Ailthium in generale.
Non fisicamente perlomeno.
Eppure, l'enorme portale da me attraversato, era decisamente familiare.
Aveva le sembianze di quello che precedeva l'entrata dell'Arena, ma al suo interno non c'era niente.
Nulla che riconducesse a quel posto, solo buio e devastazione.
Avanzai lentamente in quella nebbiolina brunastra e purulenta; sentivo il rumore dei miei passi a contatto con la pavimentazione, il mio respiro riecheggiare nel vuoto, ma non vedevo ad una spanna dal naso.
Era come camminare sul filo di un rasoio, completamente bendati.
Continuai in quelle condizioni per qualche altro passo, un piede alla volta, poi però mi fermai.
Era inutile proseguire in quella direzione, totalmente insensato, dato che il percorso s'interrompeva bruscamente con un vicolo cieco.
Emisi un lieve sospiro di frustrazione, poi ripresi a far vagare lo sguardo ovunque potesse posarsi.
Doveva pur esserci un modo per  proseguire... magari se fossi tornato indietro...?!
Sì, non poteva essere altrimenti!
Quindi mi voltai e con la disperazione nel cuore, presi a correre verso la soglia che mi ero lasciato alle spalle.
L'avevo quasi raggiunta... mi mancava poco, ma prima che potessi avanzare anche solo di un passo, una luce accecante mi ferì gli occhi.
Lo scenario cambiò improvvisamente, la porta svanì, e polverose coltri di fumo m'inghiottirono tra le fornaci dell'inferno.
Mi risvegliai altrove.
In un altro tempo, forse.
In un altro luogo.
Vedevo le scintille rosse ardere all'interno dei bracieri, il fuoco danzare nelle pire, mentre da dietro l'altare sacrificale, la pallida figura di Cassandra si stagliava contro la parete come una scultura vivente.
Il bianco era il suo colore, il suo segno distintivo, ed ora le brillava addosso come una cascata di diamanti; dalle pieghe della tunica immacolata ai capelli lasciati sciolti dietro le spalle.
Eppure, non l'avevo mai vista in quelle condizioni.
Aveva lo sguardo folle, scintillante di lacrime, lucido come la superficie iridescente di un opale nero;
la bocca era atteggiata in un macabro sorriso e le dita ossute stringevano convulsamente l'elsa di uno splendido pugnale dorato.
Ma l'oro non era l'unico colore a brillare.
La lama grondava sangue in abbondanza e sotto di essa, giaceva il corpo ormai esanime di una fanciulla.
Non vedevo bene da quella distanza; c'era troppa gente a coprirmi la visuale, troppi corpi in movimento, concitati, che assistevano alla scena come in trance.
Riuscii a farmi spazio a fatica, dopodiché aguzzai lo sguardo.
All'inizio fu difficile persino identificare quelle forme.
Poi capii.
E il terrore allo stato puro s'impossessò della mia mente, dei miei polmoni, del mio cuore.
Non respiravo più, mi reggevo in piedi a stento ed ogni battito involontario, era come una pugnalata in pieno petto.
<< Amelie...>> sussurrai incredulo, con un filo di voce.
E come avrebbe potuto mai udirmi?
Inghiottii il groppo che mi raschiava la gola... e per un attimo, mi parve di mandare giù del fiele, poi ci riprovai, urlando come un folle per sovrastare il suono di tutte quelle voci.
<< Amelie!>>
Ma lei non rispondeva, non si muoveva.
<< Ti prego, Amelie...>> continuai imperterrito, << Svegliati!>>
Silenzio.
Immobilità.
Il mio terrore che cresceva a dismisura.
I capelli arruffati le coprivano gran parte del volto, ma non il resto del corpo... no.
Era tutto in vista: braccia, seni, gambe.
Non c'era nessun velo a celarne la pallida perfezione.
Nient'altro che fumo e luce e aria.
Lei era nuda sotto il mio sguardo.
Completamente nuda... e il candore delle sue carni pareva quasi eguagliare quello della pietra su cui era adagiata, facendola sembrare più una splendida scultura marmorea, che un vero e proprio essere umano.
La sua bellezza trascendeva il tempo, lo spazio, rendendola la più sublime delle creature, al pari di una Dèa dormiente.
