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Autore: Mary P_Stark    22/01/2016    6 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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– Brevi cenni storici –

 

Il Regno del Terrore francese era ormai storia finita, pur se il sentore del sangue - che era scivolato copioso lungo la lama delle ghigliottine - non era ancora scemato nell’aria.

Un re era stato deposto e, al suo posto, era giunto dal nulla uomo, autoproclamatosi Imperatore.

Il Corso, di nome Bonaparte, aveva imposto la sua presenza ai francesi con l’astuzia e l’ingegno, facendo credere loro in un futuro lussureggiante e pieno di beatitudine.

Napoleone era il nome sussurrato dai più con rispetto e idolatria, almeno nelle terre da lui governate.

Sbeffeggiato e osteggiato, invece, dal gelido Nord della Scozia fino alle bianche scogliere di Dover.

La protestante Inghilterra, contro la cattolica Francia.

Risanare un regno allo sbando, riportare la gloria nella Ville Lumière, divenire il sovrano di tutte le genti d’Europa. Questo e altro, era il sogno utopistico di Napoleone.

Una guerra decise di far esplodere, una guerra contro l’odiata corona inglese, tanto potente e tanto restia a dividere con altri la supremazia sui mari e sulle colonie.

La pace di Amiens a ben poco servì, se non a rinfocolare nel cuore del Corso il desiderio di ottenere il dominio assoluto.

Dopo poco più di un anno di relativa pace, Napoleone decise di tornare all’attacco, forte dell’appoggio dei suoi alleati. Fu cieco e sordo di fronte a coloro i quali gli chiesero, invece, di desistere dal suo progetto di conquista.

Nel 1803, dopo uno scontro a Malta tra Inglesi e Francesi, la guerra riprese il suo cammino, come se la Pace di Amiens non fosse mai stata siglata.

Napoleone poté contare sull’appoggio dello zar Alessandro I mentre gli Inglesi, forti dei nobili francesi invisi al nuovo regnante, poterono muoversi all’interno del campo nemico senza troppe difficoltà.

Auto proclamatosi Imperatore di Francia, Napoleone sembrava inarrestabile.

Migliaia di inglesi, dai figli delle sguattere ai nobili di più alto titolo, vennero chiamati a servire la Corona di fronte all’odiato Corso, e al suo tentativo di becera invasione.

Vite vennero spezzate, destini vennero decisi dalla mano di un colpo di cannone o di una lama di baionetta. Solo una cosa importava; la difesa del Regno.

Quante anime fossero state spese per una tale impresa, poco importava.



1.
 
 
 
 
York, 12-IX-1803.
 

I passi cadenzati e furenti di Christofer Spencer, secondogenito del Conte Harford, rimbombarono feroci all’interno dello studiolo del padre.

Lord Bartholomew, Conte Harford e signore di Green Manor, palazzo appartenente alla famiglia da cinque generazioni, lo osservava con furia non inferiore.

La luce morente della sera disegnava lunghe ombre nello studio, sottolineando l’atmosfera torva del momento.

Gli eleganti tappeti damascati, provenienti dalla lontana Istanbul, non bastarono a smorzare il tonfo dei pesanti stivali di Christofer, calati con violenza sui morbidi ciuffi di lana color cannella e ocra.

Tale violenza si rispecchiava in egregia maniera sul suo volto sbarbato, in quel momento solcato da un profondo cipiglio.

I chiari occhi color ghiaccio scintillavano di pura ferocia a stento trattenuta.

Lunghe basette brune e perfettamente tagliate incorniciavano un viso forte, dagli zigomi alti e fieri, reminiscenze degli avi della sua famiglia.

La pelle, abbronzata per le lunghe cavalcate e segnata da una piccola cicatrice bianca sul sopracciglio sinistro, era contratta in una serie di rughe nervose.

Secondo di tre fratelli, Christofer era stato destinato a prendere parte alla guerra contro l’odiato Corso, il famigerato Napoleone Bonaparte.

Ma non questo aveva scatenato la sua ira, che ora rimbombava tra le pareti dello studio come tuono di tempesta.

In quanto erede, suo fratello Kenneth avrebbe dovuto pensare a consegnare un erede alla famiglia.

