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Autore: LadySJones    17/01/2016    3 recensioni
"Emma era il lieto fine di Killian, lo era per davvero. E Jennifer? Cos’era Jennifer per Colin? Quel dannato irlandese che si era silenziosamente insidiato nella sua vita, sconvolgendogliela però nella maniera più intensa e rumorosa possibile..."
Colin O’Donoghue e Jennifer Morrison. Una chimica come poche, un’amicizia oltre i confini, due anime gemelle destinate ad incontrarsi troppo tardi. Una FF nata semplicemete dall’amore folle e sviscerato che nutro per questi due splendidi e adorabili individui.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GOODBYE.


   
 
[Vancouver, 5 Aprile 2015.]
 
 
 
Ore 11.

Jennifer aveva approfittato per dormire un pò di più quella mattina tant’è che la sveglia le sembrò più irritante del solito.

Ava stava accucciata ai piedi del letto, giocando con una delle sue pantofole.


«Dannazione..» - esclamò, con la voce ancora rotta dal sonno.

Allungò il braccio ponendo fine a quel suono infernale, per poi tornare fra le coperte.

Fra un’ora sarebbe dovuta essere a casa di Colin ma non aveva alcuna voglia di alzarsi.

Tornò a pensare all’invito, ad Helen, a tutto ciò che la sua presenza avrebbe comportato, a tutto quello che avrebbe dovuto sorbirsi  pur di vederlo ancora una volta.

Prese il cellulare e fu quasi tentata di contattarlo e disdire tutto.

Scrollò il suo nome sulla rubrica ma non vi riuscì, fu come bloccata.

Sapeva bene quanto lui tenesse che fosse presente e ferirlo era l’ultima cosa che avrebbe voluto.

Lo amava troppo per potergli fare una carognata simile.

Si alzò quindi per fare una doccia e cercare di levarsi l’ansia di dosso.

Una volta fuori, sentì suonare il campanello.

Si avviò a passo spedito verso l’ingresso, un pò stranita.

Guardò dallo spioncino, poi aprì la porta, incredula.


«Colin..»

«Buongiorno.» - disse lui, sorridendole.

Jen, lì per lì, non seppe che dire.


«Dalla tua faccia si direbbe che non sembri proprio contenta di vedermi...»

«No, non è questo.. è solo che.. non mi aspettavo...»

Colin iniziò a grattarsi l’orecchio, destando l’attenzione di lei.

«Che c’è? Che hai?»

Non rispose, ma con gli occhi le stava volutamente facendo capire di sistemarsi l’accappatoio per il semplicissimo motivo che le si era aperto un pò troppo sulla zona decolletè.

Jen si coprì subito, imbarazzata.


«Allora.. - riprese - che ci fai qui? Sei venuto a controllare che non fossi scappata?»

«Veramente sono venuto a prenderti.»

«Guarda che so dove abiti.»

«L’invito è stato mio. Non avrei mai permesso che venissi da sola.” - e le toccò il naso con la punta dell’indice.
 
 Jen sorrise timidamente per poi tornare subito seria.


«Helen lo sa? Che saresti passato di qui?»

«Certo.» - ribattè lui con lo stesso tono.

Si fissarono per un breve istante, poi lei lo invitò ad entrare in casa.


«Dammi dieci minuti.» - gli disse, passandosi l’asciugamano sui capelli ancora umidi.

«Fai pure, ti aspetto qui.» - e si mise ad attenderla in salotto.

Sedeva di nuovo lì, su quel divano che gli stava riportando alla mente mille pensieri, mentre dal corridoio echeggiava il rumore dell’asciugacapelli.

Squillò il cellulare.

Era sua moglie.

Lo aveva avvertito che Sean e Tanya erano da poco arrivati.


«Qualcosa non va?» - sopraggiunse la voce di Jen dopo qualche minuto.

«Nono, era solo... - si voltò a fissarla, bloccandosi un attimo - ...Helen».

