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Autore: Straightandfast    16/01/2016    9 recensioni
Amelie ha il mento che le trema un po' e Louis capisce subito che quel mento tremolante gli appartiene, che Amelie non trema per nessuno, ma per lui sì.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hola!!!!!
Allora, premetto che sono a dir poco emozionata all'idea di pubblicare questo capitolo e questa storia, perché ci tengo parecchio e l'ho iniziata a scrivere e a pensare un bel po' di tempo fa. E' nata da una conversazione con Giulia (Ilpiercingdiluke) e mi sono messa a scriverla quel giorno stesso; da lì tutto è venuto da sé, è forse la storia che ho scritto in meno tempo e che mi ha fatto dannare di più, perché dovunque fossi, se mi venivano in mente delle frasi, delle conversazioni, le scrivevo ovunque (il primo pezzo del capitolo l'avevo trascritto su un fazzoletto di un bar).
Nella storia i ragazzi sono in pausa come nella realtà, ma Louis è tornato a Doncaster dalla sua famiglia e dai suoi amici; su alcuni nomi, alcune date, mi sono presa delle libertà, un po' perché è la mia storia, con i miei personaggi,e  un po' perché stare dietro a questi ragazzi diventa sempre più difficile :D
E' una sorta di storia parallela a 424 miles, la storia di Ilpiercingdiluke che ha iniziato a pubblicare qualche giorno fa :)
Spero davvero e sinceramente che vi piaccia, io ci ho messo il cuore.
Un bacione,
Chiara

P.S il banner è di Giulia, sempre lei :3

 

A Giulia, la mia Amelie personale:
sei la mia persona (anche se un po' scorbutica)
A Chiara, perché ti voglio bene, ma bene per davvero.

 

A ben vedere, Doncaster non ha nulla di speciale; è una cittadina inglese come le altre, con quella pioggerellina fitta che cade circa 345 giorni all'anno, un pub almeno ogni tre metri e le case a schiera in mattoni rossicci. E' grande abbastanza da avere quattro Primark sparsi per il suo centro, i suoi abitanti hanno l'accento più marcato di Inghilterra e i ragazzi improvvisano weekend a Londra per tentare di sfuggire alla noia della loro città natale.
Niente di speciale davvero, insomma.

Eppure, Louis Tomlinson, reduce dall'ultimo tour mondiale che lo ha visto girare il mondo per più di sei mesi, non potrebbe apprezzare di più il ritorno nel paese dove è cresciuto; sembra un bambino in gita scolastica quando, dopo aver saluto sua mamma e tutte le sue sorelle, esce di casa con il naso per aria e gli occhi che luccicano. Gli sembra incredibile, per la prima volta dopo chissà quanti mesi, non avere nulla da fare, non avere una scaletta da seguire per i giorni successivi, né gente da incontrare o aerei da prendere; ha il pieno potere delle sue azioni dopo troppo tempo e si sente eccitato come non lo era da tempo.
Il fatto è che essere un membro della band più famosa del mondo è una gran bella cosa, considerati tutti i posti che si ha l'occasione di vedere, le persone e l'affetto che si riceve ogni giorno, i compagni di viaggio che ti aiutano nei momenti difficili e – perché nasconderlo – i soldi che si guadagnano, molti più di quelli che si sarebbe mai immaginato quando ha cominciato.
E' tutto bello, bellissimo.
Eppure ha 24 anni, palate di soldi depositati in banca, migliaia di fans sparsi per il mondo, una casa enorme comprata qualche mese prima e in cui ancora non ha passato più di una notte e un desiderio folle di ritornare padrone della sua vita, almeno per un po'; gli sembra di essere ritornato ragazzino, quando la madre non voleva farlo rimanere fuori casa più tardi di mezzanotte e mezza, e lui non vedeva l'ora di diventare più grande, per poter restare in giro fino a notte fonda. Ora che grande lo è da un pezzo e che le sere in cui va a letto prima delle quattro si possono contare sul palmo di una mano, ha lo stesso bisogno primordiale di riprendere in mano le ore, i minuti e i secondi della sua vita, come se non fosse cambiato nulla, come se al posto di crescere fosse tornato indietro.

