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Autore: emychan    18/01/2016    2 recensioni
"In principio il giardino apparteneva all'uomo e alla donna"
Così si apre la storia narrata in Yggdrasil, ma questa è una storia diversa.
Questa è la storia di Lilith, delle sua scelta e della sua caduta.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Okay, per prima cosa mi scuso per il ritardo. Purtroppo, sono stata letteralmente sommersa da lavoro e studio in questi mesi (a dicembre ho sostenuto un esame di stato piuttosto difficile :) ) e non ho potuto aggiornare prima.
In più scrivere dal punto di vista di Michael si è rivelato inaspettatamente difficile per me. Questo capitolo è stato riscritto almeno cinque volte e, ad essere sincera, non sono ancora sicura che mi piaccia, gestire questi arcangeli è davvero difficile a volte!:P

Grazie di nuovo a Ayr, Ciuffettina, Madison Alyssa Johnson, Drachen, Loreena Mckenzie e Dimea per i loro commenti (spero siate ancora lì fuori e continuerete a leggere nonostante la mia lunga scomparsa!:D) 

Infine, non ricordo se l'ho già detto o meno, se vi interessa leggere il sequel di questa storia (o uno dei sequel, sono ancora indecisa sul punto) potete andare su: 
http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/fantascienza/186699/yggdrasil-3/
 

6. Michael
 
Un nuovo boato infranse la pace del sesto cielo, dominio dei Cherubini dai capelli di fuoco.
Come lo scoppio di un vulcano, il rumore fece tremare la terra, scosse le pareti antiche della torre di cristallo che si ergeva al suo centro e riempì di rinnovato terrore i cuori dei suoi abitanti, ma la collera dell’arcangelo Michael non era ancora soddisfatta e niente sembrava in grado di farlo.
Il capo dei Cherubini era da solo, ritto al centro di una radura, immobile come una statua. Il suo viso bronzeo, dai tratti decisi, era contratto in una perenne smorfia di rabbia. Le sue spalle erano tese, rigide sotto al peso delle sue sei ali dai riflessi color ruggine. Le sue mani stringevano l’elsa nera della spada, quasi faticassero a tenerla ferma e, tutto intorno, i campi- una volta ricolmi di vita- erano ridotti a cenere e detriti. La sua furia aveva cancellato ogni goccia di colore, prosciugato ogni accenno di vita e dove, fino a poco prima c’erano alberi e foglie rigogliose, dove risuonavano i canti e le risate della stirpe angelica affidata alla sua guida, adesso c’erano solo cenere e gemiti di paura.
Per ore, i Cherubini avevano osservato inerti quell’orribile spettacolo di morte, chiedendosi spaventati quando esso sarebbe cessato. Nessuno di loro aveva provato ad avvicinarsi o a parlare con l’arcangelo, tutti ne conoscevano il temperamento e nessuno di loro osava sfidarlo.
Un altro guizzo rosso attraversò le macerie accendendole di colore e strisciando veloce sul terreno annerito, la spada ardente di Michael roteò in aria e, con un ruggito, il tronco massiccio di una quercia centenaria esplose in aria. I frammenti di legno si sparsero attorno, divorati dalle fiamme, e scomparvero tra la cenere.
L’arcangelo si fermò di nuovo, la punta della spada rivolta verso terra. La sua mente era in subbuglio, la furia che gli ardeva nel cuore si scontrava con l’orrore delle sue azioni imperdonabili, ma ogni volta che cercava di riprendere il controllo di sé, gli occhi maliziosi della donna tornavano a canzonarlo.
«Ci hai insegnato tu come uccidere» continuava a bisbigliare al suo orecchio con malignità, ferendolo nell'orgoglio.
Con un grido rabbioso, Michael fece roteare di nuovo la spada per aria, la lama si abbatté sul tronco di un’altra quercia tranciandolo di netto, quasi fosse fatto di burro invece che di solido legno. L’antica pianta scricchiolò ed esplose sotto la forza del suo braccio, i frammenti piovvero tutto intorno avvolti dalle fiamme.