La guardò come se non esistesse al mondo creatura più incantevole.

Era bellissima, nonostante fosse truccata a malapena e indossasse un semplicissimo maglione bianco lungo sopra il ginocchio.

Al collo le spiccava una grossa e vistosa collana che richiamava il colore dei suoi occhioni verdi.

I capelli erano sciolti, appena appena stirati.

Quelle gambe sottili, rese ancora più sensuali dal solito paio di stivaletti di pelle nera, lo avevano un attimo destabilizzato, ancor più della sera prima.


«...Mi stava dicendo che Sean e Tanya sono già lì.»

«Oh, okay. Andiamo?» - disse, prendendo la borsa.

E raggiunsero l’auto di lui.


 
***



Una volta in macchina, Jen iniziò a sentirsi di colpo nervosa.

Rimasero entrambi in silenzio per gran parte del tragitto.

Nessuna parola.

Solo la voce della radio che faceva da sottofondo.

Colin s’era voltato a fissarla più d’una volta.

Aveva intuito che non era tranquilla, che qualcosa la turbasse, e cosa la turbasse.

Difatti, Jen non aveva distolto lo sguardo dal finestrino fin da quando erano partiti.


«Sei silenziosa.» - le disse, rompendo il silenzio.

Lei fu come scossa, e abbandonò quel turbine di pensieri, tornando alla realtà.


«Mh?» - fu tutto ciò che riuscì a dire nell’immediato.

«Ho detto che sei silenziosa.» - ripetè lui, senza distogliere lo sguardo dalla strada.

«Oh sì, scusami... mi stavo giusto rilassando.»

Ad un tratto, Colin accostò senza preavviso.

«Perchè ti sei fermato?» - chiese preoccupata.

L’irlandese spense la radio, poi si levò gli occhiali da sole.


«Stai bene?» - le chiese, guardandola in un modo che Jen conosceva fin troppo bene; uno sguardo carico d'amore che sentiva come suo, ormai.

«Certo, sto bene, non preoccuparti.» - rispose, carezzandogli il mento fra pollice e indice.

«Posso stare tranquillo?»

«Assolutamente sì.»

Si sorrisero.

Colin fece finta di crederle ma non se la bevve.

Rimise comunque in moto e ripartirono.

Percorsero nuovamente in silenzio gli ultimi metri che li separavano dalla casa di lui, quando, sulle note di “Thinking out Loud*”, le afferrò d’istinto la mano e gliela strinse forte.

Erano quei piccoli gesti che la facevano sentire al centro del mondo.


«Andrà tutto bene.» - le disse con dolcezza.

Lei annuì, stringendo ancora più forte la presa.
 
*…maybe just the touch of the hand,
Oh, me.. i fall in love with you every single day,
and i just wanna tell you i am...

 


 
***

 

Una volta arrivati, fu Sean ad accoglierli per primo.

Poi una piccola dolce vocina si udì sopraggiungere nell’immediato.


«Papà! Papà!» - era quella di Evan che arrivava di corsa.

«Ohh il mio ometto! Vieni qua, dai un bacio a papà!»

«Non ha fatto che chiedere di te da quando io e Tanya siamo arrivati.» - precisò Sean.

«Eh immagino... quando sono uscito stamattina dormiva ancora.»

Il volto di Jen s’illuminò alla visione di quel piccolo angelo, e Colin non potè fare a meno di notarlo.

«Ciao tesoro! Ma come ti sei fatto grande!»

«Cresce a vista d’occhio, eh?»

«E’ proprio un amore.» - rispose, accarezzandogli il visino.

«Hai visto chi c’è? La zia Jennifer!»

Jen gli regalò il suo sorriso più bello e il piccolo si nascose timidamente nel collo del padre, imbarazzatissimo.

«Mi domando da chi abbia preso...» - lo burlò lei, destando anche i sogghigni scherzosi di Sean.

