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Autore: Kary91    05/03/2016    1 recensioni
[Mini-Long | Post-Epilogo | Sequel de "The Miner Saw a Comet"e "La Cometa del Distretto 12 | Gale&Katniss]
Sono passati quindici anni dall'ultima volta che Katniss e Gale si sono parlati; molte cose sono cambiate da allora.
Katniss vive con Peeta e i loro due bambini. Gale si è trasferito nel Distretto 2, ma non ha mai dimenticato il proprio passato. Lo dimostra suo figlio, il piccolo Joel Jr., che porta il nome del nonno. E lo dimostra anche il suo ritorno improvviso nel Distretto 12 assieme al figlioletto, per assistere al passaggio di una cometa. La cometa di Halley - quasi come Haley, il nome della piccola Mellark; la stessa cometa avvistata da suo nonno e dal nonno di Katniss ormai 76 prima. Halley come la cometa che Katniss e Gale si erano ripromessi di veder passare assieme quando erano ragazzini, in onore dei loro padri.
Questa è la storia in cui si parla del ritorno di quella cometa. è la storia di un'amicizia rimasta in sospeso per anni, di un legame sfilacciato che tuttavia resiste ancora. E a ricucirne i lembi sdruciti di quel legame saranno due bimbi e una vecchia storia.

O, forse, solo il destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'We Might Fall - La Cometa di Halley.'
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Il ritorno della cometa

 

 

Epilogo | Going back Not Really

 

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Il vialetto che portava a casa di Rory sembrava molto più familiare del solito, così ombreggiato dal buio notturno.

Gale lo percorse senza fretta, prendendosi il tempo per riflettere su ciò che era appena successo.

Quando giunse nel giardino d’ingresso di suo fratello, trovò qualcuno ad aspettarlo.

Un sorriso piegò istintivamente le sue labbra; Joel stava facendo dei palleggi con una pallina di plastica.

 

“Ehi…” richiamò l’attenzione del bambino, chiudendosi alle spalle il cancelletto.

 

Nel vedere il padre, il volto di Joel s’illuminò.

 

“Eccoti!” esclamò, lanciandogli la palla.

 

Gale la prese al volo, prima di far cenno al figlio di sedersi sui gradini assieme a lui.

 

“Dov’eri andato?” chiese il ragazzino, appoggiandosi al suo fianco.

 

“A fare una passeggiata.”

 

Joel gli passò una mano sulla guancia; il suo sguardo, da allegro, si fece crucciato.

 

“Hai pianto, papà?”

 

Il senso di colpa pungolò lo sterno di Gale.

 

“Sto bene, Joey” lo rassicurò, facendogli una carezza. “Non preoccuparti per me.”

 

Il ragazzino tornò a sorridere.

 

“Lo so che stai bene…” rivelò, appoggiando la testa alla sua spalla. “… Sorridi. È la prima volta che fai un sorriso vero da quando siamo arrivati.”

 

Il padre gli arruffò i capelli.

 

“Beh, abbiamo appena avvistato una cometa che non si faceva vedere da settantasei anni… Un evento del genere si merita un sorriso, no?”

“Ben più di un sorriso!” confermò Joel prendendo la mira per lanciare la pallina nel canestro posto in cortile. Esitò per qualche istante, quasi fosse indeciso se aggiungere qualcosa o meno.

“Anche la nonna aveva gli occhi lucidi quando mi ha dato la buonanotte” ammise infine, tornando ad appoggiarsi al padre. “Non mi piace vederla piangere.”

“Alla nonna manchi tanto, quando non ti vede per molto tempo” spiegò Gale, accarezzandogli i capelli. “È triste perché sa che domani partiamo e non potrà vederci per un po’.”

Joel rimase in silenzio per qualche istante, prima di riprendere il discorso.

“Anche io sono triste…” rivelò cauto, quasi si sentisse indeciso se pronunciare quelle parole o meno. “… Posso essere triste?”

Gale gli rivolse un’occhiata sorpresa; gli sollevò poi  con delicatezza il mento per poterlo guardare il bambino negli occhi.

