Panna, cioccolato e coccole
20 Marzo 1936,
Brooklyn
Tutti amavano le torte,
soprattutto quelle al cacao decorate con un ricamo di panna in alto. La
pasticceria di Brooklyn aveva aperto da poco e offriva al pubblico i suoi
pasticcini glassati e le sue torte ricche di zuccheri e colorate.
Steve aveva avuto
l’opportunità di mangiare un pasticcino solo una volta, quando la pasticceria
li aveva offerti per la sua apertura. Ricordava ancora il sapore delle granelle
tra i denti e la morbidezza della pastafrolla. Il sapore era paradisiaco e il nuovo
negozio aveva riportato un grande successo.
Fu in quel giorno di
primavera che decise di preparare da sé una torta al cacao. L’avrebbe fatta per
il compleanno di Bucky, il suo diciannovesimo compleanno. Sorrise quando
immaginò la sorpresa dell’amico nel vedere la torta sul tavolo con diciannove
candeline incandescenti. Si passò un dito sulle labbra immaginandosi il bacio
che sarebbe seguito a quella sorpresa, ancora più dolce e romantico della
torta.
Si diresse al mercato per
comprare il necessario per la preparazione della torta. Il mercato era stato
sempre un luogo caotico e affollato: gente che confrontava prezzi o si
lamentava per l’aumento di qualche prodotto. Steve aveva sempre visto il
mercato come una sorta di passatempo per donne e ragazze, i giovani adolescenti
della sua età non giravano per le bancarelle osservando i cibi o oggetti di
vario tipo analizzandoli o chiedendo informazioni. I suoi coetanei amavano
altri passatempi come: mangiare, chiacchierare o fumare una sigaretta.
Sembrava che tutto
andasse per il verso giusto ma quando scorse Bucky tra le tende del mercato con
una sigaretta in bocca che osservava con occhio attento i venditori, si bloccò
pensando a un piano per evitare di farsi vedere. Scappare. Si voltò di scatto
ma riuscì solo a sbattere contro un ragazzo due volte il suo corpo. Alzò il capo
verso l’alto e notò che era il tipo del cinema. L’ultima volta aveva cercato di
stenderlo ma invano a causa della sua corporatura minuta e così aveva rischiato
di lasciarci la pelle, fortunatamente c’era Bucky nelle vicinanze e lo aveva
salvato. Questa volta, però, era diverso. Era solo e a quanto pare il ragazzo
era furioso. Si squadrarono per pochi secondi e infine Steve si ritrovò
sbatacchiato contro il muro freddo di un vicolo. “Allora? Che cosa si prova a
prendere la purga?” sputò acido. Steve si mise in posizione di attacco
stringendo i pugni, pronto a qualsiasi azione. Il ragazzo iniziò a ridere di
gusto “Ma fammi il favore!” gli arrivò un gancio sinistro senza tante pretese
facendolo cadere a terra. Quando Steve colpì col mento, l’asfalto freddo e duro
produsse un mugolio di dolore. Si toccò con l’indice e il medio il mento e notò
che da un piccolo taglio usciva del sangue. “Allora? Non sei un guerriero?!
Combatti!” gli urlò contro.
Un piccolo gruppo di
signore si accorse dell’accaduto e cominciò a urlare contro il ragazzo.
“Smettila di picchiarlo!” “La tua famiglia si dovrebbe vergognare!”. Nonostante
i rimproveri delle donne il ragazzo continuava a picchiarlo, Steve sentì un
dolore lancinante al fianco e poi a una costola. Pensò che stesse per morire.
“Ma che diavolo sta succedendo!” una voce potente e sicura sovrastò le voci
femminili che tacquero in un attimo. “Tu brutto figlio di puttana!” Steve vide
solo il corpo dell’altro ragazzo accasciato per terra con un labbro sanguinate
e si sentì come tirato su. Alzò la testa e incrociò due bellissimi occhi blu:
quelli di Buck.
“Ma guarda come ti ha
ridotto!” Bucky percorse il corpo del biondo, ma si soffermò soprattutto sullo
zigomo violaceo e un piccolo taglio sul sopracciglio, senza dimenticare quello
sul mento.
