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Autore: Nocturnia    26/01/2016    6 recensioni
"Claire Redfield."
Lei.
"Sono contenta di rivederti."
Un fruscio nel silenzio; un moto improvviso del cielo.
"Anche io." le risponde "Anche io."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Claire Redfield
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Devil in I'
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sjlòf
"There is no God:  I tore him out.
I dug my nails into him and screamed."
- CNS -




Beautiful life



Formine di plastica, secchielli rovesciati.
Un treno bianco e rosso, sbiadito.
Una bambola dimenticata sotto l'altalena, il vestitino blu macchiato d'erba e fango.
Giochi per bambini; giochi innocenti - innocui.
Giochi abbandonati accanto a torte di compleanno con la glassa rosa e candeline ancora accese.
Giochi che le ricordano infanzie rubate, strappate, divorate; cancellate come se non fossero mai esistite.
"Claire Redfield."
Lei.
"Sono contenta di rivederti."
Un fruscio nel silenzio; un moto improvviso del cielo.
"Anche io." le risponde "Anche io."


Canada, 2033

"So cosa stai facendo."
Claire continua a sorridere; stira tanto gli angoli della bocca che quasi le sembra di sentirli fare crick crack.

Crack.

"Non sto facendo niente, Barry."
Occhi vigili, attenti; incredibilmente consapevoli.
"Sono vecchio, ma non stupido, Claire. So cosa stai facendo."
Pelle raggrinzita, la Morte al fianco a tenergli la mano e a consolarlo di notte.
Claire gli aggiusta la coperta sulle gambe, ne evita lo sguardo.
"Non lo fare." la supplica "Non c'è alcuna ragione per farlo."
Gesti secchi, impazienti. Irritati.
"Non so di cosa tu stia parlando."
Barry le afferra un polso e stringe, forte come trent'anni prima.
"Lasciala andare. Lasciali andare." mormora, e per un attimo Claire ha di nuovo diciassette anni e il mondo si chiama ancora Raccoon City "Promettimelo."
Goccia a goccia cade il liquido della fleboclisi; goccia a goccia è caduto il loro sangue.

Mio, di mio fratello, di Moira, di Barry; di tutti quanti.

"Perché?" sussurra, e Barry sorride.
"Perché?" ripete, e Barry china il capo.
"Non tutte le storie hanno il finale che vorremmo, Claire; concediti la parola fine. Concediti una possibilità."

No.

Un sospiro; dita che s'intrecciano alle sue e le scaldano, rassicuranti.
"Te lo prometto, Barry."
La verità è troppo pesante per affidarla alle mani di chi ha già pagato tutto.


No matter how many nights did you lie wide awake to the sound of the poison rain.

Occhi morti sul corpo; occhi rubati a un'altra persona.
"Ti trovo bene."
Un suono soffocato, derisorio.
"Evitami le cortesie di facciata."
Un sorriso; denti che brillano nella penombra degli alberi.
"Non mi chiedi perché sono qui?"
Il vento si arrotola tra i suoi capelli, sventola una bandiera d'oro e sangue.
"No."
"Non ti interessa?"
Labbra rosse, pelle pallida; vieni, o splendida Biancaneve. Dai un morso anche te alla mela avvelenata e gusta il suo sapore. Il suo potere.
"So perché sei qui, Claire Redfield."
Silenzio.
"Lo so."
Due profili nell'aria immota del parco; due storie e due nomi che non hanno mai saputo come separarsi.

Come afferrare la ruota del destino e spezzarla con le proprie mani.

"Perché?"
Un sopracciglio alzato; un gesto che aveva visto così tante volte.
"Perché l'hai fatto?"
Natalia Alex le regala l'unica risposta che non si sarebbe mai aspettata.


America, 2034

È iniziata dove è finita.
Sotto l'alone di caffè il volto di Alex le sorride, affabile.

Predatorio.

Claire si passa una mano sul viso, picchietta con la matita sul tavolo.

Tic tic. Tic tic. Tic tic.

1963, anno di nascita. Due chili e tre (una bambina gracile) indice di Apgar pari a cinque (moderatamente a rischio)
Occhi azzurri (melanoma uveale in età adulta?) incarnato pallido (anemia?) dito indice del piede più lungo dell'alluce (piede greco)

Tic tic. Tic tic. Tic tic.

QI dei genitori (nomi cancellati) superiore a 160.
Nazionalità, cancellata.
Parenti prossimi, cancellati.
Cognome, cancellato.

Alexandra Wesker.

Tutto quello che c'è bisogno di sapere; tutto quello per il quale vivrà morirà.
Claire sospira, butta l'occhio sull'altro plico di documenti che l'affianca.