Il Fato avverso, però, o un qualche genere di disturbo sconosciuto, avevano impedito alla moglie Marianne di portare a termine le gravidanze fin lì sostenute.

Insieme a lei a Bath, nel vano tentativo di curare il debole corpo della donna, Kenneth aveva pertanto pregato il padre di provvedere in tal senso.

Finché Marianne non fosse stata in salute, non avrebbero più tentato di avere un figlio che succedesse al nome degli Spencer.

Perciò, l’erede del titolo avrebbe dovuto essere un figlio di Christofer, qualora Kenneth e Marianne non fossero mai giunti a quell’ambito traguardo.

Figlio che, ovviamente, ancora non esisteva.

Quanto al terzogenito di Harford, Wendell, nessuno sperava che potesse raggiungere la maturità.

La sua cagionevole salute era una Spada di Damocle troppo pressante quanto evidente, per non essere tenuta in debito conto.

La lettera proveniente da Londra, e controfirmata dallo stesso Re Giorgio III, richiamava al dover di patria uno dei figli del Conte.

Gli Spencer, non solo a cagion della loro parentela con la famiglia reale, non avrebbero potuto evitare in alcun modo un simile ordine.

Poco importava che, nella famiglia Spencer, restasse solo Christofer a vantare questo triste primato.

La parola del re era legge, pertanto Bartholomew non aveva potuto che accettare una simile richiesta, pur se controvoglia.

L’importanza di un matrimonio e di un futuro erede era, perciò, di primario interesse per il Conte, visto che il secondogenito sarebbe partito col fare dell’anno nuovo.

Lasciar partire Christofer senza una moglie incinta del suo erede legittimo, sarebbe stato folle e privo di senso.

Kenneth aveva ragione; Christofer avrebbe dovuto dare un erede alla famiglia Spencer.

Se fosse successo qualcosa ai figli, le ricchezze di famiglia si sarebbero sparse ai quattro venti, una volta giunto Bartholomew alla fine dei suoi giorni.

Questo, il Conte non lo avrebbe mai permesso.

Battendo il pugno sul sottomano di pelle scura dell’enorme scrivania in legno di palissandro, lord Bartholomew richiamò perciò all’ordine il riottoso figlio.

“Forse non mi sono spiegato bene, Christofer. Non hai possibilità di scelta!”

“Beh, al diavolo la dinastia, e al diavolo la Corona. Non andrò in guerra e, men che meno, mi sposerò con una donna che non ho mai visto in faccia!” sbottò irrispettoso Christofer, lanciando in aria le braccia possenti, abbracciate da una camiciola di seta bianca.

I muscoli, sotto l’esile tessuto, fremettero di rabbia.

Levandosi in piedi dalla poltrona di pelle, ove era rimasto accomodato fino a quel momento, Bartholomew esplose con un ringhio furioso che riverberò per l’intera stanza.

“Tu sposerai la figlia del barone Barnes, questo è quanto! E’ un vecchio amico di famiglia, inoltre sei in buoni rapporti con il suo primogenito, se non sbaglio… Andrew, giusto?”

“Non mi devo sposare con Andrew, padre!” ringhiò per contro il figlio, passandosi nervosamente le mani sul plastron di raso blu scuro a ricami dorati. “Conosco molto poco Kathleen, e voi lo sapete bene. Barnes è sempre stato restio a che lei fosse presente, quando mi presentavo in visita. Inoltre, se ben ricordi, suo padre non l’ha ancora presentata in società. Cristo, ha solo sedici anni! Avrei l’impressione di portarmi a letto una bambina!”

“Tua madre non era più vecchia di lei, quando ci sposammo” brontolò Bartholomew, sordo alle sue requisitorie.

“Questo non vuol dire che io debba ripercorrere le vostre orme, padre!” sibilò il giovane, fermandosi in prossimità del mappamondo che il padre teneva nell’ufficio.

In realtà, altro non era che un ottimo posto dove annegare i propri dispiaceri.

Apertolo, ne estrasse una bottiglia di cristallo ricolma di whisky, e se ne servì una dose più che generosa in un grosso e pesante bicchiere di vetro.

Tracannatolo senza troppi complimenti, si volse nuovamente in direzione del padre e, rabbioso, esclamò: “Non permetterò a voi e Kenneth di disporre della mia vita come meglio credete! Non sono un ninnolo nelle vostre mani!”

