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Autore: Jakrat    21/01/2016    0 recensioni
Ponyville è l'epicentro della felicità e dell'armonia. Il gruppo di pony capeggiato da Princess Twilight Sparkle garantisce l'ordine in città e nel regno, così come l'amicizia.
Ma sarà davvero così?
Genere: Avventura, Azione, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Le sei protagoniste, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO


A passi lunghi e lenti, Aria Blaze e Alastor Sullivan camminavano l'uno di fianco all'altra lungo il marciapiede, avvicinandosi sempre di più al liceo superiore di Canterlot. La sera stava scendendo e ormai passavano più poche macchine, inoltre essendo un giorno festivo non si vedeva una sola luce o rumore uscire dalla scuola, ma anche se fossero stati durante il giorno nessuno li avrebbe potuti distinguere da un allegro duo: ogni traccia della mutazione delle sirene era scomparsa da Aria e, a parte le vecchie ferite, non si vedeva una sola cicatrice sul corpo di Alastor.

«Pensandoci, non ti ho mai visto con abiti diversi da questi.» osservò Aria, riferendosi al gilet, la t-shirt bianca, i jeans e gli anfibi che Alastor indossava

Lui fece spallucce «Sono comodo così... e poi, mi ci vedresti in giacca e cravatta?»

Aria sorrise divertita «Per carità! Nemmeno io.»

Cadde tra i due un breve silenzio, prima che Alastor superasse la sirena, portandosi avanti a lei e guadandola negli occhi «Ascolta, c'è una cosa che devo dirti e non posso trattenermi a lungo...»

Aria si fermò e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, ricapitolando con un intramontabile sorriso sulla faccia «Dunque, vediamo... siamo andati contro una principessa pony, abbiamo resistito a un esercito che ci superava di mille a uno, abbiamo risvegliato la magia del caos in noi sirene, abbiamo aperto il Tartaro e abbiamo resistito alla sua furia... direi che, a questo punto, possiamo dirci davvero tutto

Alastor annuì in silenzio, prendendo tutto il tempo che gli serviva per trovare le parole giuste da dire. Aria era felice, felice come non succedeva da moltissimi anni e lui non voleva privarla di quella gioia.

Alla fine, riuscì a formulare una frase «Vedi, è proprio questo il punto. Abbiamo finito. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare e, se tu lo vuoi, io posso andarmene. Basta che tu lo voglia e io sparirò per sempre dalla tua vista.»

Aria aggrottò le sopracciglia, senza perdere il suo sorriso. Puntò un minacciosissimo dito contro Alastor e rispose «Non se ne parla! È vero, mi secchi molto più di quanto abbia mai creduto essere possibile, ma... voglio passare ogni irritante minuto con te. Perciò, non azzardarti a lasciarmi, né ora né mai!»

Alastor sorrise, come se quelle parole lo avessero sollevato da ogni peso. Imitò il sorriso della sirena e mettendosi le mani in tasca si limitò ad annuire «Ogni tuo desiderio è un ordine!»

Aria Blaze si rasserenerò a quelle parole e abbassò la mano. Nel mentre, alle sue spalle, arrivarono Adagio Dazzle e Sonata Dusk.

Adagio si massaggiava nervosamente un braccio, come se si vergognasse di qualcosa, ma qualcosa nelle parole di Aria sembrava averla sorpresa «Ogni minuto di cosa?»

Aria si voltò verso Adagio, senza commentare il fatto che lei stesse mantenendo ogni aspetto della mutazione maturata durante la Guerra della Trinità, perciò stava passeggiando in centro città con un paio di grandi ali di membrana dietro la schiena, la coda e un'aura amaranto intorno.

«Be', abbiamo di nuovo i poteri del Caos e l'eterna giovinezza... sarebbe più veloce dire cosa non possiamo fare, giusto?»

Quella domanda, così felice, di Aria arrivò alle orecchie di Adagio come una coltellata di ghiaccio. Sonata distolte lo sguardo e Adagio abbassò gli occhi rispondendo tristemente «Mi dispiace, Aria...»

Aria Blaze sgranò gli occhi. Si voltò e, dove un secondo prima c'era la figura massiccia di Alastor, adesso c'era il vuoto.

Alastor Sullivan era morto ad Equestria e morto era rimasto una volta tornato nella sua dimensione. L'esperimento che Adagio aveva suggerito per salvarlo, quando la trovò in ginocchio davanti alla carcassa dell'umano, era fallito.

Ricordandosi di questo, la sirena chiuse gli occhi e si portò una mano davanti alla bocca, come per fermare i singhiozzi che le salivano dal petto.

Adagio vide questo e, timorosamente, le appoggiò una mano sulla spalla larga, ripetendo «Mi dispiace... se solo potessi...»