 

Cammina per le strade della sua città con ancora il sapore della crostata di sua madre sulle labbra, che anche se lei ha finto di averla cucinata qualche giorno prima, lui lo ha visto il forno ancora caldo e lo sa che l'ha fatta solo per lui, che quella con la marmellata di ciliegie è sempre stata la sua preferita; Fizzy poi gli ha raccontato in un orecchio le paura della madre di non riuscire a finirla in tempo per il suo arrivo “neanche fossi il Re di Inghilterra”, aveva aggiunto con un pizzico di sarcasmo. Fizzy è cresciuta, è decisamente più alta di lui – ma dai? - , dice parolacce e indossa gonne a suo parere fin troppo corte; se ne è andato di casa che lei era ancora una bambina e, ogni volta, rivederla dopo tanti mesi è un vero e proprio shock. Non è un fratello particolarmente geloso – o almeno crede – ma cristo santo, da quando le ragazzine di quindici anni mettono il rossetto e escono alla sera con i propri fidanzati?
Non appena la ha vista, quella mattina arrivato a casa, ha pensato seriamente di chiedere a Lou di prendersi anche lei come assistente al make-up, in modo da poterla controllare come sta cercando di fare con Lottie, anche se con scarsi risultati.


Sa che la notizia del suo ritorno a casa probabilmente è già stampata sulle prime pagine dei principali giornali di gossip del mondo, quelli su cui Harry Styles finisce praticamente ogni giorno e che sua madre si ostina a querelare se dicono qualcosa di poco carino sui suoi confronti, ma non ha alcuna intenzione di lasciarsi condizionare dalla cosa; ha il viso lasciato libero da qualsiasi sciarpa che possa coprirgli il mento e la bocca e i suoi occhi chiari possono vagare con tranquillità sulle strade della sua infanzia e adolescenza senza l'impiccio di un paio di occhiali da sole. Passa davanti al negozio di giocattoli davanti al quale, quando era piccolo, si fermava ogni volta, tirando la manica della giacca della madre nel tentativo, quasi sempre vano, di convincerla a comprargli quel soldatino o quella pistola ad acqua; poco dopo supera il suo liceo, e il ricordo delle cazzate combinate in quei cinque anni di scuola sono ancora così vivide che, se si concentra un minimo, riesce a sentire perfettamente le risate dei suoi compagni, spettatori dei suoi scherzi e delle sue battute. Passa anche di fianco alla panchina sulla quale ha dato il suo primo bacio, quando ancora era un ragazzino alle prime armi che non conosceva ancora il ruolo che la sua lingua dovesse giocare, in quello scambio di saliva e poco altro; gli viene da sorridere a pensare alla povera malcapitata che ha ricevuto il bacio peggiore della storia. Supera la panchina stringendosi nelle spalle e abbozzando un sorriso malizioso, perché uno dei pregi del suo mestiere è proprio quello di avere decine e decine di belle ragazze sempre intorno, perciò è abbastanza sicuro di essere migliorato, almeno da quel punto di vista.

 

