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Autore: Beatrix Bonnie    29/02/2016    1 recensioni
- Seguito de La fuga dei Conti -
Un'oscurità è calata sul mondo magico: il Signore Oscuro è tornato e getta la sua ombra di terrore su tutta l'Inghilterra.
In Irlanda, l'azione del carismatico Presidente Adolphus McPride impedisce alla popolazione di cedere al panico... ma il suo potere è sempre più vasto e sempre più simile ad una dittatura, con la repressione di ogni dissidenza.
Il magico trio si ritrova sciolto per la prima volta dopo sei anni di scuola: Laughlin dovrà occuparsi, insieme a suo padre Eoin, dell'organizzazione della resistenza che prende il nome di FIE e ha per simbolo il giglio; Mairead, nascosta in Inghilterra da suoi parenti inglesi, si metterà sulle tracce di Edmund, rapito da Voldemort e costretto ad unirsi ai Mangiamorte per colpa di una maledizione.
Ci sarà, all'orizzonte, un barlume di speranza, in questi tempi così bui?
Lo SCONTRO FINALE si avvicina, i DESTINI di tutti stanno per essere rivelati.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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Prologo



«Innerva» sussurrò una voce strisciante e fastidiosa come il sibilo di un serpente.
Edmund aprì lentamente gli occhi, ma l'oscurità era tale che per i primi secondi non distinse nulla. Non riusciva nemmeno a ricordare cosa fosse successo prima. E se ci fosse stato un prima.
Era steso a terra, su quello che pareva essere un prezioso tappeto orientale. Come ci era arrivato? Si mise a sedere e una mano gli corse istintivamente alla gola, dove sentiva la pelle tirare e bruciare: sotto i suoi polpastrelli sentì il liscio di una cicatrice fresca. Allora si alzò a fatica, a causa del dolore che sentiva in tutte le membra, come se fosse stato picchiato. Ma da chi?
Si guardò intorno, gli occhi finalmente abituati alla penombra: era circondato da figure avvolte in mantelli neri, alcune delle quali avevano una maschera bianca sul volto.
Mangiamorte, disse una voce dentro la sua testa. Ma quel nome non gli ricordava nulla.
«Miei cari Mangiamorte, diamo il benvenuto al nostro ospite irlandese, il giovane Burke» sibilò la stessa voce fredda e leggermente sarcastica alle sue spalle. «O forse dovrei dire McPride?»
Edmund si voltò di scatto.
E lì, difronte a lui, stava ritto in piedi un uomo; no, non era un uomo, era... un essere risputato perfino dall'inferno. Affusolati occhi rossi, volto simile ad un teschio, con quella pelle diafana tesa sugli zigomi e il naso di serpente.
E Edmund ricordò tutto.
«Lord Voldemort» sussurrò con decisione, facendo tremare i presenti al solo pronunciare quel nome. Qualcuno sibilò il suo astio verso il ragazzo irlandese, come se volesse punirlo per la sua insolenza, ma il Mago Oscuro più potente di tutti i tempi non mostrò di essersi fatto impressionare da quell'atto di coraggio, o forse di stupidità, del suo giovane ospite. Semplicemente un'impercettibile ombra di sorriso attraversò le sue labbra sottili.
Poi gli puntò la bacchetta contro.
Edmund capì subito che quella non era la Maledizione non appena sentì che la mente dell'Oscuro Signore cercava di invadere la sua: quella era Occulmanzia. Non sapeva che cosa stesse cercando Lord Voldemort nella sua testa, ma era più che mai deciso a non lasciarlo penetrare. Cercò di resistergli con tutte le sue forze, erigendo barriere e muri dovunque il suo nemico cercasse di infiltrarsi. I volti dei due maghi, così dissimili, erano tuttavia accomunati dalle smorfie per la concentrazione e per lo sforzo. Voldemort puntò la bacchetta contro Edmund con maggior vigore, ma non riuscì a vincere quello scontro. Quando finalmente desistette, entrambi ansimavano per la fatica che aveva richiesto loro quella lotta.
Ma Lord Voldemort non pareva irato per la sconfitta, anzi, gli occhi gli brillavano per la bramosia. «Sei davvero potente come McFarren aveva promesso. Sarà un piacere averti al mio servizio» commentò, avvicinandosi a lui come un bambino viziato davanti al suo nuovo giocattolo. Era bramoso, avido ed eccitato all'idea di possedere quella nuova arma, quella nuova risorsa che l'avrebbe reso ancora più potente davanti a quei miseri che cercavano ancora di resistergli.
