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Autore: pervinca anthea    05/03/2016    2 recensioni
Avevo realizzato ciò che realmente stava accadendo solo quando mi erano stati concessi quei pochi minuti per salutarla, per dirle addio; una consapevolezza che si era abbattuta su di me come una secchiata d'acqua gelida su un dormiente.
Avrei voluto chiederle di vincere, una richiesta banale che però non si era manifestata, mentre le mie braccia andavano ad avvolgere quel corpo troppo esile per affrontare una simile sfida, in un abbraccio che era durato fin troppo a lungo, finendo per farmi ritrovarmi addosso il suo dolce profumo di lillà, nel momento in cui i Pacificatori l'ebbero allontanata con la forza.
[ Pre!Saga ~ Mrs.Everdeen!centric ~ Mrs.Everdeen/Maysilee!friendship ~ 1681 words ]
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maysilee Donner, Mrs. Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Poisonous flamingos


L'odore di sporco, di sudato, mi invade le narici. Il mio corpo, schiacciato contro quello di tante e tante altre persone, invoca quasi pietà, vedendosi spintonare e colpire, seppur involontariamente. 
Definire la situazione claustrofobica sarebbe a dir poco un eufenismo, ed io non sono in vena per farne. 
I nostri sguardi fissano tutti un unico, grande punto comune: lo schermo sbilenco e consunto, scoppiettante, che di tanto in tanto perde il segnale o la cui telecamera sembra essere perennemente attorniata da uno sciame di mosche ronzanti che ostruiscono l’audio, montato dove qualche giorno prima si è svolta la Mietitura.
Lamenti e singhiozzi risuonano nell’aria, perdendosi nella folla senza che nessuno riesca ad individuare da chi provengano, tutti troppo attenti a ciò che lo schermo trasmette per rendersi conto di cosa succeda intorno a loro.
Le famiglie dei Tributi superstiti – da quattro, adesso solo due – sono le più vicine allo schermo, le lacrime perenni ad ostruire le loro viste.
Io, invece, mi limito ad osservare la scena dalla terza, forse quarta fila, puntellandomi sulle punte per cercare di vedere oltre le imponenti sagome che si ergono avanti alla mia piccola persona.
 Lo schermo crepita di nuovo, perdendo un solo attimo il segnale e mostrandoci subito dopo la scena in cui Maysilee, dal volto angelico nonostante la durezza della situazione che la circonda, si fa cautamente largo tra la steppa di alberi e cespugli.
I capelli biondi lasciati sciolti, ad eccezione di una piccola treccia laterale, che le lega il ciuffo in modo che non le ostruisca la vista, il corpo scarno dalla fame e dalla paura, iniziata nel momento in cui la squillante voce dell'anziana accompagnatrice del Distretto aveva estratto il suo nome tra tanti. 
Avevo realizzato ciò che realmente stava accadendo solo quando mi erano stati concessi quei pochi minuti per salutarla, per dirle addio; una consapevolezza che si era abbattuta su di me come una secchiata d'acqua gelida su un dormiente.
Avrei voluto chiederle di vincere, una richiesta banale che però non si era manifestata, mentre le mie braccia andavano ad avvolgere quel corpo troppo esile per affrontare una simile sfida, in un abbraccio che era durato fin troppo a lungo, finendo per farmi ritrovarmi addosso il suo dolce profumo di lillà, nel momento in cui i Pacificatori l'ebbero allontanata con la forza.
Continua, il suo avanzare circospetto, con quei goffi movimenti che non appartengono alla giovane assassina che è stata costretta a diventare.
La piazza sprofonda in un religioso silenzio, l’unico rumore udibile è quello dei suoi passi, scricchiolanti contro i rami e le foglie adagiate a terra.
L’improvvisata sacca malconcia dei dardi velenosi sbatte delicatamente contro la sua gamba ad ogni passo, che dal rumore sinistro sembrano spaventare anche lei, timorosa che potessero essere uditi da qualche Tributo sulle sue traccie.
