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Autore: Feel Good Inc    21/02/2016    28 recensioni
A Zootropolis chiunque può essere ciò che vuole essere.
Primo passo: rifiuto. E non vuol dire proprio niente di che.
Secondo passo: rabbia. Stupido DNA da predatore.
Terzo passo: compromesso. «Be’, partner. Siamo amici, no?»
Quarto passo: depressione. «Com’è che non riesco ancora a crederci?»
Quinto passo: accettazione. E vuol dire tutto.
Nick/Judy ♥ fluff, post-film. Beware the spoilers.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry
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happily ever after: modello a cinque fasi

 

 

 

 

 

A Zootropolis chiunque può essere ciò che vuole essere: volenti o nolenti, la morale della favola è quella.

Il fatto che Nick non riesca ancora a crederci è tutta un’altra storia, però.

 

 

 

{ primo passo: rifiuto }

 

Judy dice che, per tradizione, gli abitanti di Tana del Coniglio tendono a ignorare i propri compleanni – «se così non fosse dovremmo festeggiarne qualcosa come due centinaia al giorno, e capisci che sarebbe estenuante, Nick» ridacchia, premendo sull’acceleratore mentre la trasmittente gracchia della solita emergenza cittadina giornaliera.

«Vorrei saperlo lo stesso» si ritrova a sbuffarle, gli occhi socchiusi che cercano di concentrarsi su qualsiasi cosa al di là del finestrino.

È perfettamente normale che voglia sapere in quale data fortunata il mondo si è arricchito di lei e dei suoi duecentosettantacinque fratelli, si dice.

Judy ride ancora e gli risponde che è tra quattro giorni. Nick si acciglia, guardandola di sbieco.

«Voi campagnoli date anche poco preavviso, vero, Carotina?»

«Cosa, Nick?» gli risponde a tono – fa sempre così. «Vuoi farmi un regalo

Coniglietta astuta.

«Penso che la mia presenza nella tua vita sia un dono più che sufficiente.»

Judy ride. Gli angoli della bocca di Nick si incurvano pericolosamente all’insù – è sempre così.

E comunque sì, è perfettamente normale, e non vuol dire proprio niente di che.

 

 

 

{ secondo passo: rabbia }

 

Judy dice che potrebbe portarlo a fare una gita fuori città, magari proprio a Tana del Coniglio, per presentargli i suoi genitori. Nick ringhia.

Anche senza guardarla, si sente il suo sguardo penetrante addosso. «Ti senti bene?»

«Alla grande» le risponde. Davvero, non vorrebbe ringhiare, solo non può farne a meno. Stupido DNA da predatore.

«Non direi.»

Judy accosta. Un classico. In pieno servizio, in piena indagine, accosta e ferma la volante e si volta verso di lui con le buffe orecchie ritte e le zampette incrociate sulla divisa fiammante. Non le dirà mai che questo lo fa imbestialire ancora di più – d’altro canto, Judy lo conosce troppo bene, lo fa apposta.

«Dimmi cosa c’è. Possibile...» inclina la testa, scettica, «possibile che tu abbia qualcosa contro Tana del Coniglio?»

«Non ho niente contro Tana del Coniglio» le abbaia. «Niente.» La sbrana con gli occhi, prima di voltarsi seccamente verso lo specchietto retrovisore. «Siamo in ritardo, Hopps. Non voglio fare nottata a stilare rapporti.»

Judy esita, ma il suo codice d’onore è un tasto troppo ben funzionante. Dopo un breve silenzio sospira – Nick la immagina chiaramente alzare gli occhi al cielo: la conosce troppo bene – reinnesta la marcia e si stacca con decisione dal marciapiede affollato di opossum frettolosi.

E comunque no, non ha niente, davvero, e non vuol dire proprio niente di che.

 

 

 

{ terzo passo: compromesso }

 

Judy dice che non c’è nessun caso: il negozio dei pegni è davvero solo un negozio dei pegni, il misterioso gestore zoppo è davvero solo un misterioso gestore zoppo, e la soffiata sul traffico illecito di sostanze illegali è stata solo l’ennesimo tentativo di Duke Donnolesi di cavarsi d’impiccio.

«Credo che qui abbiamo solo perso tempo» sospira, arrivandogli accanto di fronte alla vetrina un po’ polverosa. «Voglio dire, non mi aspetto un’altra Bellwether così presto, ma è meglio stare... Ehi, tutto bene?»

Nick sobbalza. Le domande dirette di Judy finiranno col fargli prendere un colpo.

Si volta troppo in fretta, solo per scoprire che lei ha seguito il suo sguardo fino al carillon a forma di carota in bella mostra in vetrina – una roba assurda, che però grida Judy Hopps da tutte le parti, e stranamente non è per niente un grido assurdo, quello.

Judy si volta e gli sorride. Le trema un po’ il naso, ma sorride. «Vuoi davvero farmi un regalo, Nick?»

