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Autore: Yssis    31/01/2016    3 recensioni
“Storia partecipante al contest “Ubriaco come una scimmia” indetto da MissChiara sul forum di EFP”
Amon si trova ad interrogarsi sul suo ruolo sociale e le sue capacità, sospinto dalla corrente dell’alcool verso un mare ignoto e affiancato da Mado, idonea voce di confronto.
-E’ nostro dovere uccidere i ghoul per mantenere la pace e la sicurezza generale. L’hai detto tu stesso.
-Sì, l’ho detto… Ma ho anche ucciso un ragazzino. Un ragazzino che non era un ghoul. Perché lui è morto? Perché è stato ferito dalla mia arma? Io non opero secondo giustizia?
-Forse la giustizia risiede in questo.
-In cosa? Uccidere innocenti?
-Uccidere anche innocenti.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amon Kōtaro, Mado Kureo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bere non è la risposta, ma bevendo dimentichi la domanda


Mado calpesta una poltiglia di sangue, bava ed escrezioni corporee di ghoul mentre atterra al di là di un muretto. Controlla le condizioni della sua quinque, con cui è riuscito a far fuori un paio di ghoul – feccia immonda – prima di far vagare lo sguardo a destra ed a sinistra. Era intervenuto dopo aver scorto Amon in procinto d’esser colpito di spalle da un ghoul piuttosto grosso, ma moralmente biasimevole. Tutt’ad un tratto il suo collega si è sottratto alla vista e lui, occupato com’era nello scontro, ha tempo di curarsene solo adesso.
“Per la miseria, dove si è cacciato?” si chiede, gli occhi dilatati fissi sulla strada di periferia cittadina.
Al suo immancabile udito non sfugge un lamento sommesso; con un risolino di contentezza, si piazza alle spalle dell’investigatore di primo grado Kotaro Amon: il giovane uomo è inginocchiato, ha le mani strette a pugno e fissa davanti a sé i cadaveri di due ragazzini. Quello più visibile sta perdendo ancora sangue, nonostante ormai il suo viso sia quello di un morto: quello sotto ha gli occhi aperti in un grido selvatico, l’iride iniettata di sangue. Con le braccia deve aver accompagnato quella che, presumibilmente, deve essere stata la caduta dell’altro
ragazzino. Ora sembra che lo stia abbracciando.
Mado si concede ancora qualche secondo per guardare il suo giovane collega di spalle, provando ad immaginare quale emozione stia sfumando nei suoi occhi. Dopodiché sghignazza, intimando Amon ad alzarsi. – Sono cose che possono capitare, non farci caso e cammina.-
-Signor Mado…
-Per oggi non abbiamo ancora finito, eheh.-
Kotaro allora si tira in piedi, fili di vento e mormorii di acredine gli cuciono le labbra per il resto della giornata.

**

-Signor Mado… Signor Amon,ottimo lavoro.
-La ringrazio, quello che faccio è innanzitutto per il benessere e la sicurezza dei civili.
-Siamo impazienti di continuare, eheh… Dove getteremo la nostra rete la prossima volta?
-Vi farò sapere domani, per il momento tornate a casa: io mi consulterò con le altre squadre investigative e vi informerò sul da farsi.
-D’accordo, signore, arrivederci.
-Arrivederci.
-Signor Mado? Cosa intende fare, tornare davvero a casa?

-Non avrei granché di cui occuparmi in realtà… Piuttosto che niente i nostri superiori adesso si premurano di suggerirci cosa fare dopo il lavoro! Che vadano al diavolo…
L’espressione seria dell’investigatore Amon tremola appena a quelle parole. Il signor Mado è davvero un tipo bislacco.
-Ad ogni modo, Amon… Avrei bisogno di certi documenti riguardanti il caso TF02, sapresti procurarmeli?
-Certamente, glieli porterò personalmente alle diciannove questa sera…

Mado lancia un’occhiata all’orologio da parete della sua cucina.  21:25
Sbuffa appena alla casa silenziosa e vuota, che lo sta sempre ad ascoltare: si dirige verso quella che, all’apparenza, pare una scarpiera più larga e che invece presenta tutt’altra natura. E’ la collocazione della personalissima ed accanita collezione di quinque di Kureo Mado: alle sue armi, disposte per tipologia e datazione, l’investigatore dedica sempre parecchio tempo, lucidandole e testandole a rotazione, per saggiarne l’efficacia.
Per questa sera Kureo sceglie una valigetta di bikaku di tre mesi prima: avrà bisogno di bilanciare la sua curiosità spontanea con l’uscita inconsueta. Il suo istinto gli dice che Kotaro non sta ritardando per distrazione. Così s’incammina fuori casa, tutto curvo nell’impermeabile grigio, tirato, come da un filo, verso l’orizzonte già tinto da nebulose oscurità.

