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Autore: Ace of Spades    19/01/2016    7 recensioni
"Ogni persona al mondo nasceva con quella sorta di orologio tatuato e su cui inevitabilmente scorrevano le ore. Non si sapeva quando era iniziato, si sapeva solo che non appena incontravi la persona a cui eri destinato il tempo si fermava e le ore si bloccavano.
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Secondo 0
L’ora x che tutti attendevano, nessuno conosceva il giorno o il momento esatto, ma sarebbe accaduto prima o poi.
Eustass Kidd non credeva in quelle cazzate sul fato o sull’essere predestinati.
Il suo ancora scorreva silenzioso, portandosi dietro secondi e minuti della sua esistenza senza che cambiasse qualcosa.
(...)
Un paio di occhi azzurri come il ghiaccio si piantarono nei suoi e il mondo si fermò, come se qualcuno avesse spinto il tasto pausa sul telecomando.
Il respiro si bloccò e un leggero prurito si diffuse sul polso.
Su quel polso.
Tre zeri si stagliavano sul suo contatore.
“Piacere, Trafalgar Law”
“Piacere un cazzo”
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Soulmate AU con tante, troppe coppie (KiddLaw, DoflaCroc, MarAce, KillerPenguin, MihawkShanks, ZoSan)
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro, Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Matter of time
 

" E ama, ma veramente, gli uomini coi quali il destino ti ha unito. "









 

Era un dato di fatto e come tale andava accettato.
Si sfiorò il polso sinistro rivolgendo un’occhiata seccata al tatuaggio.
Ogni persona al mondo nasceva con quella sorta di orologio tatuato e su cui inevitabilmente scorrevano le ore.
Non si sapeva quando era iniziato, si sapeva solo che non appena incontravi la persona a cui eri destinato il tempo si fermava e le ore si bloccavano.

Ora 0
Minuto 0
Secondo 0

L’ora x che tutti attendevano, nessuno conosceva il giorno o il momento esatto, ma sarebbe accaduto prima o poi. Era destino.


 

Eustass Kidd non credeva in quelle cazzate sul fato o sull’essere predestinati. Aveva smesso di credere in molte cose, tranne in se stesso, e ora continuava ad essere infastidito dal maledetto tatuaggio.
Il suo ancora scorreva silenzioso, portandosi dietro secondi e minuti della sua esistenza senza che cambiasse qualcosa.
E non sarebbe cambiato perché uno cocciuto come lui non avrebbe mai accettato di passare il resto della sua vita insieme ad una persona solo perché qualcuno aveva deciso così.
Col cazzo.
Se la sarebbe scelta lui la persona adatta, non avrebbe lasciato questo privilegio a qualche presenza invisibile.
Fin da piccolo si era sempre chiesto che senso avesse e per quale motivo qualcuno - Dio? Gli Dei Greci? Buddha? O Allah forse? - si fosse premunito di farli nascere con quella roba sul polso.
Vedere la propria vita scorrere in sequenze numeriche era abbastanza inquietante e metteva una certa ansia.

Col tempo gli aveva attribuito sempre meno importanza, pensando che l’entità - come l’aveva battezzata - si divertisse a torturali, molto in stile karmico.

Parcheggiò la sua moto e si tolse il casco lasciando che i suoi capelli rossi si librassero nel verso l’alto, ricordandogli una fiamma indomita. Amava i suoi capelli, per quello spendeva sempre buona parte del suo misero stipendio da meccanico in prodotti per la loro cura.
Sollevò una mano portandosi le chiavi in tasca e notò che lo smalto nero si era rovinato su un dito.
Non si impegnò a trattenere neanche una bestemmia;  perché Kidd poteva aver a cuore i suoi capelli, ma anche la sua collezione di smalti e rossetti rappresentavano una buona parte del suo orgoglio.
Il suo bagno sembrava un negozio di Kiko, Sephora e Clinique tutto insieme, e questo il suo migliore amico Killer non mancava mai di farglielo notare.
Sbuffò fermandosi davanti all’edificio che conosceva ormai da anni; almeno una volta alla settimana aveva un appuntamento con la Dottoressa Kureha per parlare dei suoi problemi.
Che cazzo di condanna era, avrebbe preferito di gran lunga essere sbattuto in prigione per una notte.

Ok, forse aveva un problema a controllare la rabbia, ma merda! Quei tipi se l’erano cercata!
Lo avevano fissato un secondo di troppo per gli standard del rosso, e quindi meritavano di essere mandati all’ospedale.