«Jennifer!» - ecco che sopraggiunse un’altra voce.

Jen avvertì come un brivido istantaneo.


«Helen, ciao!»

Le due si abbracciarono.

C’era anche Tanya, e lo stesso fece con lei, chiedendole al contempo come stesse andando la gravidanza.


«E’ stata una vera sorpresa! - le disse Helen - Colin m’è l’ha detto giusto stanotte che ti saresti unita a noi.»

«Eh già.. ha preso un pò alla sprovvista anche me, a dire il vero.»

«Voglio sperare che non sia stato troppo sfacciato, magari oggi avresti preferito fare altro...» - aggiunse, prendendo il marito sottobraccio.

«Oh nono, affatto, anzi... è stato molto carino.»

«Bene! - intervenne Colin - direi che è il caso di trasferirci di là. Helen?»

«Sì certo, andiamo pure.»

Jen e Colin si lanciarono un’occhiata complice.

Lui la guardò come a volerle dire "stai tranquilla, ci sono io."

Da parte sua, Jen non era ancora riuscita a tranquillizzarsi.

Nonostante avesse in un certo senso rotto il ghiaccio con Helen, continuava ad avvertire sempre nel tono delle sue parole quella sottile ma pungente ironia che tanto e spesso le creava disagio.

Era felicissima di trovarsi lì con lui, ma allo stesso tempo sperava che quella giornata si concludesse quanto prima possibile.
 



 
***



 
Si diressero tutti in cucina, dove la tavola era già deliziosamente imbandita.

Iniziarono a prender posto, Tanya e Sean per primi, proseguendo poi in ordine con Helen, Colin e Jennifer, finiti inevitabilmente l’uno accanto all’altra, mentre il piccolo Evan era rimasto a giocare in salotto, sul tappeto ai piedi del televisore.

Jen notò la cosa.


«Evan non mangia?» - chiese stranita e quasi sottovoce.

«Gli darò qualcosina più tardì.” - le rispose puntale Helen - Solitamente non mangia quasi mai niente a pranzo con noi... tutta colpa dei nonni e di suo padre che hanno saputo istruirlo per bene...» - concluse ironica e dando un bacio a suo marito.

Jen deviò lo sguardo in maniera quasi automatica.

Non riuscì a reggere quella visione praticamente a mezzo metro di distanza dal suo naso.


«Vorrà dire che dopo un pò di movimento avrà più appetito....» - aggiunse maliziosamente Sean, guardando divertito sia Colin che sua moglie, e destando un sorriso generale, tranne quello di Jennifer, forzato oltre l’inverosimile.

Jen capì che quella sarebbe stata di certo una lunghissima giornata.

Colin la guardò di sfuggita, notandole il volto un pò spento.

Tentò di cercarla con lo sguardo, ma invano.

Non sopportava il pensiero di saperla in quello stato.

Così, d’istinto, e con disinvolta indifferenza agli occhi degli altri, le prese la mano da sotto il tavolo.

Jen si staccò subito, ma quel gesto così spontaneo e improvviso, per quanto azzardato, le aveva fatto enormemente piacere.

Fu il modo per Colin di farsi perdonare, anche se, ovviamente, non aveva avuto alcuna colpa, e Jen di questo ne era ben consapevole.





 
***
 


Ore 14.

Fra una portata e l’altra, e toccando gli argomenti più svariati - compreso quello degli ultimi giorni di riprese - si finì per tornare su Tanya e sulla sua gravidanza, dal momento che si era sentita scalciare più d’una volta.

Helen era partita a darle più e più consigli, la stessa Tanya le rivolgeva domande su domande, mentre Jen ascoltava tutto senza dire una parola, sotto lo sguardo vigile di Colin che fin troppo bene stava intuendo il suo disagio.

Quella della maternità era una questione che, da sempre, le era stata a cuore.

