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Autore: aturiel    17/02/2016    2 recensioni
[Racconti di Mezzanotte]
dal testo "Ed eccolo lì, Gil: il capo chino sulla sua spalla, le braccia deboli, gli occhi aperti contro il suo maglione, le gambe che cedevano e nessuna memoria del motivo per cui si fosse sentito così arrabbiato. Un attimo prima era tranquillo, quello dopo gli era parso di scoppiare. Aveva quindi dovuto esternare ciò che era di troppo nel suo animo e ridurlo a brandelli, strappandolo e gettandolo via come fosse un foglio di carta. L'unica cosa che lo manteneva in piedi erano le braccia accoglienti di Alan che, premuroso, di nascosto allontanava con la punta delle scarpe le schegge da vicino i suoi piedi."
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Terza Classificata al contest "The Path of Your Pack" indetto da BlackIceCrystal sul forum di EFP.
Partecipa al contest "A mille ce n'è... di slash da narrar!" indetto da Sango_79 sul forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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When the hour is nigh
And hopelessness is sinking in
And the wolves all cry
To feel they're not worth hollering
When your eyes are red
And emptiness is all you know
With the darkness fed
I will be your scarecrow.”
 
Due anni dopo.

Alan iniziò a salire le solite scale, a percorrere i soliti corridoi e a lasciar vagare lo sguardo lungo i soliti spazi.
Quel mattino aveva avuto il suo primo colloquio di lavoro ed era andato uno schifo, quindi aveva deciso di tornarsene nel suo appartamento malmesso per riposarsi e, perché no, farsi una birra in compagnia di Sé e, se avesse deciso di partecipare, anche di Se stesso.
Alan, davvero è il momento di fare ironia?, si riprese mentalmente, continuando a salire i gradini.
Arrivò finalmente davanti alla porta, ma una sorpresa lo attendeva: una busta bianca sporgeva da sotto l'uscio, invitante. Alan l'afferrò incuriosito, quindi entrò in casa e, senza nemmeno curarsi di togliere le scarpe, la aprì.
Si trattava di una locandina in bianco e nero, dominata da candidi disegni minimali dai contorni spigolosi che, in qualche modo, infastidivano Alan. Ma non furono quelle immagini a farlo rimanere fermo sul posto, improvvisamente congelato, come non fu a causa loro se iniziò a tremare profondamente e con violenza, tanto forte che dovette reggersi al tavolo.
Nel nero della pagina si delineava il profilo affilato di un ragazzo molto giovane, con i capelli spettinati e le labbra da donna, un profilo che Alan conosceva così bene che sarebbe riuscito a disegnarlo ad occhi chiusi. In quella foto sembrava estremamente sicuro di sé, con quello sguardo puntato fisso di fronte a sé, con la linea della bocca decisa e determinata; pareva aver perso tutta la debolezza e la fragilità che lo caratterizzavano, che l'angelo perduto che era avesse ritrovato la strada e, con essa, anche la forza interiore che gli era sempre mancata.
Solo ad una seconda occhiata Alan si accorse, appena riuscì a staccare gli occhi da quel viso così familiare eppure, allo stesso tempo, così diverso, di una breve didascalia con la data – 21 ottobre –, l'ora e il luogo del concerto. Sì, perché il suo Gil avrebbe tenuto un concerto e, anche se si trattava di un piccolo locale, Alan non poté fare a meno si sentirsi in qualche modo orgoglioso di lui. Si sentì improvvisamente un fratello maggiore, un padre che si è appena reso conto di quanto il proprio bimbo sia cresciuto, e provò una tenerezza immensa, accompagnata da una buona dose di rimorsi e nostalgia.
Negli ultimi due anni aveva capito i suoi errori, ma non si era dimenticato di Gilbert e nemmeno era riuscito a superarlo. Aveva fallito, da quel punto di vista, ma forse ora la sua vita avrebbe ripreso a scorrere, a correre.