Quel giorno non aveva la minima voglia di affrontare quella vecchiaccia, e non aveva voglia di sedersi su una poltrona a parlare.
Almeno i suoi riflessi erano migliorati a causa del caratteraccio della donna, che, ad ogni risposta sgarbata da parte sua, si premurava di tirargli addosso qualsiasi cose le capitasse a portata di mano.

Proprio la persona giusta per gestire gli scatti di rabbia!

Trascinando i piedi come un condannato a morte che si sta dirigendo verso il patibolo, entrò nella clinica che aveva scoperto contenere anche altre aree di competenza medica.
La Dottoressa Kureha era nota per accogliere sotto la sua ala protettrice casi disperati e farli rinsavire a suon di minacce e oggetti lanciati.
Ecco perché lui era stato costretto da un giudice inetto a recarsi lì.

La sua aura di malumore e il suo aspetto poco rassicurante - un fisico muscoloso, una fascia sui capelli, rossetto rosso scuro e smalto nero - tenevano a distanza le persone, cosa che a lui non dispiaceva affatto.
Arrivò davanti alla porta bianca e stava per bussare quando sentì la vecchia alzare la voce e la suddetta porta aprirsi da sola.

Un paio di occhi azzurri come il ghiaccio si piantarono nei suoi e il mondo si fermò, come se qualcuno avesse spinto il tasto pausa sul telecomando.
Il respiro si bloccò e un leggero prurito si diffuse sul polso.
Su quel polso.

Alzò velocemente il braccio e provò a deglutire, inutilmente.

Ora 0
Minuto 0
Secondo 0 


Tre zeri si stagliavano sul suo contatore.
Alzò lo sguardo e vide il ragazzo di fronte a sé fare lo stesso dopo aver lanciato uno sguardo incuriosito - era divertito? - al proprio braccio.

“Piacere, Trafalgar Law” disse tranquillamente porgendogli la mano mentre sul suo volto svettava un ghigno sadico. I suoi occhi non si muovevano.
“Piacere un cazzo” ringhiò spostandosi e superandolo per entrare nella stanza sempre con quei maledetti occhi addosso.
“Oh Eustass, era ora su siediti” commentò la donna dopo essersi goduta l’intera scena ed essere riuscita a trattenere una risata perché cazzo, il fato doveva essere proprio stronzo.
Immaginarsi che quei due fossero destinati… cercò di non lasciarsi andare e si limitò a sorridere.
“Trafalgar, ora ho un paziente, ne riparliamo dopo” concluse.

Il ragazzo, che se ne stava ancora sulla soglia annuì.
“Come vuole dottoressa. A presto Eustass-ya”

Una volta chiusa la porta alle sue spalle rise mettendosi una mano davanti ala bocca.
La sua anima gemella era davvero quel tipo tutto muscoli e niente cervello?
C’era qualcosa nel suo sguardo che aveva catturato il suo interesse fin da subito.
Si incamminò per il lungo corridoio mentre il camice bianco svolazzava dietro di sé.

Sarebbe stato divertente.


-


Kidd si sedette sulla poltrona assicurandosi di fare più rumore possibile.

Eustass-ya ‘sta minchia.

Solo quando quel tizio era uscito aveva ricominciato a respirare nuovamente.
A primo impatto?
Gli stava sul cazzo.
Gli stava terribilmente sul cazzo.
Non sapeva da dove iniziare, dai capelli neri e perfetti, alla carnagione scura, oppure quella merda di sorriso sghembo.
Per non parlare della voce, quella gli aveva fatto saltare tutti i nervi possibili e non e tutti insieme.

No si ripeté non può essere lui, ci deve essere un errore.

“Allora, com’è andata la settimana? Quante persone hai picchiato?” 
“Fanculo vecchiaccia”


-


Trafalgar Law era noto per la sua calma e freddezza.
Apparentemente sembrava che nulla lo toccasse, e tutto perché era molto bravo a nascondere le proprie emozioni dietro alla maschera di indifferenza e sadismo che lo caratterizzava.
Il più delle volte non doveva neanche fingere, a lui non interessava la maggior parte delle persone.
Amava restare da solo, leggere libri e bere tè mentre il suo cane Bepo, un bel labrador color vaniglia, si accoccolava sulle sue gambe.
Erano poche le cose a cui tenesse e una di queste era quell’animale.
Ogni volta che tornava a casa era sempre lì ad attenderlo per fargli capire quanto avesse sentito la sua mancanza; non si sprecava in chiacchiere inutili e non lo costringeva a fare nulla.