Il ritorno per casa lo
sfiancò più di quanto non si aspettasse. Bucky lo sorreggeva come meglio
poteva. Lo avrebbe preso in braccio ma non sarebbe stato saggio farlo in
pubblico. Zoppicò fino al suo appartamento e quando entrò, Bucky lo aiutò fino
al divano, dove lo fece stendere con delicatezza. Si sedette su una poltrona
accanto e lo guardò in faccia con uno sguardo serio e preoccupato. “Steve, non
puoi ogni volta farti picchiare da qualche teppistello!” lo rimproverò. “Buck è
stato lui! E poi ce l’avrei fatta! Mi aveva solo atterrato per una
distrazione!” rispose Steve. “Ma certo! Ora tu saresti stato in grado di
fermarlo! Steve guardati. Sei magro e gracile e…. le tue ossa si spezzano con
niente!” Steve abbassò il capo incassando il colpo, odiava quando qualcuno dava
giudizi sulla sua corporatura, questo James lo sapeva. “Ehi-” Bucky gli alzò
mento cercando di fare meno danni possibile “- io ti amo così come sei, non mi
importa del tuo fisico, mi basta sapere che dentro di te c’è un piccolo
guerriero con un grande cuore” Bucky gli fece un piccolo sorriso e gli diede un
piccolo bacio sulla fronte. “E ora vediamo di medicare queste ferite” si alzò
per poi tornare dopo pochi secondi con del disinfettante e qualche cerotto.
Con molta delicatezza
passò il cotton-fiok sulle ferite e qualche volta scambiando delle occhiatine
con Steve. “Mi vuoi dire perché eri al mercato?”. Ecco la domanda da evitare.
“La stessa domanda potrei fartela io. Eri per caso da quelle parti a guardare
il fondoschiena delle ragazze?” chiese Steve lasciando Bucky spiazzato. “Steve
sono gay e l’unico fondoschiena che
guardo è il tuo. Okay?”. Steve rimase a bocca aperta “Wow, questa si che è una
dichiarazione d’amore” rispose sarcasticamente. “Sul serio perché eri là?”
Steve tirò un lungo sospiro “Sono affari miei, avevo delle faccende da
svolgere”. Il silenzio aleggiò tra i due per pochi secondi “Tipo?” chiese Bucky
mentre metteva un cerotto sul piccolo taglietto nel mento. “Tipo comprare
biancheria intima provocante” rispose Steve con un sorriso. “Ma smettila! Non
ne vendono al mercato. Se la vendessero sai di quanto calerebbe la clientela?”
commentò Bucky divertito. Passò un dito sul labbro spaccato, Steve si ritrasse
un po’ per il dolore. “Scusa” disse Bucky. Si avvicinò al biondo quasi
sfiorando le sue labbra. “Forse uno dei mie baci può curarlo?” propose James.
Steve lo guardò negli occhi “Forse…”. Nessuno dei due seppe chi prese
l’iniziativa ma si ritrovarono a giocare con le proprie lingue, Bucky accarezzò
con la sua lingua il labbro di Steve e infine si introdusse nella sua bocca con
dolcezza. Quando si staccarono, si guardarono negli occhi e sorrisero. “Mi piace quando sorridi”
affermò Bucky mentre gli rifilava un ultimo leggero bacetto sulle labbra. “Lo
so. Me lo dici sempre” rispose Steve dolcemente. “Io devo tornare a casa, mia
madre mi starà aspettando” disse Bucky. “O-okay” Steve abbassò il capo, la
parola “madre” era sempre stata una parola da usare con una certa delicatezza.
“Ci si vede domani Stevie. Non cacciarti nei guai. Okay?” Bucky si avvicinò al
suo viso e gli diede un piccolo bacio sulla guancia. “Okay”.
Quando sentì i passi di
Bucky ormai lontani Steve si rialzò dal divano con velocità, prese la
giacchetta e si diresse verso l’uscita di casa, determinato a comprare gli
ingredienti per la torta.
Arrivato al mercato
fece più in fretta possibile, comprò le uova, la farina, lo zucchero, il cacao
e qualche granella speciale poi si ricordò di comprare le candeline, le prese
di un azzurro cielo, proprio come gli occhi gli Buck.