Ma più venivo rapito da quella visione, più mi rendevo conto che c'era qualcosa d'infinitamente sbagliato, in lei.
Nonostante lo scorrere dei secondi, il suo petto restava silenzioso e i suoi polmoni sgonfi.
Non c'erano battiti, contrazioni, né tantomeno singulti.
Non c'era vita, e la statica rigidità delle sue membra portava con sé l'inconfondibile marchio della morte.
<< No...>> farfugliai, la voce talmente fievole da risultare inudibile.
<< Non può essere!>>
Fu allora che mi resi conto del segno rosso.
Proprio lì, all'altezza del cuore.
Un grosso squarcio vermiglio, che si apriva a orribilmente sotto la lama acuminata del pugnale di Cassandra, fino a formare una sorta di "X" dentellata.
Nel vedere quella ferita ancora sanguinante, mi sentii contorcere lo stomaco dal disgusto.
Quella non era la verità, una cosa del genere non era possibile!
Già...
Lei non era lì... no!
Il mio Piccolo Tarlo non era veramente mor-...
Oh, non riuscivo nemmeno a pensarlo!
Quell'idea era totalmente assurda, irreale, falsa!
Doveva esserlo per forza!
Eppure quel corpo era proprio lì, sotto i miei occhi... così tremendamente immobile, bianco.
Morto...
Ma no, no, no!
La mia Amelie non era morta!
Non era possibile!
E per un attimo, riuscii quasi ad illudermi che non fosse lei quella fanciulla... che in realtà mi stessi sbagliando.
Magari si trattava di un'altra.
Quante giovani donne con le sue stesse caratteristiche fisiche esistevano a questo mondo?
Probabilmente tante, troppe.
Ciononostante, nessuna di queste ragazze possedeva quel profumo delizioso, unico, impareggiabile: solo lei, maledizione!
Solo e soltanto lei!
In quel momento fui pervaso da una furia nera, cieca... incontrollabile.
Un ruggito che mi scavava il petto dall'interno e che quasi si faceva strada ad unghiate nella  mia cassa toracica.
Sembrava volesse sbucarmi fuori dalle costole ed inghiottire tutto il resto.
Senza che me ne resi conto, iniziai a gridare in direzione di Cassandra, imprecando con tutte le mie forze e giurando vendetta... poi, presi a scaraventarmi su qualsiasi cosa mi si parasse di fronte.
C'era molta di distanza, tra me e l'altare.
Ma nessun ostacolo era in grado di frenare la mia ira.
Così incominciai a spaccare tutto, a lottare contro uomini, donne... addirittura contro le fiamme.
Malgrado ciò, fermarmi era un'impresa impossibile.
Quindi m'immersi nel sangue, nella morte, nella distruzione... in un circolo perverso e vizioso, dove ad ogni vita umana recisa, ne corrispondeva una di tutt'altra natura.
Fu proprio così, che ogni cadavere che mi lasciavo alle spalle riprese a vivere; vidi quella pelle imputridirsi, i tratti somatici mutare e le forme anatomiche distorcersi fino all'inverosimile.
Infine, comparivano le zanne, gli artigli e grandi occhi rossi... ardenti come braci.
<< Venite da me!>> gli esortai, la voce folle di rabbia.
Decine di Ghuldrash allora si levarono in piedi, sorgendo dalle ceneri delle loro stesse spoglie mortali.
Ma non aveva importanza.
Ora che Lei non c'era più, niente contava veramente!
Né il mondo, né il Rito, né tantomeno Cassandra.
Che si fottesse, sia lei che il suo stramaledetto Sigillo!
<< Tieniti pronta!>> sibilai a denti stretti, trafiggendo la strega bianca con lo sguardo.
<< La prossima sarai tu!>>
Lei sorrise, dopodiché fece un lieve segno col capo ed i Ghuldrash iniziarono a muoversi.
Li vidi ringhiare come bestie, ciondolare in avanti, per poi gettarsi all'attacco simultaneamente.
Erano enormi, massicci, veloci, molto più di quanto ricordassi, ma fin troppo instabili sulle loro nuove gambe.
Sconfiggerli fu facile.