Il primo piano del suo volto, adesso, occupa l’intero schermo e un brivido di terrore mi fa accapponare la pelle. I suoi occhi, un misto tra il grigio e l’azzurro, mi penetrano fin dentro l’animo, facendomi intrecciare le budella, donandomi un improvviso senso di vertigine, riportandomi con la mente ai momenti in cui
quegli occhi mi avevano sorriso con ingenua dolcezza.
Nella mia mente prende forma il ricordo lontano di quando, nonostante le zanzare, le pozzanghere, e le erbacce che spuntavano dalle crepe del terreno, io e Maysilee giocavamo  tra le fondamenta abbandonate di fronte casa sua, mentre con il gessetto bianco, la cui linea necessitava di essere ricalcata almeno dieci volte per risultare visibile, disegnavamo mobili sul pavimento e quadri sui muri, ispirandoci ai modelli Capitolini.
Ricordo come mi sentivo triste quando arrivava la pioggia e cancellava tutto. A quel tempo, Maysilee cercava di rallegrarmi facendomi notare quanto divertente sarebbe stato disegnare di nuovo tutto da capo. Difficile da pensare, se la si guarda adesso: i vestiti a tratti macchiati di sangue, la lunga cerbottana stretta tra le esili mani pallide, gli occhi ridotti a delle fessure, scrutanti il paesaggio circostante alla ricerca di possibili entità nemiche, come un falco che dall'alto perlustra i territori sottostanti alla ricerca della preda.
La vedo appoggiarsi, pallida e consumata come una candela, al tronco di un albero. Vorrei urlarle di non farlo, di non appoggiarsi, che tutto ciò avrebbe potuto essere un inganno. E invece lei se ne accorge prima di me. Carica la cerbottana, voltandosi appena in tempo per colpire con un dardo avvelenato un tributo dall’aria maciullata, stanca. Lo stesso tributo che cade al suolo con un tonfo sordo, mentre un colpo di cannone spara per lui. E il mio cuore riprende a battere per lei.
Lascia che la schiena si adagi nuovamente al tronco, abbandonandosi ad esso e al rimorso dell’omicidio, chiudendo gli occhi, ansante, con la cerbottana ancora stretta tra le dita affusolate, mentre il suo corpo distrutto e provato si lascia sostenere dal legno freddo.
Tutti intorno a me hanno ripreso a respirare sereni, quasi tirando un sospiro di sollievo per il pericolo appena terminato. Gli occhi dei familiari ancora spenti, ma sempre più fiduciosi.
Le telecamere si spostano sulla ragazza del Due, l'ultima dei Favoriti rimasti: aggressiva, spietata, mentre si fa largo in quella che sembrava essere un'Oasi paradisiaca, alla ricerca della sua prossima vittima, lasciandoci ben sperare che, almeno per il momento, le nostre sventure fossero terminate. 
Il cielo splende, il sole trionfa alto, gli scoiattoli geneticamente modificati, sugli alberi, non sembrano che dolci esserini intenti nel riposo, ignari della strage che intorno a loro si sta compiendo. 
Un urlo, però, squarcia il loro sonno, e lo schermo trasmette il nero.
Il mio cuore perde un battito, nella mia mente gli scenari peggiori. Il fiato di tutti si arrestano, il vocio precedentemente persistente si perde nell'aria. 
Sullo schermo, il volto paonazzo di Maysilee torna a far capolino, ad interrompere il nostro respiro.
Erti come statue, fieri, perfetti, tre fenicotteri color taffeta circondano il gracile corpo estenuato di Maysilee, schiacciato contro l’erba umida; la cerbottana posata fuori dal letale cerchio rosa confetto, spezzata in due simmetriche parti, inutilizzabile.
I loro becchi , neri, affilati come sciabole, pungevano ripetutamente la sua candida epidermide, e i nostri animi.
Le lacrime mi offuscano la vista, impedendomi di vedere altro, riuscendo solo a distinguere macchie rosse sullo schermo, in contrasto con la purezza del rosa che quei fenicotteri vantavano.
Imbambolata, aspetto che le lacrime solchino il mio volto, righino le mie scarne guance, prima di poter rivedere le sfumature violacee che, insieme a quel pizzico di nero, donavano bellezza a chi possedeva solo brutalità.