«Ci hai insegnato tu come uccidere.»
Come osava dirgli una cosa simile? A lui? Come osava dopo tutto ciò che le aveva insegnato? Che le aveva dato? Chi era quella miserabile creatura per rivolgersi a lui con tanta arroganza, per mancargli di rispetto in quel modo?
Un altro grido gli esplose dal petto, le fiamme avvilupparono gli alberi intorno a lui, innalzandosi dal terreno e disegnando un cerchio perfetto, ma ancora non bastava. Non era ancora soddisfatto.
E non lo sarebbe stato fino a quando l’insulto al Regno non fosse stato lavato via col sangue del colpevole. C’era una smania dentro di lui, una fame di vendetta che non riusciva a placare.
Lui era il Regno e il Regno era stato insultato. Ma no. Scosse il capo l’arcangelo. Non poteva farlo, non poteva distruggere le creature del Signore. Non poteva compiere un gesto simile.
Respirò a fondo, gli occhi serrati, il calore della propria rabbia quasi insopportabile.
«Hai intenzione di bruciare l’intero Regno o pensi di poter mettere fine a questo pietoso e infantile spettacolo?» la voce di Lucifiel non lo colse impreparato. Ne aveva avvertito la presenza nell’istante stesso in cui era sceso nel cielo dei Cherubini, aveva percepito su di sé il suo sguardo di rimprovero, ma aveva sperato che la sua rabbia lo tenesse distante. Una speranza stupida, a ben pensarci: quando mai Lucifiel aveva perso l’occasione di tormentarlo?
«Credimi, consigliere. Non è il momento adatto» rispose in un sibilo, la voce resa tremante dall’ira.
«Perché? Sei troppo impegnato a mostrare ai tuoi Cherubini la tua stupidità?» lo canzonò il Serafino. I suoi passi leggeri e silenziosi lo portarono davanti a Michael, sulla traiettoria della sua spada. L’arcangelo strinse la mascella e, per un attimo, immaginò di colpirlo; di tagliare a metà il suo corpo e cancellare finalmente quell’espressione di superiorità dal volto del grande Lucifiel. Il pensiero lo spaventò più di quanto avesse creduto possibile. Stava perdendo il controllo fino a quel punto?
«Io non ci proverei.» lo avvisò il Serafino fissandolo con aria severa, quasi sfidandolo apertamente a colpirlo. Le mani di Michael bruciarono intorno alla sua arma. «Perché no?» gli chiese di rimando.
Lucifiel sorrise, l’espressione carica di arroganza. «Perché, al contrario di te, io non mi tratterrei.» gli rispose e l’aria, attorno a loro, si caricò di elettricità. Era una chiara minaccia, una che Michael accolse quasi con gioia.
Una lite con Lucifiel: cosa c’era di meglio per sfogarsi?
«Pensi di farmi paura?» sorrise l’arcangelo di fuoco preparandosi ad attaccarlo.
Il consigliere lo guardò con condiscendenza, come se avesse davanti un bambino capriccioso. «Sì» gli disse lentamente, scandendo la parola. «E sai il perché?» gli chiese, ma Michael non lo ascoltava più. Accecato dalla rabbia, con un grido, calò la spada verso di lui.
Lucifiel sospirò e tese la mano verso il Cherubino. Un fulmine nero sgusciò dal suo palmo, tagliò la distanza che li separava e si cinse attorno al corpo di Michael sollevandolo in aria. L’arcangelo si dimenò, gridando e gemendo come un animale ferito, ma Lucifiel lo tenne appeso lì, guardandolo con aria annoiata per interminabili minuti. Lo guardò, finché la lotta dell’arcangelo non divenne più debole, finché la rabbia non evaporò da Michael e l’arcangelo rimase inerme nella sua trappola.
«Come ti ho già detto altre volte, Michael, combattere quando si è preda dell’ira è da stupidi. Soprattutto contro un avversario come me.»
Michael si sentì avvampare, dall'imbarazzo, dalla collera, ormai non lo sapeva più.
Il fulmine nero che lo avvolgeva scomparve lasciandolo scivolare lentamente a terra.