Albert Wesker.

Una storia già conosciuta; una storia nella quale prova quasi imbarazzo a scavare.

Un po' come entrare in una camera d'albergo e beccare gli inquilini fare sesso o andare in bagno.

1960, anno di nascita. Tre chili e otto (una maschio perfettamente sano) indice di Apgar pari a dieci (ottimale)
Occhi grigi (melanoma uveale anche per lui?) incarnato roseo (Hb nella norma) una leggera cicatrice sulla spalla, dove le mani del medico hanno dovuto appoggiarsi per aiutarlo a uscire. (integrità epidermica non compromessa)

Tic tic. Tic Tic. Tic tic.

Il suono del microonde la distrae, facendola sussultare.
Claire si gratta la nuca con la gomma della matita, regalando un'altra occhiata anche alla foto di Wesker.

Non sorride, non esprime nulla. (Irritazione celata. Disgusto mistificato. Rabbia latente.)

È una foto vecchia, di quando aveva venti, forse venticinque anni.
Claire guarda di nuovo Alex (sorride, mostra i denti. Ammicca all'obiettivo) e poi Wesker (sopracciglia leggermente aggrottate, labbra stirate in una linea quasi invisibile. Occhi spietati) e si allunga verso il tavolo, mettendosi in bocca una manciata di patatine.

L'avanguardia del nuovo mondo. Figli di un progetto, di un'idea. La sacra Athena vomitata direttamente dal cranio di Zeus.

"O dalle voglie malate di un vecchio sadico." conclude, controllando l'orario e decidendo poi che era tempo di una pausa.

Due e trentacinque di notte. Forse un altro caffè mi farebbe bene.

Claire s'incammina verso la cucina, stirandosi all'indietro.
Sul tavolo del suo salotto fogli sbiaditi dal tempo e dal dolore.


As days go by, the night's on fire.

Natalia Alex ha gambe lunghe, snelle.
Claire la ricordava diversa. Forse più infantile, forse è solo uno scherzo della sua memoria.

Forse è il non voler poter accettare che Natalia non sia mai esistita davvero.

"Siediti." la invita, battendo delicatamente la mano sulla panca "Non ci corre dietro nessuno."
Claire aggrotta le sopracciglia, sfiora il calcio della pistola.
"Quella..." le indica con lo sguardo "... non ti servirà."
"Potresti uccidermi."
Alex inclina il capo, sorride. Labbra rosse, piene.
"Potrei."
"Ma non lo farai."
Alex intreccia le dita all'altezza della vita, annuisce.
"Ma non lo farò."
Claire aspetta qualche secondo, ascolta i rumori che la circondano; bambini che giocano, pettirossi che cantano sugli alberi.
Altalene che scricchiolano, tonfi attutiti dall'erba alta.
Qualcuno si è fatto male, un bambino. Maschio. Non più di tre anni, dal pianto.
Una voce femminile discute su di una ceretta andata male, un'altra le suggerisce di provare quel nuovo posto sulla Main Street.
Alex le fa un gesto accomodante, rotea le  dita in aria (sottili, dalle articolazioni delicate. Un anello d'onice al medio della destra. Una fascia d'oro bianco all'anulare della sinistra)
"Dunque?"
Claire non le dà mai le spalle, si siede sull'estremità della panca (un uccellino sul suo trespolo)
Alex amplia il sorriso, appoggia i gomiti sul tavolo.
"Ti sei tagliata i capelli."
Claire alza un sopracciglio, gioca con la sciarpa che porta al collo.
"Non sono qui per chiacchierare."
"Ah no?" Alex controlla l'orologio (un Rolex. Collezione Cellini. Cinturino in pelle nera, cassa in oro bianco diciotto carati) e guarda oltre gli scivoli e il castello di Aurora.
"No."
Il sole è tiepido sulla pelle, quasi caldo.
"Allora dimmi, Claire." la pupilla di Alex si restringe, l'iride assume sfumature rossastre "Vuoi forse uccidermi?"
Claire non sa cosa rispondere.