Amava i bambini in maniera indescrivibile ed era quindi innegabile che, un giorno, ne avrebbe voluto uno tutto per sè.

Non aveva solo ancora trovato la persona giusta, o meglio, l’aveva trovata, ma in circostanze in cui nessuno spera di trovarsi quando si è innamorati, veramente innamorati.

E a render la situazione decisamente più pesante ci mise ancora del suo la biondina irlandese, che era addirittura arrivata a chiederle così, dal nulla, come stesse andando la sua vita amorosa.

Il momento perfetto in cui Jen sarebbe volentieri scappata via.


«Diciamo che... sto in una fase un pò lenta della mia vita, ecco...» - le rispose, quasi temendo che tutti avessero potuto leggerle in volto l’imbarazzo che la stava pian piano divorando.

«Ma ci sarà qualcuno che ti piace.. sei talmente bella, avrai una fila di spasimanti..»

Helen le parlava con in modo così apparentemente dolce e spontaneo che Jen stava facendo sul serio fatica a capire se si stesse burlando di lei oppure no.

A quella sorta di domanda-allusione, si sentì quasi venir meno il respiro.

Colin, invece, finse di smanettare sul suo cellulare per mascherare il proprio nervosismo.


«A dire il vero, c’è qualcuno...»

Lui serrò la mascella, continuando a fissare quel display.

«...Ma ho scoperto da poco che sta vedendo una persona, quindi....» - concluse, lanciandosi andare all’ennesimo sorriso tirato.
 
Improvvisamente, si udì Evan piangere dal salotto.

Mai tempismo fu più azzeccato per porre fine a quell’orticante conversazione, anche se, a discapito del piccolo che era scivolato su uno dei suoi giocattoli prendendo un bel ruzzolone.

Helen lo prese immediatamente in braccio e cercò di calmarlo.

Sopraggiunse anche Colin, facendo lo stesso, con mille e più premure.

Jen lì guardò dalla propria postazione con un velo di tristezza.

Quella visione le fece quasi male al cuore, tant’è che non ebbe neppure la forza di chiedere come stesse il piccolo.

Colin era suo padre dopotutto, non poteva certo pretendere che rimanesse freddo e indifferente nei confronti del suo bambino solo perchè non sopportava di vederlo accanto a Helen.


«Tutto okay, amico?» - chiese Sean.

«Sisi tranquillo, ha pianto per lo spavento, niente di grave.» - rispose, continuando a carezzare quella bionda e piccola testolina.

«Colin, dallo a me, lo porto per un pò in camera da letto così si distrae.»

«Ti accompagno.» - aggiunse Tanya, seguendola senza battere ciglio.

Colin si mise nuovamente a sedere e notò Jen attenta a sfogliare alcune foto sul proprio telefono.

Aveva un’aria molto pensierosa, di nuovo.


«Non vedo l’ora di avere anch’io tra le braccia la mia piccola peste tutta pianti e pannolini.” - disse Sean, con un gran sorriso.

«Ti assicuro, amico, che i primi tempi non è tutto questo gran divertimento. Evan dorme pochissimo. Io ed Helen non abbiamo un sonno regolare praticamente da quando è nato.»

«Anche mia sorella ha avuto lo stesso problema con la mia nipotina - intervenne Jen - Dormiva pochissimo e piangeva in continuazione. Per fortuna, crescendo non le ha dato più problemi. Ora è tranquillissima - spiegò - Avete già pensato il nome da dare al piccolo?» - chiese poi a Sean.

«A dire il vero siamo indecisi tra Flynn e Thomas, ma credo proprio che opteremo per il primo, Tanya lo preferisce.»

«Io preferisco che cosa?» - sopraggiunse Tanya, venuta per dire a Colin che sua moglie lo desiderava nell’altra stanza.

L’irlandese lanciò a Jen un rapida occhiata prima di alzarsi e andare, come per tranquillizzarla.