Tuttavia, per assicurarmi una dipartita definitiva fui costretto a fracassargli il cranio, fino a ridurlo in una fanghiglia nerastra e maleodorante.
Nessuno avrebbe potuto arrestare la mia corsa, nemmeno Cassandra con i suoi nuovi poteri.
O almeno... così credevo.
<< Ma bravo...>>  si complimentò la vecchia strega, incurvandosi in avanti, sul corpo privo di vita della mia Amelie.
<< Li hai sconfitti tutti.>> continuò, << Eh sì...tutti i miei adorati figli sono morti per mano tua, Sterminatore. Ma... credi davvero che riuscirai a fare lo stesso con me?>>
Con un debole movimento della mano, le scostò i capelli dal volto, scoprendolo del tutto alla mia vista.
Non c'erano contrazioni di dolore in quello che vedevo; gli occhi di Amelie erano chiusi, sereni, la sua espressione calma e rilassata, mentre la bocca risultava appena dischiusa.
Congelata eternamente in quella posizione, come nell'atto di riprendere fiato.
Mio Dio, sembrava che stesse dormendo... e mi si strinse il cuore nel vederla così perfetta, pura, intatta.
Il mio Piccolo Tarlo combina guai, il mio unico amore... la mia splendida Dea dormiente.
Dava proprio quell'impressione, sì.
Ma più mi perdevo in quei lineamenti, più il mio cuore arrancava, zoppicava, fino a grondare sangue.
Sentivo le pulsazioni cardiache rallentare, quello strano muscolo involontario saltare più volte i battiti, finché un bruciore improvviso mi ustionò gli occhi, poi le guance.
Solo in un secondo momento, mi resi conto che si trattava di lacrime.
Stavo piangendo, sì.
Ma cos'altro potevo fare?
Lei era morta! Morta! Ed io non riuscivo a frenare quell'inutile pianto.
<< Vuoi uccidermi, non è vero?>> fece Cassandra, accarezzandole dolcemente il profilo degli zigomi.
Ma tutto l'odio che provavo nei confronti di quella megera, non era niente se paragonato a quello che riservavo esclusivamente a me stesso.
" Perché?!" mi chiedevo, " Perché, perché, perchè?! Per quale motivo non sono riuscito a difenderla?!"
Proprio io, che avevo compiuto una strage e decapitato il Giudice Supremo senza alcuna pietà!
Io, che avevo la forza di venti uomini e una velocità del tutto inumana, sovrannaturale!
Come avevo potuto permettere che accadesse tutto questo?!
<< Allora?>>
I suoi occhi m'inchiodarono con uno sguardo di pece, mentre le sue labbra scure si posavano sulla fronte di Amelie, sulle sue gote pallide, per poi scendere a baciarle castamente la bocca.
<< Non toccarla!>> gridai con tutta la voce che avevo in corpo, << Toglile immediatamente quelle luride labbra di dosso! Mi hai sentito?! Non devi più toccarla!>>
La strega bianca si staccò un poco da lei, ed un sorriso marcio si allargò orribilmente sulla sua faccia.
<< Allora vieni qui!>> mi esortò, << Uccidimi! Fammi esalare l'ultimo respiro!>>
Non me lo feci ripetere due volte, e con la disperazione che mi ribolliva nel sangue, mi precipitai su quella stramaledetta scalinata, fino a raggiungere l'altare.
Da lì, l'odore del sangue di Amelie era insopportabile: impregnava tutto senza alcuna distinzione, dall'aria che mi entrava nei polmoni al marmo che calpestavano i miei piedi.
Era ovunque... e mi soffocava, sì.
Mi asfissiava.
Come venefiche spire di fumo nel bel mezzo di un incendio.
<< Povero sciocco! Tutta questa strada per niente!>> gridò Cassandra, mostrando biecamente la sua vera faccia.
Si trattava di un volto bianco, incartapecorito, con profondi solchi intorno agli occhi e ai lati delle labbra.
C'era sempre stato un ché di antico, in lei... un forte contrasto, dato dalla sua natura duplice e perversamente ambigua.
Lei incarnava l'unione degli opposti: bianco e nero, bene e male, gioventù e vecchiaia.