Germania, 2035

"Sì, riconosco la signora." le dice il portiere in quel suo accento un po' strano, duro come il cielo sopra la sua testa "Aveva un bambino con sé; non più di due, tre anni al massimo."
Claire annuisce, coprendosi meglio che può dalla pioggia battente.
"Aveva affittato l'attico." continua, indicandole con l'indice sopra la sua testa "Ma se ne sono andati almeno un mese fa."
"Sa dirmi il motivo?" replica Claire, muovendosi inquieta sul posto.
Il portiere (Karl. Calvizie incipienti e un canino storto) si scrolla nelle spalle, portandosi la sigaretta alle labbra.
"Il bambino, credo; stava male."
Claire assottiglia gli occhi, memorizza ogni dettaglio.
"In che senso stava male?"
"Non posso dirglielo." la fiammella dell'accendino illumina il buio della sera berlinese "E comunque non lo so; Frau Cassandra era molto protettiva con suo figlio."
Claire arresta la penna sul foglio, alza lo sguardo, sorpresa.
"Figlio?"
Karl butta la sigaretta sul marciapiede, fa per rientrare nell'edificio.
"Aspetti!" lo richiama Claire, guadagnandosi un'occhiata per nulla amichevole (e anche un po' disgustata) "Hanno lasciato per caso qualche informazione su dove volessero andare? Un indirizzo a cui inviare le cose mancanti? Una casella postale, forse?"
Karl scuote la testa, apre il portone e lo richiude poi alle sue spalle.
Claire storna lo sguardo e lo posa sul campanello mancante.


Tell me would you kill to save for a life?

Qualcuno sta cantando tanti auguri in lontananza.
Il vento trasporta le loro voci (un coretto stonato e fuori tempo. Urletti di bambina, timbro allegro di un paio di donne. Il lento di un vocalizzo un po' impacciato; forse la nonna) e Claire si ritrova in un altro parco (Raccoon City) in un altro anno (1986) a fissare un'altra persona (Chris)
Natalia Alex tamburella con le dita sul tavolo, dondola una scarpa con il piede.
"Voglio la verità."
Alex la fissa in tralice, inclinando appena il viso.
"Quale verità, Claire?"
"Sushestvovanie. Il Giapppone. Raccoon City. Spencer."
Il collo s'irrigidisce, il muscolo della mandibola si contrae.
"Me lo devi."
"Io non ti devo proprio niente." sibila Alex, unghie laccate di blu che tac tac, tac tac, tac tac (impazienti, nervose, ferite)
"Perché noi?"
"Occhio per occhio, dente per dente."

Albert.

"Cosa è successo davvero a Raccoon City?"
"Una vendetta. Un gigantesco errore dopo l'altro."

Marcus. Spencer. Padri assassini e figli carnefici.

"Cosa vi ha fatto Spencer?"
"Troppo."

Sguardi nascosti, voglie malate. Una sporcizia che neppure il sangue è riuscito a lavare via.

"Cosa c'era in Giappone di così importante? Perché rischiare tutto per esserci in quel momento e in quella sede?
Alex alza lo sguardo, si scherma con la mano sinistra dal sole che brucia nel cielo.
"Il mio futuro."

Una vita per la quale valeva scommettere tutto e anche di più.

Un palloncino esplode nell'aria, Claire sobbalza.
Alex ride con una sincerità quasi disarmante.


Grecia, 2036

Una singola foto.
Una solo pezzo di carta nel quale Natalia Alex sorride e trattiene qualcuno per mano.
Un'istantanea che ritaglia un frammento di mare (cristallino) e le dita di Alex che s'intrecciano ad altre (più piccole, più fragili. Più impacciate.)

Un figlio.

Claire ne osserva i bordi bruciati, gli angoli piegati.
La fissa come se potesse ottenerne una risposta, una qualsiasi.
La nasconde in una delle tasche interne del giubbotto, esce da ciò che rimane della casa vista mare di Natalia Dubrova, agente turistico.

Un figlio.

Claire chiude gli occhi, sospira.
Le macerie di quell'ennesima (falsa) vita sono ancora calde quando s'incammina verso il paese.


Tell me would you kill to prove you're right?