Certo era che aveva dovuto lottare per avere quel piccolo appartamento per sé. 
Lasciare il nido era stato un problema.

Per ogni adolescente è sempre terribile andarsene di casa a causa dell’apprensione dei genitori, ma alla fine tutte le rimostranze si risolvono con lacrime e abbracci.

No, lui non aveva avuto quel genere di problemi.
I suoi erano morti in un incidente stradale insieme a sua sorella quando era ancora piccolo, e Law era stato trovato di fianco all’auto, pieno di ferite e sporco di sangue con lo sguardo spento, da un uomo alto, biondo e gentile.
Rocinante, quello era il suo nome, non ci aveva pensato due volte a portarlo a casa con sé e ad adottarlo trattandolo come un figlio.
Si ricordava ancora quando quel tizio lo aveva tenuto in braccio per la prima volta e lo aveva presentato agli altri occupanti di quella che doveva essere una casa, ma che assomigliava di più ad una reggia.
Non ce n'era uno che gli fosse sembrato sano di mente, neanche lo stesso uomo che, mentre lo sorreggeva, era riuscito a prendere fuoco.

Rocinante aveva un fratello più grande, fisicamente simile a lui ma caratterialmente diverso.
Donquixote Doflamingo era l’essere più fastidioso che avesse mai avuto la sfortuna di incontrare, ma nonostante il suo carattere quell’uomo non si fece scrupoli ad accettarlo nella famiglia.

Da quando era avvenuta la tragedia si era chiuso in se stesso e solo dopo molto tempo era riuscito a tornare alla normalità, anche se di normale la sua situazione non aveva nulla.
Più che normalità l’avrebbe definita un “ritorno alla vita a causa di una dichiarazione di guerra”.
Perché Cora-san - come lo aveva soprannominato lui a causa delle sue camice con i cuori - aveva salvato la sua vita, ma Doflamingo gli aveva fatto ritrovare il suo spirito battagliero.

Cosa mai avrebbe potuto fare quell’uomo per creargli così tanto turbamento?

Mah, forse avrebbe dovuto rispondere raccontando di quella volta che lo aveva chiuso in bagno dopo aver spruzzato del profumo nauseante, oppure di quando al liceo gli aveva infilato nello zaino un vibratore facendogli prendere la nomea di ‘persona da evitare’.
Anche se il trauma più grande, quello verso il pane, era stato il suo capolavoro.
Perché svegliare un bambino tirandogli addosso baguette, rosette e altri tipi di pane era davvero da psicopatici.

Ora si poteva capire il motivo per cui lui avesse voluto un posto suo, senza ovviamente rinunciare alle fantastiche riunioni di famiglia nei week-end.
Aveva approfittato del suo tirocinio da medico per staccarsi da quella casa e dedicarsi a ciò che lo faceva sentire in pace: la medicina.

Girò le chiavi ed entrò in casa lasciando uscire uno sbuffo, rilassandosi subito dopo.
Bepo scodinzolò e gli fu subito tra le gambe.
Dopo aver appoggiato il cappotto si sedette sulla poltrona lasciando che la sua mente analizzasse ciò che era successo quel giorno.

Alzò il braccio e i suoi occhi si posarono sui tre zeri sentendo un brivido lungo la schiena.

E così l’aveva incontrata, la sua anima gemella.

Il fatto che fosse un uomo non lo turbò più di tanto; era sempre stato aperto di mente ed essendo lui bisessuale e con diverse esperienze alle spalle non vedeva problemi.
Non aveva mai dedicato troppa attenzione al suo contatore, ben certo che lui sarebbe rientrato in quella categoria di persone che non incontrano mai la propria metà.
Ed invece ora si sentiva elettrizzato come un bambino di 3 anni davanti alle giostre alla sola idea di far perdere la pochissima calma di quell’armadio dalla buffa capigliatura rossa.
Quando era uscito da quella stanza aveva preso una decisione e in quel momento la sua mente non fece altro che confermarla: la settimana dopo sarebbe tornato casualmente nell’ufficio di Kureha e si sarebbe imbattuto casualmente in Eustass.
Si leccò le labbra senza accorgersene e poi riassunse la solita espressione fredda, tirando fuori un tomo di medicina e cominciando a studiare.