“Tu sei mio figlio ed eseguirai esattamente i miei ordini, se non vuoi che le tue entrate si azzerino, o il titolo venga passato a qualcuno dei tuoi cugini! Kenneth ha ragione. Marianne potrebbe non essere mai in grado di darci un erede, perciò è compito tuo proseguire la stirpe!” gli spuntò in faccia senza pietà Batholomew.

Il colpo andò a segno.

Christofer impallidì, quasi lasciando cadere a terra il bicchiere, dove solo alcune gocce di whisky ancora persistevano contro la superficie liscia del vetro trasparente.

“Non osereste mai!” gracchiò sconvolto il giovane, sgranando poco alla volta gli occhi di fronte all’espressione volitiva del padre.

Oh, lo avrebbe fatto eccome.

La scintilla feroce che brillava negli occhi scuri del padre, non lasciava presagire nulla di buono, per lui.

Sarebbe stato capacissimo di lasciarlo al verde, e sbatterlo fuori di casa senza pensarci due volte.

Se avesse proseguito nel suo intento di rifiutare le nozze con lady Kathleen Campbell, figlia minore del barone Barnes, tutta la sua vita sarebbe stata rovinata.

Non che maritarsi l’avrebbe resa migliore, ben intesi.

Di lei, aveva solo ricordi distratti, o per lo più persi nel tempo.

Uno in particolare, però, gli era rimasto impresso.

Quando, solo tredicenne, era sgusciata fuori dalla biblioteca della casa di campagna dei Campbell.

L’aveva scorta a malapena, tutta gambe e iarde di tessuto, correre su per le scale tenendo stretto tra le braccia esili un tomo dalla copertina consunta.

Andrew aveva sorriso nel vederla fuggire di corsa, lei tutta ossa lunghe e gonne svolazzanti, e gli aveva accennato alla sua passione per i libri.

Christofer vi aveva fatto ben poco caso ma aveva saputo che, per quel prestito senza autorizzazione, Kathleen era stata battuta dal padre quella sera stessa.

Aveva trovato assurdo un simile comportamento, ma non aveva più chiesto lumi in merito, all’amico.

Non erano mai stati affari suoi, almeno fino a quel momento, quando il padre gli aveva praticamente sbattuto in faccia l’accordo prematrimoniale come una cosa fatta.

Un’imprecazione gli sgusciò fuori spontanea, prima di esalare un sospiro rassegnato e mormorare roco: “A quando, allora, il grande evento?”

“Il mese prossimo. Il re vuole che tu ti imbarchi con il fare dell’anno nuovo e, per quel momento, tu dovrai avermi già ingravidato la ragazza” sentenziò Bartholomew, fissandolo livido in viso.

Le folte basette striate di grigio del Conte fremettero impazienti.

Christofer, ancora restio, camminò avanti e indietro per lo studiolo, gli ultimi residui di rabbia vicini a esplodere di nuovo.

Alla fine, crollando su una delle poltrone ricamate a fantasie geometriche, capitolò.

Acconsentì al matrimonio e a partire per il fronte.

Si sarebbe imbarcato sulla White Star, una tre alberi al comando del suo vecchio amico di studi, il capitano Willford Hillman e, con lui, sarebbe partito anche Andrew.

Già sposato da un anno e con un bambino in arrivo, l’amico non aveva i suoi problemi e, soprattutto, si era offerto volontario per combattere in nome della Patria.

Il fatto di saperlo al suo fianco in quella sventurata avventura, però, gli rilassò le membra, irrigidite dalla lunga ed estenuante discussione avuta con il padre.

Andrew e lui erano sempre andati d’amore e d’accordo.

In tutto quel gran guazzabuglio, l’idea di partire con lui era l’unica cosa che lo tratteneva dal gettarsi a capofitto dalla finestra per farla finita.

Avrebbe acconsentito al matrimonio – non che prevedesse di scamparla ancora per molto – e si sarebbe portato a letto quell’insipida ragazzina scelta dal padre.

Sperò soltanto di ingravidarla subito, e togliersi così il pensiero ossessionante di dare un erede alla famiglia.

