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Autore: Scarlet Morgue    27/01/2016    1 recensioni
A quell’ennesimo rumore, Gilbert si gelò di colpo e abbassò lentamente gli occhi dorati, sbiancando. Trattenere un urlo a quella vista fu impossibile.
[ Autrici: Fiamma_Drakon e XShade-Shinra ]
[ FanFiction partecipante al "Maribingo" indetto dalla community maridichallenge ]
[ Gilbert x Oz - Shounen-ai ]
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gilbert Nightray, Oz Vessalius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Un Favore per un'Amica-
A quell’ennesimo rumore, Gilbert si gelò di colpo e abbassò lentamente gli occhi dorati, sbiancando. Trattenere un urlo a quella vista fu impossibile.
FanFiction partecipante al "Maribingo" indetto dalla community maridichallenge
[Gilbert x Oz - Shounen-ai]

- Titolo: Un Favore per un'Amica
- Autori: Scarlet Morgue (Fiamma Drakon & XShade-Shinra)
- Fandom: Pandora Hearts
- Personaggi: Gilbert Nightray, Oz Vessalius, OC(?)
- Pairing: Gilbert x Oz [Ozbert]
- Prompt: #46 "Un gatto sotto al letto"
- Genere: Commedia, Slice of Life
- Rating: Giallo
- Avvisi: Shounen-ai, AU, H/C
- Capitoli: One-Shot
- Wordcount: 1834 parole (FdP)
- Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non ci appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.



- Un Favore per un’Amica -


Per Gilbert quel giorno era iniziato stupendamente, come ogni dì da un anno a quella parte: si era risvegliato tra le braccia di Oz, in quel loro letto che da tanto avevano sognato di condividere. Era meraviglioso svegliarsi e sentire vicino a sé il calore della persona amata, poterla abbracciare come prima cosa in quella giornata e baciare le sue labbra. A lui bastava questo per poter essere felice. Talvolta, quando la mattinata non era troppo frenetica o ricca di impegni, adoravano stare avvolti dalle coperte per coccolarsi un po’ e, perché no, passare da baci e carezze a tinte più piccanti, approfittando dell’alzabandiera mattutino, e finire facendosi la doccia assieme - anche se il desiderio di restare a letto a dormire era fortissimo dopo l’appagamento sessuale.
Dopo la doccia, dunque, Gilbert si era vestito per andare a lavoro, mentre Oz era tornato tra le coltri, avendo lezione solo nel pomeriggio.
«Ci vediamo prima di cena» disse Gilbert, mentre si avvolgeva il collo nella morbida sciarpa color crema.
«Va bene. Buon lavoro…» borbottò Oz, da sotto gli strati di morbido calore, con il cervello già in modalità risparmio energetico. «Alice viene qui a pranzo, poi andiamo a lezione insieme» aggiunse con una forza che nemmeno lui sapeva di avere.
«Ok, salutamela» rispose Gilbert. Finito di mettersi il giubbotto si avvicinò a Oz e gli baciò delicatamente la guancia. «Ti amo» sussurrò con un abbozzo di sorriso.
Fu certo di aver sentito un sospiro che pareva tanto un “anch’io”, e ciò gli bastò per farlo arrossire appena sulle guance.
Prese la propria copia della chiavi di casa, uscì venendo avvolto immediatamente dalle gelide membra del vento invernale. L’inverno era così freddo quando non era insieme a Oz… Non era passato che qualche secondo e già non vedeva l’ora di tornare a casa.


La giornata passò abbastanza velocemente e presto si fecero le cinque del pomeriggio, orario in cui - finalmente - Gilbert terminava a lavoro e andava alla fermata dell’autobus; un appartamento vicino al proprio posto di lavoro era la chiave vincente per non perdere tempo sui mezzi di trasporto pubblico, e presto il giovane fu di ritorno a casa.
Stando all’orario di Oz, le sue lezioni terminavano alle diciotto, quindi non avrebbe dovuto aspettare molto.
Tornato a casa, trovò tutto buio e silenzioso; come di consueto, Oz aveva abbassato le tapparelle - poiché a quell’ora il sole era già calato, ormai - e l’unico rumore che si sentiva di sottofondo era il basso ronzio del frigo. Accese la luce del corridoio e chiuse il portone.
Tutto normale. A un tratto, però, un suono attirò la sua attenzione.
Tump-tump.
Poi silenzio.
Non sembrava come se fosse caduto qualcosa, affatto.
«Oz?» chiamò ad alta voce. Nulla. «Sei a casa?» anche a questo nessuna risposta.
Dovevano essere i vicini di casa, quelli del piano di sopra. Sicuramente era così.
Indossò le pantofole e camminò tranquillamente verso il bagno.
Tump-Tum.
Di nuovo.
Volendo capire cosa fosse, decise di andare in camera da letto, dove proveniva il rumore.
Accese la luce e guardò la stanza: sembrava tutto a posto.
Frrrrrrr.
A quell’ennesimo rumore, Gilbert si gelò di colpo e abbassò lentamente gli occhi dorati, sbiancando. Trattenere un urlo a quella vista fu impossibile.