«Ma non puoi.» la fermò Aria, liberandosi dal tocco della compagna «Nessuna di noi può.»

Adagio si portò una mano sulla nuca, senza sapere come reagire. Avevano sì sterminato i Draconequus secoli fa, ma si trattava di despoti senza alcun riguardo per la vita altrui. Adesso che avevano tanto cercato la loro vendetta contro Twilight Sparkle o Queen Chrysalis, però, avevano ottenuto solo la morte di un umano che non c'entrava e la definitiva perdita dell'innocenza di Sonata.

«So che non c'entri con la sua morte, Adagio. Non sei tu quella che deve scusarsi.» riuscì a continuare Aria, dopo qualche minuto, passandosi le mani nei capelli «Siamo un gruppo unito, lo saremo fino alla fine... dannazione, siete la cosa più vicina ad una famiglia che io abbia!»

Adagio non commentò. Per quante volte le avessero ripetuto quelle parole, non poteva fare a meno di sentirsi in parte responsabile. Dovette ingoiare un rospo bello grosso per giurare «Troverò un modo. C'è sempre un modo. E quando lo troverò, tutto andrà per il meglio! È una promessa!»

Tra Aria e Adagio calò il silenzio.

Sonata deglutì rumorosamente, prima di domandare «Perciò, adesso, che cosa facciamo?»

Tutte puntarono gli occhi su Adagio. La ricerca di vendetta aveva incrinato pesantemente l'ordine di quel gruppo, probabilmente non sarebbero mai più state le stesse. Ma certe cose, per il loro bene, non dovevano cambiare e nonostante tutto lei rimaneva ancora il capo: aveva delle responsabilità e non avrebbe mai e poi mai deluso di nuovo le sue compagne.

Con un gesto della mano, Adagio evocò intorno a loro il riflesso di tanti piccoli pianeti, spiegando «Equestria, così come il mondo in cui siamo state esiliate, sono adesso territori tabù per noi. Non c'è un solo elemento in entrambi i mondi che non ci conosca e che non sappia quanto siamo pericolose: se vedono anche solo la nostra ombra, chiameranno interi reggimenti per fermarci. Ma esistono ancora un'infinità di mondi diversi, di possibilità diverse. Possiamo viaggiare dove nessun altro si è mai spinto, esplorare posti dove nessun altro potrà mai stare e, chissà... potremo anche creare la vita che cerchiamo!»

La spiegazione convinse le altre due Dazzling.

Fu Sonata a chiedere «Molto bene. Quando partiamo, capo


Lenti ma determinati, i pony ricostruirono Ponyville, mattone su mattone. Il cataclisma che li aveva colpiti aveva lasciato la maggior parte dei suoi abitanti senza casa o un passato. Nel migliore dei casi, erano rimaste le pareti e qualche oggetto, vaghi e timidi ricordi di un passato che andava ricostruito quasi completamente.

Twilight Sparkle e le sue amiche lavorarono con grande impegno, a volte per interi giorni consecutivi prima che il sonno arretrato strappasse il suo pegno senza alcuna pietà, ma di tutti era forse proprio la principessa dell'amicizia quella che aveva bisogno di un aiuto, almeno morale.

La consapevolezza di essere arrivati tardi, il pensiero che se fosse partita subito con le sue amiche e avesse lasciato Princess Celestia da sola a sigillare la magia del Lago Specchio allora avrebbe potuto fermare Tirek e le sirene. Ma sopratutto, la consapevolezza di cosa Queen Chrysalis avesse fatto, solo per vendicarsi di lei, le bruciava più di qualsiasi ferita. E la cicatrice che questa piaga avrebbe lasciato, sicuramente non l'avrebbe mai più abbandonata.

Il sole era alto, illuminando le strade delle decine di cantieri in costruzione e le vite che tentavano di recuperare la normalità nonostante la devastazione a cui erano sopravvissuti.

Spike avvertì Twilight appoggiare pesantemente la testa al muro e, preoccupato, le si avvicinò domandando «Twilight! Stai bene?»

«Non sempre la verità è in fondo al pozzo.» rispose, enigmatica, Twilight.

Spike spalancò gli occhi, non capendo «Cosa?»

«Ho sbagliato tutto, Spike. Ero così concentrata su scoprire più possibile sulle Dazzling che ho tenuto lo sguardo così vicino da avere solo una visione sfocata della situazione intera. Ho visto qualche dettaglio con una chiarezza superiore, ma così facendo ho perso inevitabilmente di vista l'insieme. E in tutto questo... è Ponyville, assieme a quell'umano, che ha pagato le conseguenze.»

