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Autore: Beatrix Bonnie    20/01/2016    1 recensioni
-Seguito de L'orologio d'oro-
I tempi spensierati sono finiti: con il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, Mairead, Edmund e Laughlin, insieme ai loro amici del FIE, dovranno affrontare il crescente clima di razzismo dell'Irlanda magica, tra ansie per gli esami finali, nuovi caos a scuola e un Presidente della Magia che conquista sempre più potere. Per Edmund non sarà un'impresa facile, soprattutto visto che il ragazzo sarà anche impegnato nella ricerca di un leggendario manufatto magico di grande potenza, che potrà salvarlo dalla maledizione impostagli da Sigmund McFarren. Ma dove lo porterà la sua ricerca? E questo oggetto esiste davvero o sono solo farneticazioni di un vecchio?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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EPILOGO






Edmund buttò le borse sul divano con malagrazia. «Niente uova, non ce n'erano» annunciò, appendendo il mantello in ingresso.
«È arrivata una lettera da Laughlin» gli disse Melita. «Pare ci sia una super riunione a casa sua fra tre giorni.»
Edmund mugugnò.
«Che cosa c'è?» indagò Melita; conviveva col suo fratellino da neanche tre settimane, ma aveva già capito che quando aveva quella faccia qualcosa di serio non funzionava. Almeno, qualcosa che lui riteneva serio.
Edmund non amava particolarmente far la spesa, ma pur di uscire di casa andava bene tutto. Per fortuna aveva convinto Melita a lasciare andare lui a far rifornimento, visto che era in grado di rendersi completamente invisibile con l'incantesimo di Disillusione – il che risultava comodo se “far la spesa” coincideva più che altro con il derubare negozi Babbani. Se non avesse avuto quella mezz'ora d'aria, avrebbe dovuto passare l'estate chiuso in casa con le persiane abbassate. Va bene che doveva studiare e prepararsi per il test d'ammissione del K.A.Z., sperando anche di vincere una delle tre borse di studio, ma morire lentamente in quella casa Babbana per vacanze era un modo davvero spiacevole di andarsene.
«Avanti, che è successo?» insistette Melita. Dubitava che il malumore di Edmund fosse dato dalla mancanza delle uova.
Il ragazzo tirò fuori un paio di libri dalla borsa. «Padre Rafael mi aveva promesso un volume preso in prestito dalla biblioteca del seminario ma ha detto che era già prenotato da qualcun altro» spiegò infine. «Chi cavolo è che come piacevole lettura estiva sotto l'ombrellone si piglia “Breve storia dell'epistemologia europea della Trasfigurazione”?» Sbuffò, anche se in fondo un po' se l'era aspettato: al seminario erano tutti in fibrillazione da quando il cardinal Saiminiu era stato eletto Patriarca con il nome di Patricius I. La popolazione magica d'Irlanda si era riscoperta improvvisamente fervente cattolica.
Melita ignorò completamente il motivo del disappunto di Edmund e passò invece alla questione più seria: «Ha incontrato di nuovo quel prete?» indagò. Edmund sbuffò. «Non mi ha visto nessuno!»
«Quante volte devo dirti che è pericoloso? Hai i Mangiamorte alle calcagna!»
Edmund mise le mani in tasca e si lasciò cadere sul divano. «Credo che i Mangiamorte abbiano cose più importanti che perseguitare me.»
«Non sottovalutare...» cominciò a dire, ma si interruppe per raccogliere da terra una piccola capsula grigia che era caduta dalla tasca di Edmund. «E questo cos'è?»
Edmund si voltò verso la ragazza e sgranò gli occhi spaventato. «Non la toccare!» esclamò, alzandosi dal divano di scatto e strappandogliela di mano con un gesto repentino.
Melita lo fissò stranita. «Che cosa diavolo...» cominciò a dire, ma Edmund la interruppe sbrigativo.
«Precauzioni, niente di più.» E si rimise in tasca la piccola capsula, chiudendo il discorso.
La ragazza lo fissò con uno sguardo doloroso, intuendo più di quanto l'altro avesse detto. «Comunque stai attento» gli raccomandò preoccupata.
Edmund le rivolse un sorriso rassicurante, che la acquietò almeno un poco. «Non temere, sarò cauto.»
Per i due giorni successivi Edmund evitò di uscire di casa, così da tranquillizzare Melita, che comunque preferì essere più prudente della prudenza stessa e cercò una nuova villetta disabitata per trasferirsi. «Ne ho trovata una nella contea di Mayo, carina. I proprietari dovrebbero stare alle Barbados per due settimane» annunciò la mattina del terzo giorno. Spesso si recava la mattina presto in aeroporto per carpire informazioni e individuare Babbani in vacanza le cui case restavano vuote.
Edmund bevve l'ultimo sorso di latte della sua colazione. «Vado a preparare la mia roba.»
Melita annuì. «Ok, io faccio una breve ricognizione poi torno a prenderti.»