Bussa la porta di casa, che si schiude al solo tocco delle sue dita. Sempre più stranito, l’agente investigativo dai capelli argentei si fa avanti, percorrendo un breve corridoio e svoltando infine a sinistra: si ritrova all’interno di un salotto non particolarmente grande, la mobilia è moderna, sulle tonalità del grigio e del bianco. Al centro della stanza un divano bianco – incosciente scelta giovanile, che si crede inattaccabile. Un angelo in uniforme è lì, malamente disteso, Mado lo vede anche se è di schiena. Trascina il suo passo, intenzionato a farsi sentire, a presentarsi forse.
Vuoi capisca che  sei  preoccupato, Kureo?
Quando ha fatto tutto il giro e si trova di fronte al divano, scorge una certa benignità nello sguardo del giovane: al suo interno c'è un indescrivibile, perché squallido, splendore, che solo una cosa reca. Quella stessa cosa che annacqua la mente e rende la testa pesante, che fa ridere, ridere, ridere sui problemi, che li polverizza: poi fa accasciare su se stessi, sa rendere inconsapevoli gli animi più determinati…

“Tracanni da quella bottiglia, le mani ti tremano; è così che vuoi far consumare la tua passione, la tua fermezza? E’ così che vuoi convincermi che tu vali?”
Negli occhi di Mado c’è una nota di disappunto, che però il giovane non percepisce: sembra destarsi invece quando il suo superiore si accomoda sulla poltrona, davanti a lui, e gli parla.
-Oh Amon, ti sei messo a brindare senza di me? Penso che ti farò compagnia, adesso.-
Un’altra sorsata del rubizzo nettare gli infuoca la gola, mentre gli occhi di Kotaro si schiudono, rivelandosi come stelle: luccicanti ma assai distanti. Scrutano l’uomo di fronte a sé, come se non riuscissero a focalizzarlo, mentre le labbra si schiudono in un verso di sbigottimento.
Mado lo guarda con quel suo ghigno mordace, implacabile. – Non ti alleni più la sera? -
-Questo mondo… E’ sbagliato.- La fermezza prepotente di quelle parole fa sporgere in avanti il veterano, mentre con una mano ancora sorregge la quinque. Pensa che è solo il delirio di un ragazzo che si è ubriacato perché la fidanzata di turno gli ha dato buca all’appuntamento. Poi considera chi è il ragazzo, inquadra i suoi occhi, occhi in cui risiedono la giustizia e il valore di un uomo moderato, e sovviene uno strano gorgoglio dalle sue labbra, una sottospecie di risata.
-Di certo così facendo non lo rendi più giusto.- Pensa di prenderlo in contropiede, di stupirlo per giunta, invece la risposta che gli giunge è più consapevole di quanto si aspettava.
-No, affatto.- Al che Mado guarda il partner davanti a sé, i suoi capelli ordinati, la camicia bianca, la cravatta appena allentata: il suo tono fermo, edotto, contrasta terribilmente con l’espressione paonazza, brilla e del tutto inconsueta. “Cosa sta cercando di nascondere?” Le dita dell’uomo tamburellano contro la maniglia della valigetta, impazienti. “Cosa sta cercando di nascondere?”
Kotaro beve ancora - non sembra per niente felice - poi riprende a parlare, il suo tono altalenante si infiamma e si spegne senza preavviso, fornendo al suo interlocutore un’indicazione del tutto fuorviante.
Non sta nascondendo nulla, ascoltalo: sta dicendo qualcosa che non dirà in nessun altro luogo.

-C’era un ragazzino. Perché l’ho ucciso?
-Perché era un ghoul.
-C’era un ghoul. Perché l’ho ucciso?
-Perché costituisce un pericolo.
-Per chi?
-Per gli esseri umani.
-C’era un ragazzino. Perché l’ho ucciso?
-Te l’ho già detto.
-No, non è vero. Lui non era un ghoul. Perché l’ho ucciso?
-Perché si è messo davanti al ghoul.
-Perché si è messo davanti al ghoul?
-Erano coetanei. Magari era suo amico.
-Perché era suo amico?
-…-
-Perché era suo amico?