Quando, infine, fosse tornato dal fronte, si sarebbe preso un’amante come molti dei suoi amici e, con Kathleen, avrebbe avuto ben poco a che spartire.

A quel punto, avrebbe fatto a pezzi quel voltagabbana di suo fratello Kenneth.

Avrebbe lasciato i suoi spazi alla moglie – non era un tiranno come suo padre e, se fossero andati d’accordo, avrebbero vissuto bene quella comune condanna – e avrebbe preteso lo stesso da lei.

Forse, dopotutto, non sarebbe impazzito.

Nel servirsi nuovamente un goccio di whisky, ne osservò le bionde profondità con aria afflitta e, tra sé, pensò: “Spero soltanto che non urli… detesto le donne pavide!”
 
***

Il fidanzamento, ritenuto quasi scandaloso per la sua brevità, fu un supplizio per entrambi i giovani, anche se per motivazioni diametralmente opposte.

Christofer, completamente disorientato dalla timidezza cronica di Kathleen, perse spesse volte la pazienza di fronte ai suoi prolungati silenzi e ai suoi rossori improvvisi.

La giovane, dal canto suo, terrorizzata dal nero cipiglio del futuro marito e completamente soffocata dalla sua presenza mascolina, non riuscì mai a rilassarsi, in sua presenza.

In una fredda mattina di ottobre, la coppia venne infine maritata dinanzi a Dio e alle famiglie riunite per celebrare l’evento.

Non vi furono, però, sorrisi da parte dei due giovani, né tanto meno baci spontanei o abbracci consolatori.

Nessuno se lo aspettava, ben inteso.

Fu più che evidente, almeno ai diretti interessati, quanto entrambi mal sopportassero quell’unione forzosa.

Wilhelmina, la moglie del barone, cercò di confortare in ogni modo la figlia, mettendole di fronte solo gli aspetti positivi di quel proficuo matrimonio.

Kathleen, però, non trovò la forza di dare retta alla madre.

Lei scorgeva solo la rabbia del marito, la sua freddezza e il totale disinteresse nei suoi confronti.

Non che Kathleen si fosse impegnata in tal senso, lo ammetteva candidamente.

Molto semplicemente, Christofer la terrorizzava.

Era troppo avvenente, troppo alto, troppo forte per lei che, pur se alta, era magrolina e ben poco attraente.

Si sentiva poco più che un manico di scopa, se messa a paragone con lui che, invece, avrebbe potuto rivaleggiare con le statue del Canova, quanto a bellezza.

Lo aveva sempre ammirato da lontano, da dietro i tendaggi della sua stanza, mentre cavalcava con il fratello Andrew, o tornava dalla caccia tenendo appeso alla sella uno stuolo di volpi.

Quando il padre le aveva imposto di sposarlo, però, il terrore aveva preso il posto dell’ammirazione.

Sul volto del giovane che, per tanti anni, aveva fatto parte dei suoi sogni a occhi aperti, aveva scorto solo odio malcelato e una profonda, nera delusione.

Ovvio che si sentisse deluso, viste soprattutto le donne con cui solitamente divideva il suo tempo!

Lei non avrebbe mai avuto la loro stessa grazia e beltà, ben lo sapeva.

Ora, lui l’avrebbe odiata per il resto della sua vita, relegandola in un angolo del palazzo dopo averle fatto sfornare un paio di marmocchi.

Si sarebbe preso un’amante degna di tale nome, e di lei nessuno avrebbe più saputo nulla.

Ben misera vita, la attendeva.

L’unico conforto le veniva dall’amore del fratello che, come sempre, la abbracciò strettamente prima di baciarla sulle guance.

Sorridendo generosamente, le sussurrò all’orecchio: “Ora ti sembra burbero, ma solo perché è stato obbligato dal padre a questo passo. Ma sono sicuro che, con te al fianco, tornerà a essere il Christofer di sempre, solare e generoso come io l’ho conosciuto, e lo conosco. Porta pazienza, con lui, e aprigli il tuo cuore. Sono sicuro che saprà apprezzarlo e ricambiarti.”

“Mi detesta” sospirò Kathleen, lasciando che il fratello la accompagnasse in un giro di walzer assieme a tutti gli invitati al lieto evento.