-



Kidd lasciò l’edificio con un bernoccolo sulla testa; si era distratto un attimo e quella vecchiaccia ne aveva approfittato per beccarlo con la spillatrice.
Arrivò nel suo appartamento e lanciò le chiavi dentro una ciotola all’entrata.
Come ogni venerdì Killer, che ormai si era rassegnato al suo ruolo di balia tuttofare, bussò alla sua porta e gli allungò due birre.
Accesero la tv e si misero a guardare programmi idioti.
“Kidd” il tono sorpreso lo fece voltare verso di lui.
“Ah già” commentò intercettando il suo sguardo “è successo oggi”
Il biondo lo fissò mentre la sua bocca assumeva la forma di una ‘o’.
“E chi sarebbe la tua anima gemella? Sono un bel po’ curioso sai” disse il biondo accomodandosi meglio mentre l’amico grugniva e si scolava mezza birra in un colpo solo.
“Non lo so e non mi interessa. L’ho incontrato nella clinica”
“Era un paziente?”
“Considerata l’espressione da pazzo omicida ti risponderei di sì, ma dato il camice probabilmente era un dottore” 
Killer soppesò le parole del rosso bevendo un sorso dalla bottiglia; sapeva che il suo migliore amico aveva rinunciato tempo fa a tutto ciò che riguardava il tatuaggio, ma ora che gli zeri facevano bella mostra sul polso sapeva che non avrebbe potuto ignorare la situazione per molto.
“Un dottore... E hai intenzione di parlarci?”
“Se mi ricapita di fronte con quel suo sguardo da so tutto io e il suo Eustass-ya gli spacco la faccia”


Killer sperò vivamente che non accadesse.
Chissà se aveva dei soldi da parte per una eventuale quanto probabile cauzione…



-



Era passata una settimana.
Law sapeva che era presto per andare da Kureha, ma il suo obiettivo al momento era solo uno: la cartella personale di Eustass.
Era ben conscio di non trovare la dottoressa in ufficio, così entrò e si richiuse la porta alle spalle e con tutta calma cercò il fascicolo.
Una volta trovato, si sedette sulla poltrona e cominciò a leggere.

Va detta una cosa su Trafalgar Law.
Fin da piccolo aveva sempre riso poco e col tempo i suoi sorrisi - che non fossero quelli sadici - si erano del tutto estinti.
Ma quella mattina rise così tanto che quasi si dimenticò come si faceva a respirare.
Quando uscì dall’ufficio tossendo per darsi un contegno, si rassicurò pensando che nessuno lo aveva visto e che poteva benissimo far finta che non fosse successo nulla.

Tornò a svolgere il suo lavoro, non vedendo l’ora che arrivasse il pomeriggio.



-



Kidd non voleva entrare in quella clinica.
La sola idea di poter incontrare quella testa di cazzo gli faceva prudere le mani.
Respirò cercando di mantenere una calma che non gli apparteneva, pensando che quella era la penultima seduta obbligatoria da Kureha.
“Poi non lo dovrò più vedere questo posto di merda” ringhiò aprendo la porta con una spallata ed entrando nell’edificio.

Stava per arrivare allo studio quando un ragazzo strano - non sapeva come altro definire uno che andava in giro con un cappello con scritto Pinguino sopra - gli si avvicinò.
“Sei tu Eustass Kidd?”
“Che vuoi microbo”
“La dottoressa Kureha mi ha detto di riferirti che oggi ha avuto un imprevisto e che quindi la tua seduta è spostata nell’ufficio in fondo al corridoio con un altro dottore” rispose tranquillamente, non venendo per nulla impressionato dal suo sguardo omicida.
Kidd sbuffò non trattenendo una bestemmia poco carina sulla Madonna.
Pinguino, o come si chiamava, indossava un camice e quindi doveva essere anche lui un dottore o uno specializzando.
‘Probabilmente di psichiatria’ pensò dirigendosi dove gli aveva detto con un sorriso sghembo sul volto.