Oz tornò a casa alle sei e mezzo, puntuale come sempre - il docente di informatica non aveva minimamente voglia di rimanere un solo minuto in più, non pagato, e gli studenti men che meno. Dalla strada vide la luce della camera dell’appartamento accesa e sorrise dolce sotto il collo in lana. Si affrettò a salire le scale e suonò il campanello.
Attese qualche secondo, ma nessuno venne ad aprirgli la porta.
«Sarà in bagno…» borbottò, mentre cercava la chiave nella cartella.
Entrò in casa, sentendosi subito ristorato dal calduccio che c’era.
«Gil! Sono tornato!» si annunciò, notando solo un attimo dopo che era decisamente strano trovare la luce del corridoio accesa.
«Oz! Vieni! PRESTO!».
Il richiamo concitato di Gilbert, proveniente dalla camera da letto lo fece trasalire. Sembrava terrorizzato.
Senza nemmeno togliersi il cappotto o gli stivali, corse in camera. «Gil! Cosa è suc-?» non finì la domanda che vide il giovane seduto in posizione fetale sul loro letto matrimoniale, con le braccia a cingergli le gambe al petto.
«Oz! Meno male che sei tornato!» esclamò Gilbert, a un passo dalle lacrime.
Il biondino lo guardò interrogativo, non capendo cosa fosse successo. Gilbert tremava e aveva gli occhi umidi, e aveva ancora indosso l’abito buono da lavoro.
Oz gli si avvicinò preoccupato, ma prima che potesse raggiungerlo, Gilbert disse balbettante: «C’è un mostro in casa, sotto il letto…».
«Eh?». Oz aveva gli occhi verdi talmente grandi da parere quelli della sorella Ada.
Gilbert finalmente lo guardò e una lacrima di paura gli solcò una guancia. «C’è un gatto in casa: si è intrufolato sotto il letto…» spiegò meglio, riprendendosi un poco grazie alla presenza di Oz - o meglio di qualcuno vicino a lui che poteva aiutarlo.
Oz abbandonò l'espressione sorpresa e sorrise. Poggiò a terra la cartella, contro la parete vicino alla porta, e si fece avanti nella stanza.
Si diresse verso il letto e si inginocchiò di fianco ad esso; dopodiché si accucciò e vi si infilò sotto.
Gilbert era troppo spaventato per muoversi, ma lo sentì mentre sollevava leggermente il materasso man mano che procedeva verso il centro.
I rumori di poco prima si ripeterono e un "frrrrrr" più intenso degli altri fece tremare Gilbert fin nelle viscere, strappandogli un gridolino decisamente poco virile.
«O-Oz...?» domandò con voce tremula, decidendo di rompere la sua immobile attesa.
Avanzò lentamente carponi verso il bordo, nel punto oltre il quale il suo compagno era appena sparito. Dalla sua posizione riusciva a vedere i piedi di Oz.
Si sporse ancora un po' di più per assicurarsi che andasse tutto bene e in quel preciso momento il suo compagno fuoriuscì da sotto il letto con una palla di pelo nero ben stretta tra le mani.
Gilbert gridò e si tirò indietro con un balzo fino al lato opposto del materasso, oltre il quale capitombolò per la troppa enfasi del movimento.
Oz rise un po' per la goffaggine e un po' per la tenerezza nel vedere il suo partner terrorizzato da una cosa piccola e innocente come quel batuffolo che aveva abilmente accalappiato.
Con il micio stretto al petto aggirò il letto e si portò al fianco opposto di esso, dove Gilbert si stava mettendo carponi.
Il gattino miagolò, attirando l'attenzione del moro, che si addossò al comò col viso deformato dalla paura.
«C-cosa ci fa q-qu-quella bestia qui?! M-mandalo via!» balbettò.
Oz si inginocchiò dirimpetto a lui e sorrise con aria di scuse. «Alice starà via per qualche giorno e mi ha chiesto di occuparmi di Cheshire...» arrossì e assunse un cipiglio contrito. «Mi dispiace... avrei dovuto mandarti un messaggio sul cellulare o lasciarti un biglietto... puoi perdonarmi?».
Gilbert arrossì a sua volta per le sue parole gentili, e l'espressione tenera e innocente.
Sorrise e il suo viso si illuminò di gioia mentre esclamava: «Certo che ti perdono, Oz».
Chiuse gli occhi in un'espressione che era ben familiare al biondo per il gran numero di volte che l'aveva vista sul suo viso.
