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Autore: ethy    25/02/2016    3 recensioni
prima mia storia AU
Killian è un ricco ragazzo che incontra Emma in un particolare momento della sua vita a cui si legherà per sempre, i due si perderanno di vista e si ritroveranno con grandi sorprese nel loro presente, non sarà facile riconquistare la fiducia l'uno dell'altro, ma ci proveranno anche se un pericolo incombe sulla vita di uno dei due dovuto ad un passato non molto chiaro.
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: spero vi piaccia questa nuova avventura nonostante l’assenza in più questa storia è per me una vera sfida, perché è AU.
 
 
 
 
Pioveva, come se il tempo fosse in accordo con il suo umore, scendeva leggera e lenta la pioggerellina che mischiava le sue piccole gocce con le lacrime che scendevano sulle sue guance.
Non riusciva a credere si essere li, vivo, e soprattutto che non fosse il suo funerale, ma quello di suo fratello, quella della persona più buona che avesse mai conosciuto e l’unica capace di comprendere i suoi pensieri tormentati, l’unico capace di sostenerlo nelle difficoltà e l’unico che l’avesse mai amato veramente.
 
Ora era solo.
 
Era lì che guardava la cerimonia leggermente in disparte nonostante volesse essere presente e forte, nonostante volesse rendergli l’ultimo saluto, non riusciva a muove un passo verso la bara, non riusciva a partecipare, eppure a breve lo avrebbero cercato per dire le ultime parole, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu quella di poggiarsi al muro esterno della cappella, a piangere silenziosamente mordendosi le labbra e scivolare lentamente nell’oblio di un cuore spezzato per sempre. Il suo.
 
 
***
 
Si ritrovò nel letto della sua stanza, le tende tirate, una luce leggera accesa al di là della porta socchiusa e suo zio bisbigliare con qualcuno.
-Come sta il ragazzo?-
-tutto sommato bene-
-ripercussioni?-
-non dovrebbero essercene, le sue condizioni sono stabili e il suo cuore non sembra essere coinvolto, la ripresa sarà più lenta del previsto, non ci voleva questo dolore proprio ora, non dopo l’operazione, ma vedrete che si riprenderà-
-bene, speriamo che non soffra troppo, grazie per tutto quel che fate dottore-
- è un ragazzo sensibile e sensibilizzato dai suoi problemi-
-già, ha sofferto troppo-
-si hanno notizie del padre?-
-no, purtroppo nessuna notizia al momento-
-potrebbe essere un bene, almeno per i prossimi giorni-
-si, potrebbe , bene, vado a vedere come sta-
 
 
Teneva gli occhi chiusi, non voleva che sapesse che era sveglio, che aveva sentito.
 
L’uomo entrò nella stanza, non accese la luce, fece piano e si sedette sulla poltrona di fianco al letto.
Allungò una mano per sentirgli la fronte, gli carezzò una guancia sentendo i primi accenni ispidi della sua giovinezza e  sorrise al sentir pizzicargli la pelle, pensando a quanto fosse cresciuto, e allo stesso tempo fosse ancora un bambino .
Gli rimboccò le coperte,gli sfiorò la mano e rimase a guardarlo dormire.
Somigliava cosi tanto a lei, era cosi bello, aveva i suoi occhi cristallini ed il suo stesso sorriso, non avrebbe lasciato che soffrisse ancora, non voleva più doverlo consolare per gli errori di suo padre, aveva giurato di proteggerlo, aveva promesso di non abbandonarlo mai, eppure quel ragazzo, nonostante le promesse e le buone intenzioni aveva sofferto più di chiunque altro lui conoscesse, incluso lui stesso, solo e perso alla deriva senza più la scintilla del suo amore a tenere insieme i mille pezzi della sua personalità scapestrata.
Killian si sentiva disperato nel sentire lo zio cosi affranto , cosi preoccupato della sua ripresa, quando lui stesso desiderava morire in quello stesso momento. Si chiese come avesse meritato cosi tanto affetto, e si chiese perché, soprattutto dopo tutti i guai che era riuscito a causare alla sua famiglia… E gli incidenti a cui era sopravvissuto per miracolo, per caparbietà dell’uomo ora accucciato al suo capezzale.
Mosse leggermente gli occhi.
 