“Detesta suo padre” precisò Andrew, ammiccandole complice. “Dagli tempo. Datti tempo.”

“Tempo? Con il sorgere dell’anno nuovo se ne andrà in guerra… assieme a te. Come posso dargliene, se non ne abbiamo per noi stessi?” esalò Kathleen, affranta.

Le luci del salone illuminarono d’oro i biondi capelli di Kate, raccolti in uno chignon ordinato sopra il capo.

Sorridendo nell’ammirarla nel suo vaporoso abito nuziale color crema, Andrew fece volteggiare la sorella con grazia.

Era sempre stata graziosa, e con quell’abito era davvero incantevole.

“Torneremo entrambi vittoriosi e, quando lui sarà qui, saprai conquistarlo con la tua bellezza e la tua intelligenza. Christofer non è uno stupido. Capirà quale gemma di raro splendore gli è capitata per le mani. Una volta finita la guerra, avrete tutto il tempo del mondo, sorellina” la rincuorò il fratello, lanciando velocemente un’occhiata all’indirizzo dell’amico.

In quel momento, era impegnato a danzare assieme alla madre.

Kathleen lo irrise bonariamente, replicando: “Parli di bellezza, ma io non ne vedo in me. Non sono come mi dipingi, fratello. Sono troppo alta, troppo magra e troppo spigolosa per piacere a un uomo. E ho fin troppe efelidi sul naso.”

Andrew rise delle sue paure e, dopo averla fatta volteggiare un’ultima volta, la ricondusse dal marito con passo quieto.

“Le efelidi ti rendono solo più carina e, per quanto riguarda il resto, dai tempo al tempo. Sei giovane. Le tue forme si ammorbidiranno con gli anni. Inoltre l’altezza, nel caso di Christofer, non è un problema. E’ un uomo molto alto egli stesso, e non ha mai sofferto di complessi di inferiorità. Se anche non scomparirai nel suo abbraccio, non se ne avrà a male.”

“Non sono una bambolina da poter abbracciare con facilità” brontolò Kathleen, arrossendo suo malgrado a quell’accenno.

“E chi lo dice?” ridacchiò Andrew, stringendola a sé in un caldo abbraccio prima di sollevarla da terra, sotto gli occhi inorriditi di molti invitati.

In barba all’etichetta, la fece volteggiare come era sempre stato solito fare, quando ancora Kathleen era una fragile bambina.

Il barone Barnes storse disgustato il naso mentre Wilhelmina, la moglie, si lasciò sfuggire un tremulo sospiro.

Perdere Kathleen per un matrimonio combinato era sempre stato il suo incubo segreto e, vedere che quel momento era giunto, la rattristava.

Sperò soltanto che Christofer Spencer si dimostrasse un uomo migliore di suo padre.

Il fatto stesso che fosse amico di Andrew, deponeva a suo favore.

Ma nessuno conosceva veramente bene gli altri, una volta protetti dalle amene mura di casa.

Inoltre, la partenza di Andrew per la guerra, l’avrebbe spogliata anche del suo unico figlio maschio.

Certo, a casa aveva un nipote che lei già adorava, e una dolce nuora che considerava come figlia sua, ma veder partire Andrew sarebbe stato comunque un supplizio.

Sperava soltanto che Kathleen, andando in mano a un uomo come Christofer, non finisse col soffrire.

Gli uomini troppo belli si portavano dietro sciagure di ogni tipo.

Nel frattempo, più accalorata in viso e finalmente sorridente, Kathleen rimise i piedi a terra dopo che Andrew ebbe deciso di farla discendere.

Nell’accostarsi a Christofer, che li aveva osservati con pacata curiosità, il giovane barone esclamò: “Se scopro che non la fai sorridere a questo modo, amico mio, ti spaccherò la faccia, fosse anche l’ultima cosa che faccio.”

“Andrew, ti prego!” esalò Kathleen, avvampando in viso e scrutando timidamente il viso serafico del marito. “Vi prego di scusarlo, milord. Mio fratello non sa quel che dice.”

“Non mi spavento facilmente, milady, ma grazie dell’avvertimento” replicò Christofer, calcando la voce in maniera sarcastica sulla parola ‘milady’.

Dacché il prete li aveva uniti in matrimonio, molte ore prima, non si erano scambiati che poche parole.

