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Autore: _Lillian_    31/01/2016    9 recensioni
Paese che vai... Usanza che trovi? E' questo il detto no?
Ma per i dodici scapestrati, le usanze dell'Antica Grecia non saranno tra le loro preferite.
Niente campo per cellulari, niente tecnologia.... Solo allenamenti e una storia tutta da scoprire, piena di misteri.
Tra intrecci, triangoli, frecciatine e battibecchi... Riusciranno i nostri eroi a salvarsi e a tornare alla vita di sempre?
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 12
 
Sin dai tempi del mito, si narra che la fortuna  prenda le sembianze di una bellissima Dea, i cui occhi tuttavia, sono condannati all’eterno buio.
Nonostante ciò, si è sempre sostenuto che la suddetta dagli occhi velati di nero, vedesse lo stesso e baciasse uomini e donne degni d’aiuto accorrendo in loro favore.
“Questo è in assoluto il giorno più brutto della mia vita! Cara Dea della fortuna, sei una bufala colossale”.
Bene.
April non era assolutamente dello stesso avviso.
“Perché questa frase, ogni santissimo giorno, non risulta mai essermi nuova?” alzò gli occhi al cielo Ioria osservando la sua allieva litigare con dei rami acuminati di quercia che ripetutamente le strappavano un pezzo di maglia.
“Ehm scusa e tu perché mi staresti parlando?!” rispose di rimando April in modo acido spezzando sadicamente sotto i piedi uno di questi ultimi.
Ah se avesse usato quella forza negli allenamenti con lo stesso fervore…
Dal cavaliere tuttavia, provenne solo un sospiro esasperato in risposta.
“Ma vi pare!? L’unica maglia decente che in questo luogo di barbari avevo, costata duemila dollari e quindi molto più dei dodici cavalieri messi insieme, rovinata da uno stupido ramo, venutosi a trovare in uno stupido posto umido, in cui io non dovevo assolutamente essere ma in cui sfortunatamente sono per colpa di una cornacchia dai capelli lilla!” strepitò paonazza in volto scampando ad un sasso che la minacciò seriamente con una rovinosa caduta.
“Calmati April, se ti agiti sudi e qui c’è freddo, se ti ammalassi sarebbe davvero un problema” disse Cole calmo preparandosi comunque, all’ennesima crisi isterica della castana.
“Cole! Io non sudo! Brillo!” sbottò la ragazza come un ossessa.
Il ragazzo sghignazzò per poi avvicinarsi a lei ed offrirle la felpa che fino a quel momento aveva coperto la sua maglietta degli ACDC.
“Mettila, questo posto ha tutta l’aria di essere il covo di molte creaturine e dal momento che tu brilli, il pericolo febbre diventa un ‘aiuto una gazza ladra ha rubato April!’”.
“Non ti rispondo nemmeno guarda” sentenziò oltrepassandolo e ignorando la sua offerta d’ aiuto deliberatamente.
“Eddai April! Prima o poi dovrai pur arrenderti all’evidenza. Siamo sperduti chissà dove, in chissà quale epoca ma certamente non la nostra e siamo solo noi due!”.
“La fortuna a te ha graziato allora!” sbottò continuando a camminare con vigore.
“Eh?” chiese Cole evidentemente spaesato dalla sua risposta.
“Sei in mia compagnia! Sai quanti vorrebbero essere al tuo posto!?” sottolineò con ovvietà come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Modesta la ragazza” borbottò Ioria beccandosi un occhiataccia di fuoco.
“Tu cammina!”