«Il nome del bambino - continuò Sean - Jennifer mi chiedeva se ne avessimo già scelto uno.»

«Oh sì! Flynn. Per me è Flynn. Lo adoro.»

«E’ delizioso! - sorrise ad entrambi  - Perdonatemi, torno subito, vado a darmi una rinfrescata.»

E si diresse verso il corridoio che da un estremo conduceva al bagno e dall’altro in camera da letto.



 
***


 
 
Esitò un istante prima di aprire la porta.

Fu bloccata dalla risata di Evan - unita a quella di sua madre e di Colin - che echeggiava per tutto il corridoio.

Guardò verso la direzione opposta, strinse la maniglia, poi entrò in bagno e girò la chiave con impeto a dir poco maniacale, quasi dovesse difendersi dall’arrivo imminente di qualcuno.

Poggiò la schiena alla porta, respirando profondamente e liberandosi di tutta la tensione che l’aveva accompagnata dal momento che aveva messo piede in quella casa.

Si guardò allo specchio, portandosi una mano sul cuore.

Sarebbe rimasta volentieri chiusa lì dentro.


«Solo il dolce... - ripetè fra sè e sè - ...solo il dolce.»

Aprì la porta e si bloccò nuovamente.

Lui era lì, appena poco più avanti con in mano una copertina, a fissarla sempre, perennemente con quegli occhi capaci di farle dimenticare ogni tipo ansia e preoccupazione.


«Si è addormentato?» - gli chiese avvicinandosi.

«Sì. Helen è andata a prendere il dolce, mi ha detto di mettergli su questa.»

«E’ quasi identica a quella di Ava, tranne che per gli orsacchiotti.» - gli sorrise.

Sorrise anche lui.


«Vieni.» - la invitò a seguirlo.

Entrarono in camera da letto dove Evan stava dormendo più beato di un angelo.

Colin lo coprì, dolcemente.

Aveva un respiro così delicato.


«E’ proprio bellissimo...» - disse Jen sottovoce, lasciandosi andare all’ennesimo stupendo sorriso.

«Sai.. - continuò poi - se non fosse per il biondo dei capelli, sarebbe praticamente identico a te.»

«Trovi?»

«Certo, te lo dissi anche tempo fa.»

«E’ buffo perchè... finanche mia madre pensa somigli più a Helen.»

«Ohh no, non sono d’accordo. Guardagli il naso, le labbra.... ha persino le tue orecchie.»

In quel preciso istante, Colin le prese la mano, dandole un bacio sul dorso, con infinita dolcezza.

«Grazie per essere venuta.» - le disse.

«Sai bene perchè l’ho fatto.» - rispose lei, col cuore che aveva ripreso a batterle come un tamburo.

Perso completamente in quei due occhioni verdi, avvicinò pericolosamente il suo volto a quello di Jen che, per quanto avesse voluto, si tirò indietro.


«Forse è meglio se torniamo di là.» - suggerì lei.

«Sì, infatti.» - annuì lui, sistemando nuovamente la coperta al piccolo e lasciando accesa solo la luce del lampada sul comodino.
 



 
***


 
Tornarono in cucina, dove Helen aveva appena finito di tagliare il dolce.


«Tutto tranquillo? Sta ancora dormendo?» - chiese al marito.

«Dorme come un angelo. Ne avrà di sicuro per qualche ora.»

«Perfetto, così noi avremo un pò di tempo per ultimare le valige...»

Jen fu come scossa.

Guardò l’orologio: le 16.30 passate.


«Uh, caspita.. - esclamò - forse è meglio che vada, si è fatto un pò tardi.»

«Sicura di non volerti trattenere ancora un pò, Jennifer?» - chiese Helen, che in tutta sincerità, non era poi così dispiaciuta che stesse andando via.