Anche durante il lauto banchetto che aveva preceduto il ballo, non si erano detti molto.

Soprattutto, nessuno dei due aveva voluto usare due maledette parole in particolare, che avrebbero suggellato definitivamente il loro rapporto.

Marito e moglie.

Notando il disagio della sorella, Andrew le avvolse protettivo le spalle e, più seriamente, si rivolse all’amico di vecchia data e, ora, suo cognato.

“Non ha più colpa di te, in questa faccenda, Chrisofer, quindi non fare il burbero con lei. Kathleen non ha potuto fare nulla per evitare questo matrimonio, esattamente  come te.”

Sbuffando, il giovane Harford si passò nervosamente una mano tra i capelli castano rossicci, arricciati intorno al colletto inamidato della camicia immacolata.

Sapeva perfettamente che Andrew aveva ragione, ma aveva sperato che Kathleen fosse un po’ meno paurosa, un po’ meno timida… un po’ meno bambina.

Invece, tutte le volte che avevano incrociato gli sguardi, lei era arrossita, iniziando a balbettare insicura, aumentando a quel modo la sua frustrazione.

“Senti, Andrew…” iniziò col dire Christofer, prima di tossicchiare non appena si rese conto di aver quasi urlato contro l’amico.

Più posato, quindi, aggiunse: “So benissimo che Kathleen non ha avuto alcuna voce in capitolo, ma non posso nascondere quanto, questo contratto matrimoniale, mi stia stretto.”

“Beh, vedi di trovare il modo di fartelo piacere, o ti spezzerò davvero un braccio se, al nostro ritorno in patria, scoprirò che non ti comporti bene con lei” lo minacciò Andrew, neppure troppo scherzosamente.

Poggiando una mano sul torace di Andrew, Kathleen fissò il fratello con amore, ma replicò rigida: “Sono più che sicura che io e…beh, e mio marito troveremo il modo di non ucciderci a vicenda, pur se non approviamo ciò che i nostri genitori ci hanno obbligato a fare. Non voglio che, per causa mia, tu abbia dei contrasti con un tuo amico.”

Il cuore di Andrew quasi andò in pezzi, di fronte alla caparbia volontà della sorella di portare a termine quel ruolo che mal le si addiceva.

Era sempre stata una creatura troppo intelligente, troppo desiderosa, smaniosa di libertà, per poter essere ingabbiata in un matrimonio di comodo.

E, per quanto apprezzasse e stimasse Christofer, non poteva non riconoscerne i difetti.

La pazienza, di certo, non faceva parte dei suoi pregi, e la facilità all’ira era la sua peggior carenza.

Strettala nuovamente in un abbraccio, Andrew sussurrò dolcemente alla sorella: “Sai che ti voglio talmente tanto bene che, per te, sacrificherei qualsiasi cosa?”

“Beh, non sacrificherai la tua amicizia con… con Christofer” mormorò Kate, incespicando nel dire il nome del marito.

Ma perché doveva essere sempre così goffa, in sua presenza?

A sorpresa, il marito le poggiò una mano sulla spalla nuda – messa in evidenza dalla profonda scollatura dell’abito – e, con tono misurato, la aiutò a perorare la loro causa.

“Tua sorella ha ragione. Troveremo un modo per venirne a capo. Se c’è una cosa di cui non dubito, è l’intelligenza di Kathleen, perciò sono certo che sapremo fare buon viso a cattiva sorte.”

Nel dirlo, le sorrise per la prima volta.

Non fu un sorriso affettuoso, quanto di circostanza, ma pur sempre un sorriso.

Non potendo fare altro che rispondere, Kathleen allargò il proprio e annuì al suo indirizzo.

Forse, non sarebbe stato un completo disastro.

Forse.








Note: Qui cominciano le avventure di Christofer e Kathleen. Come avete potuto notare, il primo approccio tra i due non è stato dei più felici e, se non fosse stato per i buoni uffici di Andrew, forse sarebbe andata anche peggio.
Temo che, prima di apprezzare Christofer, potreste anche disprezzarlo, ma vi prego di portare la giusta pazienza, con lui.
Per ora, vi ringrazio se vorrete seguirmi nelle perigliose acque del passato!

  
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