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Autore: Strongheartz    26/02/2016    1 recensioni
[POST AGE OF ULTRON]
Esattamente quattro mesi prima Steve aveva ritrovato il Soldato d'inverno, o meglio il soldato aveva trovato lui e col passare dei giorni aveva ritrovato anche il suo Bucky che pian piano recuperava la memoria; ma nonostante fosse felice, un pensiero costante lo assillava: l'Hydra, che sarebbe potuta tornare a riprendersi il suo Bucky. E aveva ragione ad averne paura perché il Soldato d'inverno non era l'unico esperimento per creare macchine assassine umane. Il progetto Starlight risaliva allo stesso periodo, ma c'erano voluto anni per trovare la candidata perfetta e solo pochi secondi ci vollero perché essa mandasse tutto all'aria.
Mary Anne Starlight ricordava poco o niente di sè, ma nella sua mente erano stampati tutti i dettagli delle tortura che aveva subito durante il suo soggiorno all'Hydra, prima di riuscire a scappare e ritrovarsi faccia a faccia con Iron Man che l'avrebbe poi condotta allo Shield e alla sua nuova casa, insieme a Steve e Bucky.
Ma l'Hydra stavolta non si sarebbe data per vinta e avrebbe cercato di prendere due piccioni con una fava. Avrebbero distrutto lo Shield e gli Avengers dall'interno. Di nuovo.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff, Nick Fury, Nuovo personaggio, Steve Rogers
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Incest
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Nda: Salve a tutti. *si inginocchia con le mani giunte* vi prego, non uccidetemi.
Lo so, sono quasi tre mesi che non pubblicavo, ma tra vari problemi che non sto qui ad elencare non sono riuscita a pubblicare questo capitolo prima. Mi dispiace e spero che riuscirò ad aggiornare prima di tre mesi di nuovo ahah
Detto questo, mi dileguo. Spero che il capitolo vi piaccia e alla prossima
Strongheartz



 

























-
I'll hit Rock Bottom
The only way is up
[...]
There's more, don't give up  now
Don't you give in
 
Era così sollevata che Bucky fosse vivo che non si era accorta della pistola che Coulson aveva tirato fuori. Non sentì neanche lo sparo, percepì soltanto il dolore del proiettile che le colpì la spalla. Poi fu il buio.
Si era risvegliata in una stanza così buia che credeva di essere morta e di trovarsi in un limbo, prima di essere spedita all'inferno per ciò che aveva fatto. Ma poi vide una luce arrivare dalla finestra della stanza e poté osservarla meglio, anche se era per lo più in penombra. Le pareti sembravano imbottite, come quelle dei manicomi che si vedevano nei film. Era sdraiata su un letto, con un cuscino ed una coperta, ma la stanza finiva lì, non c'era nient'altro. Vide una figura affacciarsi e poi bussare sul vetro.
"Signorina Starlight, vedo che si è ripresa. Se si sta domandando dove si trova, sappia che questa è una camera di contenimento per persone come lei. Solitamente è illuminata, ma data la sua... familiarità con la luce abbiamo convenuto fisse meglio tenerla spenta. Per precauzione." Era Coulson che le sorrideva amabile, ma vedeva che nei suoi occhi c'era la paura che lei potesse scoppiare di nuovo, la rabbia per chi l'aveva resa così, la consapevolezza di non poter far nulla e il senso di colpa per qualcosa che non aveva ancora fatto.
"Dovremmo tenerla qui dentro finché non capiremo cosa è successo e se succederà ancora. Il capitano Rogers e il sergente Barnes hanno il permesso di visitarla, ma solo da dove mi trovo io. Per il suo bene e per quello degli altri è meglio se nessuno le si avvicini."
Mary annuì leggermente. Ormai la consideravano un mostro. Ormai era diventata un mostro.
Strinse il cuscino a sé e pian piano le lacrime cominciarono a scendere, fino a trasformarsi in un pianto come mai ne aveva avuti. Tremava, singhiozzava, avrebbe voluto urlare ma preferì seppellire il viso nel cuscino. Si sentiva un'estranea nel suo stesso corpo che ormai non era più suo. Era il corpo di un mostro, un'assassina plasmata dall'Hydra, non era più sé stessa. Non era più nessuno.
 