In silenzio, l'arcangelo osservò il risultato devastante della propria ira sentendosi schiacciare da vergogna e rimorso.
«Se hai finito con la tua crisi isterica, vorrei ricordarti che eri stato convocato alla Terrazza di Luce. Da me.» gli disse con rimprovero il consigliere. Michael non rispose, ma le parole del Serafino lo irritarono profondamente. Detestava dargli ragioni per criticarlo e quel giorno sembrava non farne una giusta. «Avevo da fare» mentì. «Non sei l’unico con dei doveri, qui.» sputò alla fine, risentito.
L’espressione di Lucifiel si fece sinceramente stupita. «Doveri?» ripeté, come saggiando il suono della parola tra le labbra. «Non pensavo conoscessi il significato di questa parola. Sono davvero esterrefatto.» Si fermò inclinando il capo, come riflettendo su qualcosa. «Significa che sono atterrito, spaventato, colto da estremo stup-»
«So cosa significa esterrefatto!» lo interruppe Michael, il viso arrossato dalla rabbia.
La sua mano, ancora stretta attorno all'elsa della spada, tremò e un’ondata inaspettata di calore gli corse lungo le braccia e oltre i polpastrelli esplodendo dal suo corpo in una fiamma incandescente che avvolse il Serafino tra le sue spire.
Michael quasi gridò. Inorridito e inerme guardò le fiamme innalzarsi verso il cielo e bruciare ogni cosa al loro passaggio, ma Lucifiel non si scompose. Con un gesto della mano, lento e quasi indifferente, cancellò le fiamme lasciando solo un denso fumo nero e l’odore di cenere al loro posto.
Il suo sguardo dorato incrociò quello del Cherubino che abbassò il proprio sentendosi divorare dalla vergogna. Odiava perdere il controllo di sé in quel modo. Odiava essere facile preda di rabbia e orgoglio. E Lucifiel era l’ultimo al mondo che avrebbe desiderato come testimone delle proprie orribili mancanze. 
«Allora? A cosa dobbiamo questa ennesima scenata dell’arcangelo Michael? I tuoi amichetti ti hanno offeso?» lo canzonò ancora il Serafino, riattizzando la sua rabbia.
«Nessuno ti ha chiesto di venire qui. Ti sto avvertendo: lasciami solo, se non vuoi litigare.» lo mise in guardia l'arcangelo, ma Lucifiel non si mosse. «E io ti sto dicendo di smettere di fare l’imbecille e occuparti una buona volta dei tuoi doveri» gli rispose, per la prima volta, con una nota di rabbia nella voce. «È questo l’esempio che dai ai tuoi Cherubini? Un arcangelo che non riesce a controllare il proprio temperamento? Un arcangelo che manca ai suoi doveri? Come sei caduto in basso, non me lo sarei mai aspettato. Nemmeno da te.» disse il Serafino, la sua voce fredda e implacabile.
Ad ogni sua velenosa parola, la rabbia di Michael montava e ribolliva, finché il Cherubino, incapace di contenersi, digrignò i denti e con un grido soffocato sollevò la spada in aria e si gettò contro il consigliere. Enormi fiamme rosse si sprigionarono dalla terra circondandoli. La sua lama incrociò quella di Lucifiel a mezz'aria, con uno schiocco che riverberò in distanza. Le lame scricchiolarono e sibilarono scivolando l’una contro l’altra.
«Vedo che sei finalmente uscito di senno come ho previsto il giorno della tua creazione.» commentò Lucifiel, il tono superbo.
Michael si sentì avvampare. Una parte di sé sapeva di reagire in modo esagerato, sapeva di essere fuori controllo, ma le parole di suo fratello non facevano che accrescere la sua rabbia.
Col rumore dello scoppio di una bomba, tutto intono a loro venne avvolto dalle fiamme. Lucifiel lo colpì al viso con un gomito facendolo indietreggiare con un gemito, Michael scoprì i denti e ringhiò.
«Ma guardati, ringhi come un cane.» lo canzonò Lucifiel, il tono disgustato.