Princess Celestia udì casualmente quelle parole dette dalla sua allieva e, senza preavviso, si avvicinò a lei domandando «Quando Queen Chrysalis ha attaccato la tua città, sei per caso scappata?»

Troppo sorpresa per capire cosa le fosse stato chiesto, Twilight rispose quasi involontariamente «No, certo che no!»

«E quando hai scoperto che i Mutanti si erano intrufolati tra i tuoi amici, ti sei arresa?»

«Be', no...»

«Bene. E quando le Dazzling si sono risvegliate, hai nascosto la testa sottoterra?»

«Non sono certo uno struzzo!» replicò Twilight, toccandosi istintivamente il collo: lo aveva davvero così lungo?

Princess Celestia le accarezzò una guancia con le piume delle ali, riservandole un sorriso che da solo avrebbe potuto sciogliere i ghiacciai mentre le spiegava «Sei stata ingannata, questo è vero. Ma quello che davvero importa è che tu non sei scappata: anche quando la situazione si stava facendo disperata hai continuato a resistere e a difendere quelli che credevano in te. È questo quello che davvero importa. Quindi credimi, Twilight, quando ti dico che oggi hai deluso proprio nessuno. Anzi, sono orgogliosa di te e di come tu abbia saputo reagire a questa crisi.»

«Orgogliosa?» berciò Twilight. Stranamente, quella parola sembrava averla più offesa che altro «La Guerra della Trinità è soltanto colpa mia! Questa è Equestria, la patria dell'amicizia e dell'armonia... e sono un alicorno, la razza che più di ogni altra si adopera perché questi principi vengano diffusi. Sono la principessa dell'Amicizia, non della guerra! E per le mie paure, per le mie stupide fissazioni, ora Ponyville è un ammasso di macerie da ricostruire interamente!»

Princess Celestia accolse lo sfogo dell'allieva, che zittì con una frase che pesò sulla novella principessa come un mattone «So come ti senti, Twilight. Mi ricordi molto me stessa, mille anni fa...»

Twilight capì subito che la sua maestra si riferiva alla Notte Eterna, quando era stata costretta a bandire sua sorella, trasformata in Nightmare Moon dalla sua invidia, sulla Luna.

L'alicorno lilla si ammutolì e Princess Celestia ne approfittò per proseguire «Come tu hai detto, noi alicorni siamo coloro che più di ogni altra specie vuole diffondere la serenità e l'armonia così come un contadino fa con i semi delle sue piante. Ma non si tratta di un percorso semplice, non basta volerlo perché si realizzi.»

L'alicorno color avorio indicò fuori dalla finestra con lo zoccolo e proseguì «Esistono molte minacce a quest'ordine che noi vogliamo creare. Essere una principessa vuol dire anche avere nemici molto potenti, esseri malvagi che useranno un impegno a volte anche superiore al nostro per distruggerci e vanificare tutti i nostri sforzi. Per questo, noi non ci nascondiamo di fronte a loro e ricorriamo ad ogni mezzo per difendere il nostro popolo e la nostra pace.»

«E come può fare, quando il sacrificio per questa pace è così grande?»

Princess Celestia capì immediatamente che la sua studente si riferiva all'esilio della sorella per quanto la riguardava e alla morte dell'umano per lei. Dopo una breve pausa, rispose «Devi perdonarti. Devi guardare negli occhi tutti quelli che credono in te e capire che devi andare avanti, se non per te, per loro.»

Twilight ricambiò il sorriso della principessa, toccata dalle sue parole e la abbracciò stringendole le zampe al petto. Dopo qualche secondo, aggiunse «Credo che avrò ancora bisogno dei vostri consigli.»

Princess Celestia sorrise, ricambiando l'abbraccio «Se avessi voluto smettere di aiutarti, Twilight, te lo avrei detto molto tempo fa!»

La giovane principessa rise debolmente alla sottile battuta e Spike, senza dire niente, si unì all'abbraccio compensando la differenza di statura con un salto.


Se il cielo di Equestria era soleggiato per aiutare i lavori di ricostruzione, nel mondo umano invece scendeva una pioggia fitta, privando di luce naturale qualunque abitazione nonostante fosse passato da poco mezzogiorno e costringendo tutti a tenere le luci accese.

All'interno del Black Canary Susy, Bulldog, Bobo ed El Bastardo restavano seduti al tavolo con i divanetti bordeaux dove, pochi giorni prima, si erano seduti Alastor ed Aria.

Il locale, “chiuso per lutto” come diceva l'insegna, sembrava ancora più vuoto di quando invece c'era un sacco di gente che faceva solo gli affari propri. L'unica luce accesa, direttamente sopra il tavolo, gettava timide ombre sui volti depressi dei presenti.

Tutti e quattro erano bagnati fradici, ma a nessuno importava.