«Ti ringrazio ancora ma è meglio di no.. voi dovete prepararvi per il viaggio e in più passa a trovarmi mia sorella stasera. Vedo di riuscire a preparare un dolce veloce per la mia nipotina, così la tengo buona buona.» - sorrise.

«Come preferisci.»

«Grazie mille per l’ospitalità. Un bacio grande al piccolo e sinceri saluti alla famiglia.»

«Senz’altro!»

E si abbracciarono.

Salutò anche Sean e Tanya, facendo loro i rinnovati auguri per la gravidanza.


«Ti accompagno - disse Colin - Sean, fammi la cortesia di aspettare qui con Tanya finchè non torno.»

«Certo amico, nessun problema.»


 
 
***




Dopo l’ennesimo saluto generale, i due raggiunsero l’auto di lui.

Una volta partiti, Jen si adagiò sullo schienale del sedile e chiuse gli occhi.

Finalmente potè rilassarsi.

Colin riaccese la radio dove la canzone riprese dallo stesso esatto punto in cui era stata interrotta durante il viaggio di andata.

Solo che stavolta fu lui a cantarla.

Abbassò un pò il volume, alternando lo sguardo fra Jennifer e la strada.
 
…So honey now,
Take me into your loving arms,
Kiss me under the light of a thousand stars,
Place your head on my beating heart…

 
Jen, da parte sua, stava morendo dal ridere per il semplice motivo che lui era arrivato ad afferrarle la mano usandola come microfono.


«Piantala di fare lo scemo e guarda avanti!»

Ma nulla, lui continuò imperterrito.
 
…I’m thinking out loud,
Maybe we found love right where we are…

 
Jen spense di getto la radio, continuando a ridere come una ragazzina.


«Ma che fai?! Te la stavo dedicando...»

«Lo so, ma ci terrei anche ad arrivare a casa sana e salva..»

«Per chi mi hai preso?»

«Abbiamo sfiorato ben due auto durante la tua gloriosa performance, Mr. Ed Sheeran.»

«Non ti piace il rischio?»

«Non sarei qui se così non fosse, ti pare?»

Si scambiarono l’ennesimo, rapidissimo, sguardo d’intesa.

«Mh. Giusto.»

A quelle parole, l’irlandese riportò la sua completa attenzione sulla strada.

«Hai passato una bella giornata?» - le chiese.

«Certo...»

«Cosa c’è?» - aggiunse lui, mutando espressione.

Aveva notato un pò di incertezza nel tono della sua voce.


«Ma no, niente.»

«Jen, lo sai che puoi dirmi tutto.»

«Dico davvero, non è niente.»

«Perchè fai così?»

«Siamo arrivati.» - puntualizzò lei.

Colin si guardò attorno, per poi fermarsi senza nemmeno curarsi di dove avesse parcheggiato.


«Non ti lascio andar via se primi non me lo dici.»

Jen lo fissò senza dire una parola.

Rimase in silenzio anche lui, serio, in attesa di una risposta.

Poi, quasi senza rendersene conto, si ritrovò incollato alle labbra di lei.

Un bacio dolcissimo, atteso, desiderato, bramato.

Inaspettato.

Le loro bocche si separarono quasi a fatica.


«E questo? Hai cambiato idea?» - le chiese, con un sorriso appena percettibile.

Jen parve ignorare la sua domanda, e riprese a baciarlo.

Quando finalmente fu sazia di lui, si decise a rispondergli.


«No.. ma dovevo pur salutarti in qualche modo. Un piccolo strappo alla regola...»

«Sei stata molto cattiva con me, Swan...» - le disse in tono provocatorio, respirando sulle sue labbra e tenendo la sua fronte incollata a quella di lei.

Fu lì per baciarla lui stavolta, ma Jen si vide costretta a scostarsi.


«Tempo scaduto, Capitano. Direi che può bastare.» -  e fece per scendere dall’auto.

Colin la bloccò istintivamente, afferrandole il braccio.

Lei si voltò.