La rabbia bruciò in Michael come le fiamme che si innalzarono improvvisamente verso il cielo, ben oltre le loro teste. Il fumo, denso e scuro, oscurò ogni cosa e, per un attimo, Michael perse ogni controllo dei suoi pensieri. L’elsa della spada vibrò e si surriscaldò tra le sue dita, preparandosi alla battaglia.
«Fermi.»
Un’ondata d’acqua gelida cadde sulle loro teste spegnendo il fuoco e strappando un gemito da Michael che si ritrasse guardandosi attorno confuso. Attorno ai due arcangeli un denso fumo nero si innalzò dalla foresta ormai distrutta circondando ogni cosa. Lucifiel indietreggiò riponendo la spada nel fodero e incrociando le braccia sul petto. I suoi occhi dorati scrutarono l’aria alla ricerca dell’origine di quell’interruzione e si fermarono sul viso familiare e adirato di Gabriel.
L’arcangelo dai corti capelli neri era in piedi tra di loro, le braccia tese lungo il corpo e le sei ali dai riflessi azzurri spalancate lungo la schiena. Le piume brillanti, come umide di acqua, e allineate una contro l’altra, taglienti come il filo di un rasoio.
«Siete forse impazziti?» sibilò al loro indirizzo. «Combattervi come nemici, alzare la spada contro un vostro fratello. Dovreste vergognarvi di voi stessi.» li rimproverò aspramente.
D'un tratto, forse a causa dell'improvvisa doccia fredda, o forse per le dure parole della sorella, Michael sentì la propria rabbia scemare. Per la prima volta, da quando l'aveva estratta di ritorno dall'Eden, la presa sulla sua spada si allentò come se le sue braccia non potessero più sostenerne il peso. «Io- non volevo-» mormorò guardando la distruzione che aveva creato sul suo cielo con aria colpevole.
«Ed ecco che inizia a piagnucolare» disse Lucifiel tra i denti, ma uno sguardo torvo di Gabriel lo mise subito a tacere. «Che cosa ci fate qui?» cambiò discorso il consigliere guardando oltre i detriti e il fumo, dove Raphael se ne stava seduto su un tronco reciso, intento a rigirarsi tra le dita una foglia mezza bruciata.
«Sapevamo che saresti venuto a cercare Michael, così ti abbiamo seguito.» rispose Gabriel richiudendo le ali dietro le spalle.
«Non ho bisogno della vostra supervisione.» si lamentò il Serafino, ma Gabriel scosse il capo, sul viso ancora dipinta una profonda disapprovazione. «Non si direbbe.» disse. «Cosa avreste fatto se non fossi arrivata?»
Lucifiel sospirò, come cercando la forza di affrontare tutte quelle seccature. «Lo avrei fatto sbollire ancora un po’. Ma credo che la tua doccia ghiacciata abbia avuto più effetto della mia spada.»
Michael lo guardò stupito. «Mi hai provocato di proposito? Per farmi calmare?»
«No» disse lentamente Lucifiel, come se parlasse a qualcuno di molto stupido. «Ti ho provocato per farti sfogare e smettere di infastidire i tuoi fratelli e la tua stirpe. Senza contare che sono stanco di doverti venire a recuperare ogni volta che salti una riunione, sono stanco dei tuoi continui sbalzi d’umore e sono stanco del tuo essere infantile. Devi crescere, Michael e imparare a svolgere il tuo ruolo nel Regno.»
«Lucifiel-» lo interruppe Gabriel con aria mortificata, i suoi occhi verdi corsero a cercare il Cherubino, il cui volto era divenuto paonazzo.
«Tutti voi sapete che ho ragione.» le disse in tono gelido Lucifiel. «È ora di mettere fine a questa storia. Un altro errore, Michael, solo uno e ti getterò io stesso nelle celle dell’ultimo cielo. Ti assicuro che nemmeno il Padre mi fermerà, questa volta.» lo minacciò il Serafino e Michael chinò il capo in silenzio. Il calderone di emozioni che gli ribollivano ancora dentro lo rendeva incapace di rispondere come avrebbe voluto.