Uscì con grande
difficoltà dal mercato a causa della gente e della sua piccola corporatura che
veniva spinta da tutte le parti, ogni volta che muoveva un passo. Sgattaiolò in
una via meno affollata, aveva il sorriso sulle labbra ed era pronto per la sua
torta, già si immaginava lo sguardo stupito e al tempo stesso contento del suo
fidanzato. “Ehi Steve!” una voce femminile lo risvegliò dai suoi pensieri. Si
voltò di scatto e vide la madre di Bucky con James accanto. “Ehm… buon
pomeriggio signora” disse cercando di evitare lo sguardo di Buck. “Ma guarda
che ti è successo! Chi ti ha picchiato questa volta Steve?” chiese la donna
evidentemente preoccupata mentre analizzava il volto del ragazzo. “Ehm… un
altro ragazzo, molto più alto. Lui…beh sa… voleva darmi il resto… a causa di un
fatto accaduto qualche settimana fa… ma davvero, è tutto okay” fece un piccolo
sorriso di rassicurazione. “James dovresti badare di più al tuo amico! Sempre a
comprare pacchetti di sigarette e a discutere sui fondoschiena delle ragazze!”
lo rimproverò sua madre. Buck divenne tutto rosso e fissò Steve che cercò di
evitare i suoi occhi. “Steve… io posso spiegarti” disse Bucky impulsivamente. “Non
trovare scuse giovanotto!” Steve alla fine lo guardò dritto negli occhi e fece
un piccolo sorriso “E’ tutto okay James… davvero” vide Bucky rilassarsi del
tutto e ritornare al suo colorito. “Beh che fai da queste parti?” chiese la
donna “La stessa che volevo fare io. Steve ti avevo detto di restare a casa,
lontano dai guai” aggiunse il moro. Steve non pronunciò nemmeno una parola per
qualche secondo e poi disse “Vivendo da solo, cucino io”. La madre di Bucky lo
guardò con soddisfazione ma anche con un pizzico di compassione “Sei un così
bravo ragazzo”, Steve abbassò il capo e fece un piccolo sorriso, i complimenti,
seppur piacevoli, lo mettevano sempre a disagio. “Ora noi andiamo. Buona
passeggiata Steve” “Grazie e anche a voi”. Steve si diresse alla parte opposta
cercando di fare in fretta più possibile ma una braccio lo tirò da un parte,
pensò al ragazzo di stamattina, ma quando si voltò si ritrovò a pochi
centimetri dalla faccia il volto di Buck. “Steve sei parecchio strano. Non
starai mica frequentando qualcun altro?!” disse Bucky sottovoce. “Cosa? Oddio
no! Non sono così stronzo e lo sai che non ti lascerei mai” il moro arrossì
violentemente e poi si allontanò dall’amico per evitare qualche sospetto.
“Okay… scusami è che… a volte ci penso così tanto che riesco a creare pensieri
strambi” Steve lo adorava quando non riusciva ad esprimersi. La voce
balbettante e il suo sguardo che vagava dai suoi occhi alle sue scarpe. “Bucky.
Sei un cretino” il biondo gli sorrise e poi lo lasciò lì.
Quando arrivò a casa si
rimboccò le maniche, indossò il grembiule e tirò fuori ogni singolo strumento
ed ingrediente. Tutto era pronto. Cominciò con l’impasto accompagnato dal suo
allegro canticchiare e dalle sue dita impiastricciate di pastafrolla. Sorrideva
ogni volta che qualche piacevole odorino proveniva dalla sua creazione, non
vedeva l’ora di mostrarlo al suo compagno.
Il cacao cominciava a
colorare l’impasto unito alle granelle di nocciola del colore del grano, tutto
pareva perfetto. Con un dito ne prese un poco e assaporò il contenuto: dolce e
cremoso. “Wow, Stevie! Ci sai proprio fare con i dolci!” si fece un piccolo
complimento per aggiungere un po’ di divertimento e allegria a quella
situazione. Quando fu tutto pronto, versò il contenuto in una teglia apposita e
poi infilò in forno. La parte più complicata fu preparare la panna, ci impiegò
quasi un’ora per realizzarla.