Aprì la porta senza bussare ed entrò nell’aula in cui si trovavano una poltrona e una scrivania.
Chiuse la porta e si accomodò aspettando che la sedia girevole si voltasse e gli rivelasse l’aspetto della sua balia.
“Buongiorno Eustass-ya”

Kidd, già di carnagione bianca, sbiancò ancora di più.
“No, tu no”
La sedia si girò rivelando un divertito Trafalgar Law che lo fissava con un paio di occhi freddi.
“Oggi farai la seduta con me, non sei contento?”
“Guarda, sto per commuovermi, non so come faccio a trattenermi!” sbottò sarcastico il rosso incrociando le braccia al petto.
“Oh Eustass-ya, non pensavo fossi così emotivo”
“Vai a farti fottere” 
“Quello magari stasera, grazie del consiglio”

Kidd sentiva i nervi aggrovigliarsi tra loro e saltare uno per uno.
Quel tipo non poteva sopportarlo, lo avrebbe ucciso nei prossimi minuti.
“Ora” iniziò Law alzandosi e dandogli le spalle per prendere qualcosa “vuoi iniziare a parlare?”


Non ha il camice, indossa degli skinny jeans che dovrebbero essere illegali e ha un culo così sodo che mi è venuta voglia di scoparlo.


Kidd deglutì e dedicò un sorriso perverso al bel dottore, che si risedette con un block notes in mano.
“Visto qualcosa di interessante?”
“Può darsi”

Trafalgar sapeva bene di avere un bel corpo, e sapeva maledettamente bene anche come usarlo.

“Allora” ricominciò “parlami di quello che hai fatto durante questa settimana”
“Fatti i cazzi tuoi”
“No, no, no. Non vorrai che annulli la seduta vero?” commentò con noncuranza il moro per poi aggiungere un “dovrai tornare” che fece fare una smorfia contrariata all’altro.

L’idea di dover parlare con quel maledetto culo sodo non gli andava a genio, ma se si fosse tenuto sul generale sarebbe finito tutto subito e lui avrebbe potuto andarsene.
“Niente di che. Sono andato a lezione, sono uscito con amici, ho scopato, le solite cose. Ora posso andare?”
“Che università frequenti?”
“Ingegneria”
“Anno?”
“Secondo”
“Stai con qualcuno?”
“Cos’è, un interrogatorio?”
“Sì” rispose tranquillamente Law fissandolo come se fosse un topo da laboratorio.
“E per quale cazzo di motivo lo stai facendo?”
Il moro si indicò il polso e Kidd ringhiò.

Già, il tatuaggio.

“Senti stammi bene a sentire, dottore di sta minchia”esclamò prendendolo per il colletto e strattonandolo, facendo in modo che finisse mezzo disteso sulla scrivania “non so cosa ci sia in quella tua fottuta testa e neanche mi interessa. Non ho intenzione di stare con te perché questa merda che ho sul polso ha stabilito così. Scelgo io la persona con cui stare e tu mi stai sul cazzo”
“Non sai quanto mi piacerebbe starci sul serio” rispose il moro continuando a fissare quegli occhi che avevano il colore dell’ambra.
Kidd rimase con la bocca semiaperta qualche secondo per poi scoppiare in una fragorosa risata lasciandolo andare.
“Stammi lontano” disse alzandosi e facendo per andarsene ma venendo fermato dall’altro.
“Che tu non fossi normale lo si capiva dal fatto che il sacerdote ti ha battezzato e tu gli hai vomitato in faccia” commentò sorridendo mentre si immaginava la scena.
Kidd si voltò furente.
“Come fai a-”
“Saperlo? Ho letto il tuo fascicolo. Anche se la parte che mi è piaciuta di più è stato quando hai spaccato un quadro in testa ad un bambino perché non ti dava ragione. O quando hai conficcato una forchetta nella mano di una bambina perché ti stava rubando una polpetta.”

Il rosso ripercorse a grandi falcate lo spazio che lo divideva dalla libreria attaccata al muro, prese un libro e lo lanciò contro il moro che lo schivò con facilità.
“Non avevi il diritto di farti i cazzi miei”
“Oh, ma non lo sai? Io sono un dottore” rispose schivando un tomo di medicina e rispondendo al fuoco lanciando una spillatrice.
“Dottore, è il suo giorno fortunato. Finirà all’ospedale senza pagare la benzina”
“Vedi di farmi divertire un po’, Eustass-ya”


Kureha si stava spazientendo; era da più di mezz'ora che stava aspettando quel ragazzo dai capelli rossi, ma di lui nessuna traccia.
Stava per chiamarlo quando sentì del trambusto provenire da fuori, uscì e vide che altri dottori fissavano preoccupati l’ufficio in fondo al corridoio dal quale provenivano rumori inquietanti.
Senza ulteriori indugi, avanzò ed aprì la porta trovandosi davanti una scena paradossale.
Eustass Kidd, il ragazzo che la stava facendo aspettare, e Trafalgar Law, il neo-laureato calmo e calcolatore, si stavano azzuffando per terra.
Ovviamente dopo aver distrutto l’intero ufficio.