Lui non ebbe la forza di dir nulla, sebbene i suoi occhi parlarono al suo posto.


«Fai il bravo. E stammi bene.» - gli sorrise, sentendosi, nello stesso tempo, morire dentro.

Colin mollò la presa, e prima di partire e andarsene, rimase a fissare la sagoma di Jennifer allontanarsi e poi scomparire dietro il portone.




 
***


 
 
Jen aprì la porta di casa sua quasi a inerzia.

Si sentì come svuotata.

La primsissima cosa che fece non appena entrata fu quella di andare alla finestra e controllare se lui fosse o no andato via.

Smosse la tenda ma la macchina non stava più lì.

Sospirò profondamente.

Non ebbe neppure la forza di piangere.

Nel mentre, Ava le si avvicinò sdraiandosi ai suoi piedi, quasi come avesse intuito il suo stato d’animo.

Jen la prese in braccio.


«Ciao piccola. Ti sono mancata?»

La cagnetta rispose leccandole il naso.

La ripose sul divano e si diresse poi in cucina, dove mise su un pò di caffè, prima di andare a concedersi un bel bagno caldo.




 
***

 

 
Nel frattempo, sulla via del ritorno, Colin proseguiva con la mente ancora ben salda al bacio di pochi minuti prima.

Non accese neppure la radio.

Sentiva ancora addosso il profumo di lei.

Non avrebbe voluto lasciarla andare.

Il solo pensiero che l’avrebbe rivista a Parigi, dopo quasi tre lunghi mesi, lo stava facendo impazzire.

Sentiva come un desiderio irrefrenabile di riaverla con sè, di stringerla, di toccarla, di baciarla ancora una volta.

Sì fermò di fronte al rosso di un semaforo, continuando a tenere lo sguardo serio e fermo sulla strada, e battendo i pollici sullo sterzo, nervosamente.

Iniziò a piovere.

Lo sbattere delle gocce sul parabrezza si mescolava al turbine dei suoi pensieri.


«Al diavolo!» - esclamò, non appena il verde lo autorizzò a ripartire.

Le gomme gridarono, e con una turbolenta e azzardata inversione di marcia riprese di corsa la strada per tornare da lei.




 
***



 
Dopo il caffè, e dopo aver riempito la ciotola di Ava, Jen prese l’accappatoio dalla sua camera e si diresse in bagno.

Levò gli stivaletti, poi la grossa collana che ripose sul lavandino.

Continuava a pensare a lui, a quanto le mancasse già.

Quel bacio, rubatogli prima che si separassero, le aveva fatto capire, ora più che mai, che tenerlo lontano non era ad altro servito che a far accrescere il suo amore per lui.

Chiuse gli occhi, standosene in piedi davanti allo specchio, quasi come a voler riassaporare quel momento nella sua testa.

Ma qualcosa interruppe la sua concentrazione.

Il campanello.

Rimase lì ferma, come ad aver l’impressione che avesse sentito male.

Sentì suonare nuovamente.

A quel punto, guardò stranita l’orologio e vide che era ancora troppo presto per poter credere che potesse trattarsi di Julia, sua sorella, che sarebbe dovuta arrivare almeno tre ore più tardi.

Allo stesso tempo, per quanto lo volesse, non pensò neanche minimamente che potesse essere lui, ma ebbe quasi un colpo quando, dallo spioncino, scorse la sua sagoma.

Aprì la porta, scalza e incredula, trovandoselo davanti.

Colin non disse una parola.

Era leggermente bagnato e stava limitandosi a fissarla in un modo che costrinse anche Jen stessa a rimanere lì, in silenzio.

Le sembrò un film già visto.

Ci mancò poco che le uscisse il cuore dal petto quando, d’un tratto, si ritrovò immersa in uno dei baci più passionali che le avesse mai regalato, che si fossero mai scambiati.

Senza staccarsi da lei, Colin chiuse la porta con un rapido movimento di gomito.