Il locale era semivuoto, non erano presenti più di quindici persone e, a dire il vero, Alan ne comprese anche il motivo: le pareti di quella sorta di bar erano spoglie e negli angoli s'intravedevano macchie di umidità, a malapena nascoste da pesanti tende scure e quadri dalla dubbia bellezza, senza contare poi il volto arcigno della donna dietro al bancone. Eppure era lì che Gilbert avrebbe suonato e, anche se non sarebbe stato un granché come debutto, era pur sempre un inizio. E poi ad Alan non importava dove avrebbe cantato, a lui interessava solo che l'avrebbe fatto.
Avrebbe voluto dire di essere felice di trovarselo di nuovo di fronte dopo due anni, ma la verità era che l'unica cosa che sentiva in quel momento era un grumo di emozioni che nemmeno lui avrebbe saputo definire. Di certo era inclusa la paura, e anche eccitazione, ansia, malinconia, nostalgia. Afferrò la birra che la donna gli aveva appena passato, da dietro il bancone, e nel farlo si accorse di star tremando visibilmente.
Chiuse gli occhi, cercando di scacciare ogni pensiero e ritrovare le motivazioni che l'avevano spinto fin lì a sedersi in quello squallido locale, davanti a quella donna, fra altre persone che non conosceva nemmeno e che probabilmente si trovavano lì per caso.
Fu un singolo accordo proveniente dalla sua sinistra a scuoterlo improvvisamente. Un accordo cristallino ma frettoloso, probabilmente suonato per un veloce soundcheck, ma paradossalmente bastò solo quello a fargli riconoscere la mano che lo stava suonando.
Spalancò gli occhi e lo vide, lì, in piedi in quell'angolo di locale, senza che nessuno lo stesse realmente guardando, nessuno tranne lui. Non era cambiato di una virgola, aveva sempre gli stessi capelli scompigliati, lo stesso viso da bambino, le stesse spalle un po' curve in avanti, i vestiti neri, i movimenti da gatto. Era sempre pelle e ossa e aveva l'aria di uno che da un momento all'altro sarebbe potuto cadere a terra senza più alzarsi. Gli occhi erano abbassati sul suo basso, le ciglia chiare li coprivano, e Alan iniziò a sperare con tutto se stesso che li alzasse e lo vedesse, che venisse da lui e lo baciasse, che gli sorridesse.
All'improvviso iniziò a parlare nel microfono, presentando se stesso e le sue canzoni, ma la sua voce non riuscì a farsi strada nelle orecchie distratte di quelle quindici persone. Alan avrebbe voluto possedere il potere di far concentrare le menti attorno a lui su quel ragazzo che, un po' timido ma allo stesso tempo deciso, aveva iniziato a parlare. Per fortuna, però, quel potere Gilbert lo possedeva già, e non aveva alcun bisogno di Alan per metterlo in pratica.
Iniziò a suonare, e note profonde e laceranti iniziarono a rimbombare nel cuore e nelle orecchie di Alan, provocando in tutti gli ascoltatori una sensazione a metà fra il disagio e il fascino nei confronti di quella canzone, tanto che trenta occhi – assieme ad altri due, quelli della donna dietro al bancone – si voltarono verso di lui. Era Gilbert, quella musica, Alan lo sapeva, era lui in tutto e per tutto. Aveva spremuto il suo essere in quell'insieme di note, ma fu solo quando incominciò a cantare che si rese conto che, oltre a se stesso, aveva aggiunto anche qualcos'altro.
Alan capì. Quella canzone era solo per lui, era tutto ciò che Gilbert poteva offrirgli, un riconoscimento, un “grazie” smozzicato, un bacio leggero sulle labbra, un abbraccio. E allo stesso tempo lo stava come schiaffeggiando, rimproverandogli tutto ciò che gli aveva sputato in faccia, tutto il suo sacrificio, tutta la sua ossessione mascherata da amore, che solo dopo due anni aveva saputo riconoscere come tale. Entrambi avevano sanguinato, entrambi si erano smarriti nell'altro, entrambi erano diventati una camelia bianca per l'altro e solo ora che Alan l'aveva capito, solo ora che Gilbert era stato pronto a mostrarglielo avrebbero potuto stare insieme davvero, solo ora avrebbero potuto dare un nome a ciò che li legava.
Alan si alzò senza riuscire a trattenersi, si avvicinò al punto in cui Gilbert stava suonando e gli si mise davanti, in modo che lui non potesse far altro che guardarlo. Non ci furono incertezze nella sua voce o nelle sue dita appena incrociò il suo sguardo, anzi, il suo canto divenne più intenso e le sue note ancor più precise, come se volesse dimostrargli che, anche senza le sue braccia pronte a sorreggerlo, era riuscito a non cadere, a non perdersi. Era lì, in tutta la sua forza e consapevolezza, a fissarlo dritto negli occhi con una sicurezza che mai Alan avrebbe pensato di trovare in lui.
Poi Gilbert sorrise, e tutto il miscuglio di sensazioni che Alan sentiva nello stomaco si sciolse improvvisamente, sommergendolo. Una lacrima, poi un'altra e un'altra ancora rotolarono sul suo volto, mentre le sue orecchie e il suo cuore si riempivano con ciò che la voce roca di Gilbert cantava.