Appena tornati dai funerali del loro amico, soltanto loro si erano presentati.

Avevano provato a cercare qualcuno che Alastor potesse conoscere oltre a loro, ma non ci fu alcun numero sulla sua rubrica e tra i clienti soliti del bar, date le numerose zuffe con il diretto interessato, ci fu uno scarso coinvolgimento nella misteriosa dipartita del giovane.

Nemmeno suo zio si era presentato: blaterando scuse come il non voler coinvolgere il nipote in strane voci o attirare solo curiosi, tentò di nascondere il fatto che aveva deciso di non presentarsi già da molto tempo. Al loro appuntamento, liquidò la comitiva di ragazzi cercando di apparire freddo e distaccato, ma voci secondo cui il giorno dopo aveva rifatto interamente lo studio, mobili compresi, in quanto erano andati a sbattere ripetutamente contro il suo set di mazze da golf era giunta anche alle loro orecchie.

Così, al funerale di Alastor Sullivan furono soltanto in cinque: sua cugina Susy, i suoi migliori amici Bulldog, Bobo ed El Bastardo e infine il prete.

Nessuno di loro, in realtà, nutriva qualche fede religiosa. Se l'avessero davvero avuta, non avrebbero potuto fare più della metà di quelle azioni che per loro rappresentavano invece l'abitudine. E nemmeno potevano essere sicuri di quanto fosse convinto di un piano superiore il loro amico, eppure sentirono che c'era bisogno di lasciarlo da qualche parte, mettere sulla terra un monito che dicesse “Alastor Sullivan è stato qui”.

Nessuno di loro quattro aveva parlato durante la cerimonia e nemmeno aveva dato ascolto al prete, mentre recitava il suo sermone. Impiegarono alcuni minuti, quando terminò la cerimonia e si chiusero dentro il Black Canary, per ritrovare improvvisamente la voce ricordando l'amico caduto, cercando di tirarsi su il morale a vicenda.

Alastor non era un uomo baciato dalla fortuna, non era una di quelle persone destinate a compiere grandi imprese: oltre alla sua forza incredibile non aveva altro.

Non era stato dotato di una grande intelletto o di una volontà adamantina e proprio per questo si accontentava di quella vita così squallida. E forse era proprio per questo che l'incontro con Aria Blaze lo aveva cambiato.

Forse, agli inizi, vedeva davvero in lei soltanto un modo per rimediare a quando non poté salvare la sua controparte che aveva conosciuto anni prima, ma con il tempo aveva ritrovato nella sirena qualcosa di più. Magia, mondi lontani e l'opportunità di combinare finalmente qualcosa di buono dovevano aver risvegliato in lui quel calore, quelle emozioni che il mondo che lo circondava stava facendo lentamente rattrappire.

Perdere Aria, ritrovarla e aiutarla doveva essere stato per lui il lavoro più bello di tutta la sua vita e forse proprio per questo era finito con l'innamorarsene. Perché lui, nonostante tutto, credeva nel futuro orgiastico che, anno per anno, indietreggiava davanti a lui; gli era sfuggito fino ad allora, ma non importava: domani avrebbe corso più veloce, avrebbe allungato di più le mani e, una bella mattina, sarebbe diventata una persona migliore.

E adesso, con Alastor morto, i suoi amici potevano soltanto farsi forza assieme.

In fondo gli amici servono a questo, sanno come aiutarti ad andare avanti. A volte cambiando argomento, restando accanto o facendo quello che serve per sollevarti il morale.

Ma, alla fine dei loro ricordi, restava soltanto una cosa da dire.

Bobo abbassò gli occhi sul bicchiere, colmo fino all'orlo, del liquore versato da Susy. Mentre parlavano era la seconda bottiglia che andavano a raschiare il fondo.

Con movimenti irregolari e meccanici, afferrò il boccale e lo strinse come se stesse cercando di romperlo. Poi lo alzò al centro della tavola.

«Ad Alastor.» disse, con voce gracchiante.

Incuranti dello sforzo dell'amico, i rimanenti afferrarono a loro volta i bicchieri e brindarono, salutando così il loro compagno.

Così, piegati ma non spezzati, avrebbero continuato le loro vite, barche controcorrente risospinte nell'oscurità.


Queen Chrysalis sobbalzò sul divano in cui si era sdraiata per concedersi un meritato riposo, mentre le sue truppe si organizzavano per curare i feriti lievi a cui non c'era bisogno di ricorrere alla magia.

Per quanto la Regina dei Mutanti volesse dare a vedere il suo autocontrollo, a volte la visione di una furiosa Adagio che le scagliava contro poteri antichi di millenni le faceva venire i brividi. Quelli furono momenti in cui davvero si era chiesta se sarebbe riuscita a vedere l'alba del domani.