L'odore della vaniglia e della glassa alla fragola è quasi scomparso del tutto.
Un bambino ondeggia pigro sull'altalena, un altro si è addormentato nel recinto della sabbia.
Una madre ride con un'altra (capelli rossi, fianchi stretti. Seno un po' cadente) raccogliendo bicchieri vuoti e piatti sporchi di crema e zucchero.
Alex inspira, si massaggia una spalla.
"È quasi tempo d'andare." esordisce, studiando con lo sguardo l'orizzonte "Chiedimi quello che devi, Claire." ciglia lunghe e morbide, occhi spietati "Chiedimelo, e ti risponderò. Ma dopo..." silenzio.
"Dopo mi ucciderai."
Alex snuda i denti, si porta una mano sotto al mento.
"Solo se mi cercherai ancora."
La donna con i capelli rossi sveglia suo figlio, gli accarezza una guancia.
Claire fissa Alex, cerca Natalia. (non trova nulla)
"Tuo figlio."
Nell'iride di Alex si muove una tempesta di rosso e oro (un magma incandescente di sentimenti e ricordi)
"Voglio vedere tuo figlio."
"Io non ho figli."
"Il bambino di cui tutti parlano." (Germania, Grecia, Francia)
Il corpo di Alex cambia improvvisamente mimica; si arcua verso l'interno, assume una posizione difensiva.
Dita piegate ad artiglio, labbra arricciate.
Non mostra il fianco, lascia cadere ogni pretesa di normalità. (la bestia ha chiamato e lei ha risposto)
"No."
Claire si sposta all'indietro, cosce tese, braccia flesse. (posizione d'attacco)
"Voglio vederlo."
Gli occhi di Alex si dilatano, divorano quasi tutta l'iride.
"No." ripete - ruggisce.
Claire ascolta il vento, calcola le probabilità di successo. (meno del 3% con vittime. A malapena del 2% senza danni collaterali)
"Non lo ripeterò un'altra volta." il coraggio dei Redfield. La loro spregiudicata arroganza "Voglio vedere..."
Le parole le muoiono in gola.


Francia, 2037

"Sto bene, Chris. No, non sono in missione." (non proprio)
Claire si aggiusta il telefono contro l'orecchio, trattiene la borsa lungo il fianco.
"TerraSave ha sedi in tutta Europa e ho pensato ehi, non ho mai visto Parigi, così mi sono offerta."
Qualcuno le porge una rosa, esibendosi in un inchino fin troppo teatrale.
"Per la bella signora americana." le dice, e Claire sorride.
Grazie, replica silenziosamente, mimandolo con le labbra.
Julian annuisce, si porta una mano al cuore (ah l'amour) e chiude gli occhi, sospirando sognante.
Claire ride, porgendogli cinque euro.
Julian amplia il sorriso, s'inchina ancora una volta.
L'americana ha dei begli occhi pensa poi ma quelli della donna in bianco erano qualcosa di speciale. Qualcosa di così vivo che...

Che sarei morto per lei.

Gli dèi spingono i deboli al sacrificio e i coraggiosi al martirio.


No matter how many deaths that I die, I will never forget.

Tra le dita un biscotto al miele; negli occhi l'orrore di mille vite.
Il bambino inclina la testa di lato (un movimento curioso. Il gesto di un uccellino. La presa in giro di un dio) e le sorride (denti bianchi, perfetti, affilati) portandosi ciò che resta del biscotto alla bocca.
Claire ingoia veleno, respira vetro.
"Non è possibile." mormora, e il vento stride tra gli alberi "Non..."
Un respiro; un rantolo.
"Tu sei morto."
Il bambino ride ed è un suono orrendo normale (ossa che si rompono, carne che si lacera, visceri che vengono strappati. Non - morto. Sei un non - morto)
Claire stringe le dita attorno all'impugnatura della pistola, si alza di scatto.
"No." dice, e Alex è già davanti a lei (pupilla contratta, corpo teso, spalle allineate)
La pistola cade nell'erba, Claire fissa Alex senza paura.
"No." ripete, e alza le mani verso di loro, palmi rovinati dalle armi e dalla passione per le moto "Oggi non morirà nessuno."
Il bambino alza un sopracciglio (novanta chili che le schiacciano una spalla. Una minaccia sussurrata a fior di labbra e le sue dita attorno al collo) Alex mantiene la posizione.
"Come?" chiede.
"Quando?" continua.
"E poi?" conclude.
"E poi nulla, Claire; vivremo. Tutti quanti."


Scozia, 2038

"Se ne sono andati meno di due giorni fa."
I tempi si stanno accorciando: il cane ha quasi stanato la volpe.
"Kitrina Harris. Bella donna. Capelli biondi, occhi freddi."
"Aveva un bambino con sé?"
Claire fissa quella che era stata la casa di Natalia Alex, una costruzione moderna e spigolosa - come lei.
"Sì." replica Gordon (pensionato, sguardo mite. Schiena leggermente curva, un inizio d'artrite alle mani) "Sei anni, non di più. Un bellissimo bambino, peraltro. Poco socievole, però. Non credo di averlo mai visto sorridere."

Labbra sottili, stese su denti bianchissimi e predatori.
Il sorriso del boia, dell'assassino.
Il tetro snudar di denti del lupo prima della grande caccia.

"Sa dove possono essere andati?"
Gordon le regala un'occhiata obliqua, si sistema gli occhiali sul naso.
"No."
Claire accenna un sorriso, ripone la penna.
"Ma non me lo direbbe comunque, vero?"
Un corvo scivola placido nell'aria; Gordon lo fissa e sorride.
"Kitrina era una donna molto gentile."
Claire annuisce e lascia a Gordon le proprie memorie.