Accoglie con un sorriso carico di nostalgia l'insegna del suo bar preferito, e con lo stesso sguardo con cui saluterebbe un amico che non vede da tanto, tantissimo tempo, spinge la porta verde, provocando l'allegro trillio che annuncia l'arrivo di un nuovo avventore e facendo il suo ingresso con altrettanta allegria; il “100” è il suo bar, per eccellenza.
E' quello in cui si rifugiava quando non andava a scuola, si sistemava in un tavolino in un angolo, ordinava un caffè e leggeva un libro, oppure si limitava a guardare i vari clienti, divertendosi ad appioppare ad ognuno soprannomi diversi; alla sera, poi, ritornava insieme agli amici, per una birra e una sigaretta. E' successo tutto lì, tutto in quel bar; la sua prima volta è stata proprio nel bagno del locale e okay, forse in quanto a romanticismo lasciava un po' a desiderare, ma il ricordo è ancora ben fisso nella mente di Louis, perciò non può che provare del sincero affetto nei confronti di quei bagni. Inoltre, cosa forse più importante, era seduto ad uno di quei tavoli, quando ha ricevuto la chiamata di X-factor, quella che gli ha cambiato la vita irrimediabilmente.
C'è così tanto di lui in quel posto che, ogni tanto, pensa che se volesse far conoscere se stesso a qualcuno, se volesse farsi conoscere in ogni dettaglio, dovrebbe solo portarlo lì, e non servirebbe aggiungere altro.
Si siede su uno sgabello di fronte al bancone arrivandoci con un piccolo saltello, i movimenti compiuti automaticamente dal suo corpo come se avesse smesso di andare in quel posto solo da pochi giorni; in realtà sono passati dieci mesi dall'ultima volta in cui è riuscito ad andare a Doncaster, e il “100” lo ha visto solo da fuori, senza avere nemmeno il tempo di entrarci.
Carl, il proprietario, capta il suo sguardo da lontano, mentre prende l'ordine di un cliente, e il viso gli si illumina, non appena riconosce quello sguardo azzurrino e vivo che non vede da troppo tempo; continua a fissarlo con affetto, non smettendo di parlare con il signore seduto ad un tavolo poco più in là. Poi, una volta finito con l'ordine, si dirige a passo veloce verso il bancone, le braccia aperte in modo goffo e il sorriso che si allarga sempre di più sul viso, man mano che si avvicina a lui.
« Louis Tomlinson è tornato alle origini, gente!» Esclama, il viso arrossato per la felicità e le mani che già trafficano con la macchinetta del caffè; è sempre stato così, Louis non ha mai avuto bisogno di ordinare, per ricevere il suo caffè con doppio latte e una spolverata di cioccolato sopra.
«Lo sai che appena posso un caffè da te lo prendo sempre.» Commenta, lasciandosi scrutare da quello sguardo affettuoso che lo ha visto crescere; sa benissimo, perché glielo hanno detto i suoi amici, che Carl si vanta di essere il proprietario del bar preferito da Louis Tomlinson con chiunque non abbia mai sentito quella storia, e non può che provare un'immensa riconoscenza e gratitudine per quell'uomo che gli ha offerto innumerevoli birre, nonché un rifugio sicuro dalle lunghe mattinate di scuola.
«Quando sei tornato?» Le mani appoggiate al bancone, aspetta che il caffè sia pronto, il viso sempre atteggiato in un sorriso vivo e la parlantina veloce, tipica dello Yorkshire del Sud.
«Sono arrivato due ore fa da Londra, ma ieri notte da Los Angeles.» Risponde, trovando naturale riappropriarsi del suo accento marcatissimo, negli ultimi anni levigato dalla frequentazione di persone provenienti da più parti del mondo. «Sarei arrivato prima ma la macchina non partiva ed ho dovuto aspettarne un'altra.» Aggiunge, ricordando le due ore e mezza trascorse a “gelarsi il culo”, come sottolineato da Niall, in attesa della nuova macchina; il jet lag e il freddo dell'Inghilterra non hanno certo aiutato a migliorare il suo umore.
Quasi non ha finito di pronunciare l'ultima parola che le sue orecchie colgono una risatina divertita e soffocata a stento e lui si gira incuriosito verso la direzione dalla quale proviene; seduta su qualche sgabello più in là rispetto al suo, una ragazza dai capelli lunghissimi e castano chiaro, ha lo sguardo concentrato su un libro, mentre sottolinea con la matita qualche frase qua e là. Deve essere lì da parecchio tempo, perché di fronte a lei ci sono tre tazzine di caffè sporche e la carta vuota di quello che probabilmente doveva contenere un muffin, specialità indiscussa del “100”. Le labbra sono arricciate ancora con divertimento, ma sembra piuttosto concentrata nella lettura del suo libro e dei suoi appunti e Louis non ha alcuna prova a dimostrare che sia stata lei, effettivamente, a ridere della sua affermazione, perciò le dà nuovamente le spalle, girandosi verso Carl.
«Da Los Angeles? Sarai stanco!» Commenta l'uomo, posandogli davanti il caffè fumante e iniziando a pulire dei bicchieri; non riesce a smettere di guardare con immenso affetto quel ragazzo che, solo fino a qualche anno prima, passava le mattinate, i pomeriggi e le sere nel suo locale, come se fosse il posto più interessante dell'universo ed ora, improvvisamente, gira il mondo come se niente fosse. E' cresciuto, Louis Tomlinson, anche se gli occhi azzurri hanno mantenuto la stessa vivacità e lo stesso candore infantile, nonostante tutto ciò che devono aver visto, tutto ciò che devono aver imparato.
«Molto.» Commenta lui, lasciandosi andare ad un sospiro e stropicciandosi piano gli occhi.
Sta per aggiungere qualcosa, dettagli sul tempo di Los Angeles o domande sulle novità di Doncaster quando, di nuovo, una risatina sarcastica attira la sua attenzione.
Questa volta, però, non ha alcun dubbio; è la ragazza seduta sullo sgabello e con la testa china sui libri, l'autrice di quella risata. Alza un sopracciglio con curiosità, mentre la squadra brevemente da capo a piedi; adesso le labbra sono chiaramente ancora atteggiate in un sorriso divertito, e i capelli si muovono da una parte all'altra mentre lei scuote la testa.