“È quello che sto facendo ed è quello che dovresti fare anche tu! Possibilmente in silenzio!” sbottò Ioria esasperato.
“Quanto poco tieni alla tua vita gattaccio spelacchiato!?”.
“Sono un leone!”.
“E poi sarei io la modesta?” chiese sorridendo trionfante la ragazza.
“Ma io lo sono davvero!”.
“E questo chi te lo ha detto? La bambina che reincarna una Dea che non ha mai mostrato le sue reali chiappe?”.
Vittoria presa.
“Tu…tu…oooooh sei insopportabile!” sbottò Ioria rimasto ormai senza parole.
“Ti capisco, la verità fa male a molti” sorrise gentilmente, falsa.
Era in quei momenti che Cole si chiedeva se mai avesse fatto ritorno vivo a casa.
Per un po’, il tempo scorse in completo silenzio.
L’unica cosa che si udivano erano i loro passi sul terriccio, i sospiri di April di tanto in tanto e il brontolio dello stomaco di Cole.  
Era ormai parecchio tempo che camminavano senza sapere di preciso dove stessero andando, o meglio, loro sicuramente non lo sapevano.
Riponevano nonostante tutto buone speranze nel buon senso di quello che aveva tutta l’aria di essere un aguzzino.
A condurre quella strampalata troup infatti, Ema, cavaliere di Ares, sembrava emanare tutt’altro che tranquillità e fiducia.
Sin dall’inizio non li aveva degnati di una sola, singola parola né di uno sguardo.
Si limitava semplicemente ad ignorare tutto, come se fosse lì ma al contempo non lo fosse assolutamente.
April più di una volta, nonostante il ribrezzo, si ritrovò ad osservare con curiosità la sua figura e a chiedersi cosa mai avesse potuto procurargli una cicatrice del genere sul voto.
Era completamente deturpato e spaccato a metà.
Una bambola dell’orrore resa tale soprattutto dallo sguardo inespressivo tanto distante dal primo che aveva incrociato con lui.
Ricordava bene il sorriso maligno e gli occhi maliziosi che aveva rivolto loro poco prima che si mettessero in marcia.
Nascondeva qualcosa e di questo April, ne era più che sicura.
Diametralmente ai pensieri di April, quelli di Cole non erano poi tanto diversi.
Il ragazzo aveva notato perfettamente come Ioria non staccasse mai gli occhi dal cavaliere appartenente al battaglione del fuoco.
Il cavaliere non aveva mai assunto uno sguardo e una posizione rilassata da quando Ema de Jamadhar era stato annunciato.
Aveva paura Cole, non tanto per la sua vita ma per quella di April.
Temeva che da un momento all’altro una sua lamentela di troppo avrebbe potuto far scattare quell’impassibilità che gli sapeva tanto di falsa.
Si, era falsa e ne era sicuro.
Pur tuttavia, tutti erano consapevoli di non avere altra via d’uscita se non quella di seguirlo tra i rami acuminati e la nebbia sempre più fitta di quel luogo.
“Ma scusa, ritornando al discorso di prima. Voi ragazze non avete la mania di cambiare il colore dei capelli andando su tonalità come il rosa, l’azzurro o che so, il lilla?” azzardò Cole sdrammatizzando un po’ la situazione, mettendo comunque già un certa distanza tra lui ed April.
Mai gesto gli parve più sensato.
Lo scatto con cui April girò il volto verso di lui, e lo sguardo assassino con cui lo osservò non avevano assolutamente nulla di rassicurante.
“Esistono due tipi di ragazze Cole” disse avvicinandosi lentamente a lui.