“Certo che puoi” lo rassicurò. Sapeva che ogni tanto Joel frenava le proprie emozioni per paura di ferirlo e la cosa non gli piaceva affatto: era il risvolto negativo dell’avere un figlio troppo consapevole delle conseguenze della guerra. “Anch’io sono triste, qualche volta.”

Joel annuì; prese una mano del padre e ci appoggiò sopra le sua, come se volesse metterle a confronto.

“Papà…” riprese all’improvviso, voltandosi verso di lui. “… Tu ci credi ai poteri della cometa?”

Gale aggrottò le sopracciglia.

“Quali poteri?”

“Quelli di cui parlava nonno Joel: diceva che chi guarda la cometa poi si sente più leggero e le cose per lui incominciano a cambiare. Secondo te è vero che cambieranno?”

Gale tacque per qualche istante.

“Tu come vorresti che cambiassero?” chiese infine.

Joel non rispose subito: non amava molto quel genere di domande.

“Niente più incubi” mormorò infine, sollevando lo sguardo verso l’alto; il cielo era pulito e pieno di stelle, ma in apparenza era lo stesso di sempre. Non v’era segno del passaggio della cometa di Halley. “Né per te, né per Johanna.”

Ancora una volta, Gale avvertì una morsa di dolore all’altezza del petto. Strinse a sé il bambino e lo cullò per qualche istante, come faceva quando era più piccolo. Joel chiuse gli occhi e lo lasciò fare, la nuca adagiata contro il suo torace. Gale l’osservò in silenzio, contemplando con tenerezza quell’unico risvolto positivo delle sue azioni. Joel era il frutto di un errore, ma aveva concluso per trasformarsi nell’unica cosa veramente giusta nella sua vita.

“E oltre a questo… Che cosa cambieresti?” insistette.

Joel si staccò da lui per guardarsi attorno, lo sguardo velato dall’indecisione.

“Vorrei tornare qui un’altra volta…” ammise infine, senza guardare il padre negli occhi. “Con te. Lo so che hai detto che non ci saremmo più venuti e che siamo qui solo per la cometa. È solo che…”

“Sei felice, qui…” lo interruppe Gale, cercando il suo sguardo. “… Vero?”

Il bambino diede una scrollata di spalle.

“Mi piace tanto stare con la nostra famiglia” ammise infine, arrossendo. “Ma sono felice anche a casa.”

Era evidente che stesse cercando di minimizzare per non farlo sentire in colpa.

Gale gli sorrise; si chinò in avanti per sussurrargli qualcosa nell’orecchio.

“Ti andrebbe di tornare qui il prossimo week-end?”

Lo sguardo del bambino si animò di stupore.

“Possiamo? Davvero?” chiese conferma, una nuova luce di vivacità a negli occhi.

Quando il padre annuì, Joel esultò e gli gettò le braccia al collo. Gale ricambiò l’abbraccio: leggere l’entusiasmo nel volto di suo figlio gli fece comprendere di aver preso la decisione giusta.

“Tutto ciò che voglio è vederti felice, Joey” dichiarò infine, appoggiando il mento ai suoi capelli. “Solo questo. Lo sai, vero?”

Il bambino annuì.

“Ed io sono felice, papà” lo rassicurò, separandosi dall’abbraccio per poterlo guardare negli occhi. “Davvero: perché ho te.”

Si sorrisero a lungo, prima che Joel distogliesse lo sguardo per tornare a guardare il cielo, subito imitato dal padre.

Il freddo stava incominciando a farsi sentire, me nessuno dei due ci badò; rimasero a lungo sui gradini d’ingresso, gli occhi rivolte alle stelle e la mente assorta nel pensiero di quella cometa che, ne erano certi, stava per cambiare in meglio le loro vite.

Sicuri che, da qualche parte a poche centinaia di metri di distanza, qualcun altro stesse facendo lo stesso: erano una donna del Giacimento e sua figlia. Erano il passato e il presente della loro storia, il punto da cui tutto era cominciato.

E da quella sera, forse, anche il futuro.



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