No matter how many lies that I live, I will never regret.

"Tu non volevi uccidere Chris."
Il rumore di una macchina ibrida che va in moto nel parcheggio; il vento che fa frusciare i pochi festoni rimasti. (bagnati nel sangue, stracciati da piedi morti - da mani morte. Da denti vivi)
"Non volevi uccidere Jake e neppure Sherry."
Alex la fissa con occhi disperati; occhi che non possono più nascondere la verità.
"La Giant Corporation. Gli esperimenti. I documenti forniti al BSAA da una fonte anonima per avviare l'indagine. La tua scomparsa."
Il bambino cerca la mano di Alex, la stringe come se quella fosse davvero sua madre, come se lui fosse davvero un bambino qualsiasi.
"Tu non eri lì per diffondere il virus."
Uno scoiattolo insegue una mollica di pane; un altro si gode il pezzo di torta che ha trovato in mezzo all'erba.
"Tu eri lì per fermarli."
Alex arretra, spinge il bambino dietro di sé.
"Tu eri lì per far cadere la Giant Corporation."
Alex emette un verso strano, quasi agonico.
"Eri lì per salvarlo. Per salvare tutti noi."
Il mostro ruggisce dalle profondità della coscienza e si mostra per quello che è, né una vittima né un carnefice.
Alla fine della storia, solo il protagonista di una tragedia scritta sulla propria pelle.


America, 2039

Ha guardato Chris dritto negli occhi e ha mentito.
Ha riso con Leon per qualche battuta stupida, e ha mentito.
Ha portato una torta a Barry (al limone, la sua preferita) e ha mentito.
Ha regalato a Polly un paio d'orecchini in corallo e ha mentito.
Ha spedito Moira nell'ennesima missione di TerraSave dicendole che sì, ci sarebbe stata al suo ritorno. E ha mentito.

Giappone, 2032, progetto Klon.
Materiale genetico acquisito dall'archivio personale di Excella Gionne, ex CEO della Tricell Corporation.

Claire si siede sul bordo del letto, alza il piede sinistro per allacciarsi gli anfibi.

Finora sono stati replicati duecentododici soggetti.

China il capo, appoggia i gomiti sulle cosce.

Percentuale successo del progetto pari allo 0,3%.
I soggetti mostrano chiare deformità, sia fisiche che mentali. (per i particolari vedere al paragrafo 2.4, punto cinque.)

Lo zaino è appoggiato contro lo stipite della porta, la pistola in grembo, carica.

Alcune volte i soggetti ricordano.
Provano a parlare, quando l'apparato fonetico è presente.
Altre urlano. Pochissime piangono.
Raccoon City, Rockfort Island. Spencer, William. S.T.A.R.S, Chris. Burton, Ada.
Diversi nomi, tutti collegabili alla vita precedente del paziente zero.

Stringe le mani in pugni chiusi, inspira.

Dai dati acquisiti è chiaro che il processo di clonazione porta con sé anche una qualche memoria genetica - parziale, mai completa.

Deglutisce, preme la lingua contro l'interno della guancia - nervosa, irrequieta.  

Ripete con una certa insistenza il nome Alexandra.
Probabilmente  è uno dei ricordi più forti, legato sia alla memoria genetica che a quella storica.

S'incammina poi verso l'ingresso (il tump tump ritmico degli anfibi attutito dalla moquette nuova) e butta un'ultima occhiata al suo appartamento.

Che cosa sto facendo?

La porta si chiude alle sue spalle senza fare alcun rumore.


Do you really want me dead or alive to torture for my sins?

Le sei di sera. Un sole morente nel cielo. Una luna tagliente tra filamenti di grigio e bianco.
Un passero cinguetta a pochi metri da loro; un cane insegue una pallina da tennis e la riporta poi al suo padrone.
"È lui, vero?"
La voce di Claire è priva d'inflessione, atona. (stordita)
Alex stringe a sé il bambino, lascia che nasconda il viso contro il suo fianco.
Claire allunga una mano, l'arresta a mezz'aria.
Il bambino la fissa interdetto, aggrotta le sopracciglia.

"Tu devi essere l'incantevole Claire Redfield."

Vorrebbe pronunciare il suo nome.
Vorrebbe chiamarlo; ricordargli chi era e vomitargli addosso tutto il veleno che si è tenuta dentro per anni. (la rabbia, la paura, l'adrenalina, il sapore amaro della sconfitta)
Vorrebbe.