“Le prime, quelle che lo sono per davvero, hanno un bel viso nella maggior parte dei casi, un senso del pudore sviluppato, una dignità, un carattere, una personalità forte o debole che sia ma ce l’hanno, un portamento elegante, un bellissimo armadio e possono permettersi di colorare i capelli anche di verde kiwi” sorrise in modo sinistro avvicinandosi ancora di più, facendo contemporaneamente arretrare Cole verso un cespuglio pieno di spine che aveva l’aria di essere secolare per quanto fosse intricato.
“Poi c’è la seconda categoria. Quella che l’universo ha voluto nascondere dividendo il mondo in tre diversi paralleli. In quella categoria vi è un'unica ragazza, il cui viso somiglia all’incrocio tra un babbuino e un lama, nata con le gambe aperte al mondo, senza alcun tipo di dignità, senza nessun carattere in particolare, senza alcun tipo di personalità, con il portamento di un bradipo con in groppa un Gorbaciov  e un armadio che farebbe piangere dalla disperazione anche le statue dei Santi in modo che i fedeli possano gridare ‘MIRACOLO FRATELLI!’”  urlò prendendolo per il colletto della t-shirt.
Il pomo d’Adamo di Cole fece freneticamente su e giù quando vide il viso della compagna a pochi centimetri dal suo.
Dopo un lungo sospiro e un piccolo sorrisetto indemoniato April continuò.
“Ebbene, questa ragazza l’unica cosa che può permettersi è la pelata! Non fare domande stupide Cole, perché mi sto alterando!” rispose sdegnata tutto d’un fiato facendolo tremare e scuotendolo come una bambola.
“State zitti! Siete troppo fastidiosi!”.
Gelarono tutti sul posto.
“Siamo arrivati belle statuine” sorrise enigmatico Ema fermandosi praticamente in mezzo al nulla.
L’unica cosa che li circondava era una terra nera e desolata.
Non c’era nessuna pianta, nessun cinguettio, nessuna forma di vita.
Nulla.
“Cole!”.
Una voce infantile fece perdere al cuore del ragazzo molti battiti.
“Lily!” urlò sbalordito Cole correndo dalla piccola bambina che dal nulla era apparsa sotto lo sguardo attonito dei presenti, o meglio, di quasi tutti i presenti.
“Oh Cole, mi sei mancato così tanto, sei mancato a tutti fratellone! Ti prego torna a casa!” piagnucolò la bimba aggrappandosi con forza alle spalle del ragazzo.
April fece un passo verso di loro.
“Cole, ma come è possibile?” chiese guardando la spaventosa somiglianza dei fratelli.
“Chi è lei Cole?” chiese la bambina guardando con i suoi grandi occhi azzurri April con diffidenza.
“Tesoro lei è April una mia amica, Lily ma come hai fatto ad arrivare fin qui? Chi ti ci ha portata?” chiese con ansia e apprensione Cole distogliendo l’attenzione della bambina dalla ragazza.
“Fratellone questo è tutto un sogno, stai dormendo da tanto tempo e Lily è venuta a svegliarti! Non devi far altro che compiere un azione e tutto questo finirà!”.
“Che cosa!? Un sogno!?”.
“Si fratellone un sogno! Sei sempre stato tanto fantasioso tu” rise la bimba pizzicandogli le guance.
“Ma sembrava tutto così reale… gli allenamenti, il dolore, i sentimenti, tutti loro…” sussurrò Cole guardando April.
La ragazza di rimando lo fissava sbigottita.
Come poteva essere quello tutto un sogno?
Lei non aveva mai visto Cole in tutta la sua vita, Cole come tutti gli altri.
Perché avrebbe mai dovuto sognare con tanta chiarezza degli sconosciuti?
Poteva quello essere davvero tutto frutto di immaginazione?