-Ehi, ragazzo, come ti senti?- gli disse notando il lieve movimento degli occhi
-va un po’ meglio? Vuoi che ti tiri un po’ su?-
-ciao- disse con la voce impastata di chi stava riemergendo da un letargo millenario, si stropicciò con la mano gli occhi.
Eithan sorrise a questo gesto infantile.
-ce la faccio, non ti preoccupare- disse cercando di tirarsi su a sedere, mentre lo zio tentava di dargli sostegno sotto le braccia per non fargli sforzare il braccio sinistro.
 
-che ore sono?-
-è quasi sera-
-è tutto finito? È tutto…..a posto?-
-Killian hai dormito un giorno inter. Ieri ti abbiamo trovato a terra, poggiato al muro, ti sei sentito mancare e non hai avvisato nessuno, sai che nelle tue condizioni..-
-lo so, scusami,  pensavo di  farcela, io dovevo farcela, per Liam io dovevo farcela, dovevo…io.. dovevo…-
Si interruppe per mascherare la sensazione orribile di vomitare il suo dolore con un colpo di tosse, non voleva farsi vedere debole, non voleva, ma fu più forte di lui, girò il viso dalla parte opposta, appena in tempo, e lasciò amaramente scendere le lacrime come fossero gocce di sangue prezioso, non le asciugò, le lasciò scivolare sul lenzuolo, dove sotto nascondeva la mano.
 
-Killian, tra qualche giorno partiremo, non volevo turbarti ancora di più, ma non posso rimandare ulteriormente. Andremo in America, resteremo lì finchè non avrò concluso un affare importante per la nostra società-
-la tua zio-
-no, nipote, la nostra tu ora sei erede del 50%-
-ma, c’è mio padre…-
-Killian, non sappiamo dove sia tuo padre,Brennan è scomparso, non so se sia vivo o morto,ma prima di andarsene aveva lasciato disposizioni per le sue proprietà indipendentemente che sia ancora vivo o meno, tuo fratello era il suo erede e tu sei il suo.-
 
“tuo fratello”  gli mancava già da morire, lo amava e lo odia al tempo stesso a volte, era il suo adorato fratello maggiore, ed era il prediletto del padre, mai un’attenzione aveva avuto dal padre, a volte pensava che lo odiasse, a volte lo considerava, gli ricordava quanto somigliasse a sua madre e poi tornava ad escluderlo da tutto ciò di cui lui avrebbe fatto parte volentieri.
Liam invece lo difendeva sempre, come faceva anche lo zio, ma lo zio forse capiva la situazione, era anche lui il fratello minore e forse si era trovato nella stessa situazione.
 
I fratelli Jones erano a capo di una grande società, comprendeva industrie navali e agenzie di viaggio, possedevano cantieri sparsi per il mondo e costruivano navi da crociera, barche a vela e piattaforme petrolifere, avevano uno zampino un po’ in tutti i mercati ed erano una delle famiglie più potenti di tutta Europa, eppure non erano esenti da disgrazie qualsiasi, il padre scomparso, Liam morto in un incidente, la madre morta poco dopo averlo dato alla luce, la sua mano, il suo cuore…
A che serviva tutta questa ricchezza?
Killian socchiuse gli occhi sopraffatto dai pensieri, e lo zio lo lasciò riposare vedendolo teso e forse ancora troppo debole per affrontare tutto quello che lo avrebbe aspettato
 
 
 
Boston
 
 
Emma era appena arrivata nella nuova casa famiglia, odiava i ragazzini che erano già li e che l’avevano accolta con scherzi e scherni.
L’educatrice, Ingrid sembrava una tipa tosta e tutto sommato a posto, le piaceva, anche se non voleva darlo a vedere, nonostante tutto stava continuando a progettare la fuga.
Emma non aveva i genitori, non li aveva mai conosciuti, e nonostante li odiasse per averla abbandonata era estremamente curiosa di sapere chi fossero, fantasticava su principesse rimaste incinta che per onore aveva dovuto abbandonare la sua bambina, fantasticava su una coppia molto ricca a cui le avevano rapito la figlia, tutto le sembrava plausibile ed impossibile allo stesso tempo.
 
Emma si sentiva sola e si chiedeva sempre, costantemente, perché nessuno l’avesse mai adottata, ora era grande e una famiglia non sarebbe mai stata la stessa famiglia di come se fosse ancora piccola.
 