[...]
 
Si era addormentata piangendo, ma non avrebbe saputo dire se fossero passati minuti oppure ore.
Si mise a sedere, poggiando la schiena contro il muro dietro di sé e tirò le gambe al petto, abbracciandole per rannicchiarsi quanto più poteva, come se potesse scomparire in quel modo.
Sentì di nuovo bussare alla finestra (che in realtà era semplicemente un vetro, dato che non si apriva), ma stavolta non era Coulson. Era Bucky.
La salutò con la mano, sorridendole appena, mimandole un 'come stai?'.
Lei distolse lo sguardo, sentendosi in colpa.
Sentì bussare di nuovo. Bucky teneva un foglio con su scritto 'non snobbarmi solo perché ora sei una superstar nel mondo dei super umani'
Stavolta le sorrideva davvero e lei non riuscì a nascondere il mezzo sorriso che le spuntò sul viso.
Indicò se stessa e poi alzo il pollice come per dire che stava bene. Ma Bucky non le credette, lo vedeva che stava male e la capiva. Una volta caduti, era difficile rialzarsi e lui, che di cadute ne sapeva qualcosa, l'avrebbe aiutata perché rialzarsi da soli è sempre più difficile che in compagnia.
Cominciò a fare delle smorfie, ma lei nemmeno sorrideva e non aveva alcuna intenzione di alzarsi ed andare a parlare con lui, così Buck si spostò fuori dalla sua visuale.
Mary non capendo perché fosse andato via all'improvviso, si alzò e si avvicinò alla finestra. Buck spuntò fuori dal nulla, facendole prendere un colpo.
"Ma sei pazzo?" lo sgridò lei.
"Era l'unico modo per farti alzare da quel letto e farti venire qui, altrimenti non avresti ascoltato quello che ho da dirti."
"E cos'hai da dirmi? Che sono un mostro e ti ho quasi ucciso? Che sono un pericolo per gli altri ed è per il mio bene se sono chiusa qui?" disse lei esasperata.
"No, nulla di tutto ciò." disse lui serio.
"E allora cosa?"
"Non sei un mostro... non è colpa tua quello che è successo, è dell'Hydra. Ti hanno usato, come hanno fatto con me. Ti hanno trasformato in ciò che a loro faceva comodo, l'hanno fatto anche con me. A loro non importa se anche noi siamo persone, a loro basta raggiungere quello per cui sprecano risorse. Quindi non è per nulla colpa tua ciò che è successo. Non incolparti se il mio cuore si è fermato. Io ho deciso di non lasciarti."
"Ma..." stava per dire, ma lui la interruppe.
"Niente ma... Se non fosse stato per te a quest'ora sarei morto. Tu hai fatto ripartire il mio cuore" disse lui, portando la mano destra al petto.
"Si, ma se non fosse stato per me, il tuo cuore non si sarebbe mai fermato. L'Hydra mi ha trasformato in un burattino, ma sono pur sempre io.." disse con la voce che le si spezzava.
"Non arrenderti, non farlo. Puoi rialzarti, ce la farai... sei forte, io lo so." disse lui poggiando le mani sul vetro e poi stringendole a pugno. Non voleva che lei si arrendesse.
"Non l'hai capito? Io mi sono già arresa." singhiozzò.
Lui scosse la testa. "Non puoi."
"Non sono forte come credevo. Non posso controllare il mostro che c'è in me, posso solo provare a farlo morire con me e questo significa che dovrò arrendermi... vorrà dire che toccherò il fondo. Dopodiché, l'unica via sarà risalire, se ne avrò ancora la forza." Si asciugò le lacrime che erano scese a rigarle le guance e senza più proferire parola, tornò sul suo letto, lasciando lì Buck che non sapeva come aiutarla se lei per prima aveva perso la speranza.
 