Ma immaginazione di chi?
“Fratellone mio dai svegliati, avevi promesso che mi avresti accompagnata a comprare le scarpette da danza, non puoi darmi buca anche oggi!” lo tirò la bambina facendo i capricci e gonfiando contrariata le guanciotte.
“Un sogno…” ripetè Cole come in trans.
“Si, fratellone, solo un sogno. Uccidila e tutto finirà!” sorrise tranquilla la bambina, mostrando un pugnale tenuto ben saldo dalla sua manina paffuta.
“Uccidere chi!? Cosa ci fai tu con un pugnale in mano Lily!” chiese Cole spaventato.
 Lily di tutta risposta rise di gusto.
“Ma Cole tu me lo hai dato! O meglio, il tuo sogno, io faccio solo quello che tu mi stai chiedendo e poi lo sappiamo entrambi che guardi troppi horror in tv! Questo è il risultato!” rise di nuovo la bambina.
Cole la guardò assolutamente spaesato togliendole l’arma dalle mani.
Istintivamente April fece un passo indietro.
“Cole… quando tua sorella ha detto uccidila” disse deglutendo.
“Chi intendeva?” continuò fievolmente aspettandosi già la risposta.
“Te ovvio!” rise la bimba guardandola serena.
La ragazza sbarrò gli occhi.
“Starai scherzando spero!”.
“Stai tranquilla ragazza! È un sogno questo, non farà davvero male. Ma il mio fratellone deve svegliarsi per accompagnarmi a comprare le scarpette! Quindi è importante che tu muoia” sorrise felice facendo muovere i codini biondi.
“Cole chi è questa bambina!?” sbottò Ioria spazientito da tutta quella situazione ponendosi dinanzi all’allieva.
“È tutto un sogno” ripeté a bassa voce come un mantra.
“Solo un sogno”.
“Si fratellone, solo un sogno. E se non ti sveglierai presto la mamma si arrabbierà come suo solito e tu finirai in punizione!” borbottò incrociando le piccole braccia al petto.
Cole guardò prima lei e poi il pugnale ora nelle sue mani.
“Devo ucciderla e tutto finirà” disse in un tono che fece sembrare quelle poche parole quasi una litania.
“Ema! Che sporco trucchetto è questo!?” urlò Ioria ponendo ancora più distanza tra Cole ad April.
“Nessun trucco, anche io e te siamo il frutto del nulla cavaliere di Leo” rispose calmo il seguace di Ares.
“Vuoi davvero dire che nulla della mia vita è mai stato reale? Che la mia fedeltà Atena non esiste perché è Atena stessa a non essere reale!?”.
“Queste sono risposte che non posso darti io, non è il mio sogno questo cavaliere”.
“Cosa devo fare?” chiese Cole spaventato.
“Quello che ti ho detto fratellino” lo spinse giocosamente la bimba verso April.
Cole fissò allora il suo sguardo in quello spaventato di April.
Quasi a volerle chiedere scusa.
E questo, purtroppo, April lo avvertì molto bene.
“Cole…” sussurrò senza fiato consapevole.
“Perdonami April, ma forse Lily ha ragione. Io dovevo accompagnarla a prendere le scarpette dopo la gita al museo. Magari tutto questo davvero non è reale. Magari tu non sei reale”.
“No…Cole, io sono reale!” disse April.
“Se tu fossi reale, allora mi sapresti anche spiegare perché magicamente attorno a noi non c’è più nessuno se non Lily” rispose il biondo sorridendo appena, di un sorriso sinistro.
Lo sguardò della ragazza scattò ad osservare tutto ciò che la circondava.
O quello che fino a poco fa l’aveva circondata.
Ioria ed Ema si erano come volatilizzati nel nulla.