I’m bleeding out for you (for you) 
I’m bleeding out for you (for you) 
I’m bleeding out for you (for you) 
I’m bleeding out for you






 

Note autrice:
Dunque, prima di arrivare alle vere e proprie “note autrice”, vorrei spendere due parole per spiegare come è nata questa storia. È nata qualche mese fa, probabilmente intorno a ottobre/novembre, in un momento in cui avevo moltissima voglia di scrivere, moltissime idee ma zero tempo. Avrò scritto i primi due paragrafi così, con una trama ben precisa in testa e tanta voglia di svilupparla, ma poi, tutto d'un colpo, l'ispirazione è sparita e, con essa, la mia vita ha preso una piega non proprio positiva. Questa storia è il frutto di tutte le frustrazioni di quest'ultimo periodo, di tutta la rabbia, la tristezza e i sentimenti negativi che ho provato; è una sorta di luogo in cui mi sfogavo, senza riportare ciò che mi è accaduto ma utilizzando invece ciò che ho sentito. È per questo, infatti, che ci sono tanti paragrafi che sembrano quasi staccati fra di loro, è per questo che le storie di Alan e Gilbert sembrano quasi dei racconti ad episodi. Infatti l'unico modo che mi è sembrato adatto per combattere la mia mancanza d'ispirazione è stato scrivere esattamente ciò di cui avevo voglia in quell'istante, senza tener troppo conto della trama.
Ora veniamo alle note più pratiche.
Il titolo, le citazioni all'inizio di ogni capitolo e il testo della canzone che suona Gilbert nella conclusione sono tratti dalla canzone “Bleeding out” degli Imagine Dragons. A differenza delle altre volte, non consiglio di ascoltare quella canzone come sottofondo perché non c'entra molto, la melodia, però il testo mi è stato utilissimo per portare avanti il racconto.
La storia ha preso largamente ispirazione da “La signora delle Camelie” di Dumas. Non c'è una vera e propria riproposizione dei meccanismi e degli intrecci di quest'opera, ma credo di averne inserito molte tematiche, in particolare per quanto riguarda il legame che c'è fra Alan e Gilbert, anche se ho reso il tutto un po' – tanto lol – più “malato”. Poi ho utilizzato anche il significato delle camelie bianche (non quello della protagonista dell'opera di Dumas, però), come viene riportato anche all'interno della storia stessa. Inoltre ho ripreso alcuni momenti della storia originale per far andare avanti la trama (Gilbert che decide di andarsene lasciando un biglietto, per esempio, e proprio del biglietto ho ripreso alcuni concetti che usa anche la protagonista dell'opera).
Infine vorrei spiegare un meccanismo che ho scelto nella narrazione: quasi tutti i capitoli sono composti da una parte in corsivo, tre paragrafi scritti normalmente, un salto temporale (che indica l'inizio della seconda parte del capitolo) e lo stesso schema. Questo perché ho voluto descrivere ciò che accadeva durante la notte in corsivo, come a dire che si tratta di una sorta di “vita parallela”, più oscura e in qualche modo più sporca rispetto a quella che invece vivono durante il giorno. Nell'ultimo capitolo prima dell'epilogo, invece, queste due parti si mescolano, perché quella notturna ha preso il sopravvento su quella diurna, senza quindi più esserci motivo di una vera separazione. Nell'epilogo invece non ho tenuto conto di questo perché... beh, è un epilogo xD.
Questa storia, inoltre, ha partecipato anche a un contest "The Path of Your Pack", di cui ho utilizzato i prompt “confondere Inferno e Paradiso” e “fragile come il vetro”.
Inoltre vorrei aggiungere che ho preso spunto da altri prompt di un altro contest, a cui però, per l'ispirazione ballerina e il poco tempo, non ho potuto poi, alla fine, partecipare, ma che comunque cito ugualmente per correttezza: "Slash is love, yaoi is life".
La dicitura “[Racconti di Mezzanotte]” è stata presa da una mia raccolta su Wattpad dove avevo messo tutte le shot già pubblicate su EFP, e mi piaceva molto come titolo, anche perché ho in mente di usare, come “prompt comune” il tema della notte.
Inoltre la storia è stata scritta per il contest fiume indetto da Sango sul forum di EFP, chiamato "A mille ce n'è... di slash da narrar!".
   
 
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