Ora, però... non c'era più traccia della sua velata ed insolita giovinezza.
La pelle aveva perduto ogni tonicità, lo sguardo ogni splendore, e la dentatura... di solito perfetta, era ormai un'orribile accozzaglia di putridume nero.
<< Che tu sia maledetta!>> ringhiai, << Che cosa hai fatto?!>>
La sua bocca disumana si spalancò e dalle sue corde vocali fuoriuscirono dei guati frastornanti.
Si trattava di risate, sì.
Turpi risa volgari, sguaiate, che le distorcevano le labbra fino a farle sembrare delle fauci bestiali.
<< Sei arrivato troppo tardi!>> esclamò, << Davvero troppo tardi! Il Rito è stato compiuto e la tua adorata Amelie... giace qui, ora... su questa fredda lastra di marmo. Morta...!>>
Abbassò lo sguardo su Amelie, lambendole il corpo con una lunga occhiata, poi rivolse la sua attenzione altrove.
Alle mie spalle.
<< La Luna Scarlatta...>> sussurrai, puntando gli occhi nella sua stessa direzione.
E con infinita sorpresa, mi resi conto che dietro di me non c'era più nulla: nessuna scalinata, nessuna stanza, nessuna porta.
Solo bruma gelida e fango.
Infiniti filari di alberi si aprivano dinnanzi a me, dando vita ad una sorta di foresta oscura, rigogliosa, con piante dai fusti altissimi e torreggianti, da cui fuoriusciva una fitta chioma puntuta.
Ma non era finita lì.
Molto più in alto, oltre le cime dei sempreverdi e dei pini, c'era un punto dove le nebbie si erano parzialmente dissolte, rivelando un disco concentrico e luminoso, con la superficie lattiginosa irrorata di sangue.
Brividi di terrore mi corsero lungo la spina dorsale, mentre i raggi rossastri della luna discendevano verso il basso, sul grande podio di pietra, fino ad illuminare completamente la figura che giaceva immota sull'altare. 
<< Cosa c'è?>> sibilò lei, gettando il suo pugnale a terra.
<< Perché ti sei fermato?>>
Restai per alcuni secondi muto, paralizzato, mentre la luce della luna imbeveva da capo a piedi il cadavere della donna che amavo.
<< Cosa stai aspettando?>> mi derise Cassandra.
Tuttavia non mi mossi, né tantomeno proferii parola.
Rimasi semplicemente fermo dov'ero, in attesa che il terreno c'inghiottisse entrambi.
Ma non era ancora finita... oh, no.
L'impossibile si stava manifestando davanti ai miei occhi, ed io non potevo fare altro che assistere impotente.
Vidi quei raggi di fuoco rosso lambirle il corpo più intensamente, con maggior vigore, finché il sangue ormai coagulato della ferita ricominciò nuovamente a fluire verso l'esterno.
Dapprima con lentezza, quasi a stento, poi sempre più copiosamente.
Segni ricurvi, dal colore vermiglio, le comparvero su tutto il corpo, dando vita ad un intricato dedalo di volute e simboli intrecciati.
<< Finalmente! Il Sigillo sta per rompersi!>> esultò la strega, urlando al cielo tutta la sua folle gioia.
Accecato dall'ira, feci per scattare in avanti, afferrarle il collo e strangolarla, ma una forza sconosciuta mi paralizzò completamente gli arti, il respiro, la lingua.
Non avevo mai provato un simile potere su di me: era qualcosa di enorme, sconfinato, sconosciuto.
Talmente potente da spezzarmi le ossa e farmi capitolare a terra.
Eppure, contro ogni logica... riuscii a non emettere alcun suono.
Non un grido, non un rantolo, nemmeno un' implorazione sussurrata.
Rimasi stoicamente zitto, in silenzio, con il solo scopo d'irritarla.
Sì... volevo scatenare su di me la furia della strega bianca, più di quanto stessi già facendo.
<< Che ne pensi dei miei nuovi poteri?>> ruggì dall'alto della sua posizione eretta, << Non li trovi strabilianti?>>
Un calcio mi colpì al fianco sinistro, ripetutamente, mentre il dolore che sentivo dentro non faceva altro che accrescere di secondo in secondo.