Le loro impronte sul terreno fangoso erano sparite, nulla lasciava intendere che oltre loro in quel posto ci fosse stato qualcun altro.
“Non è possibile…”.
“Pensaci April, magari tutto questo è finto per davvero! Se mi svegliassi il supplizio finirebbe per tutti noi, anche per te, che nonostante sei solo frutto della mia immaginazione soffri così tanto a stare qui” sorrise Cole come impazzito.
“No! Cole tutto questo non può essere solo frutto d’immaginazione! È tutto troppo reale! Lo sai anche tu! Tutto quello che con gli altri abbiamo passato era reale! Tu sei reale, io sono reale!”  sbottò April avvilita.
“Cole, questo è proprio quello che direbbe la povera vittima in uno di quei film che tanto ami! Fratellone sei così scontato!” rise la bimba.
April la guardò con occhi sbarrati incredula.
Cole fece un passo avanti.
Lei uno indietro.
“Cole pensaci! Questo è solo un trucco, lei, è lei a non essere reale Cole! Tua sorella non può essere qui!”.
“Proviamoci April, dai cosa ci costa!” sorrise stavolta Cole.
“Proviamoci!? Vuoi conficcarmi un pugnale nello stomaco solo per prova!?” chiese sbigottita e spaventata ormai all’inverosimile.
Cole tentennò.
“Dai Cole muoviti!”.
“Ma io devo farlo” disse Cole come spinto da una forza esterna ai suoi pensieri.
“Cole sei manovrato! Devi farlo? Chi ti dice di farlo Cole!? Ti prego, non farmi del male!”.
Copiose lacrime iniziarono a sgorgare dai particolari occhi della ragazza.
“Io devo farlo April, capisci? Devo farlo” disse Cole avvicinandosi sempre più.
“Ti prometto che farò velocemente, non sentirai nulla, non ti farò tanto male”.
“Cole…no…ti prego, no” sussurrò in preda alla disperazione l’amica.
Pochi passi ormai li dividevano.
Il pugnale già alzato a mezz’aria.
Il terrore aveva ormai paralizzato le gambe di April rendendole due macigni impossibili da spostare.
Un passo.
“Cole…”.
Una passo.
“Ti supplico…”
Un passo.
“Smettila!”
Un passo.
“Mi dispiace April”.
Un passo e il pugnale venne conficcato.
Il sangue grondava a fiotti dallo stomaco, la pelle diventava via via sempre più cianotica e l’urlo di dolore aveva spezzato l’assordante silenzio.
“Fratellone perché?” chiese la bambina ormai quasi senza vita fra le braccia del presunto fratello.
“Perché questa non sei tu” sussurrò Cole fra le lacrime.
“Infatti, non è lei” sentenziò Ema comparso alle sue spalle.
“È la tua compagna” sorrise sadico piegando la testa di lato.
Cole abbassò gli occhi sulla sorella incontrando tuttavia un particolare sguardo violaceo intriso di dolore.
“APRIL! NO!”.
“Co..Cole.. fa così fre…freddo qui…” battè i denti la giovane donna troppo pallida.
“Oh mio Dio April scusa! Io non, non capisco avevo colpito Lily! Io avevo colpito Lily, Ema!”.
“Vedi ragazzino, qui le cose funzionano un po’ diversamente, io sono te, tu sei me, la tua adorabile sorellina è la ragazza che ti sta morendo fra le braccia e viceversa, il cavaliere di Leo in realtà potrebbe essere un albero!” rise l’uomo.
“Come la salvo!? Dimmelo Cavaliere!” sbottò furioso Cole tamponando la ferita della ragazza alla bell’è meglio.
“Ripristinando l’equilibrio. Qui ogni cosa va in base all’importanza che il soggetto preso in esame gli attribuisce”.
“Ma cosa stai dicendo!?” .
“Ripristina l’equilibrio” ripeté Ema.
“April…ti supplico…resisti!”
 