«Non puoi minacciare un altro arcangelo-» sentì dire Gabriel, ma per quanto ne apprezzasse l'aiuto, l'arcangelo sapeva di aver sbagliato. Sapeva di meritare di essere punito per la sua condotta riprovevole e di dover ringraziare Lucifiel per non averlo ancora sottoposto all'umiliazione di venire trascinato via dal suo cielo dai Custodi.
«Gabriel-» la fermò tenendo il capo chino. «Lascia stare.» la implorò. «Temo che stavolta abbia ragione lui.»
Gabriel strinse le labbra e distolse lo sguardo. Michael guardò verso Lucifiel. «Mi scuso per aver saltato la riunione e per aver perso il controllo. Non avrei dovuto comportarmi in quel modo, spero vorrai perdonarmi.» gli disse.
Il consigliere lo guardò a lungo in silenzio, il viso insondabile come sempre. «Dovresti porgere le scuse ai tuoi Cherubini. Erano loro ad essere terrorizzati, non certo io.» gli disse, infine.
Michael avrebbe voluto scusarsi ancora, redimersi in qualche modo, ma sapeva che il consigliere non avrebbe gradito il suo gesto. Alla fine, fu Raphael a toglierlo da ogni imbarazzo. L’arcangelo guaritore era rimasto in silenzio per tutto il tempo, seduto in disparte come se la disputa tra i suoi fratelli non lo riguardasse affatto. «Perché eri arrabbiato?» gli chiese interrompendo la gara di sguardi imbarazzati tra i tre.
Michael si voltò a guardarlo, ricordando improvvisamente la voce maligna dell’ishà, le sue parole cariche di malizia e il suo sorriso crudele. Adesso gli sembrava tutto così assurdo. «É stato qualcosa che mi ha detto l’ishà.» si limitò a rispondere, conscio più che mai della presenza del Serafino e del suo disappunto per la creazione della razza umana. Abomini, li aveva definiti nel vederli la prima volta e, da allora, la sua opinione non era migliorata di molto. Se gli avesse confidato i propri timori, la crudeltà che aveva intravisto nella donna- Michael non sapeva cosa sarebbe accaduto, né voleva scoprirlo. «Niente, sono stato troppo irascibile. Dovevo controllarmi di più.» si limitò a rispondere.
«Tu? Irascibile verso quegli umani?» chiese Lucifiel con aria poco convinta. Michael ne avvertì lo sguardo indagatore sul viso e ne evitò gli occhi. «A volte dimentico che non sono come noi. Non conoscono il nostro mondo, le nostre leggi. Sono distanti dalla nostra natura e la loro carne li rende così imprevedibili e imperfetti- avrei dovuto essere più paziente.» scosse le spalle e, sebbene le sue parole fossero destinate ad allontanare da sé i sospetti del Serafino, nel pronunciarle l’arcangelo si rese conto di quanto esse fossero vere. Era stato troppo orgoglioso. Aveva permesso alla sua rabbia e al suo cattivo temperamento di accecarlo. Le sue parole avevano ferito gli umani e reso più profonda quella frattura che tutte le creature angeliche percepivano nella coppia.
«Sei certo non ci sia dell’altro? Sembri piuttosto in pensiero, cosa strana per te» lo punzecchiò Lucifiel, ma la sua voce non era irritata, né arrabbiata. Piuttosto, era curiosa, in un modo che spaventava Michael più di quello che aveva visto e sentito nell’Eden. L’Astro del mattino stava complottando qualcosa. «Sono sicuro, non devi preoccupartene.» rispose incrociandone lo sguardo con sicurezza, ma il consigliere non era così facile da ingannare. «Stai mentendo. Cosa cerchi di nascondere?» gli chiese irritato.
«Non ricominciare. Stai solo cercando una ragione in più per detestare gli umani. Non capisco davvero cosa tu abbia contro di loro.» accorse in suo aiuto Gabriel, cogliendo la sua reticenza, e Michael le lanciò uno sguardo di ringraziamento.