Nick scrolla le spalle. Tanto vale. «Be’, partner. Siamo amici, no?»

S’incammina indolente verso la macchina, sforzandosi di non muovere troppo la coda, e dopo appena quattro passi si sente raggiungere e prendere sottozampa da una Judy gioiosa come un cucciolo.

E comunque sì, sono amici, giusto? E non c’è niente di strano e non vuol dire proprio niente di chegiusto?

 

 

 

{ quarto passo: depressione }

 

Judy dice che quella del compleanno è una stupidaggine, che non deve darsene pensiero e che al momento deve preoccuparsi soltanto di sistemare la sua precaria situazione fiscale, piuttosto che considerare davvero l’idea di farle un regalo – «l’avrai detto senza crederci, ma davvero la tua presenza nella mia vita è un dono, Nick» ha sorriso, uscendo dal distretto con un cenno di saluto rivolto a lui soltanto.

Nick punta i gomiti sul banco e fissa attentamente Clawhauser, che dopo un paio di secondi mette via imbarazzato una ciambella intatta.

«Uhm, volevi dirmi qualcosa, Wilde?»

«Già.» Pensa che forse farebbe meglio a riservare questa conversazione a Flash: in questo momento si sente in particolare sintonia con la mentalità bradipesca. «A Zootropolis chiunque può essere ciò che vuole essere: la morale della favola è questa, giusto?»

Clawhauser si lancia occhiate intorno, come in attesa di una rivelazione finale. «Uhm. Sì?» risponde, interrogativo.

Nick serra i denti. Ha ancora il sorriso di Judy nell’angolo dell’occhio, riesce quasi a sentirsi il calore della sua zampina addosso, mentre si allontanavano da un ipotetico caso in atteggiamento tutt’altro che professionale. La rabbia è passata da un pezzo, ma il vuoto che l’ha sostituita lo spaventa molto di più.

«Com’è che non riesco ancora a crederci?» si ritrova a borbottare.

A quel punto, in un attimo di estatica comprensione, Clawhauser si illumina. «Ma dico, Nick: guardati. Chi più di te dovrebbe crederci?»

Nick scuote la testa. Non è che non creda in sé: è che non osa sperare di credere che ci sia un noi.

Forse però non è a Clawhauser, né a Flash, che deve dirlo.

 

 

 

{ quinto passo: accettazione }

 

Il giorno del compleanno di Judy, Nick ha deciso.

Sono l’uno di fronte all’altra, zampe in tasca, e il naso di Judy trema più che mai mentre lui le si avvicina chinando il capo alla sua altezza.

Le sfiora il muso con il suo. L’istinto biologico gli dice di usare la lingua – disgustoso; non può permettersi di trattarla come un ghiacciolo! – ma d’altro canto è sicuro che basti, che Judy abbia capito, e forse in realtà ha capito da un pezzo.

Volpe ottusa.

Si ritrae e lei si sfiora il naso con la zampa. Non le dirà che è tenera, sa che non le piace, ma per tutti i ladri con la coda.

Passano solo pochi secondi prima che Judy torni a mostrargli il solito sorriso.

«I miei ci aspettano per cena» gli dice.

«Guido io» ronfa Nick.

E vuol dire tutto.

 

 

 

A Zootropolis chiunque può essere ciò che vuole essere; e se una volpe decide di innamorarsi di una coniglietta, allora vale la pena di arrivare a scoprire la morale della favola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

NON RIMPIANGO NIENTE. *urla OTP da un campanile*

Qualche chiarimento: scommetto che molti di voi avranno capito che il negozio dei pegni con tanto di gestore zoppo è un omaggio a Mr. Gold di OUAT, così come il “per tutti i ladri con la coda” vorrebbe essere una leggera citazione di un Robin Hood volpino che ho preferito non citare per nome per coerenza di ambientazione. Ho tradotto Bunnyburrow con Tana del Coniglio, ma Judy cita il nome del suo paese una volta sola nel film, e io già mi sono dimenticata della traduzione italiana, ergo scusate l’eventuale inesattezza XD Infine, so che il compleanno di un leading character è un’idea trita e ritrita per una fic, ma la storia è nata così e così doveva essere.

Piuttosto avrei voluto insistere molto di più sul senso di libertà, di accettazione che sta alla base di tutto il film e che in questo caso vuole stare alla base di una romance interspecie; ma ho temuto che il tono potesse diventare troppo pesante, e così, volendo raggiungere il risultato diametralmente opposto, questo è il risultato.

Il ‘modello a cinque fasi’, ovviamente, è quello elaborato dalla psichiatra Elizabeth Kubler Ross riguardo l’elaborazione del lutto – appunto, qui l’elaborazione di un lieto fine e delle sue conseguenze.

Hope you liked it. Davvero. È la prima storia che sia riuscita a scrivere dall’inizio di questo 2016 (che per inciso non è iniziato affatto bene da un punto di vista creativo) e ci sono molto, molto affezionata.

Aya ~

   
 
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