I suoi pensieri vennero interrotti da una voce familiare «Che ti potessi spingere in basso, sono la prova vivente che puoi farlo. Ma devo dire che questa volta hai superato addirittura le mie aspettative!»

Queen Chrysalis si voltò con un ghigno predatorio stampato sul muso, osservando Princess Cadance guardarla con espressione furente mentre dietro di lei alcune decine di Mutanti giacevano a terra: l'intera guardia personale della Regina era stata messa fuori gioco prima ancora che potesse accorgersene.

«Ah, quindi la mia ultima impresa è già arrivata all'Impero di Cristallo? Sono lusingata.» commentò, sarcastica, la sovrana «Se sei arrivata qui per annoiarmi, ti interrompo subito. Dovresti sapere meglio di chiunque altro che non ho, né avrò, rimorsi per quello che ho fatto.»

«Lo so.» annuì, con sorpresa, Cadance «Infatti non sono qui per sprecare fiato con te. Perché forse potrai nascondere le tue intenzioni da Twilight, ma io ti conosco troppo bene. So cos'hai fatto e cosa volevi da questa Guerra della Trinità!»

Queen Chrysalis alzò le spalle «Guardati intorno. Il mio esercito è stremato e io stessa sono stata sbattuta come un uovo dalle sirene. Quali vantaggi credi che abbia, questa volta? So che mi odi, ma...»

«Del potere del caos delle sirene non ti è mai importato.» la interruppe Cadance. Quello tra lei e la Regina dei Mutanti era un rapporto raro e che portava la Principessa dell'amore a dimenticarsi delle buone maniere. Quello tra la Regina e la Principessa era un raro caso di “Odio a Prima Vista”.

In ogni caso, Queen Chrysalis non commentò e Princess Cadance continuò.

«I tuoi poteri sono già ampiamente superiori alla media, senza contare l'amore che potresti rubare dai tuoi sudditi o dalle tue vittime. Il tuo unico proposito era vendicarti di Twilight e di come lei ti avesse sconfitta; ma per farlo non ti servivano nuovi poteri, non volevi affrontarla in un campo dove lei avrebbe potuto anche superarti, per quanto questo non lo ammetterai mai a voce alta. Per vendicarti hai voluto colpirla dritta al cuore, dritta a Ponyville: raderla al suolo, distruggere tutto quello che Twilight ama e ha giurato di difendere.»

Queen Chrysalis sorrise a quelle parole. Non aggiunse una sola parola, ma era chiaro che Princess Cadance avesse capito meglio di chiunque altro.

«Trovare il Lago Specchio per te non doveva essere difficile. Hai a disposizione praticamente la stessa quantità di conoscenza racchiusa nelle biblioteche di Canterlot, ma anche un esercito composto da milioni di soldati non era ancora sufficiente. Per ottenere il tuo scopo avevi bisogno non di scatenare una guerra come tante altre sono state affrontate, ma distruggere ogni cosa che Ponyville rappresentava. Avrai pensato di liberare il Tartaro, ma sapevi che non solo era estremamente complicato, ma non saresti mai riuscita ad avvicinarti senza scatenare le attenzioni delle Principesse. E così hai ricorso ad un potere ancora più antico: le Sirene.»

«Come credi che possa essere venuta a conoscenza della loro esistenza?» interruppe la Regina, scendendo dal divano senza staccare gli occhi dalla rivale.

Cadance prese qualche secondo per rispondere «Non puoi immaginare quanto mi innervosisca il fatto che tu, dopo tutto quello che hai appena fatto, tenti ancora di nasconderti!»

Queen Chrysalis le rivolse un ghigno feroce «Oh, lo posso capire benissimo, invece. È proprio per questo che te lo dico.»

La principessa ignorò lo scherno della sovrana e riprese «Ti sei già intrufolata a Ponyville, durante gli eventi precedenti la Cometa del Segretariato, perciò conoscevi già il posto. Ma questa volta, il tuo piano non prevedeva di farsi scoprire: i tuoi Mutanti dovevano mimetizzarsi tra la popolazione e loro lo hanno fatto diligentemente, rapendo e rimpiazzando i suoi abitanti senza che qualcuno se ne accorgesse. E così, mentre stringevi la tua morsa su Ponyville, arrivando addirittura alle amiche di mia cognata, ti sei avvicinata allo specchio, l'unico mezzo di collegamento tra Equestria e il mondo dove si trovavano le sirene. Almeno dimmi, è stato difficile trovarle?»

La Regina dei Mutanti «Tre creature quasi onnipotenti che hanno cercato di dominare una città nel giro di una notte? No, è stato incredibilmente semplice risalire a loro e dove si trovassero.»