Tuttavia, non le bastava dilaniarmi dall'interno, no... voleva che soffrissi fino all'inverosimile.
Voleva farmi cedere, capitolare, implorare il suo nome per una pietà che sapevamo entrambi non avrei mai ricevuto.
E che fosse dannata... ci stava riuscendo!
<< Avanti, Miguel! Urla!>> ringhiò frustrata, << Fammi sentire la tua voce! Il tuo dolore... le tue suppliche! Implorami di avere pietà!>>
<< T-taci, puttana!>> le sputai contro.
E lei sogghignò, come una pazza, fino a scoppiare letteralmente in una fragorosa risata.
<< L'hai voluto tu!>>
E lo strazio si fece inimmaginabile, atroce, incandescente.
Di quel passo, non avrei resistito a lungo, anzi.
Sentivo dall'interno i miei vasi sanguigni esplodere uno dopo l'altro; il rumore dei legamenti e delle ossa che si frantumavano era persistente, quasi un sottofondo ritmato, che andava a tempo con il rullo dei tamburi.
Ma non me ne preoccupai, no.
In fin dei conti era quello che volevo e Cassandra mi stava aiutando.
Mi donava a sua insaputa ciò che nel profondo avevo sempre desiderato: la morte.
Proprio così, la morte.
Non aspettavo altro.
Non bramavo altro.
Solo quel lento ed inesorabile precipitare, l'ebbrezza della vertigine, il respiro mozzato di botto.
Ma no, la mia dipartita non sarebbe sopraggiunta così velocemente.
Avrei dovuto continuare a patire per ancora molto tempo, prima di addormentarmi e chiudere gli occhi per l'eternità... dopodiché, la svolta.
Via la sofferenza, via il respiro e la mia stessa esistenza.  
Finalmente, sarei potuto essere libero.
Libero di morire... di liquefarmi nel nulla, fino a diventare il nulla.
E raggiungere Lei... ovunque si trovasse.
Quindi, finii per accettare quel destino di buon grado, prendendolo come una vera e propria benedizione.
Come l'unica soluzione possibile.
<< C-Cassandra...>> balbettai, senza forze.
Strinsi i pugni fino a sentir le nocche infrangersi, tuttavia non potevo cedere proprio in quel momento.
"Non ancora..." mi ripetevo " Mi serve più tempo."
Sollevai lo sguardo in direzione della strega bianca, le sorrisi e sospirai.
<< G-grazie...>> le dissi in un ultimo rantolo strozzato, fino a che non mi abbandonai completamente tra i flutti di quel dolore senza fine.
Sentii le onde dell'incoscienza travolgermi, accarezzarmi le membra in un gelido abbraccio... poi, nient'altro che formicolii ed echi lontani.
Non udivo più nulla, non percepivo nulla, non sentivo più alcun dolore.
Era tutto troppo distante, irraggiungibile, ovattato.
Ogni cosa avvizziva e si spegneva senza fare rumore, finché... abbassai le palpebre e l'oscurità calò definitivamente sui miei occhi.
E chissà... magari questa volta sarebbe stato così per sempre.

_ Amelie_

<< Sai quello che devi fare...>>
La voce riecheggiò più volte nella stanza dismessa, tra la stoffa strappata e il sangue versato.
<< No!>> mormorai, << Non puoi chiedermi questo!>>
Ma parlare mi costava molto; il mio respiro era fiacco, debole, a malapena sufficiente per gonfiarmi i polmoni ansito dopo ansito.
Tossì una volta di troppo, forse due, fino a riempirmi la bocca col sapore rugginoso e stranamente dolciastro del mio stesso sangue.
<< N-no...>> continuai, << N-non lo farò!>>
E per un momento temetti di rimanere a corto di fiato.
La figura che mi stava di fronte si accovacciò vicino ai miei piedi, allungando una mano per sfiorarmi le caviglie, l'incavo che congiungeva le ginocchia, le braccia, ed infine il volto.
Ero un burattino senza fili, alla completa mercé delle sue dita.
<< Invece lo farai...>> disse piano, la voce talmente sottile da somigliare ad un alito di vento.