Soggetto duecentotredici. Status: vivo.

"Tu..."
Il cane abbaia a uno scoiattolo, annusa un cupcake schiacciato.
"Chi sei?"
Il cuore di Claire manca un battito.


Inghilterra, 2040

Un parco.
Un banalissimo parco giochi per bambini.
Claire si guarda intorno confusa, disorientata.
Una bambina le sfiora la borsa mentre corre, sorride da dietro una coltre di capelli del colore dell'autunno.
Qualcuno sta festeggiando un compleanno, perché Claire può sentire il rumore dei vassoi che vengono spostati, il chiacchiericcio delle madri impegnate a distribuire pizzette e il profumo dei muffin alla mela.
Contro la sua schiena il calcio della pistola è un peso rassicurante - conosciuto; la maschera di semplice turista un fardello insopportabile.
Studia l'orizzonte, cataloga e memorizza ogni dettaglio.
Una signora anziana a passeggio con suo marito.
Un ragazzo che fa jogging.
Una ragazza giovane in tailleur blu cina e cellulare all'orecchio.
Un uomo con in mano un tacos e...

Lei.

Gambe accavallate (pantalone a sigaretta, nero. Cintura sottile, rossa) posa rilassata (un gomito appoggiato sul tavolo dietro di sé, un braccio in grembo) occhi sorridenti (non più castani, nemmeno azzurri; una tempesta vorace quanto il suo animo)

Cassandra. Kitrina. Anna. Patricia. Susan. Laura. Natalia.

Alex.

Claire non si accorge nemmeno di star trattenendo il respiro mentre avanza nella sua direzione.


The secrets that we sold were never known.

"Non... non ricorda nulla?"
Alex la ignora, chinandosi alla stessa altezza del bambino.
"Non sempre." replica poi dopo qualche minuto "Ha dei flash improvvisi, se così vogliamo chiamarli." gli sorride, sfiorandogli la fronte con la punta delle dita.
Claire lo fissa come anestetizzata, ne carpisce ogni particolare.

Naso affilato, zigomi alti.
Una corona d'oro a cingergli il capo, occhi artici.
Struttura snella, dita affusolate, più grosse all'altezza delle articolazioni tra le falangi.

"Cosa ricorda?"
Alex continua ad accarezzargli i capelli, il bambino ride, divertito.

Felice.

"Raccoon City. Qualcosa della S.T.A.R.S. Tuo fratello. Alcuni frammenti di Birkin, qualcosa persino di Sherry. Spencer. Il dolore, la sofferenza. La sconfitta, Excella. L'ansia, il delirio di onnipotenza. La morte."
Alex la squadra in tralice, curva le spalle.
"Si sveglia di notte e ricorda com'è stato essere eviscerato dal Tyrant: lo sente. Grida quando la lava raccoglie il suo corpo e quasi soffoca sotto tutto quel magma incandescente."
Arriccia le labbra, emette un suono derisorio.
"Ma a te non frega proprio un bel niente di tutto questo."
Claire apre la bocca, la richiude.
"Quindi te lo chiedo un'altra volta, Claire Redfield."
Alex si alza, (Louboutin, collezione Regina Sophia. Vernice rosso sangue per piedi che avevano calpestato vite intere) avanza.
"Vuoi forse uccidermi?"
Il silenzio è l'unica cosa che accompagna il suo respiro.


Inghilterra, 2040.

Si sono scambiate uno sguardo; si sono ricordate della loro storia.
La Regina Bianca si è mossa in avanti, ha difeso il Re.

Per l'onore, ha detto
Per la vittoria, ha mentito.

Quella Rossa ha visto solo una donna troppo disperata per chiamare quel sentimento con il nome giusto.


There is a fire inside of this heart and a riot about to explode into flames.

"Mi ricordo di lei."
Alex si volta, alza un sopracciglio.
"Ah sì?"
Albert dondola i piedi oltre il bordo della sedia, mastica distrattamente una patatina fritta.
"Sì." dice, e aggrotta le sopracciglia "Mi ha ricordato qualcosa di freddo, di isolato. Un luogo, un castello, forse." allunga le mani verso il frullato, se lo porta più vicino "Una prigione."
Alex lascia ruotare il caffè nella sua tazza, ne fissa i movimenti liquidi e sinuosi.
"Ti ricordi il suo nome?"
Albert inclina la testa, sembra soppesare un attimo la sua domanda.
"Claire..." mormora poi "Claire Redfield."
Alex annuisce, continua a studiare il fondo della tazza.
"E...?"
"E le ho quasi rotto una spalla."
Alex rialza lo sguardo, sorride.
"Bravo bambino."
Albert le restituisce il sorriso senza alcuna incertezza.


