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Autore: TheTardisRestorer    19/01/2016    0 recensioni
Il Dottore, dopo aver lasciato Clara, ricomincia ad essere un dottore, così come lei gli ha detto di fare. Torna a Londra e ricomincia una nuova avventura, cercando di ricordare.
ATTENZIONE: SPOILER! Non leggere se non hai visto Hell Bent.
Genere: Avventura, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 12
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era una sera come le altre, fredda, vuota e noiosa quando, ad un tratto, un rumore ha attraversato il silenzio del parco che stavo attraversando per tornare a casa. Un rumore che ricordava un lamento cigolante, un suono che cambiava di continuo intensità, il rumore più bello che abbia mai sentito in tutta la mia vita. Tutto il parco scompariva, lampeggiando a più riprese, fino a che mi ritrovai in una stanza circolare, dominata da quello che a prima vista sembrava un pannello di comando esagonale sormontato da un cilindro di vetro che culminava proprio sotto al soffitto con dischi metallici che ruotavano secondo il ritmo del dolce suono altalenante che non voleva più uscire dalla mia testa. Da dietro al cilindro sbucò un uomo, alto, vestito con abiti che parevano quelli di un prestigiatore, grigio di capelli e con un sorriso che non potrò mai dimenticare. Mentre lo scrutavo con gli occhi di un cieco a cui era appena stata donata la vista, ha esordito con «Salve, il mio nome è Il Dottore, piacere di conoscerti, Chris.» «C c cosa? Come sai il mio nome e dove siamo ora? Ero in un parco e io… io…» ho balbettato io in tutta risposta. «Amici in comune, per questo conosco il tuo nome. Ora, ho una scaletta precisa di eventi da rispettare. Questo è il TARDIS, può viaggiare ovunque nel tempo e nello spazio.» continuava «E tu, se vuoi ovviamente, puoi accompagnarmi in questo viaggio.» «Non so nemmeno chi sei e non credo ad una parola di quello che hai detto. Per quanto ne so potresti essere un maniaco, un rapitore e io, io intendo andarmene.» detto questo procedevo verso la porta convinto che quell’ uomo mi avesse sedato e portato in quella strana stanza, tuttavia, quello che ho visto appena fuori da quella soglia aveva dell’ incredibile: ero nel parco, quello stesso parco dove stavo camminando quelli che sembravano secoli prima. Mi guardai dietro, verso la porta da cui venivo e tutto ciò che era dietro di me era una cabina blu, una di quelle che la polizia di Londra usava negli anni sessanta. Ho girato tutto attorno alla cabina telefonica e poi, più incuriosito che spaventato sono tornato dentro, attraverso quella porta che aveva dell’ incredibile.
 
Una volta dentro ho esclamato «È più grande al…» «All’interno, si, lo dicono in molti»; quello strambo soggetto che pareva fosse arrivato da un altro pianeta si comportava come se avesse vissuto quella scena decine e decine di volte. «Allora, che ne dici?» ha domandato, mentre io, da buon professore di fisica, facevo calcoli e schemi sul mio taccuino. «Che ne dico a proposito di cosa?» ho controbattuto «Tutto lo spazio e il tempo tutto che è stato, che è o che sarà, ovunque nell’intero universo» «Si.» ho risposto, senza nemmeno riflettere «Mostrami che non stai scherzando» e lui, con aria di sfida ha tirato una leva. I cilindri hanno cominciato a roteare e la colonna di vetro ad andare su e giù fino a che tutto si è fermato, con lo stesso rumore con cui è iniziato. Con uno schiocco di dita ha aperto le porte e non posso nemmeno lontanamente descrivere cosa ho provato in quell’istante: sterminate colline, un cielo arancione e tre soli che facevano capolino all’orizzonte. «Dottore, dove siamo?» «A casa mia, è moto tempo che non porto qualcuno qui. Questo è Gallifrey, il pianeta dove sono nato. Sai, sono il presidente di questo mondo, sono letteralmente a capo di un pianeta. Forte!» ha spiegato il Dottore con una sorta di compiacimento misto a malinconia. «Quindi tu sei… Si, insomma… Sei alieno?» «Dal mio punto di vista sei tu l’alieno. Comunque, si.» «Bhe, mi ci dovrò abituare. Hai detto che questo “Tardis” viaggia anche attraverso la quarta dimensione, quindi… Quando siamo?» il Dottore sembrava sorpreso della domanda «Oh, nessuno aveva mai fatto la domanda giusta, non così presto. Comunque, siamo alla fine dell’universo e del tempo stesso, più in là di quanto qualsiasi forma di vita si sia mai spinta.»
 