***
 
“La Dea sarà felice di ricevere visite, solitamente quando è sola è sempre di cattivo umore” disse Colomba con tono monocorde nettamente in contrasto con le parole pronunciate.
Bryan e Chloe si guardarono.
“Esattamente cosa dovremmo aspettarci lungo questo sentiero?” chiese Shura diffidente.
“Nulla cavaliere. Rispetto agli altri Dei la nostra venerabile Aphrodite non ha mai voluto proteggere il suo castello con trappole mortali o tranelli particolari che spingessero i malcapitati alla follia” sussurrò la donna  continuando a camminare indisturbata.
“Aspetta, questo vuol dire che probabilmente i nostri amici stanno affrontando trappole o tranelli in questo momento!?” chiese Bryan ora ansioso per le sorti di quelli che ormai erano i componenti di una strana famiglia di cui si sentiva parte.
“Probabilmente si, gli Dei, o meglio la maggior parte di loro, sono conosciuti e rinomati per i loro capricci, la loro volubilità e la loro sete di potere”.
“Ma non possono farci del male no? Zeus deve essere stato chiaro sulle nostre vite o non ci avrebbe protetti sin dall’inizio” disse Chloe sfidando Colomba con lo sguardo.
“Io non ne sarei così sicura. Dei come Hades, Apollo o Ares non amano essere soggetti a costrizioni. Il loro comportamento e le loro decisioni variano solo ed unicamente in base al loro volere e ai loro capricci. Niente di più niente di meno”.
“Ma questo non era nei patti!” sbottò Shura contrariato.
“Tante guerre sono scoppiate e scoppieranno perché patti su patti non sono stati rispettati cavaliere, dovresti saperlo meglio di me”.
“Ma c’è una via d’uscita? Un modo per poter avere slava la vita?” chiese la giovane ragazza ormai in uno stato di completa apprensione nonostante il viso riuscisse comunque a mostrare indifferenza.
“La parte del carattere degli Dei che forse gioca a favore dei vostri compagni è proprio questa. Sin dai tempi del mito gli Dei non sono mai stato radicali e non si sono mai assunti le colpe delle loro azioni. Lasciano sempre una via d’uscita, per quanto questa sia impossibili da trovare. Con questo modo di fare nessuno poteva accusarli di non aver offerto una possibilità di vittoria agli avversari.
Effettivamente la via d’uscita c’è sempre, se non la si trova, viene semplicemente attribuita all’inettitudine del nemico”.
“Ma questo non è giusto!” sentenziò arrabbiato Bryan.
“Benvenuto nel mondo biondino” sorrise sarcastica Colomba.
“Ora per favore, chiudete gli occhi e appoggiatevi con una mano alla mia spalla”.
“Perché?” chiese Shura diffidente.
“Perché il palazzo della mia Dea è più in alto di quel che pensi. Se poi sei munito di ali come un puledrino fa pure da solo!” rispose acida e spazientita.
Suo malgrado Capricorn si ritrovò a fare come gli era stato detto e in un batter d’occhio, si ritrovò insieme agli altri, in un luogo che pareva quasi venuto fuori dalle favole.
Cascate limpide, prati fioriti, alberi, animali di ogni tipo e suoni armonici, questo era tutto quello che circondava un enorme castello dai colori chiari e rassicuranti.
“Oh mio Dio” sussurrò schifata Chloe.
“Questo era il posto in cui April avrebbe voluto la sua tomba” disse Bryan sorridendo in modo un po’ amaro.
Sperò con tutto il suo cuore che la sua cara amica capricciosa e tutti gli altri stessero bene.
“Oh Mio Olimpo siete arrivati!” gridò una scampanellante voce femminile prima che una bellissima donna dai lunghissimi capelli biondi facesse la sua comparsa.
Vestita di veli e fiori, la nuova arrivata guardava i ragazzi come se fosse stata un un cieco che avesse visto il sole per la prima volta.
“Benvenuti! Io sono….sono” disse prima tutta contenta poi confusa e spaesata.
“Aphrodite mia signora, siete Aphrodite” disse Colomba sorridendole benevola ed inchinandosi a lei.
“Oh si, sono Aphrodite, ma lo sapevo eh” rise lei picchiettandosi una mano delicata su una guancia rosea.
“Zeus mi ha raccontato tutto di voi e sono così felice di avervi qui! Ma prego non state n giardino come belle statuine, venite dentro!” rise contenta battendo le mani freneticamente.
“Salve Dea Aphrodite, io sono Bryan e lei è Chloe. Volevamo ringraziarla per l’ospitalità”.
“Ovviamente la ringrazio anche io, sono Shura, cavaliere di Capricorn” disse Shura facendo una riverenza.
La donna li guardò con un leggero sorriso sulle labbra e poi come se nulla fosse si voltò dal lato opposto e proseguì ridendo per poi, improvvisamente bloccarsi.
“Mia Dea, l’entrata principale del suo castello è quella alla sua sinistra” le venne in aiuto Colomba.
“Oh si, che sbadata” rise Aphrodite dandosi un colpetto sulla fronte.
I ragazzi si guardarono confusi.
“E ditemi voi cosa ci fate qui?” chiese gioviale a dei presenti sbigottiti.
“Fantastico! È scientificamente che questa qui è suonata come una campana!” sbottò Chloe sussurrando con parecchia acidità quelle parole.
“Siamo qui per cercare nella vostra rifornita biblioteca qualche indizio che possa riuscire a risolvere il grattacapo che affligge la vostra epoca e trattiene noi qui. Zeus come ha detto lei stessa prima, deve averla informata” rispose Bryan cercando di sondare il terreno.
“Oh…” sospirò la Dea pensandoci su.
“Gran bel problema il nostro vero?” continuò dispiaciuta.
“Già!” sbuffò Chloe facendo segno con le dita che qualche rotella nel cervello della donna, non fosse al suo posto.
“Oh ma io vi aiuterò nelle ricerche amici! State tranquilli! Ed ora ditemi, come mai siete qui?” chiese sorridendo.
“Bene. Siamo a cavallo!”.
 