America, 2040

Nell'abitacolo si espande il profumo della pizza appena sfornata; tra le dita una lattina di Pepsi quasi finita.
Sul cellulare lampeggia il messaggio di Moira (è un problema se questa sera mi aggiungo anche io?) davanti agli occhi il condominio di Chris.

"Dove andrete?"
"Non ti riguarda."
"Sì, invece."
Alex la fissa da sopra la spalla, il bambino si china a raccogliere qualcosa in mezzo all'erba.
"Sono anche affari miei se..."
"No." e Claire si accorge solo in quel momento di quanto sia diventato vuoto all'improvviso il parco "Non lo sono."
Una civetta canta in lontananza; il buio ha già assalito gli ultimi scampoli di cielo.
Il bambino alza la mano verso Alex e le porge una biglia dello stesso colore del sangue.

Claire stringe le mani attorno al volante, china il capo.
Alla radio cantano i Rammstein

Spiel ein Spiel mit mir gib mir deine Hand und spiel mit mir

e forse farebbe meglio a scendere dalla macchina e a prendere le pizze e

ein Spiel, spiel mit mir ein Spiel, spiel mit mir weil wir alleine sind spiel mit mir ein Spiel, Vater Mutter Kind

"Claire?"
Claire sobbalza, Moira le sorride da dietro il finestrino chiuso.

"Come faccio a sapere che non ci verrete a cercare per ucciderci nel sonno?"
Alex sorride, stringe la mano del bambino.
"Non puoi."
"Quindi devo compiere un atto di fede?"
Alex storna lo sguardo, diventa un profilo pallido nell'oscurità incombente.
"Sì."

Moira le indica i cartoni sul sedile posteriore, alza il pollice in segno d'approvazione.
Claire spegne il motore e ingoia la verità.


The promises we made were not enough.

Alex affonda nella schiena dell'uomo fino al gomito, afferra e tira,  costole che si aprono con la stessa bellezza di un fiore in primavera.
I polmoni sono morbidi tra le sue dita, fastidiosamente appiccicoso il sangue sotto le unghie - tra i denti.
"Era l'ultimo."
Alex annuisce, respiro accelerato, pupille dilatate.
"Li abbiamo distrutti."

Come volevano fare con noi.

Albert circonda la stanza con lo sguardo, calpesta una mano mozzata.
La Famiglia giace spezzata ai loro piedi, discepoli prostrati ai nuovi dèi.

Stracci rossi e bianchi; brandelli di un'umanità che sotto la pelle non era mai esistita.

Spezzati, macellati, massacrati fino all'ultima libbra di carne.
"Alexandra." la chiama, e lei risponde.
"Lo so."

L'ho sempre saputo.

Sulla bocca sangue e metallo - adrenalina e voglia.
Sotto le mani lui - loro.
Infrange il suo respiro (lei), divora il suo cuore (lui).
"E adesso?"
Socchiude le gambe, gli cerca la cintura.

Il suono umido del sangue sotto le mani - tra le cosce.
Alex s'inarca all'indietro, libera un gemito indecente.
La prima volta nel corpo di Natalia è frenetica, urgente, primitiva.
Il suo virus esige, quello di Alex desidera - concede.
La rovescia sulle ginocchia, le morde una spalla.
Alex snuda i denti e lo accoglie in un'unica spinta.

Morte nell'aria, a impregnare il suolo - a fecondare una vendetta che aveva richiesto anni (troppi)

Si trovano abbandonano sulle rovine di chi li avrebbe voluti distruggere. (studiare, vivisezionare, imprigionare)
Alex sospira contro la sua mano, blandisce con la punta della lingua le dita.
L'odore della morte infiamma ogni nervo, quello dell'amplesso divora ogni ragione.

Bestie; null'altro che mostri che godono e vivono e vengono su di un tappeto di cadaveri e cenere.

Alex gli artiglia la nuca, s'inarca all'indietro fino a sfiorargli il petto con la schiena.
Si lascia andare contro il suo corpo, spinge le unghie nella pelle tenera del fianco.
L'orgasmo è l'unica cosa che ricorda a entrambi d'essere ancora umani.

Tra  di loro la stessa oscena (meravigliosa) forza di una Vita che non teme più alcun male.


America, 2045.

Barry si è sentito male durante la notte.
Moira l'ha chiamata piangendo e supplicandola di accompagnarla all'ospedale - una bambina spaventata.
Barry è pallido (angina pectoris) e il suo cuore è sempre più debole, ma resiste.