«E così hai iniziato i rapimenti. Non ho ancora capito se il tuo piano comprendeva nel catturare tutte e tre le sirene oppure fin dall'inizio volevi lasciarne soltanto una; ma qualunque sia la verità, non appena hai saputo che la Dazzling mancante era arrivata a Ponyville con una guardia del corpo e Twilight li teneva praticamente in ostaggio, hai fatto scattare la tua vendetta.»

«Parli di cose che ormai sono chiare, Cadence.» commentò Queen Chrysalis, sollevando con la magia un calice e una bottiglia da una dispensa posta nell'altro lato della sala rispetto a loro e versando da bere solo per lei.

«Sono pronta a giurare che tu immaginassi che le tre sirene, nonostante quello che li era successo, avevano ancora un collegamento con le energie del Caos che le hanno generate. Tutto quello di cui avevi bisogno era di scatenare un conflitto di proporzioni tali da risvegliare quelle energie.»

«Le energie del Caos non sono come le altre. Non puoi pretendere che, levato il loro possessore, semplicemente vaghino per l'aria: hanno bisogno di un vettore, di qualcosa che le raccolga e che le usi. E siccome non mi risultava che il mondo degli umani si fosse spaccato in due per quelle energie lasciate libere, era implicito che queste forze dovevano aver semplicemente cambiato oggetto. Non più le sirene, i cui medaglioni erano prima una semplice estensione di loro stesse, ma li stessi ciondoli, ridotti dall'attacco di Twilight Sparkle e delle sue amiche a semplice bigiotteria.» detto questo, Queen Chrysalis bevve un lungo sorso prima di concludere «Certo, non potevo essere certa che avessero fatto qualcosa, ho dovuto scommettere sulla loro disperazione. Che dire, ho puntato bene.»

«Oh, sì...» annuì Cadance «E infatti tutto è andato come avevi previsto. A Ponyville stanno ancora contando i danni della Guerra e le Sirene si sono risvegliate. Ci è addirittura scappato il morto, in mezzo al caos che hai scatenato. Scommetto, però, che non ti aspettavi che la nuova condizione di umane dotate di poteri magici delle Dazzling le avrebbe rese decine di volte più potenti di quanto non fossero mai state. Anzi, io so che non te lo aspettavi; così come il fatto che Adagio Dazzle avrebbe voluto vendicarsi prima di te, piuttosto che Twilight!»

Per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare, Queen Chrysalis aggrottò la fronte.

Fu un gesto rapido, fulmineo, indistinguibile da uno spasmo involontario.

Eppure, da quella semplice azione, Cadance comprese subito che aveva appena colpito un nervo scoperto.

«Ho scatenato e affrontato la Guerra della Trinità, è vero. Ma è anche vero che ne sono sopravvissuta, indipendentemente da quello che volevo o no. Come vedi, sono ancora qui.» tentò di difendersi Queen Chrysalis. Cadance ebbe l'impressione che la sua voce avesse acquisito un improvviso tremito, che avesse perso quella spavalderia che invece era solita mostrare, ma credette fosse solo un'impressione e non vi diede peso.

Tuttavia, rincarò la dose «Lo sai di chi sono nipote, giusto?»

Queen Chrysalis inarcò un sopracciglio, non capendo «Tutto il mondo sa che voi alicorni siete tutti parte di un'unica famiglia, ormai!»

«Esatto. E proprio per questo, Luna mi ha raccontato cosa sogni da quando sei scappata nelle ultime fasi della Guerra della Trinità.»

Queen Chrysalis non ribatté, ma strinse i denti mettendo in mostra i canini, incupendosi in volto.

«Non esisterà prigione da cui tu non possa scappare e forse nemmeno una punizione che tu non possa aggirare. Ma io ti conosco, Queen Chrysalis, ti conosco meglio di chiunque altro. Dici sempre che è l'amore che tiene voi Mutanti uniti, ma non specifichi mai se si tratta del mio amore o dell'amore per te. Perché, ancor più del tuo dovere, tu sei orgogliosa. Sei forse la creatura più egocentrica che cammini su questo mondo.» detto questo, tra le due sovrane calò il silenzio, interrotto solo dal rumore dei passi che Cadance compiva per avvicinarsi alla rivale.

Cominciando con un sussurro, la principessa di cristallo sibilò le sue parole di commiato che sapevano tanto di condanna «Voglio che tu ricorda bene quello che sto per dirti. Siamo noi, i Pony, che hanno vinto la Guerra della Trinità. Non tu, né il tuo esercito, siete riusciti a fermare le Sirene, i loro poteri e la furia del Tartaro. E non puoi sapere cosa sarebbe potuto succedere se le Dazzling avessero invece vinto.»