La torta aveva un
aspetto fantastico. I ricami bianchi le devano eleganza e fascino. Steve era
soddisfatto del suo lavoro. La lasciò riposare nel frigorifero e aspettò il
giorno dopo, ovvero il compleanno di Bucky.
*************
Steve si svegliò con il
canto dei merli vicino a casa sua e al rumore dei passanti che discutevano sui
più svariati argomenti, anche se quello principale era la guerra. La luce che
proveniva dalla finestra ferì i suoi occhi chiari e così dovette portare una
mano al viso per coprirli dalla luce. Si alzò lentamente e stiracchiò i suoi
arti sentendo i muscoli che si scioglievano ad ogni movimento e poi aprì la
finestra che dava sulla strada. Il fresco della mattina gli arrivò in faccia
costringendolo ad allontanarsi e a coprirsi con una coperta di flanella. Scese
le scale di legno, che ad ogni passo producevano uno scricchiolio, per
raggiungere la cucina e preparare la colazione.
Versò un po’ di
caffelatte nella tazza di porcellana mentre preparava le uova con il bacon
assaporandone l’odore fragrante e vagamente affumicato. Steve amava la
colazione, era l’unico momento della giornata dove poteva stare da solo, seduto
al tavolo a riflettere sulla sua vita, trovandone difetti e pregi. La luce, dell’ampia
finestra della piccola cucina, rendeva la stanza accogliente e luminosa.
Quando terminò la
colazione controllò la torta e notò che era perfettamente integra e aveva
ancora quel suo dolce profumo di cacao e nocciola. Chiuse il frigo e si preparò
indossando la miglior cravatta che avesse. Quando uscì notò la tranquillità di
Brooklyn e il piacevole calore che il sole donava in quella giornata con un
cielo terso e limpido. Si avviò verso la casa di Bucky pronto per fargli gli
auguri.
L’abitazione di Bucky
era piccola ma accogliente e disponeva di un piccolo giardino dove la signora Barnes si occupava della coltivazione di fiori colorati e
di qualche ortaggio. Bussò alla porta e dopo pochi secondi la madre di James
gli aprì con un caloroso sorriso alla sua vista. “Buongiorno Steve. Ti posso
aiutare?” chiese. “Sono venuto per Bucky. Sa oggi è il suo compleanno e volevo
fargli gli auguri” rispose Steve mettendosi a posto il ciuffo biondo. “O ma
certo! Vieni pure dentro, sta ancora dormendo ma non penso che rinuncerà ai
tuoi auguri”.
Salì le scale
frettolosamente per arrivare alla camera di Buck, non bussò alla porta, voleva
fargli una sorpresa. I cardini produssero uno scricchiolo fastidioso ma questo
non riuscì a destare James dal suo sonno. Quando vide la scena gli salì un moto
di tenerezza. Amava guardare Bucky dormire, i capelli castano scuro
scompigliati e il suo russare leggermente rumoroso. Si avvicinò al letto per
poi sedersi accanto a lui. Avvicinò una mano al ciuffo scuro che gli ricadeva
sulla fronte per scostarlo un po’ e vedere il volto meraviglioso di Buck, il
ragazzo produsse un mugolio di approvazione accompagnato da un “Mamma… sono
cresciuto ormai”. Steve fece un piccolo sorriso e si avvicinò per lasciare un
piccolo bacio sulla fronte del maggiore. “Buon compleanno Buck” sussurrò al suo
orecchio. Bucky aprì lentamente gli occhi trovandosi il biondo seduto accanto a
lui. “Ma che bel risveglio” fece un
piccolo sorriso e trascinò giù Steve facendoselo cadere addosso. “Bucky
potrebbe scoprirci tua madre!” disse il minore mentre cercava di resistere ai
baci teneri che James gli lasciava sul collo. “Non se ne accorgerà vedrai”
disse per poi continuare la sua opera. Bucky prese il suo volto e gli stampò un
lungo e passionale bacio sulle labbra tirando Steve per la cravatta. “E io che
mi ero messo la mia migliore cravatta”. Il moro sorrise a quell’affermazione e
dopo essersi staccato da Steve si alzò e si tolse la maglietta a mezze maniche
per indossare una camicia bianca.