«E io non capisco questa vostra devozione nei loro confronti.» lamentò il consigliere scuotendo il capo, Michael lo guardò torvo. «Non è a loro che siamo devoti, ma a chi li ha creati e, se non fossi così pieno di te, capiresti la differenza.» gli disse contrariato. Lucifiel non rispose, ma il suo viso si contrasse mostrando quanto tutta quella conversazione lo irritasse. «È ridicolo» sbottò. «Assolutamente ridicolo.» 
Gabriel lo guardò tristemente, i corti capelli neri arricciati attorno al viso delicato. «Sono creature del Padre come noi e, prima o poi, dovrai accettare la loro esistenza.» cercò di placarlo, ma il Serafino ghignò. «Altrimenti?» la sfidò. «Cosa credi mi accadrà?»
«Non lo so. E, ad essere sincera, non vorrei mai scoprirlo.»
«Ah- sei preoccupata per me allora?» la canzonò Lucifiel e Michael scosse il capo. «Che il Padre ti aiuti Lucifiel-» mormorò tristemente. «Sei il solo che non se ne accorge. Come puoi essere tanto cieco?»
«Di che parli?» chiese il consigliere con aria confusa.
«Dell’amore che proviamo per te e della paura che abbiamo di vederti distrutto dalla tua stessa arroganza.» scosse il capo Michael e le sue parole parvero scuotere il Serafino in profondità.
Il suo viso, già pallido, divenne quasi traslucente e il suo corpo fu sconvolto da un tremito. Se fosse l’improvvisa dichiarazione di affetto di Michael a stupirlo o l’idea che il Signore potesse scegliere gli umani a spaventarlo, nessuno di loro poté dirlo con certezza, ma fu strano vedere vacillare in quel modo il consigliere. Vederlo mostrare una tale vulnerabilità
«Mi amate» ripeté in un sospiro, come se ignorasse il significato di quella parola. «Eppure non vi fidate del mio giudizio. Non vi fidate di me. Bell’amore il vostro, fatto solo di parole vuote.» disse tristemente.
Michael si ritrasse di un passo, quasi lo avesse trafitto con la sua lama. «Perché parli così? Perché covi tanto risentimento? Verso gli umani, verso noi.»
«Risentimento? Vi date un’importanza che non avete.» rispose il consigliere. «Non provo alcun risentimento verso di voi, ma solo compassione perché siete ciechi a ciò che vi circonda e troppo vigliacchi per farvi carico delle vostre responsabilità.»
«Nostro Padre ci ha ordinato-» si intromise Gabriel, ma Lucifiel la interruppe. «Nostro Padre è accecato dal suo amore per questa nuova creatura. Quando vedrà di cosa sono capaci, quando scorgerà la loro vera natura, allora capirà i miei avvertimenti. Ma voi- voi dovreste essere fedeli a Lui prima di tutto.» scosse il capo Lucifiel. Il suo viso si animò e colorò, come accadeva solo quando discuteva con qualcuno di qualcosa che gli stava a cuore, ma Gabriel non lo ascoltò. Scosse il capo rifiutandosi di prestargli ancora orecchio. «Sei tu a non capire la bellezza dell’opera del Padre e penso che un giorno ti pentirai di queste parole. Spero per te che non sia troppo tardi.» cercò il viso di Michael, come chiedendone l’ausilio, ma qualcosa nell’arcangelo era tornato ad agitarsi e a metterlo in guardia dagli umani. Un sussurro malizioso, che gli diceva di prestare ascolto al Serafino. Di non ignorare i suoi avvertimenti. Sentendosi di nuovo sconvolto, Michael si accigliò. «Devo occuparmi di qualcosa» disse senza attendere risposta, consapevole di quanto fosse ovvia la propria bugia.
Non importava. Non poteva rimanere ancora lì. Aveva bisogno di riflettere, di rimanere da solo.