Edmund si preparò con tutta calma: di solito sua sorella ci impiegava almeno un'ora ad ispezionare la nuova casa. Cosa si aspettava, che i Babbani ci lasciassero un Mangiamorte di guardia?
Per quanto gli facesse piacere vivere con Melita, poterla chiamare sorella e, in un certo modo, avere finalmente una famiglia, a volte non sopportava l'eccessiva premura di lei. Anche se i Mangiamorte li stavano effettivamente cercando, Melita era comunque troppo esagerata. Dopo neanche tre settimane, quella vita di eterna fuga e reclusione gli stava già stretta. Lui era più impulsivo, aveva bisogno di libertà di movimento... e probabilmente si sarebbe fatto catturare prima, ammise.
«Edmund!» gridò proprio in quel momento Melita dal piano di sotto. «Edmund!»
Il ragazzo si allarmò: prese al volo la bacchetta e uscì di stanza trafelato. Sua sorella gli corse incontro spaventata. «Oddio, grazie al cielo!» esclamò.
«Mi sono spaventata, ho visto la porta aperta e...»
«La porta aperta?» le fece eco Edmund, mortalmente serio. Era impulsivo e sprovveduto ma non sciocco: la porta si ricordava sempre di chiuderla con la magia. Poteva significare solo una cosa.
«Petrificus totalus!» esclamò contro Melita. Lei ebbe tempo solo di sgranare gli occhi e poi cadde riversa a terra. «Desilludo» mormorò poi, nascondendo completamente il corpo pietrificato della sorella. La spostò in camera e chiuse la porta: ora lei era al sicuro e Edmund era libero di affrontare chiunque avesse osato intromettersi in casa loro. Se, come temeva, si fosse trattato di Mangiamorte, certo quelli non avrebbero avuto remore ad uccidere Melita, visto che non era il loro obiettivo. Se li avevano trovati per la sua leggerezza, doveva almeno assicurarsi di proteggere la sorella.
«Avanti, lo so che ci siete!» esclamò Edmund, la bacchetta levata davanti a sé. «Homenum revelio» sussurrò, individuando due figure in salotto, al piano di sotto. Scese lentamente le scale. «Due? Solo due scagnozzi? Mi sottovaluta così tanto il vostro capo?» gridò ancora, sperando di attirarli a sé, ma quelli non si mossero, per cui Edmund fu costretto ad entrare lui in salotto, pronto a combattere.
Si ghiacciò sull'ingresso.
«Non gli scagnozzi» sibilò la voce fredda di Lord Voldemort. «Il capo in persona.»
Edmund si sentì morire. Stretta tra le esili braccia di Lord Voldemort stava Melita, i begli occhi azzurri ricolmi di lacrime che imploravano di perdonarla.
«Lasciala andare» intimò Edmund, con la voce tremante. «Lei non c'entra.»
L'orribile volto del Signore Oscuro si contrasse in un sorriso. «Non credo che tu sia nella posizione di dettare condizioni» commentò sarcastico. «Getta la bacchetta.»
Edmund fu sul punto di farlo, tale fu l'autorità con cui decretò l'ordine. Ma riuscì a trattenersi e cercò di elaborare velocemente un piano. «Lasciala andare» ripeté con maggiore convinzione. Poi si puntò l'arma al collo. «O non avrai nemmeno me.»
Un lampo di rabbia attraversò gli occhi rossi di Voldemort. «Non lo faresti.»
L'espressione di Edmund era tagliente come il ghiaccio. Non c'era indecisione nel suo sguardo. Passarono una manciata di secondi che sembrarono durare un'eternità, durante i quali i due avversari si scrutarono negli occhi per capire le intenzioni dell'altro. Infine Edmund decise di agire. Accadde tutto veloce come un lampo.
«Recid...» cominciò a dire Edmund, e già il sangue cominciava a sgorgare dalla ferita sulla gola.
«Ed...!» gridò Melita, cercando di liberarsi dalla presa di Lord Voldemort, ma lui fu più rapido: la scaraventò a terra e poi scagliò uno schiantesimo contro il ragazzo con una tale forza da spezzargli parecchie ossa. Con uno scatto di un rettile saettò avanti, afferrò il corpo del giovane, appellò la sua bacchetta e scomparì oltre la porta d'ingresso, smaterializzandosi sull'uscio.
«...mund! Nooooo!»
Le urla di Melita si persero nella fresca aria mattutina. Lei era ancora lì, accasciata sul pavimento, un braccio teso verso il punto in cui suo fratello era scomparso, le lacrime che rigavano abbondanti il bel volto.
Lord Voldemort l'aveva preso.
Lord Voldemort aveva preso Edmund.










Ebbene sì, lo so, sono davvero sadica.
Ma, carissimi lettori, questo è quello che si chiama un finale ad effetto!

Grazie a tutti per esser giunti fin qui, per aver seguito ancora una volta le avventure di Edmund, Mairead e Laughlin. In particolare, un grazie speciale a Good Old Charlie Brown, che ha sempre letto e commentato con puntualità e pazienza.

E ora, vi do appuntamento a LUNEDÌ 29 FEBBRAIO (perché è una data fighissima) con il prologo del settimo e ultimo racconto:

Photobucket

QUI il link dell'immagine più grande, se qualcuno volesse vederla meglio.
A presto!
Beatrix Bonnie

   
 
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