«Ti faccio ridere, scusa?» Le chiede, il viso corrucciato in una smorfia curiosa e solo vagamente infastidita.

«In effetti sì.» Risponde tranquillamente la ragazza, senza nemmeno preoccuparsi di alzare gli occhi dal foglio per posarli su di lui; continua imperterrita a scrivere qualcosa sul bordo del suo libro, come se ridere di altre persone nei bar fosse una sua attività quotidiana, niente di strano.
Louis la osserva meglio, gli occhi socchiusi e l'espressione concentrata, cercando di capire se si sono mai visti prima; è quasi sicuro di non conoscerla – si ricorderebbe sicuramente di un paio di labbra del genere! - e dall'indifferenza che lei ostenta nei suoi confronti potrebbe metterci una mano sul fuoco, che non è sicuramente una sua fan.
«Posso sapere perché?» Afferra il caffè ancora bollente, mentre si sposta di qualche sgabello, in modo da sedersi proprio accanto a lei; la ragazza continua a tenere gli occhi puntati sul libro, ma un piccolo sorriso che spunta appena all'angolo della bocca la tradisce ed indica che si è perfettamente resa conto del suo spostamento, se non altro per il profumo insistente del ragazzo che arriva fino al suo naso, facendolo arricciare.
«Non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione, sai, hai una voce piuttosto squillante.» Spiega, tirando fuori un evidenziatore giallo dall'astuccio e sottolineando con cura una frase alla fine della pagina. «Ho solo pensato che, sai, deve essere davvero faticosa la tua vita.» Commenta, il sarcasmo che traspare da ogni cellula che la compone; è sarcastico il sorriso che ora si apre completamente sul suo viso, è sarcastica l'occhiata che gli lancia in tralice, sempre attenta a non concedergli troppa attenzione, ed è incredibilmente sarcastica la sua voce, che sottolinea quel “davvero” così platealmente che, se non fosse incredibilmente permaloso, scoppierebbe a ridere anche lui.
«Ci conosciamo, scusa?» Sorseggia piano il suo caffè, osservando la ragazza sottolineare un'ultima parola, per poi chiudere il libro; afferra tutti i suoi averi che sono sparsi sul bancone, come se fosse casa sua, - libro, quaderno, astuccio e il cellulare - e li infila alla rinfusa nella borsa marrone di pelle, dalla quale pochi secondi dopo tira fuori un pacchettino di tabacco, un filtro ed una cartina.
«Io vivo a Doncaster e tu sei Louis Tomlinson, certo che ti conosco.» Lo guarda in faccia per la prima volta, gli occhi che lo osservano divertiti e il tono di voce canzonatorio come a dire “sul serio, sei così idiota da farmi una domanda del genere?” mentre si gira una sigaretta distrattamente. «Ma non ci siamo mai incontrati né parlati, se è questo quello che vuoi sapere. Nessuna figura di merda, tranquillo.»
Ha un modo di parlare e di guardarlo come se lo stesse prendendo perennemente per il culo, con quegli occhi da gatta, a metà tra il verde e il castano, e il sorriso storto che alza solo un angolo della sua bocca che lo indispettisce e lo incuriosisce allo stesso tempo. Deve avere più o meno la sua età, forse qualche anno in meno, e Louis trova davvero difficile l'idea di non averla mai notata, negli anni in cui viveva permanentemente a Doncaster; è davvero molto, molto carina, con i capelli castani che non sembrano seguire una logica, nel caderle sulle spalle, davanti al viso o a sfiorarle le braccia, il corpo avvolto in un maglione largo e lungo che le arriva sopra le ginocchia e le gambe fasciate in un paio di collant leggere. Se Harry o Liam fossero lì con lui, probabilmente avrebbero già tentato di rimorchiarla con i loro metodi migliori, e anche Niall probabilmente si lancerebbe in qualche apprezzamento, Louis già può sentire distintamente il suo accento irlandese descrivere ammirato le labbra della ragazza, carnose e piene.