Bucky era
innegabilmente bello ed era normale che saltava agli occhi di tutte le ragazze
del quartiere. Era alto, snello, muscoloso e questo non era tutto, gli occhi
erano il suo asso nella manica. Due zaffiri incastonati in quella faccia
meravigliosa e perfetta. Steve percorse il corpo del ragazzo soffermandosi sui
pettorali ben scolpiti e gli addominali tonici. “Ehi se continui così mi
consumerai Stevie!” lo riprese Buck bonariamente. Steve arrossì di colpo e
abbassò lo sguardo istintivamente “Ehm… si scusa… io…. davvero… non…” non
riuscì a pronunciare un’altra parola che Bucky gli lasciò un bacio sulle
labbra. “Ehi non ho mica detto che io non lo apprezzi”.
Uscirono dalla casa
dopo pochi minuti lasciandosi alle spalle il bacio sulla guancia di sua madre e
gli auguri di compleanno. “E ora che si fa?” chiese Steve. “Beh… oggi è il
giorno del mio compleanno quindi faremo tutto quello che io desidero” Steve gli
rifilò un’occhiatina da ‘Scordatelo’ ma dovette rimangiarsi quel pensiero
perché si ritrovò a correre dietro Bucky lungo la riva dell’East River.
“Buck! Avanti! Smettila
di fare il bambino!” Steve non riusciva più a trovare il moro, aveva il fiatone
e mancava poco che gli venisse un attacco di asma. Si sedette a riva e lasciò
che l’acqua gli bagnasse i piedi nudi. Poco dopo si ritrovò nel buio completo e
due mani sugli occhi calde e morbide. “Chi sono?” Steve decise di stare al
gioco di James e quindi cominciò a fantasticare “Beh potresti essere il ragazzo
del cinema che mi ha pestato”. Sentì la risata cristallina di Bucky seguita da
un “No”. “Allora sei il figlio del panettiere! E non intendo quello il doppio
di me ma quello magrolino con gli occhi verdi e quelle amorevoli lentiggini sul
naso. Da quanto tempo John! Te lo ricordi quel bacio vero?”. Le mani scattarono
via velocemente e si ritrovò il voltò di Buck a pochi centimetri dal viso.
“Cosa?” James era scioccato. Steve cominciò a ridere rumorosamente e Bucky lo
sovrastò col suo corpo facendolo stendere sui sedimenti trasportati dal fiume.
“Ripeti Rogers” Bucky sfiorava leggermente le labbra
del biondo in modo sensuale e allo stesso tempo lo fissava con i suoi occhi di
ghiaccio. “Non sono affari tuoi Barnes” Steve annullò
quella distanza trasportando entrambi in un bacio intenso e dolce. Quando si
staccarono per mancanza di aria si guardarono negli occhi “Buck stavo solo
scherzando” James lo guardò con malizia e lasciò scivolare la mano verso il basso.
“No! Non ci provare!” Steve cercò di liberarsi ma togliersi di dosso il moro
era impossibile per uno come lui, si ritrovò a gemere come un ragazzino delle
medie quando Bucky strofinò maliziosamente il suo bacino contro il suo. “Lo sai
che sei un bastardo?” chiese Steve ironicamente. “Lo so”. Le labbra del
compagno gli sfiorarono leggermente il lobo dell’orecchio per poi mordicchiarlo
dolcemente.
Quando si diressero a
casa di Steve il cammino fu taciturno e accompagnato solo da sguardi veloci e
desiderosi del contatto fisico.
Steve non ebbe il tempo
di gettare la giacca e sciogliersi la cravatta che si ritrovò sul divano con
Bucky sopra che gli lasciava piccoli succhiotti sul collo. “Sono stati i venti
minuti più lunghi della mia vita” disse Bucky mentre sbottonava urgentemente la
camicia di Steve. “Cazzo Steve! Potevi abitare più vicino?” chiese dopo poco
facendo un piccolo sorriso. “Beh questo era l’unico appartamento che distava
pochi chilometri da casa tua” rispose maliziosamente.