Mado guarda gli occhi bruciati dall’alcool e dalla disperazione dell’investigatore e si sente pervadere da una strana sensazione di inferiorità: Kotaro Amon, un giovane così  risoluto, così agile, così portato per agire secondo giustizia… Proprio lui, Vacilla. Sta vacillando, perché? Come? Da quando? Non se n’è accorto, nonostante il suo intuito, nonostante la sua rinomata perspicacia. Uccidere i ghoul, uccidere i nemici… E’ quello che devono fare. E’ il bene.
-E’ nostro dovere uccidere i ghoul per mantenere la pace e la sicurezza generale. L’hai detto tu stesso.
-Sì, l’ho detto… Ma ho anche ucciso un ragazzino. Un ragazzino che non era un ghoul. Perché lui è morto? Perché è stato ferito dalla mia arma? Io non opero secondo giustizia?
-Forse la giustizia risiede in questo.
-In cosa? Uccidere innocenti?
-Uccidere anche innocenti.
-Uccidere anche innocenti…

Kotaro si accascia maggiormente sul divano, non tiene nemmeno più su la testa. Banchi di nebbia attraversano i suoi occhi, mentre schiude per l’ennesima volta le sue labbra. Una goccia di vino gli scivola fin sulla camicia bianca, una macchia vermiglia si estende in quel punto.
-Oggi, davanti a quei cadaveri, davanti a quella morte incomprensibile, ho visto il mio mondo bruciare. Tutte le certezze che mi ero formato a scuola, in accademia, nei primi mesi di lavoro… In fiamme. Mi sono inginocchiato davanti a quelle fiamme. Eheheh… Non ci crederai… Non ci crederai se te lo dico, ma davvero… Per la prima volta, la prima dico! La prima… Non ho sentito freddo. Il freddo, sì… Quel freddo dentro, quel freddo nelle ossa… Sparito! Ehehe… Eheh… E’ tutto un inganno. E’ tutto uno sbaglio…-

Dopo qualche secondo crolla, privo di sensi, abbandonato completamente al divano bianco. Kureo già da prima ha appoggiato la quinque per terra e ora sta semplicemente a vegliare su di lui; su quest’angelo che dà la morte, questo giustiziere così tenace, che è suo allievo. Si sporge appena nella sua direzione, gli toglie la bottiglia dalle mani, – la quinta, considerando le altre vuote a terra – gli spettina i capelli con un gesto repentino e torna a sedersi.
-Come disse un tale ‘Soltanto una cosa è più lugubre dell'uomo che mangia solo; ed è l'uomo che beve solo’. Tuttavia costui rimane un uomo, perciò brindiamo, Amon.
Solo gli esseri umani sanno cadere in questo abisso.

Angolo Autrice

Gulp! Ciao a tutti, questa sì che è un’esperienza nuova per me: approcciarmi ad un nuovo fandom in questo modo è da spericolati, oserei dire, eew. Ma io sono un po’ matta, dunque può andar bene ^^ Senz’altro mi faccio una bella cartolina di presentazione: ora, urge spiegare cosa è accaduto (i pomodori voleranno comunque, ma almeno ci provo-)
Con il prompt ‘ubriacatura’ e il fandom di Tokyo ghoul ammetto all’inizio di aver dovuto riflettere: i ghoul possono bere alcolici? Secondo me no, se rigettano tutto a parte il caffè… Quindi sì, ero partita tanto bene desiderando ubriacare Shushu (?), invece mi sono ritrovata a confrontarmi con questi due: per carità, ci sono altri umani, però loro occupano un posto speciale nel mio cuore <3 A modo loro si vogliono un gran bene. Decisi i personaggi, dovevo assolutamente definire un movente e qui inizia il bello: ho voluto far ubriacare Amon per evidenziare il suo spiccato senso di giustizia. Abbiamo sempre visto l’investigatore come un uomo tutto d’un pezzo, con dei solidi principi da difendere: solo confrontandosi con il modo di pensare e di agire a volte ambiguo dei ghoul si smuove. La prima parte della shot serve perciò a spiegare il seguito: Amon, durante l’incursione, sferra un colpo contro un ghoul ragazzino e l’amico che gli era al fianco si fa avanti per proteggerlo. Dopodiché interviene il padre del ragazzino ghoul, che attacca di spalle Amon e causa l’innesto in campo di Mado. Amon non sa perché l’amichetto si sia slanciato per proteggere il ghoul, nemmeno noi lo sappiamo: il dato di fatto, quello che conta davvero, è che l’investigatore ha ucciso un innocente, un essere umano, una persona buona, oltre che il ghoul cattivo, da eliminare. Scatta allora in Kotaro un senso di colpa e di confusione che sfocia nell’attaccamento alla bottiglia. Quello che mi premeva sottolineare è proprio il crescendo della confessione di Amon: all’inizio, nonostante abbia già bevuto molto, sembra cosciente di sé e di quello che dice. La verità è che si sta solo controllando, sta ancora tentando di tenere in piedi il castello vacillante delle sue certezze: dopodiché, progressivamente, la credibilità e la compostezza delle sue parole viene meno, per dare spazio alle sue angosce più evidenti e maligne.
Spero di essere riuscita nel mio intento e che il mio lavoro sia stato gradito: sono accetti, anzi richiesti, commenti, critiche e consigli. Ora rimetto il testo al giudice del contest che ringrazio per la pazienza e la disponibilità: a presto!

  
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