Come in una bolla, il mio udito mi pare danneggiato, quando le urla di Maysilee diventano ovattate, come se molto lontane; il mio sguardo si perde su quello schermo, teatro di atroci sofferenze.
Striature rosso vivo solcano il lungo ed affilato becco dei volatili: gocce di sofferenza, di sconfitta.
Il rosa dei fenicotteri è ipnotico, mi affascina, portandomi quasi a pensare che mai nulla di così bello e perfetto potrebbe essere capace di compiere alcuna atrocità.
Le loro eleganti movenze, le sottili sfumature di viola, li rendono in perfetta armonia con il luogo di eterna felicità che quell’Arena sembra essere.
Come noi, neanche i fenicotteri sembrano accorgersi di quanto già irreparabili siano le sue condizioni, continuando ad attaccare come noi a pregare.
Urli strozzati le escono dalla gola, urli disperati, rassegnati, quasi imploranti un’imminente ultimo battito cardiaco, mentre il suo corpo veniva scosso da forti spasmi muscolari.
I bambini, i più piccoli, hanno già smesso di guardare, quando due altezzosi fenicotteri si fanno da parte, quasi coscienti dell’imminente pericolo, mentre un fruscio di cespugli alle loro spalle pone fine ad ogni loro divertimento.
E’ il terzo, il più piccolo ma il più rosa dei tre, a terminare ciò che i fratelli più grandi avevano precedentemente iniziato, fendendo l’aria con il lungo ed affilato becco, lasciandosi sfuggire versi quasi soddisfatti, prima di piantarlo definitivamente nel collo di Maysilee, prima di sparire, insieme agli altri due, in una nuvola rosa taffetà, sparendo così come erano apparsi, lasciandosi alle spalle un corpo spasmodico in una pozza di sangue vivo, rendendo perso il coltello che gli fu lanciato contro, in un vano tentativo di vendetta, dalla bionda ombra sopraggiunta, adesso in lacrime sopra il corpo martoriato di Maysilee.
Le lacrime di lui si mischiano alle sue, bagnandole il volto, mischiandosi con il sangue, mentre i suoi occhi azzurri si fissano sul cielo dello stesso colore, quasi in una tacita supplica, mentre l’ultimo respiro veniva esalato ed il cannone sparava anche per lei.
Il forte colpo mi trapassa le costate, come a prendere il posto del battito cardiaco che il mio cuore manca, di nuovo. Vedo i suoi biondi capelli somigliare a della paglia vecchia disordinatamente sparpagliata sull'erba, così simili ai miei, mentre delle gocce di sangue vanno a macchiare qualche capello, donando alla folta chioma delle sfumature rosso vivo. 
Nessuno parla, nessuno si muove, nessuno respira. L'unico rumore che fende l'aria è il pianto sordo dei familiari, della madre, rotta dal dolore della perdita appena subita; un dolore troppo forte, per una perdita che un genitore non dovrebbe mai provare. 
Urla, straziata, la donna che per anni mi ha sorriso dolcemente, quando entravo in casa sua piena di fango e schifezze, seguendo a ruota la piccola figlia, senza rimproverarmi o cacciarmi, ma accogliendomi con la dolcezza che poche volte mia madre è stata in grado di donarmi.
La vedo mentre viene portata via di peso, sforzandomi di evitare di posare il mio sguardo sulla sorellina, così simile a Maysilee che la sua vista mi arrecherebbe solo angoscia.
La figura bionda dell'unico nostro Tributo ancora in vita era svanita dietro i cespugli, nella stessa direzione da cui era precedentemente apparsa.
Sento il mio cuore battere forte, adesso, mentre l'Hovercraft sopraggiunge, coprendo il cielo sopra l'esile corpo morto di Maysilee. Vedo il braccio meccanico scendere, aprirsi e chiudersi sotto le sue membra, sollevandolo nello stesso momento in cui, tutti, solleviamo l'indice, il medio e l'anulare al cielo, mentre con occhi velati dalle lacrime, con l'anima sgretolata, volgo l'ultimo eterno saluto alla sorella che mai ho avuto.
Significa rispetto, Maysilee. Un applauso silenzioso che significa ammirazione, significa addio.

 
   
 
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