“Che diavolo state facendo, razza di decerebrati?”

Dieci minuti dopo era nuovamente seduta nel suo ufficio, con davanti i due ragazzi, che non mancavano di guardarsi in cagnesco.
“Qualcuno mi spiega che diavolo è successo?”
“È colpa sua vecchiaccia maledetta! Se lei non mi avesse mandato in quell’ufficio io non lo avrei pestato”
“Colpa mia?” sbottò sorpresa “E quando mai ti avrei detto una cosa del genere?”
“Un tipo col cappello da pinguino mi ha detto che lei non c'era  e la seduta la dovevo fare con un altro dottore” ringhiò il rosso massaggiandosi la spalla. Era più piccolo di lui ma il dottorino lì di fianco sapeva come fare a botte.

“Pinguino?” commentò Kureha collegando tutti i puntini e riuscendo finalmente a capire il disegno finale.
“Law. Quello che hai fatto non è molto legale lo sai? Ridammi il suo fascicolo” 
Il moro sorrise e le allungò una cartella piena di fogli.
“Non si preoccupi, svolgerò degli straordinari nel week-end per farmi perdonare” disse sorridendo.

La dottoressa lo guardò più attentamente; quella non era la faccia di una persona pentita, ma di qualcuno estremamente sollevato, come se avesse appena evitato una condanna a morte.
La donna ghignò.
“Non disturbarti, questa volta te la cavi con un richiamo. Puoi tornare a casa dalla tua famiglia, contento?”

Law si incupì lanciando uno sguardo di puro odio alla dottoressa, che ricambiò con un occhiolino.
“Maledetta vecchiaccia” sibilò mentre il rosso di fianco a sé ghignava.
Non ci aveva capito molto, ma a quanto pare il bel dottore lo aveva preso nel culo, quindi la sua giornata era migliorata.
“Kidd, dato che oggi hai saltato la seduta la sposteremo alla prossima settimana”
“Maledetta vecchia!”

Entrambi uscirono di corsa dall’ufficio schivando biro, libri e altri oggetti a portata di mano della donna.

“Tu” ringhiò il rosso prendendolo nuovamente per il colletto della camicia e tirandoselo contro “La prossima volta ti spacco la faccia così magari impari qualcosa di chirurgia estetica”
“Quando vuoi sai dove trovarmi” rispose sorridendo Law facendo scivolare in tasca un biglietto senza che l’altro se ne accorgesse.
“Fottiti” commentò Kidd lasciandolo e incamminandosi verso l’uscita sotto lo sguardo terrorizzato dei presenti.
“Ci sto provando” sussurrò il moro non mancando di squadrarlo mentre se ne andava.

La giornata era andata abbastanza bene tutto sommato.

Aveva programmato tutto, sapeva che consultare un fascicolo senza il permesso del dottore curante era illegale, e sapeva bene che Kureha avrebbe chiuso un occhio sapendo cosa era successo la settimana precedente. Leggere di quella testa rossa e saltare il week-end a casa; due piccioni con una fava.
Ed invece aveva sottovalutato la vecchia.

Rassegnato, si preparò ai due giorni più terribili di sempre.
‘Posso sempre prendere del Vicodin e versarlo nel bicchiere di Doflamingo’

 

-
 

Dopo aver trascorso il resto della giornata in quell’edificio, Law tornò a casa e ripensò agli avvenimenti di quel giorno.
A lui non interessava molto la storia dell’anima gemella, l’aveva sempre ritenuta una perdita di tempo, esattamente come i sentimenti.
Sapeva che punzecchiandolo un pochino quell’armadio a due ante si sarebbe scaldato, ce l’aveva scritto in faccia “provocami ed esplodo”.
E se c'era una cosa che sapeva fare bene quella era provocare le persone.

Non si aspettava però che il rosso gli rispondesse in quel modo.