«Il mio regno può resistere a qualunque nemico...» la interruppe la sovrana dei Mutanti, seppur arretrando di un paio di passi come se la principessa pony avesse improvvisamente cominciato a farle paura. Forse aveva capito dove voleva arrivare.

«Chi lo sa, forse è proprio così. Ma tu?»

Queste parole zittirono del tutto Queen Chrysalis, che rimase a guardare la principessa con uno sguardo impotente.

«Hai nemici potenti, Regina dei Mutanti. E lo sai. Perciò, ogni volta che il sole ti accarezzerà il carapace, ogni volta che ti coricherai a dormire durante la notte e ogni volta che sentirai delle lodi al tuo nome, rifletti bene su questo: se sei viva e puoi continuare la tua vita lo devi solo a noi. I Pony. A noi e nessun altro.»

Nella sala piombò nuovamente il silenzio. Cadance si era alzata in volo per avvicinarsi con il muso a quello della Regina e si era fermata a pochissimi centimetri dal muso di Chrysalis, quasi come se stesse per baciarla in mezzo agli occhi verdi.

«Ci devi la vita, Queen Chrysalis. A me, a Twilight... e ad ogni singolo pony che vive in questo momento.»

La Regina dei Mutanti accolse quella verità come un sasso lanciato dritto dentro lo stomaco. Per quanto odiasse ammetterlo, lei non aveva il potere per resistere ad una sola Sirena, figurarsi tutte e tre riunite.

«Come ti fa sentire, questo, Regina dei Mutanti?» domandò infine Princess Cadance, prima di sparire in una luce azzurra.

Queen Chrysalis rimase a fissare avanti a se, ansimando, come se per la prima volta in tantissimi anni non sapesse cosa fare, come reagire ad una situazione. Alla fine, stravolta, scagliò con tutta la sua forza il calice di vetro contro la parete, mandandolo in frantumi.

Mentre la pioggia di vetro cadeva dal muro, riempiendo la sala con il suo tintinnio delicato, la sovrana alzò gli occhi e gridò al cielo la propria furia usando tutto il fiato che aveva nei polmoni, cercando sollievo in quella profonda ferita scavata nel suo orgoglio e che mai si sarebbe rimarginata del tutto.

Lei era debitrice dei Pony. Le avevano salvato la vita.

E non poteva fare niente per cambiarlo.



La notte era ormai giunta e nella radura sopraelevata dove le Dazzling avevano stabilito il loro rifugio dove riposarsi soltanto la luna teneva illuminato l'ambiente.

Mentre Adagio e Sonata riposavano nell'alloggio che avevano costruito in pochi secondi grazie ai loro poteri, Aria restava ferma come una statua di sale sul ciglio di uno strapiombo che dava su di un paesino poco lontano. La sua modesta superficie e l'aspetto rustico delle case le ricordavano molto Ponyville e perciò anche molto pensieri poco felici.

Tra le lunghe dita da pianista, la sirena giocava con un anello su cui era incastonato un piccolo rubino: lo stesso anello che indossava Alastor.

Restò indecisa ancora per qualche secondo e poi, con un gioco di dita, lo infilò all'anulare sinistro.

Immediatamente, Alastor spuntò alle sue spalle uscendo da dietro un albero «Mi hai chiamato?»

Aria non rispose, ma per l'umano quel silenzio era più che sufficiente. Affiancò la ragazza riflettendo a voce alta «Grazie per avermi lasciato al Black Canary. Non avrei mai pensato che... be', nella mia condizione... avrei davvero preferito venire lasciato da qualche parte piuttosto che da un'altra. Comunque mi spiace che le tue amiche, nonostante tutto, si sentano un po' in colpa per quello che è successo, forse potresti...»

«Non è colpa loro.» lo interruppe Aria, tenendo ancora lo sguardo verso quella piccola città e parlando a denti stretti «La colpa è tua. Non di Adagio, ma solo tua...»

Alastor si zittì, abbassando lo sguardo come se si sentisse improvvisamente in colpa.

Finalmente Aria si voltò verso di lui «Io sono una Sirena: dove passo semino il caos e la mia parola crea la discordia... e mi andava bene così! Ero felice anche quando eravamo solo io, Adagio e Sonata, perché sapevo che non avevo altro, che con la mia natura non avrei mai potuto avere altro! Loro sono la mia famiglia, Alastor... ma poi è arrivata Twilight e quello stupido potere, che non ha niente di meglio da fare che renderci tutte e tre umane. Ma non basta! Perché almeno Adagio e Sonata si sono salvate dalla parte peggiore, la parte che tu, grosso idiota, mi hai mostrato!»