***
 
3° giorno – Amore.
 
“Summeruccia amore mio buongiorno! Il sole non riesce a splendere se i tuoi occhi non sono aperti mio fiore di rugiada”.
“Il fiore di rugiada è gli sveglio. Sta svolgendo il suo dovere, Dio Amore” rispose un pacato Saga cercando di contenere l’irritazione che in tre giorni di permanenza lì era già arrivata alle stelle.
“Oh ma che peccato, volevo essere io il primo su cui i suoi occhi si fossero posati” rispose il Dio con fare capriccioso sbattendo i piedi sulla moquette.
Uscì correndo dalla stanza urlando il nome di Summer a squarciagola.
“Finirò per impazzire, me lo sento” sbottò il cavaliere dando un pugno al muro.
Due secondi dopo la testa del Dio sbucò nuovamente dalla porta.
“Saga?” chiamò con fare sornione.
“Si Dio Amore?” rispose stizzito l’uomo.
“Niente!” sorrise l’altro scomparendo nuovamente.
“Io lo strozzo!” sibilò assassino assestando un secondo colpo nel muro, incrinandolo.
….
“Sono tre giorni che cerchiamo un libro che possa esserci anche lontanamente d’aiuto senza successo” sospirò Summer lasciandosi cadere su di una sedia.
“Non ce ne andremo mai via di qui, ascolta un povero scemo che nella vita ci ha sempre beccato”.
“Oh andiamo Ian non dire così! Prima o poi ce la faremo!” rinfervorò la ragazza avvicinandosi a lui e prendendogli una mano fra le sue con vigore.
Era bella Summer, e questo Ian lo sapeva fin troppo bene.
Con i capelli raccolti in una coda alta, un vestito datole da Amore, rosa e bianco e le guance rosse per il caldo che in quella stanza faceva, era bella come il sole.
Ed era gentile.
Questa caratteristica traspariva da ogni cosa dicesse o toccasse, forse era proprio per questo che il ragazzo le voleva così bene.
Tutta la merda che aveva visto nella sua vita, non aveva raggiunto mai la vita della ragazza.
Di questo ne era felice.
“Va bene, un po’ ti credo, ma se proprio vogliamo che sia così, mettiamoci a lavoro baby” sorrise Ian dandole un buffetto sulla fronte.
La ragazza sorrise riconoscente, tornando più felice sul suo grandissimo tomo.
“Allora… sin dai tempi del mito….”
 