“Non ho intenzione di stare con te perché questa merda che ho sul polso ha stabilito così. Scelgo io la persona con cui stare e tu mi stai sul cazzo”


Quelle parole gli erano entrate dentro, per non parlare degli occhi.
Si erano incendiati subito e avevano fatto qualcosa che riteneva impossibile fino al giorno precedente.
Avevano fatto perdere un battito al suo cuore.

Non era possibile che quella storia delle anime gemelle fosse vera.
E non era possibile neanche che lui si innamorasse, figuriamoci di quel decerebrato.
Law camminò meccanicamente mentre nella sua testa rivedeva lo scontro e i pugni che si erano dati.
Quello sì che era stato divertente, almeno il buzzurro ci sapeva fare.
E se scopava con la stessa irruenza con cui rispondeva allora doveva proprio provare.

Un sorriso sghembo fece capolino sul suo volto mentre i pensieri subivano un cambio di rotta e si concentravano su una diversa sfera emozionale.

“Law, vedo che hai avuto una bella giornata~”

Il moro si bloccò davanti a casa sua.
Quella voce.

“Doflamingo cosa fai qui?” sibilò girandosi e trovandosi davanti l’uomo alto due metri che gli sorrideva.
“Sono venuto a prendere il mio fratellino, vero Vergo?”
“Sì Signore” rispose un altro uomo da dietro l’auto viola di proprietà del biondo.

“Non dovevi disturbarti”
“Su, su, prendi le tue cose che andiamo” commentò sbrigativo, come se non avesse sentito nulla.

Il moro espirò cercando di non piantare la siringa che aveva nella tasca interna del giubbotto nella giugulare dell’uomo.

Siamo solo a venerdì. Non ora.

Con questo pensiero preparò un trolley con dei vestiti, mandò il solito messaggio a Penguin ricordandogli di occuparsi di Bepo in sua assenza e prese altre cose dall’armadietto nel bagno.

Non si sa mai, magari il cianuro può servire. Per non parlare della belladonna.

Uscì dalla porta con la tremenda sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante, ma, dato che non gli veniva in mente nulla, pensò che quella paranoia fosse dovuta dal fatto che il capo della famiglia Donquixote era venuto di persona a prenderlo.

Ben sapendo quanto odi vederlo più del necessario.

Il viaggio in auto fu una vera epopea: il biondo parlava di quello che era successo durante la settimana e a Law non poteva fregare di meno se Jolla aveva dipinto un quadro o se Lao-G era riuscito a vincere a carte contro Trebol; per non parlare di Diamante che si era classificato primo nel poker online sul famoso sito Colosseum, di proprietà di Doflamingo poi.

Sbuffò guardando fuori dal finestrino; il week-end non era neanche iniziato e già voleva spararsi in bocca.

-

Kidd tornò a casa più incazzato di quando era uscito.
Non era possibile.
Quel maledetto dottore aveva letto tutto su di lui e lo aveva pure preso per il culo.

Almeno gli ho tirato un pugno sulla spalla abbastanza forte da lasciare i segni.

Con quel pensiero si rallegrò ed entrò in casa chiudendo la porta con un piede.
Buttò i vestiti per terra e rimase in boxer, accese la play e si preparò a passare l’intera giornata dentro al mondo di "Assassin’s Creed Balck Flag".

Un modo per fargliela pagare l’avrebbe trovato, e avrebbe scelto quello più doloroso, parola di Eustass Kidd.











 





Angolo dell' Autrice

Salve a tutti, non ho molto da dire dato che siamo solo al primo capitolo.
Solitamente tratto come coppia la Doflamingo/Crocodile, stavolta mi complico la vita e provo a scrivere qualcosa non solo su Kidd e Law, ma anche su Killer, Penguin, Marco, Ace, Zoro, Sanji, Shanks, Mihawk e forse anche  Cavendish e Bartolomeo.
Della serie 'uccidiamoci con stile'.
L'idea è nata da un post di Tumblr sulle Soulmate AU, il fatto del contatore mi piaceva e ho provato a buttare giù qualche idea; inoltre avevo promesso a ShadowMoonLady che le avrei scritto una KiddLaw (sperando non siano OOC) e ho preso due piccioni con una fava.
Ovviamente questa storia è dedicata a lei, al mio scoiattolo rabbioso che mi ricorda tanto un piccolo Eustass.

Direi che ho detto tutto, fatemi sapere le vostre opinioni e se Kidd e Law sono IC, a presto,

Ace of Spades

  
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