Alastor ricambiò lo sguardo di Aria, rispondendo debolmente alla sua ramanzina «Io...»

«Sì, tu. Tu!» esclamò Aria, puntandogli contro un dito. Sebbene fosse di una testa più bassa di lui, e con un fisico nemmeno lontanamente paragonabile, riusciva a tenergli testa come se fosse stata un gigante «Tu mi hai mostrato che potevo essere felice... anche senza tutto questo. Mi hai fatto vedere cosa voleva dire poter conoscere altre persone senza vederle poi odiarsi, cosa si... prova... ad avere accanto qualcuno che tiene a te senza una ragione precisa. Cosa vuol dire...»

Aria non riuscì a finire la frase. Abbassò nervosamente il braccio e si morse il labbro.

Alastor alzò le mani «Ehi, non siamo negli anni settanta dove se non volevi conquistare il mondo non eri nessuno! Tu e le altre state facendo quello che chiunque, con i vostri poteri, farebbe! Potete fare ogni cosa, esplorare nuovi mondi... cosa ti rende così nervosa?»

Offesa, Aria scattò e tirò un pugno dritto in mezzo agli occhi dell'umano, ma questo gli passò attraverso, trascinando con sé la sirena che così oltrepassò il bordo del precipizio. Ma non cadde, rimase sospesa nel vuoto.

Superata l'immagine residua del ragazzo, il rancore della sirena mutò presto in malinconia e con la voce spezzata rispose «Voi del Black Canary, tutti assieme, non fate un cervello... credi che vi avessi tradito perché sono stupida? Io stavo per tornare alla mia natura e vi ho tradito, vi ho lasciato indietro... perché voi non avete fatto lo stesso? Ma tu, sopratutto! Perché hai voluto continuare, cosa ti aspettavi? Chi ti ha detto che avevamo bisogno di aiuto con Tirek? Perché hai insistito?»

Alastor si voltò verso Aria e lei, guardandolo negli occhi, sbraitò «Perché sei dovuto morire?»

Alastor non rispose ad alcuna domanda, ma la sua espressione lasciava intendere quanto si dispiacesse per lei.

Dopo un minuto buono di silenzio cominciò ad avvicinarsi a lei, muovendosi nel vuoto a sua volta. Quando arrivò davanti a lei le mise le mani sulle spalle. Contrariamente a quando Aria aveva provato a colpirlo, questa volta lei avvertì la presa del ragazzo, calda e delicata come una carezza, sulla sua pelle.

«Mi dispiace.» disse, semplicemente «Se c'è qualcosa che posso fare per...»

Aria osservò Alastor negli occhi senza dire una parola, ma quegli occhi viola furono sufficienti per troncare ogni parola a cui il ragazzo poteva pensare.

Nella pace e nel silenzio che riempivano quello spazio incontaminato, gli sguardi dei due ragazzi sembravano voler dire più di mille parole e nella magia del momento l'atmosfera si addolcì ancora ed entrambi cominciarono, quasi involontariamente, a intonare Something Stupid.


I can see in your eyes,

that you despite the same old lines

You heard the night before

And though is just a line to you,

For me it's true

It never semmed so right before


The time is right, your perfume fills my head, the stars get red and, oh, the night's so blue
And then I go and spoil it all by sayin' something stupid like

I love you


I due si specchiarono l'uno negli occhi dell'altra e, lentamente, le loro bocche si avvicinarono mentre, insieme, concludevano la canzone.


The time is right, your perfume fills my head, the stars get red and, oh, the night's so blue
And then I go and spoil it all by sayin' something stupid like “I love you”

I love you
I love you
I love you

Aria Blaze scivolò e si ritrovò di nuovo in piedi sul ciglio dello strapiombo. Intorno a lei c'era di nuovo nessuno.

Sola, avvertì un nodo alla gola troppo stretto perché potesse scioglierlo e cadde a sedere, con i piedi sospesi nel vuoto e gli occhi che cominciavano ad inumidirsi. I singhiozzi vennero poco dopo e si portò le mani sul volto, coprendosi la faccia come se non volesse farsi riconoscere.

Secoli addietro, all'apice dei suoi poteri, Aria si sentiva superiore a chiunque altro, come due creature in una: da una parte l'antico pegaso che si era riscattato e dall'altra il senso di appartenenza ad una razza priva di vincoli mortali, a cui era permesso ogni cosa.

E ora?

Anche ora, Aria si sentiva come in due.

Da una parte la sirena, che attraversa ossequiosamente la sua esistenza immortale e dall'altra l'umana, incapace di dimenticare quello che ha avuto. Perché quel momento, ormai, non sarebbe mai più tornato.

Due miserie, in un corpo solo.



My Litte Pony - La Guerra Della Trinità


FINE

  
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