 
 
 
***
 
 
 
-siamo arrivati, ti serve una mano Kil?- disse Eithan guardando il nipote con circospezione,era troppo magro e dal funerale non mangiava quasi piu.. Era preoccupato, ormai erano piu di 3 settimane che era in uno stato di alienazione impressionante per lui, che nonostante la sua salute era vitale ed esuberante.
-no, no grazie ce la faccio da solo- disse Killian alzandosi dal sedile in business class sul volo diretto verso Boston, città dove era uno dei cantieri di famiglia piu grandi, città in cui avrebbe vissuto almeno un paio d’anni prima di poter tornare a casa, sempre se avesse voluto tornare a casa, sempre se non fosse morto prima, perché quello che aveva in mente era un programmino niente male, stava escogitando di lasciare per sempre tutta quella sofferenza, ma era costantemente sorvegliato, lo zio sospettava delle sue vere intenzioni, della sua calma apparente, conosceva i suoi tormenti, i suoi incubi peggiori.
Si alzò lentamente, cercando di non perdere l’equilibrio, cercando di non far notare quando fosse stanco in verità e quanto volesse buttarsi di nuovo seduto e chiudere gli occhi per sempre.
-forza ragazzo ti sostengo-
Anche questo lo uccideva lentamente, dover essere sorretto, aver bisogno di essere assistito, non sopportava più tutta questa attenzione medica, voleva cavarsela da solo, fuggire o morire.
-grazie zio, ora ce la faccio-
Mise un piede davanti l’altro come se stesse cercando di spostare un muro e scese cauto dall’aereo per sedersi sopraffatto nella macchina in attesa al loro arrivo.
Giunsero nella nuova casa, o villa, o fortezza, si forse fortezza e era la definizione migliore di quel luogo che gli sembrava inespugnabile, almeno per lui, che al momento non riusciva a stare in piedi per più di 20 minuti.
 
Lo accompagnarono nella sua stanza, era grande,bella e luminosa, con grandi finestre rivolte al giardino, dove una vista mozzafiato sulla città sottostante rendeva rilassante e malinconica allo stesso tempo la veduta.
Chiese di essere lasciato solo, ma accadde solo dopo che lo ebbero sistemato nel letto.
Era deprimente, era una non vita questa.
 
 
***
 
Emma vide passare sulla strada di casa sua 5 macchine blindate enormi, si chiese chi potesse essere cosi importante da passare con una scorta simile, i vetri erano tutti oscurati non riuscì a notare nessuno all’interno, poi uno dei ragazzini della casa famiglia le disse che i proprietari della città erano venuti in visita.
Ingrid le spiegò che probabilmente era la famiglia Jones, proprietaria del cantiere navale della città, le raccontò la triste storia della loro dinastia, e per un momento si sentì vicina a quel ragazzo rimasto orfano e malato.
 
 
***
 
Nonostante Kevin, che aveva abbondantemente messo a cuccia con il trucchetto dei ragni, Emma era riuscita a prendere un po’ di confidenza con gli altri ragazzini, e con loro ogni tanto girava per il quartiere, fino alla villa dei Jones..
…Fino a che in un impeto di goliardia non decisero di entrare per andare a vedere quel povero ragazzino ricco.
Lei non era d’accordo, ma era curiosa, voleva far parte del gruppo, voleva entrare.
 
 
Entrarono.
 
 
Corsero come furie per sfuggire i cani, certo che c’erano i cani, come non avevano potuto pensare al fatto che dentro una villa simile non ci fossero i cani da guardia.
E che cani, riuscì a malapena a salire sul ramo piu alto di un albero, e lì rimase per parecchio tempo, iniziava a fare buio, iniziava ad essere ora di tornare a casa, Ingrid l’avrebbe rimproverata e Kevin non avrebbe perso l’occasione..
 
Nel passare il tempo in attesa di poter scendere, cercò di scrutare dentro le grandi vetrate della casa ma non riusciva a vedere nessuno.
 