***
 
4° giorno – Artemide
 
“Ally ti do una dritta. Se dormi sui libri le ricerche non si faranno da sole” la riprese Cameron per l’ennesima volta.
La castana alzò il capo dal tomo che tanto la stava annoiando e riprese a leggere non prima di aver fatto un grande sbadiglio.
“Ma sei una ragazza o un orso?” sorrise il biondo scuotendo il capo con fare esasperato ma al contempo divertito.
“Sono stanca Cameron!” si lagnò la ragazza sbadigliando nuovamente.
“Se tu la notte dormissi invece di andare in giro con il tuo gatto, forse la mattina riusciresti a tenere gli occhi ben aperti!” sentenziò freddo Camus seduto poco più in là, già al terzo libro letto della mattinata.
Le guance di Ally si gonfiarono per il disappunto.
“Se fa così anche con l’uomo che ama è normale che lui scappi uffa!”.
“Ally!” sbottò Cameron guardando prima lei poi il cavaliere.
Camus dal canto suo le rivolse un occhiata truce che se avesse potuto l’avrebbe polverizzata sul posto.
“Ops… però è vero siete diventati tutti antipatici qui dentro!”.
“Sta zitta e studia!” sbottò il ragazzo dandole un libro in testa.
“Ahi!”.
“E va bene! I sigilli sono nati per…”.
 
***
 
2° notte – Apollo
 
“BERENICE! SENTO PUZZA DI GERMI DEL FUTURO! PULISCI TUTTO SENZA TOCCARE NULLA PER TUTTO L’OLIMPO!”.
“Sarà fatto mio signore”.
“Io pensavo che April fosse isterica! Che Dio mi polverizzi la lingua all’istante, quello sclerato è uno psicopatico da ricovero!” sbottò Megan uscendo dal bagno incazzata nera.
“Ehi, bei pettorali rosso!” continuò squadrando Mark dalla testa ai piedi.
“Grazie Megan” le rispose il ragazzo alzando gli occhi al cielo.
“Mi domando perché debba urlare così tanto e sempre la sera per giunta” sbuffò andando in bagno per sciacquarsi il viso.
“Presumo che questa sia una delle domande a cui il mondo non riesce a dare una risposta”.
“Ah si? E quali sarebbero le altre?” chiese seriamente curioso Mark.
“Beh tanto per cominciare perché Dio abbia voluto creare i pel di carota come te” sorrise Megan come se avesse detto la cosa più seria del mondo.
“IO NON SONO PEL DI CAROTA! SONO ROSSO! ROSSO!”.
“Ah, ah, ah! Stai urlando anche tu ora!”.
“Non ti sopporto!”.
“È reciproco sfigato!”.
“Sta zitta e dormi!”.
“Se tu la smettessi di russare come una tromba forse ci riuscirei!”.
“Io non russo!”.
“E i miei capelli sono naturali!”.
“Tu sei tutta finta!”.
“Ammettendo anche che questo sia vero, la chirurgia mi ha reso donna. Tu che via d’uscita puoi mai usare per la mancanza che hai fra le gambe?”.
“CHE COSA!?”.
“Ho sentito parlare di tette rifatte da zero, e di vagine costruite alla perfezione. Ma di quello che serve a te….”.
“Tu vaneggi! Io sono dotato!”.
“Che dolce, la canta e la suona da solo, cucciolo!”.
“Sei insopportabile!”.
“Sei rosso!”.
“QUESTA NON È UN OFFESA!”.
“E allora perché urli?”.
“MEGAN!”
“Si Mark?”.
“MEGAN! MARK! SMETTETELA!”.
“BERENICE GLI STRANIERI URLANO!”
“STATE ZITTI! RECATE FASTIDIO AL MIO PADRONE!”.
“BERENICE PER L’OLIMPO SGRIDALI SENZA USARE LA VOCE!”.
“….”.
 
Angolo autrici ♥
 

Perdonateci, no anzi, cosa stiamo dicendo.
Non ve lo chiediamo perché siamo imperdonabili. Postare dopo così tanti mesi è stata una cosa orribile nei confronti di tutti coloro che seguono questa storia.
Per problemi legati alla famiglia abbiamo dovuto per forza di cose interrompere il suo corso. Ma ora siamo tornate cariche più di prima, la storia verrà aggiornata regolarmente. Il prossimo capitolo la prossima settimana.
Speriamo di risentire i  nostri vecchi recensori e di averne dei nuovi.
p.s. capitolo dedicato  CREMISI!
Alla prossima ♥♥
 

 
   
 
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