«Vivi a Doncaster, quindi?» Chiede, continuando ad osservare con interesse la ragazza chiudere con cura la sigaretta e frugare nuovamente nella borsa – ma quanta roba può contenere una borsa del genere? - alla ricerca, suppone, dell'accendino.
«Già, è quello che ho detto.» Di nuovo il tono canzonatorio riempe la sua voce, come se trovasse incredibilmente stupida ed elementare la loro conversazione; Louis non riesce a capire come si sente al riguardo, come lo faccia sentire essere nuovamente preso per il culo così, come se fosse solo un ragazzo di provincia, dopo che per cinque anni è stato adulato ed idolatrato da chiunque incontrasse, qualsiasi cosa dicesse o facesse. E' una strana sensazione, lo fa sentire normale.
«Mi stavo solo chiedendo come fosse possibile che io non ti avessi notata prima. Sei davvero molto bella.» Non ha alcuna intenzione di farsi prendere per il culo con così poco pudore e rispetto per sé stesso, così decide di passare all'attacco, che chissà che dietro ad un carattere così apparentemente scontroso non si nasconda una possibile compagna di letto, almeno per quella sera.
La ragazza, però, per nulla toccata dal suo complimento, si limita ad alzare gli occhi al cielo, senza preoccuparsi minimamente di non farsi vedere, ovviamente, e salta giù dallo sgabello, la borsa su una spalla e la sigaretta già in bocca.
«Cosa fai, scappi?» Louis Tomlinson non è di certo uno che si fa intimorire, questo lo sanno tutti, perciò il sorriso malizioso non abbandona le sue labbra sottili, nonostante l'evidente poco interesse della ragazza nei suoi confronti.
«Io non scappo.» Afferma con decisione lei, e davvero, i suoi occhi sono così fermi e decisi che, forse, Louis si sente lievemente in soggezione. «Domani ho un esame all'università e devo studiare, non ho tempo da perdere con popstar montate che si lamentano di quanto tremendamente faticoso sia il loro lavoro.»
Gli concede un'ultima occhiata poi, sventolando la mano ed esclamando un “ciao Carl!” sorride dolcemente al proprietario del locale e, portandosi dietro la sua borsa enorme e i suoi capelli lunghissimi, esce dal locale così, come se niente fosse.

«Si chiama Amelie.» La voce di Carl lo distoglie dal fissare l'esatto punto in cui la ragazza è scomparsa e lo costringe a sbattere gli occhi un paio di volte, per riprendersi dalla novità di essere trattato normalmente, come una persona qualunque. «E' splendida, vero?»
Louis si stringe nelle spalle.
Spera di non lasciarsi mai sfuggire con i suoi compagni di band il fatto di essere stato così irrimediabilmente e cortesemente rifiutato.

 