<< Non posso, no.>> ribadii, << Non alle tue condizioni!>>
L'ombra di un sorriso apparve sul suo volto, ma non si scompose... anzi.
Nonostante il mio ennesimo rifiuto, la sua espressione rimase quieta, immutata, del tutto imperturbabile.
<< Ormai è inutile, Amelie. Non si può più tornare indietro. >>
Ed era vero, maledizione!
Dannatamente vero!
<< Mi rifiuto di farlo!>> ribadii con tutte le mie forze.
Strinsi i pugni fino ad infilzarmi i palmi con le unghie, e presa dall'impeto della mia collera, trovai il modo per mettermi in ginocchio e sorreggere il suo sguardo.
Ma non c'era fine a quegli occhi, solo un'immensità dilagante, fatta d'infiniti buchi neri pronti a risucchiarmi.
<< Ti prego!>> finii per implorare, << Prendi la mia vita adesso... in questo momento! È tua! Puoi fare di me quello che più ti pare... ma ti scongiuro di avere pietà! Non costringermi a farlo!>>
Tuttavia, la figura non rispose.
Si limitò ad uccidermi con lo sguardo, sbranandomi con occhi famelici, crudeli, calcolatori.
Sentii il suo respiro infrangersi sulla mia faccia, come brezza di primavera, mentre la vicinanza tra noi due si restringeva pericolosamente.
Poi un leggero tocco; le sue dita bianche e affusolate presero ad accarezzarmi dolcemente il collo, fino a raggiungere la nuca e la punta delle scapole.
<< No...>> sussurrò con voce soave, gentile, sfiorandomi il lobo destro con le labbra.  
Brividi gelidi mi corsero lungo la spina dorsale, facendomi accapponare la pelle.
<< Non c'è più tempo per i ripensamenti. Sei costretta a farlo, non hai scelta!>>
<< Ma...>> cercai di obiettare.
<< Shhhh...>> mi zittì, poggiandomi l'indice sulle labbra.
<< Sai bene che è l'unica soluzione possibile, mia cara. A meno che...>>
<< "A meno che"cosa?>> sbottai bruscamente.
<< A meno che tu voglia vederlo ancora vivo...>> fu la sua unica risposta.
E nell'udire quelle parole, sentii il mio cuore cedere e frantumarsi come vetro sottile.
<< Perché mi fai questo?>> singhiozzai, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime.
Ciononostante, la figura non rispose... ignorando del tutto la mia domanda.
<< Fa come ti ho detto.>> si limitò a dire, << Arrenditi alla mia volontà, obbedisci. Solo allora accetterò la tua richiesta.>>
<< E lo salverai?>> chiesi in preda al pianto, << Dimmi di sì! Ti prego... promettimi che porterai in salvo Miguel!>>
Vidi i suoi occhi assottigliarsi come lame, la sua bocca atteggiarsi ad un sorriso mentre un'espressione di pura malvagità distorse orribilmente i tratti somatici del suo viso.
<< Questo, mia cara bambina...>> sogghignò, << Dipende solo e soltanto da te.>>

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Angolo dell'Autrice: 
Salve...* si avvicina in punta di piedi* ^^'
Lo so, sono sparita per tantissimissimissimissimo tempo T.T Sono una persona orribile ed imperdonabile... ma posso assicurarvi che non ho potuto fare altrimenti. Questo non è un bel periodo e ultimamente non ho avuto né il tempo, né la testa per scrivere. Mi dispiace tantissimo avervi creato dei disagi e se qualcuno si è risentito a causa di questa cosa, beh... vi chiedo umilmente perdono. Ma davvero... non ce l'ho fatta a pubblicare prima. La stesura di questo capitolo è stata molto più difficoltosa di quanto pensassi e più volte sono stata sul punto di mandare tutto a quel paese. Ma non l'ho fatto. Bene o male sono riuscita ad arrivare fin qui e vi chiedo perdono con la coda tra le gambe. Quindi niente.... spero solo di non avervi deluso e che il capitolo sia di vostro gradimento. Mi auguro che me lo facciate sapere, perché in fin dei conti, l'unico motivo per cui non ho mandato tutto a putta*e siete voi. 
Un bacione
Rob


 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Ameliasvk