Come tutti loro. Come sempre.

"Se la caverà?" le chiede, e Claire annuisce, sfregandosi una mano sul viso.
"Tornerà a casa?" continua, e Claire non sa cosa rispondere.

"Vuoi forse uccidermi, Claire Redfield?"
"No." Non più. Non ancora.
"Bene. Allora noi andiamo a casa."

Quella è la prima volta che si ritrova a pensare a Natalia Alex e a chiedersi dove possa trovarsi.


Burn, let it all burn...

Barry Burton è morto.

Anno del signore 2057. Novantasette anni.

Claire si stringe a Chris e piange, due vecchi che presto il mondo si porterà via.

Le loro memorie e i loro ricordi.
Tutto ciò che sono stati, tutto ciò per cui hanno combattuto.

Il vento è gelido, il cielo di piombo.

Come il suo cuore.

Claire si stropiccia le palpebre (rugose, un po' cadenti) e intreccia le dita a quelle di Chris (nodose; il pollice leggermente ricurvo dopo che se lo è spezzato durante una missione anni prima)

Due querce che la tempesta sta per spezzare.

Claire rialza lo sguardo, fruga l'orizzonte.
Quella sarà invece l'ultima volta che si chiederà che fine abbia fatto Natalia Alex Wesker.


...this hurricane's chasing us all underground.

"È stato uno dei primi."
"Non sarà l'ultimo."
Alex gli stringe le mano, reclina la testa sulla sua spalla.
"Sono invecchiati."
"Anche noi."
Una risata; i campanelli del paradiso, le trombe dell'inferno.
"Cosa vuoi fare?" gli chiede, alzando il viso nella sua direzione.
Wesker fissa l'anonima lapide bianca che giace ai suoi piedi, il nome inciso sopra.

Christopher Redfield. 1973 - 2065

La neve continua a cadere, instancabile.
Chris sorride dalla foto che sua sorella ha scelto per il funerale, capelli diradati sulle tempie, una nuova ragnatela di rughe attorno agli occhi e alla bocca.

Umano. Mortale. Eterno.

Albert studia il proprio riflesso e quello di Alex (immutabili, immortali, inalterati) e inspira, ghiaccio e terra.
Alex sospira sulla sua pelle, gli cerca le labbra.

"Ti sei mai chiesto perché non ci ha dato la caccia?"

Mormora il suo nome, stringe la sciarpa blu tra le dita.

"Per lo stesso motivo per cui non l'abbiamo fatto noi."

"E adesso?"

"Un Redfield e un Wesker. Alla fine sempre di questo si tratta, no?"

"L'inghilterra come ti sembra?"

Alex ride sulla sua bocca, Albert vive sulla tomba di un uomo che l'aveva combattuto con la stessa cieca determinazione del piccolo Davide contro Golia.

Amico fidato, fratello amorevole, soldato incrollabile.

Il passato ha infine lasciato riposare i suoi spettri (li ha uccisi. Li ha lasciati urlare e piangere e poi morire)
Forse è giunto anche per loro il momento di diventare null'altro che questo: echi di una storia già compiuta.

Fantasmi in un mondo senza più colore.



"Wir teilen Zimmer und das Bett
Brüderlein komm und sei so nett
Brüderlein komm fass mich an
rutsch ganz dicht an mich heran."
- Spiel mit mir -



Note dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi come tali.
Secondo la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.
Per comprendere meglio gli eventi di questa storia è necessario leggere la one-shot "The biology of evil".
La canzone utilizzata per la suddivisione in paragrafi è "Hurricane" dei Thirty seconds to Mars.
La canzone citata in altri parti del testo e nella chiusa è "Spiel mit mir", dei Rammstein, e qui di seguito potete trovare la traduzione.

"Wir teilen Zimmer und das Bett
Brüderlein komm und sei so nett
Brüderlein komm fass mich an
rutsch ganz dicht an mich heran."

"Dividiamo la camera e il letto
Fratello vieni e sii gentile
Fratello, su, toccami
scivola vicino a me."

"Spiel ein Spiel mit mir
gib mir deine Hand und
spiel mit mir
ein Spiel
spiel mit mir
ein Spiel
spiel mit mir
weil wir alleine sind
spiel mit mir
ein Spiel
Vater Mutter Kind"

"Fai un gioco con me
dammi la tua mano e
gioca con me
un gioco
gioca con me
un gioco
gioca con me
perché siamo soli
gioca con me
un gioco
Vater Mutter Kind" [1]

[1] “Vater-Mutter-Kind" è un gioco in cui i bambini fingono di essere una famiglia.




   
 
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