Jen finì di spalle a quella porta.


«Non dovresti essere qui...» - gli sussurò con un filo di voce, mentre lui continuava imperterrito a degustare ogni centimetro del suo collo.

«Io dico di sì...» - rispose, nello stesso tono.

Jen sentì la base del suo maglione sollevarsi lentamente fin sopra i fianchi, e due mani fredde e forti cingerle la vita e toccarla con quella delicatezza unica, tipica di lui.

Lo bloccò istintivamente, e sorridendogli, sussurrò:


«Andiamo di là.»

Colin tentennò un istante:

«Sei sicura?»

«Sicurissima.» - rispose, senza un minimo di esitazione.

Così dicendo, la prese in braccio e la portò dritto in salotto, sul famoso divano, dove finirono per lasciarsi andare alla passione più estrema e sfrenata.

I loro corpi, privati ormai di ogni sorta di tessuto, si unirono alla perfezione.

Un’esplosione di piacere li pervase in ogni fibra del loro essere.

Respiri, gemiti, movenze, amalgamati all’unisono.

Terminarono, esausti, l’uno nelle braccia dell’altra.



 
***





Coperta solo dal proprio maglione, Jen stava poggiata sul petto di lui, carezzandolo con movimenti circolari della mano.

«Non osare mai più dire che c’è un altro uomo.» - la minacciò in un tono tremendamente sensuale, mentre passava le dita fra quei capelli dorati.

Jen alzò il capo per rispondergli.


«Non dicevo mica sul serio...» - sorrise, ironica.

«Certo che non dicevi sul serio - sorrise anche lui - se non vuoi farmi impazzire...» - e tirandola a sè, le rubò l’ennesimo bacio.

Rimasero poi entrambi a fissarsi, a contemplarsi in silenzio.

Lei, col mento poggiato ad altezza del suo sterno.


«Che c’è?» - le chiese, con infinita dolcezza.

A quella domanda, Jen si fece subito pensierosa, ed esitò un attimo prima di rispondere.

A quel punto si sollevò, mettendosi seduta a cavalcioni su di lui ed infilandosi velocemente il maglione.

Sollevò anche lui, o meglio, lo invitò a sollevarsi così che potessero nuovamente guardarsi negli occhi.

Si bloccò ancora, per poi continuare sotto l'attenzione e il tono interrogativo di quei due occhi color mare e cielo.

Sospirò:


«Nell’istante... in cui ti ho visto morire...»

Colin distese il proprio sguardo, rasserenandosi.

Le fece cennò di sì col capo, sorridendo, per invitarla a proseguire.

Anche lei sorrise di riflesso, compiaciuta, e consapevole del fatto che lui avesse intuito cosa stesse andando a dire.


«...Ho rimpianto di non averti mai detto una cosa importante...»

Con l’amore negli occhi, Colin le sorrise di nuovo, carezzandole il viso, stando al suo gioco.

«Che cosa?» - aggiunse, recitando quella battuta esattamente nello stesso identico tono di Killian, ma probabilmente più speranzoso, stavolta, di ricevere quella risposta.

«Ti amo.» - rispose finalmente lei, regalandogli l’ennesimo, splendido sorriso.










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NDA: Ciau a tuttiiiiii! Eccomi - oddio, in ritardo macroscopico!!! ma vabbè, anno nuovo, capitolo nuovo XD - ad aggiornare con un nuovo capitolo! Non ho molto da dire se non che questi due continuano, sempre, inesorabilmente a togliermi anni di vita. Li amo come non mai. Che dirvi, la mia mente malsana e disagiata ha immaginato un pò così l'andazzo di quel famoso pranzo di Pasqua... Spero possa essere di vostro gradimento. :))) Al prossimo aggiornamento e.....MARZO MOVETEEEEEEE! Sto in astinenza da tutto ciò che li riguarda!!!! xoxo
   
 
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