Qualche ora dopo, Louis è stravaccato sul divano nero del salotto del suo appartamento, comprato qualche mese prima; ha in un mano una sigaretta e nell'altra una bottiglia di Heineken, il televisore acceso su una vecchia partita dei Doncaster Rovers e i suoi due migliori amici, Calvin e Oli, seduti altrettanto comodamente su dei puff rossi.
Ha comprato quell'attico in un palazzo sulla collina più alta di Doncaster otto mesi prima, ma è la prima volta che lo vede completamente arredato; ha affidato il compito a sua madre e alle sue sorelle, e deve proprio ammettere che, dopo tutto, hanno fatto davvero un bel lavoro. Sua mamma è stata così inaspettatamente gentile da farle trovare il frigo pieno di cibo e bottiglie di birra, dettaglio apprezzato particolarmente anche dai suoi migliori amici, da sempre appassionati fans di Johanna Tomlinson.
Oli e Calvin si sono presentati a casa sua con sei cartoni di pizze in mano, dei sorrisi giganteschi stampati sui visi ormai cresciuti e una marea di cose da raccontare; tutto ciò che è successo a Doncaster durante la sua assenza acquista una patina di divertimento, se raccontata dalla voce dei suoi migliori amici, suoi compagni di avventure in ogni occasione.
Calvin finisce di raccontare i dettagli del suo ultimo appuntamento con “la ragazza più stupida del pianeta”, che, ne è fermamente convinto, non sapeva nemmeno leggere i nomi delle pietanze scritte sul menù ed ha ordinato l'unica piatto che non vi era presente e Louis scoppia in una risata autentica, immaginandosi l'amico alle prese con quella “dannatissima ragazza.”
«E come è stato tornare tra noi comuni mortali?» Oli ha sorriso divertito che gli illumina il viso, mentre afferra una nuova birra appoggiata sul tavolino e ne prende un lungo sorso.
«Bello, direi.» Risponde Louis, troppo abituato alle prese per il culo dei suoi amici per prendersela davvero; mentre ancora ridacchia della domanda posta da Oli, il viso della ragazza del bar gli fa capolino nella mente, ricordandogli che, quel giorno, non sono stati solo i suoi migliori amici a prendersi gioco di lui. «Oggi una ragazza mi ha rifiutato, dopo avermi palesemente preso per il culo.» Confessa, gli occhi già pronti a fulminare le possibili reazioni dei suoi amici.
Calvin, infatti, si lascia andare ad una risata incredibilmente divertita e, portandosi una mano al cuore e fingendo un'espressione di dolore, «Auch! Deve aver fatto male. Ma ti ha almeno riconosciuto?>> dice, provando come al solito un irresistibile piacere a prendersi gioco del suo migliore amico; in fondo, è fermamente convinto che se nessuno non lo prende sul serio almeno una volta al giorno, rischia davvero di iniziare a credersi onnipotente, con tutti i soldi che ha in banca e le fans sparse per il mondo, pronte a dare la vita per un suo solo sguardo.
«Sì. Infatti mi ha definito “una popstar montata”, o qualcosa del genere.» Calvin ed Oli si lanciano in grida da stadio a sostegno della ragazza che, senza nemmeno saperlo, ha regalato loro momenti di pura gioia e godimento; non è sempre così facile avere Louis Tomlinson dei One Direction come migliore amico, con tutti i problemi di autostima che derivano dal girare per strada con lui e gli insulti che sembrano essere destinati indistintamente a chiunque passi del tempo insieme a lui. La gente, come hanno imparato negli ultimi cinque anni, può essere incredibilmente crudele così, senza alcun motivo apparente.
E' per questo che, quando qualcuno di sconosciuto – perfino una ragazza, poi!- riporta con i piedi per terra il loro amico, non possono fare a meno di provare un immenso divertimento, nell'immaginarsi la faccia di Louis rifiutato per la prima volta dopo chissà quanto tempo da una ragazza.

 

Louis guarda i suoi amici sghignazzare senza ritegno, Oli si tiene la pancia con una mano e Calvin batte i palmi delle mani sulla gamba, mentre continuano a balbettare un “popstar montata” tra una risata e l'altra; sapeva che, confessando loro ciò che è successo solo qualche ora prima, avrebbe ottenuto una reazione del genere e, in condizioni normali, probabilmente avrebbe evitato di ammetterlo, si sarebbe impermalosito e li avrebbe cacciati in malo modo fuori di casa.
Eppure, adesso che è successo, non riesce proprio a trovare un motivo, uno solo, per irritarsi con loro; dopo tantissimo tempo è a Doncaster, nella sua nuova casa finalmente arredata – ha addirittura un letto, cazzo! -, i suoi migliori amici stanno bevendo una birra insieme a lui, la televisione passa una vecchia partita dei Doncaster Rovers e quella notte dormirà tra delle lenzuola che non avranno l'odore tipico degli hotel, ma sapranno dell'ammorbidente profumato che sua mamma usa da quando era bambino.
Perciò mentre Calvin e Oli continuano a pigliarlo per il culo senza pudore, e lui si lascia andare ad un sorriso, ha solo un pensiero, in testa.
E' bello essere a casa.

 
 
  
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