Il moro andava a trovarla ogni giorno (era l'unico a farlo, tra Steve, Coulson e gli altri impegnati in missione e tutto il resto troppo spaventato per avvicinarsi), le portava il pranzo, la cena, cercava di fare conversazione, ma lei spegneva ogni suo tentativo. Rifiutava ogni tipo di cibo e beveva a malapena un bicchiere d'acqua al giorno. Quando aveva detto che si sarebbe lasciata morire, intendeva sul serio e Buck non aveva idea di come aiutarla.
Non sapeva come fare. La vedeva indebolirsi sempre più, passava il tempo a dormire ormai, non aveva forze per fare altro.
 
[...]
 
Erano passate quasi tre settimane e Mary non mangiava da allora. Bucky non aveva idea di come facesse a resistere ancora. Era esausta, poteva vederlo dalle borse viola sotto gli occhi o semplicemente guardandola, vedendo che gli abiti cominciavano a starle larghi. Steve era passato a trovarla qualche volta, ma lei non volle parlare nemmeno con lui. Si era chiusa così tanto in sé stessa, che nessuno poteva più raggiungerla, nemmeno la sua migliore amica Sophie era riuscita a farla ragionare. 
"Non la ricordavo così testarda, quella piccola bast-" si interruppe quando notò l'espressione di Steve.
"Non vuole proprio ragionare, eh?" disse Buck.
"Non vuole proprio parlarmi, è diverso. Non c'è stato verso di farla rispondere, nemmeno quando ho cominciato a snocciolarle la lista di parolacce che conosco, niente. Si è chiusa in un bozzolo e non ha alcuna intenzione di uscirne. Come vorrei ci fosse James..."
"Anch'io ci ho provato e nemmeno con me parla."
"Non tu, l'altro.. Lui riusciva dove io non potevo, quelle rare volte in cui non riuscivo."
Poco a poco anche loro stavano perdendo le speranze di riuscire a farla rinsavire; ma finché avrebbero potuto, sarebbero andati a trovarla.
 
Erano più o meno le cinque del pomeriggio e Buck decise di passare a vedere come stava quella testarda di Mary Anne.
Stava dormendo come sempre, anche se il moro aveva uno strano presentimento, come se ci fosse qualcosa che non andasse. Continuava ad osservare la ragazza, stesa a pancia in giù, col braccio penzoloni dal letto. Più la guardava, più sentiva che era sbagliato qualcosa. Poi lo capì. Le sue spalle non si sollevavano a causa dell'incameramento d'aria, come normalmente avrebbero fatto. Lei non stava respirando.
Buck corse alla porta, cercando di aprirla, ma il pannello d'accesso continuava a fare bip richiedendo il codice d'accesso che il moro, stupidamente, non aveva mai chiesto. Ma in quel momento non c'era tempo, tirò un pugno al quadrante illuminato, rompendolo e mandando in tilt il sistema che era programmato per bloccare la porta. Porta che fu buttata giù a calci dal soldato che entrò come una furia, incurante dell'allarme che risuonava in tutto l'edificio.
Si fiondò sul corpo della ragazza, controllandole il battito cardiaco, così lento che a malapena si percepiva.
La prese in braccio, stringendola a sé e la porto fuori da quella stanza che era diventata la sua prigione, portandola verso l'infermeria.
"Ti prego, l'hai toccato il fondo, ora risali." le sussurrò.
"Non mollare ora, non cedere."
Quel sussurro a Mary arrivò come un urlo che la scosse, tanto quanto la presa di Bucky con non accennava a lasciarla, non poteva. Era lui ad impedirle di scivolare via.
Si rese conto che non poteva lasciarlo andare, anche lui aveva bisogno d'aiuto dopotutto , quindi se lui non si era arreso, lei non avrebbe fatto da meno, non più.
Doveva risalire e lui le stava dando la spinta.
  
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