Abbiamo camminato per un po’, poi siamo tornati nel Tardis. Una volta dentro ho chiesto al dottore di spiegarmi come fosse possibile che uno spazio così grande, infinito a sua detta, potesse entrare in un contenitore così ristretto; vi risparmio la risposta, non perché non voglia “svelarvi il segreto del Tardis”, bensì perché non ricordo una singola parola delle migliaia che deve aver proferito in soli cinque o dieci minuti. Dopo quel giorno non ho fatto ritorno nella Londra del 2016 per molto, molto tempo. Viaggiavo con il dottore e un pomeriggio, ho cancellato ciò che era scritto sulla lavagna in fondo al Tardis, riportava la scritta “Corri, corri sapientone e sii un dottore.” Non credevo fosse così importante per il dottore, so solo che quando ha visto cha la sua lavagna era ora ricolma di calcoli sulla teoria delle Stringhe, ha dato letteralmente di matto. «Cosa hai fatto? Tu! Come hai potuto? Era il suo ultimo regalo, tutto ciò che mi rimaneva di Clara, oh, Clara Oswald, perché?!» «Clara Oswald dici? È un’insegnante alla Coal Hill School, dove insegno io, non si fa viva da un po’, crediamo si sia trasferita in America. Aspetta, è lei l’amica che abbiamo in comune vero? Cosa le è successo? Cosa è successo a Clara?» «Clara è morta! È morta da miliardi di anni. Io l’ho riportata indietro ma la mia memoria di lei è stata cancellata. Ora ha un suo Tardis e sta viaggiando. Dubito che la incontrerò di nuovo.» urlava, ma non credo se ne fosse accorto. Non appena si era calmato è venuto da me e mi ha chiesto: «Un solo altro viaggio. Dove e quando vuoi andare?» «America, voglio andare in Nevada, nel deserto, non ci sono mai stato.» Con il solito suono cigolante del Tardis, siamo atterrati, appena siamo scesi ho notato una tavola calda, sperduta, in mezzo al deserto. Stavo scendendo quando il Dottore si è seduto su una delle poltrone nella sala di comando. «Cosa fai, non scendi?» «No, Chris, è meglio che io non venga. Portami una bibita ghiacciata, prendila in quel piccolo locale.». Sembrava quasi che il Dottore volesse farmi entrare in quello squallido bar. Quando ho varcato la soglia ho subito visto Clara al bancone e una donna che usciva dalla porta su retro, attraverso la quale si poteva vedere una console di comando, era quello! La tavola calda era il Tardis di Clara, e il dottore lo sapeva. Ho fatto finta di nulla, stavo uscendo quando la sua voce, la sua indimenticabile voce squillò «Chris! Cosa ci fai qui? Siamo nel 1990, non dovresti avere la stessa faccia che avrai tra venticinque anni. So che sei qui con il dottore e so anche che sei troppo spaventato, troppo spaventato per parlare, probabilmente perché il Dottore ti ha detto che sono morta. Comunque, riferiscigli un messaggio, devi solo consegnargli questa lettera, dice tutto, dice di venire da te e di concederti un ultimo viaggio, come ha fatto. Vai, il dottore che vedi lì è una versione passata rispetto a quella con cui sei arrivato. Ti porterà al momento in cui vi siete conosciuti. Ciao Chris. Addio.» «Addio.» è stata l’ unica cosa che sono riuscito a rispondere. Sono tornato nel Tardis e il dottore ha detto «Tu devi essere Chris, me lo ricorderò, per una presentazione ad effetto.» Sorrise, mi portò esattamente dove siamo partiti. Dietro ad un albero, sono sceso dal Tardis e tutto quello che mi ha detto è «Stai a guardare!» indicando un uomo camminare una ventina di metri oltre quel grande albero. Il Tardis si è smaterializzato, per comparire attorno all’ uomo che, spaesato stava cercando di capire da dove provenisse quel suono. Ho approfittato del momento per andarmene senza essere visto da me stesso. Sono stato via per mesi, forse anni ed eccomi lì, pochi minuti dopo la mia partenza. I migliori cinque minuti di sempre.
   
 
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