«Non sarò mai al tuo servizio!» gridò Edmund con foga, per scacciare la paura che gli attanagliava il cuore. Era terrorizzato, sì, ma doveva resistere. Aveva un'ultima cosa da fare, un ultimo passo da compiere e poi tutto sarebbe finito. Per sempre.
Lord Voldemort rise di quella sua vana speranza. «Oh, non c'è modo di resistere alla maledizione che ti è stata imposta, lo sai» gli disse in tono sarcastico.
Gli occhi di Edmund brillarono di nuova determinazione. «Tu lo dici» rispose beffardo.
Stava per compiere un gesto da cui non ci sarebbe più stato ritorno, ma era la sua unica possibilità. Il suo ultimo pensiero fu per le persone che avrebbe lasciato, per Mairead, alla quale non aveva mai avuto il coraggio di rivelare che l'amava, per Laughlin, il suo inseparabile compagno di viaggio in quella stupenda avventura che era stata la sua adolescenza al Trinity, per i ragazzi del FIE, per il professor Captatio, che era stato quasi un padre per lui, e per tutti gli altri volti e persone umane che gli avevano fatto apprezzare ogni singolo istante della sua vita.
Si mise una mano in tasca, alla ricerca dell'unica cosa che avrebbe potuto salvarlo, lui come tutti gli altri che si sarebbero schierati contro Voldemort. Perché, sì, lo sapeva che non esisteva nulla che potesse contrastare la Maledizione e sapeva anche che se fosse stato al servizio del Signore Oscuro, sarebbe stato tanto potente da far calare sul mondo un'oscurità senza fine, come gli aveva detto tanti anni fa Captatio.
Ma non tutto era perduto. Un ultimo modo esisteva. Ultimo e drastico, ma era la sua sola via d'uscita.
Eppure, per quanto frugasse nella tasca, non trovava nulla.
Era vuota.
«Forse cercavi questa?» domandò sarcastico il Signore Oscuro, sventolando una piccola capsula grigia.
Edmund si lasciò prendere dallo sconforto: quella era la sua ultima speranza e ora stava nelle mani di Lord Voldemort. Evidentemente i Mangiamorte lo avevano perquisito prima di portarlo al suo cospetto.
Voldemort aprì la capsula e annusò il suo contenuto. «Inodore, incolore e insapore. Questo è Distillato della Morte Vivente.»
Uno strano mormorio sorpreso seguì quelle parole. Nessuno capiva il motivo per cui il giovane irlandese dovesse andarsene in giro con una pozione che avrebbe potuto ucciderlo. Nessuno, tranne Lord Voldemort, ovviamente.
«Saresti pronto a morire, pur di non sottostare al mio volere? Davvero commuovente.»
La platea di Mangiamorte fu percorsa da un brusio sommesso. Pochi avevano il coraggio di ammetterlo, ma quel ragazzo aveva fegato. Edmund non abbassò lo sguardo, non chinò le spalle, non si mosse, quando Lord Voldemort si avvicinò a lui. Non avrebbe ceduto. Sì, tutto era perduto, ma non avrebbe dato la soddisfazione al suo aguzzino di vederlo supplicare ai suoi piedi. In fin dei conti, lo sapeva da sempre che quello sarebbe stato il suo destino: un'orgogliosa e silenziosa lotta davanti al suo avversario, una lotta che, sapeva, non avrebbe potuto vincere. È il destino di tutti i grandi.
I due maghi si squadrarono per diversi minuti, come se uno dei due cercasse di vedere una sfumatura diversa dalla determinazione negli occhi dell'altro. Il grande salone avvolto dalla penombra era in frenetica attesa, dilatata dall'ostinato silenzio dei due protagonisti in scena.
Il giovane e il vecchio. Immobili.
Ma nessuno aveva il coraggio di intervenire per smuovere la situazione.
Voldemor è il mio passato, il mio presente e sarà anche il mio futuro, pensò Edmund, incapace di sopportare tutta quella tensione. Non c'era più niente da fare, lo sapeva. Sarebbe stato condannato a uccidere, trucidare e torturare contro la sua volontà, senza essere in grado di scegliere liberamente la propria strada. Sarebbe stato un'arma, l'unico destino che era mai stato progettato per lui fin dall'inizio. Non era una persona, non lo era mai stato e non lo sarebbe più potuto essere. Mai più.
E infine deglutì.
Il segnale che il Signore Oscuro stava aspettando, il segnale che Edmund aveva ceduto. Il suo volto si illuminò di un sorriso sadico e bramoso allo stesso tempo. Alzò la bacchetta contro il giovane irlandese e Edmund capì che quella era la fine di tutto, la fine di Edmund Burke.