«Grazie, Gil» rispose Oz.
Gilbert sentì qualcosa di morbido che gli veniva poggiato sul capo e si espose, credendo che fosse la mano guantata del suo compagno che gli carezzava i capelli.
Lo faceva spesso e gli piaceva da matti farsi accarezzare da lui.
Quando sentì un miagolio provenire da sopra di sé e la morbida cosa poggiata su di lui iniziare a vibrare piano sbiancò in viso di colpo e non riuscì a non scoppiare in lacrime all'istante.
«Ooooz!» frignò.
«Scusami, Gil... non ho saputo resistere...!» esclamò il biondo. «E sembra che Cheshire ti abbia preso in simpatia!».
«Non m'importa! Toglilo! Toglilooo!» piagnucolò Gilbert in preda al panico.
Oz lo accontentò e riprese il micino in braccio. Poco ci mancava che Gilbert se la facesse addosso.
«Non capirò mai questa tua paura, Gil...» borbottò il ragazzo, accarezzando Cheshire.
Il più grande non rispose e con un balzo tornò sul letto, suo unico posto sicuro. «Scommetto che hai messo anche la lettiera in bagno... così non ci potrò più andare!» disse il moro fissando il vuoto con occhi piccoli e assenti. «Voglio tornare da Vince...» pianse piano.
Quando nominava il fratello in quel frangente, Oz si ingelosiva sempre un poco. Sospirando, portò l'ospite fuori dalla stanza e chiuse la porta.
«Ora non c'é più», disse ad alta voce, tornando da Gilbert. Gli sembrava che avesse ripreso più colorito.
«Per ora» borbottò il moro con la gambe al petto e il mento poggiato sulle ginocchia.
Oz tornò da lui e si mise ginocchioni sul letto, stringendo l'altro a sé e coccolandolo piano. Lo sentì sciogliersi un poco. «Scusa, Gil... ma sai quanto é importante Cheshire per Alice: non potevo non prenderglielo per il fine settimana».
Gilbert non rispose, offeso. Oz si sentì una cacca: avrebbe dovuto sì avvisarlo, almeno per evitargli lo shock... ma se lo avesse avvisato avrebbe boicottato la cosa. «Non tornare da Vince... mi sgriderà» e ben sapevano che lo avrebbe fatto e che sembrava uno psicopatico invasato quando diventava malvagio. «E non voglio passare il weekend lontano da te...» mormorò al suo orecchio, cercando di addolcirlo.
«Non può andare Cheshire da Vince?» domandò Gilbert in un uggiolio.
«Ma se sai benissimo che Cheshire lo odia!» gli fece notare il ragazzo. Era vero. Vincent la prima, unica e ultima volta che lo aveva visto ci stava per rimettere un occhio solo perché si era avvicinato troppo.
Gilbert sospirò, continuando a rifugiarsi nel suo silenzio. Oz fece per andarsene, ma il compagno lo trattenne per la manica della giacca.
«Non lasciarmi solo... ho paura...» balbettò in ansia.
Oz sorrise appena e gli diede un bacio sulla guancia. Sarebbe rimasto, come anche Gilbert non avrebbe varcato la soglia di casa quella sera.
«Prima mi avevi perdonato».
«Poi mi hai messo quel... quel demone... in testa... Ma sei ancora perdonato».
Oz sorrise dolce. «Magari, Cheshire, mentre siamo in cucina, sta tra il corridoio e la camera, mentre  per la notte staremo noi in camera e lui in cucina e corridoio. Baderò io a lui» suggerì Oz, carezzandogli i capelli. Il loro nido d'amore era molto piccolo in realtà. «E la lettiera la mettiamo nello sgabuzzino».
Gilbert lo abbracciò. «Ma se il gatto é in giro ho paura ad andare in bagno...» uggiolò.
«Ti accompagnerò io» si offrì il biondo. Avrebbe dovuto badare a un micio e a un bambino...
Gilbert sorrise appena, ringraziandolo. Andava bene, finché c'era Oz a vegliare su di lui.
Arrivati finalmente a una situazione di pace, il biondo baciò casto il compagno sulle labbra, sentendolo mugolare contento in risposta, e non aspettò oltre per spingerlo di schiena sul letto e saltargli sopra per approfondire quell'unione. Almeno per un'oretta, Gilbert avrebbe pensato ad altro che non fosse Cheshire in casa.
E se questo metodo avesse funzionato, si sarebbe prospettato un weekend di fuoco.

Fine
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