«Ti senti bene?» chiese preoccupata Gabriel e il Cherubino annuì in silenzio scomparendo in un vortice di fiamme rosse. Salì verso l’alto, verso il cielo dei Serafini. Lo attraversò senza fermarsi, dritto fino alla Terrazza di Luce. Rimase lì a lungo, seduto sulla sommità del Regno. Si crogiolò nel tepore della Luce, sentendosi di nuovo in pace con se stesso e con l'intera creazione, finché la sua muta presenza non attrasse l'attenzione del Padre.
«A cosa devo la tua visita, Michael?» gli arrivò la Sua voce e Michael chinò il capo sentendosi avvolgere nell'abbraccio caldo e rassicurante del Padre. «Il tuo animo è irrequieto. Hai litigato di nuovo con Lucifiel?» gli chiese non senza una nota di rimprovero nella voce. Detestava che i Suoi figli litigassero tra di loro.
«Un po’» mormorò in risposta l’arcangelo. «Ma nulla di diverso dal solito.»
La luce vibrò intorno a loro. Bianca e accecante si strinse attorno al suo corpo, lo avvolse nel suo abbraccio e lo spinse a rivelare ciò che aveva nella mente.
«Vi siete mai chiesto-» Michael si fermò titubante. «Avete mai riflettuto sulle raccomandazioni di Lucifiel? Sulla creazione degli umani, intendo.»
Dentro di sé percepì lo stupore e la confusione creata dalla sua domanda e subito si pentì di averla posta ad alta voce.
«Perché questa domanda? Non dirmi che condividi i dubbi di Lucifiel.» rispose il Signore e Michael arrossì scuotendo il capo. «Non credo che siano pericolosi, però-» si fermò incapace di mettere in parole ciò che provava dentro. Il dubbio che, nonostante tutto, lo divorava.
«Però?» lo esortò il Signore.
«È la donna.» disse Michael con voce incerta. «È molto diversa dall’uomo. È molto diversa da noi, è qualcosa di-» si fermò scavando nella propria mente alla ricerca di una parola che racchiudesse la natura dell’ishà.
«Incomprensibile?» lo anticipò il Signore e Michael annuì. «E chi dice che sia un male?»
«Chi dice che non lo sia?» chiese di rimando Michael pentendosi subito della propria irruenza, ma il Padre non parve preoccuparsene. «Ora compi lo stesso errore di Lucifiel» gli disse, invece, lasciandolo confuso.
«Pensate che sappia ogni cosa di voi? Che non possiate recarmi dolore o dispiacere? Che siate senza alcuna scelta? Eppure, a volte, siete un rompicapo per me. Condividete la mia essenza come nessun’altra creatura, siete parte di me e dei miei pensieri, eppure non siete come avevo progettato. Dovrei ritenervi pericolosi e distruggervi, per questo?»
«Io-» mormorò il Cherubino stupito e confuso da quelle parole.
«Nessuno possiede un destino forgiato nella pietra, nemmeno voi. Non siete schiavi, ma figli, Michael, esattamente come gli umani. Forse siete più vicini a Me di loro, ma questo non vi rende privi di volontà o decisioni. Le proteste di Lucifiel sono l’esempio più lampante di questa verità, credo.»
Michael rimase in silenzio, la mente in subbuglio.
«Tu hai visto un aspetto della donna che disapprovi, ma non puoi ancora stabilire se esso sia giusto o sbagliato prima di sapere dove la condurrà. È questo l’errore di Lucifiel e spero che nessun altro di voi lo compia.» continuò il Signore con voce indulgente.
«Cosa dobbiamo fare, allora?» chiese il Cherubino.
«Osservali e guidali fin dove è possibile, ma senza intervenire, senza giudicare. Credi di poterlo fare?»
Michael annuì, anche se non era certo di poter davvero eseguire quell’ordine.
Restare un mero osservatore dello sviluppo della razza umana? Era un compito così lontano dalla sua natura che il Cherubino si sentì disperato al pensiero di un certo fallimento.
La Luce vibrò intorno a loro, rassicurante e clemente. «Sono certo che sarai in grado di farlo. Sei più simile agli umani di quanto non ti renda conto.» gli disse la Luce e Michael si lasciò cullare da essa in silenzio.
   
 
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