-ciao-
 
Per poco con cadde dal ramo, si girò di scatto con il cuore nelle orecchie dall’agitazione, ed ora?
-tranquilla, non dirò niente a nessuno- come se le avesse letto nel pensiero il ragazzo la invitò a scendere dall’albero.
-non c’è nessuno, solo io, stai tranquilla, puoi scendere, i cani non vengono a darmi fastidio mi conoscono-
-oh, io.. Scusami, stavo…emmh-
-stavi facendo una bravata con i tuoi amici, giusto? Li ho visti scappare tempo fa, si guardavano troppo indietro ed ho pensato ci fosse rimasto qualcosa,o qualcuno a quanto pare- disse sorridendo
-oh si beh eccomi, io sono rimasta indietro ed ho avuto paura a scendere-
-perché siete entrati?-
Emma non rispose subito, guardò a terra, appena prima di avvampare, e Killian comprese bene.
-ho capito, siete entrati per vedere me.. cosa si dice in città del povero ragazzo ricco e storpio?-
 
-niente, non si dice niente…-
-tu eri curiosa…-
-ma come…-
-come faccio a saperlo? Ti si legge in faccia ragazzina-
Emma arrossì nuovamente, gli si avvicinò e gli tese la mano
-Emma Swan-
Con molta lentezza ed eleganza al tempo stesso Killian alzò la mano destra e gliela porse
-Killian Jones miss, al vostro servizio, ma sapevi già chi fossi- Nel dirlo, le fece un accenno di sorriso e l’occhiolino, Emma solo ora aveva notato i brillanti occhi color ghiaccio.
-Si beh, sapevo chi eri. Perché non cammini?-
-oh,  sei diretta, sei un colpo in testa Swan, io, beh cammino, mi stanco presto,troppo presto, e a causa di questo dovrebbero seguirmi come un bambino piccolo per stare attenti che non mi faccia male, e per la loro tranquillità e la mia sanità mentale di non essere seguito in  anche in bagno, beh eccomi qui.-
-si, ma che cosa hai?-
-sei curiosa Emma, mi piace, forse un giorno te lo dirò, torni a trovarmi? Non dovrai scavalcare il cancello e nasconderti dai cani, darò disposizione di venirti a prendere se vorrai-
-io non so, stasera.. –
-stasera sarai nei guai, giusto? Emma non ho fretta, se ti va, mi farebbe piacere rivederti-
-ok va bene, vedrò quel che posso fare-
-Emma quanti anni hai?-
-16- disse con fierezza
-bene adesso stai al passo se ci riesci, ti riporto a casa, posso vedere dove abiti?-
Senza attendere risposta, Killian girò la sedia a rotelle motorizzata e si diresse verso la casa.
 
Emma rimase in silenzio tutto il tempo, osservava attenta tutto ciò che avvenne nel tempo di prendere la macchina per riaccompagnarla.
Vide Killian alzarsi dalla sedia a fatica, non chiese sostegno a nessuno, ma vederlo stanco per 3 passi di numero le fece spavento, e ancor di più quando si rese conto di quanto fosse magro,scheletrico era il termine esatto e del fatto che non muoveva il braccio sinistro, la desolazione del suo sguardo la fece immobilizzare.
-Swan, muoviti o ti sgrideranno fino a dopodomani!-
 
Era un povero ragazzo,  ricco o povero  non faceva la differenza, era triste guardarlo, era triste che lui provasse a sorriderle, ed era triste essere felice, forse per la prima volta di stare in buona salute, anche solo questo, non aveva i genitori e per un attimo le sembrò accettabile di fronte alla desolazione di quel ragazzo, stanco nello spirito quanto nel corpo.
 
 
Passarono alcuni giorni, Emma doveva far  passare il rimprovero e la sorpresa che lei fosse stata riaccompagnata a casa da Jones in persona.
Tutti le chiesero, e lei non disse niente.
Tutti la presero in giro, dicevano che si era presa una cotta per il ricco storpio, e lei continuava a non dire niente,Killian non era male, sembrava a posto, non era storpio e le sembrava solo quanto lei.
 
-Ingrid? Posso andare a trovare la famiglia Jones?-
Lei sorrise, la guardò quasi fiera
-certo che puoi, chiamalo, mi raccomando ricordati chi è, e che nonostante tutto è più grande di te-
-siii, ma non credo che siamo molto piu grande-
-va bene, ma tu ricordalo lo stesso-
 
Emma chiamò, lasciò squillare a lungo, stava per chiudere quando
-pronto?-
-pronto? Io..-
-Swan? Ciao, piacere di sentirti, ti mando a prendere-








grazie per aver letto fin qui
a presto
Ethy
   
 
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