Quello che seguì fu
sola pura estasi accompagnata da gemiti soffocati e da i loro nomi ripetuti a
bassa voce per non farsi udire dai vicini di casa. Steve era felice. Dopo tanto
tempo era contento della sua vita e di quello che l’universo gli aveva
regalato: ciò che amava. Si sentiva al settimo cielo da quel 4 Luglio 1935
quando tutto gli sembrava scuro e triste ma che era stato illuminato da Buck.
Non gli sembrava vero quando il suo amico aveva appoggiato le labbra sulle sue.
I fuochi d’artificio che esplodevano nell’aria si erano improvvisamente
trasportati nel suo stomaco quando quel contatto era avvenuto. Era innamorato
perso del suo migliore amico ma il tempo e la situazione sociale non lo avrebbero
mai accettato, lo avrebbero radiato come tutti gli altri. E invece era successo
tutto il contrario. Erano bravi. Bravi a nascondere le carezze, i baci, gli
sguardi e le dichiarazioni inaspettate e dolci. James si presentava di rado
durante la settimana davanti alla porta dell’appartamento di Steve, evitavano
di frequentarsi all’aperto davanti a tutti, preferivano i luoghi appartati come
l’East River o il tetto del condominio di Steve. Il cielo stellato di Brooklyn
era qualcosa di magico. E tutta quella magia era servita per dare coraggio a
Buck dichiarandosi a Steve.
Stesi sul piccolo
divano si scambiavano effusioni e si sussurravano all’orecchio quanto si
amassero. Entrambi era degli inguaribili romantici. “Oh aspetta! Ho una
sorpresa per te Buck!” disse Steve rialzandosi dal divano e infilandosi i
boxer. “Beh dopo tutto questo pensavo che questa fosse la sorpresa” Bucky si
appoggiò al gomito osservando il corpo di Steve. Nonostante le ossa sporgessero
dalla pelle James amava quel corpicino. “Chiudi gli occhi Barnes!”
la voce di Steve era allegra. “Okay”. Dopo pochi secondi, sotto indicazione di
Steve, aprì gli occhi e si ritrovò la bellissima torta davanti a sé con un
Steve sorridente. Il moro aprì leggermente la bocca per lo stupore e poi gli
fece un grandissimo sorriso. “Buon compleanno Buck”.
Bucky si alzò
immediatamente infilandosi le mutande e si diresse verso Steve. “Diavolo Steve
tu-tu… sei così… così perfetto” Bucky guardò la torta e poi con un dito prese
un po’ di panna. La assaggiò. Il sapore zuccherino e piacevole si estese per
tutto il palato provocandogli una sorta di gemito. “Mmhh Steve”. Chiuse gli
occhi per gustarsi quella prelibatezza e poi corse in cucina per prendere due
piatti, due cucchiaini e un coltello. “Non penso che ne rimarrà tanta” fece un
sorriso pestifero.
Si ritrovarono sul
divano mangiando uno dalla bocca dell’altro, assaporando la panna e il
cioccolato spalmati sulle labbra succhiandole avidamente. Steve era contento
dell’apprezzamento di Buck ma non si sarebbe mai aspettato una reazione del
genere. D’altro canto James non avrebbe mai immaginato che Steve sapesse
cucinare così bene.
Passarono il pomeriggio
così: fra scaglie di cioccolato e baci dolci che sapevano di zucchero e amore.
Quando furono sazi, Buck appoggiò la testa sul petto di Steve. Il battito
ritmato. Si perse nelle sue carezze ed era quasi sul punto di addormentarsi.
“Grazie Stevie. So che questo sarà uno dei tanti fantastici compleanni che
passerò con te. Ti amo così tanto da impazzire”. Steve in risposta gli scostò i
capelli mori dalla fronte e gli lasciò un morbido bacio tra l’attaccatura dei
capelli e la fronte. “Per me è stato un piacere Buck. Ti amo anche io”.
Si addormentarono,
cullati dal vento primaverile profumato dal glicine sotto casa e dal canto dei
merli che li accompagnava fra le braccia di Morfeo.
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