«SURGAT SERVUS, PERIAT HOMO!»
Nel momento stesso in cui Lord Voldemort pronunciò quelle parole, un dolore impossibile da sopportare investì Edmund. Sembrava che ogni singola cellula del suo corpo bruciasse sotto i carboni ardenti. Ma il peggio era quel senso di crescente incoscienza che gli invadeva la testa, come se una nebbia oscura gli calasse nella mente. No, non poteva cedere, non doveva cedere!
Cominciò a contorcersi a terra per il dolore, per combattere con tutte le sue forze la Maledizione, ma non un solo lamento uscì dalla sua bocca. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirlo urlare. Eppure il dolore era tale che era certo non sarebbe riuscito a resistere. Voleva solo abbandonarsi all'oblio.
Ma. Non. Doveva. Farlo.
E poi lentamente dimenticò il suo nome, dimenticò dove si trovava, dimenticò ogni cosa. L'ultima immagine che riempì la sua mente fu il volto sorridente di Mairead. Poi il buio più totale lo avvolse.
Edmund smise di contorcersi e si acquietò. Sembrava che dormisse. Dopo qualche secondo di silenzio, in cui i Mangiamorte si scambiarono occhiate perplesse, il ragazzo si sollevò lentamente da terra. Era ancora lui, eppure non era lui. Nei suoi occhi non c'era nessuna scintilla di vita, nessuna luce che facesse percepire la presenza di un'anima dentro quel corpo eretto con le spalle dritte. Sul volto un'espressione indecifrabile, innaturale. Non c'era emozione.
Lord Voldemort sorrise, finalmente soddisfatto. Allungò la sua mano scheletrica verso il ragazzo, porgendogli la sua bacchetta di abete. «Lancia la Maledizione Cruciatus su quell'uomo» ordinò l'Oscuro Signore con un cenno del capo, mentre una luce bramosa gli illuminava gli occhi. Voleva provare il suo nuovo giocattolo.
Prima che il Mangiamorte in questione potesse avere il tempo di reagire, il ragazzo aveva già afferrato la sua bacchetta e si era voltato verso di lui. «Crucio!» esclamò con decisione, senza tuttavia tradire nessun emozione.
Il mago si accasciò a terra e cominciò ad urlare di dolore, mentre gli altri Mangiamorte si scostarono impercettibilmente da lui, spaventati. Il ragazzo irlandese non ebbe un attimo di esitazione o ripensamento nel sentire le grida della sua vittima o nel vedere i suoi spasmi.
Lord Voldemort sembrava godere di quello spettacolo, ma dopo qualche minuto finalmente si riscosse. «Basta» ordinò e il ragazzo alzò la bacchetta interrompendo la tortura senza battere ciglio.
L'uomo colpito ansimò a terra, troppo dolorante per alzarsi.
Quel ragazzo non era umano. Non c'era nessuna gioia folle nei suoi occhi, né tanto meno il disgusto per quello che aveva appena fatto. Nessuna emozione. Era un'arma, niente di più.
Lord Voldemort parve piacevolmente soddisfatto. «Il braccio sinistro» ordinò al suo nuovo seguace. Il ragazzo tese il braccio e il Signore Oscuro vi impresse il suo Marchio Nero.











Carissimi lettori, amici di vecchia data e nuovi arrivati,
BENRITROVATI!

Mi accingo all'ultima grande fatica di questa saga: ebbene sì, siamo giunti al settimo e ultimo racconto! Mi sento un po' emozionata, lo confesso, perché si tratta del capitolo finale di un progetto che è iniziato ben sei anni fa. Speriamo bene!

Comunque, è la prima volta che inizio un racconto della saga con un prologo: ma qui, più che l'inizio del nuovo racconto, è la conclusione del vecchio. Le cose si mettono male, proprio male! E vi confesso che per tutto il racconto non ci sarà un'atmosfera propriamente felice... come forse potevate immaginare!
Intanto, QUI il link dell'immagine d'inizio un po' più grande, se qualcuno volesse vederla meglio.

Ci vediamo mercoledì 23 marzo; perdonate i lunghi tempi di aggiornamento, ma gli impegni della vita mi stanno risucchiando tutto il tempo libero (e le energie soprattutto!)
A presto!
Beatrix Bonnie

   
 
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