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Autore: clairemonchelepausini    06/03/2016    5 recensioni
Gianduja e Giacometta: due buffe persone innamorate a San Valentino; una sorpresa per lei, un disastro dietro l’altro e…. una voglia di rendere tutto perfetto.
Una storia che potrà farvi divertire e ridere perché non importa ciò che succede, alla fine l’amore trionfa, proprio come nelle favole.
San Valentino è solo una festa perché ci sono 365 giorni all’anno per amarsi e per far sì che ogni giorno valga la pena di essere vissuto.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gianduja e Giacometta :
uno sfortunato San Valentino
 
 




 
NOTE
La storia è stata scritta per il contest "Carnival Fest", indetto da  Hanna McHonnor e Tetjej Efp Lily Sata su facebook
Dovevo scrivere una storia con il personaggio di carnevale che mi era stato assegnato, il mio era Gianduja.
 
 
 
 
 
 
 
 
Non molto lontano dalla città, in una piccola rientranza ricoperta di prato verde, si poteva ammirare una piccola casetta con le pareti bianche come lo zucchero e con porte e finestre marroni come il cioccolato.
Era appena apparsa l’alba. Il sole si stava innalzando nel cielo azzurro pallido tingendo la linea dell’orizzonte di colori pastello, violetto, un delicato rosa pesca e arancione per poi trasformarsi in un giallo luminoso.
Si udivano delle voci provenire da quella strana casetta dove, con allegria, due buffe persone si davano il buongiorno.  
«Specchio… Specchio delle mie brame perché al mattino sono un rottame?» chiese allo specchio Gianduja ancora assonnato, stiracchiandosi per poi tornare di nuovo a letto.
«Le mattine giuste sono quelle in cui, quando ti guardi allo specchio, dici: “ Ah, dai vabbè pensavo di peggio”, ma non è una di queste» affermò Giacometta anche lei davanti allo specchio per osservare la sua figura, poco prima di trascinare i piedi e dirigersi in cucina per preparare la colazione.
I due mangiarono ricchi piatti piemontesi ma, in tutto ciò, irrimediabilmente non poterono mancare le caramelle rotonde e piatte avvolte in un cartoccio esagonale: mentre Gianduja li accompagnò con un buon bicchiere di vino rosso, Giacometta bevve la sua tazza di caffè caldo al gusto di cioccolato.
Si salutarono velocemente e goffamente, tant’è vero che nel farlo si scontrarono ferendosi l’occhio.
Alla fine trovarono una soluzione: come ogni mattina, lui si fermò nella sua postura da ebete e lei lo baciò. Un dolce, delicato e soffice bacio.
Si separarono per tutto il giorno per diversi impegni. Gianduja lavorò con Pulcinella, Balanzone e Pantalone alla coreografia che di lì a pochi mesi avrebbero rappresentato, poco prima della Quaresima;  lei, insieme alle compagne dei rispettivi amici, cucì i vestiti che avrebbero indossato allo spettacolo.
Fatta una certa ora, lei continuò a lavorare mentre Gianduja, con l’aiuto degli amici, preparò un’atmosfera romantica per San Valentino: il periodo dell’anno che la sua compagna preferiva.
Non appena rientrò a casa, venne accolta da un profumo delicato di rose e gelsomino che le diede subito il buonumore. Varcò la soglia e iniziò a seguire i petali di rosa, sparsi a terra come indicazioni, che la portarono in camera da letto.
Al centro vi era un grande cuscino a forma di cuore e su tutto il copriletto erano sparsi altri petali di rose. Trovò anche una scatola bianca con un grosso fiocco rosso storto e capì che è opera del suo Gianduja; non stando più nella pelle, l’aprì.
Lo spettacolo che vide non era quello che di certo si era immaginata.
Non lo disse ad alta voce perchè sapeva che a dirle, le cose belle non succedono. [1]
Eppure, la delusione nel vedere la scatola di cioccolatini mangiucchiati le si leggeva negli occhi; cercò di farsi forza e tirò su con il naso.
«C’è molta verità nel detto che l’uomo diventa ciò che mangia» pensava e ripensava lei tra sé, in un sussurro così debole quasi da non udirsi nemmeno.
Non poteva togliersi dalla mente quel gesto così romantico e crudele allo stesso tempo.
Gianduja non sapeva ciò che stava succedendo: voleva solo farle una sorpresa per San Valentino ma mentre lui provava a fare tutto perfettamente,  qualcosa, a sua insaputa, andava a rotoli.
Gli amici sono come le stelle, a volte non le vedi: era proprio così. Erano stati loro che, nello sforzo di aiutare l’amico a rendere tutto magico, dopo un fastidioso languorino, avevano mangiato i cioccolatini; ma questo purtroppo Giacometta non lo sapeva.
Poco dopo, mentre stava asciugando una lacrima, si accorse che vicino alla scatola c’era un bigliettino; così, nonostante la rabbia, lo aprì e lesse.
 
 
Caramellina mia,
ti aspetto al Parco Burcina “Felice  Piacenza” stasera.
Vestiti.
Ci vediamo alle 21:00.
 
Cioccolatino tuo
 

 
Con questo messaggio, tutta la rabbia che aveva accumulato dentro svanì e sulle sue labbra comparve un dolce e sincero sorriso.
«E’ difficile essere una donna: devi pensare come un uomo,  comportanti come una donna e sembrare una ragazzina » convenne Giacometta guardandosi allo specchio, soddisfatta del suo risultato.
Aveva impiegato un paio d’ore per prepararsi, ma non era mai stata tanto felice come allora.
Mentre lei si stava per dirige al parco dove aveva l’appuntamento con il compagno, Gianduja venne fermato dalla polizia.
«Signore, per cortesia scenda e soffi in questo palloncino» dissero seri i due carabinieri.
«Ok, va bene, però poi andate a giocare da qualche altra parte» rispose Gianduja e non riuscendo a smettere di ridere continuò a sghignazzare.
I due stavano per replicare e mettergli le manette, ma qualcosa in macchina attirò la loro attenzione.
«Si - si – gnore ma non lo sa che è vietato portare i cani in auto?» domandò balbettando il più giovane.
«Ma è un peluche» esclamò lui sorpreso, chiudendo e aprendo gli occhi velocemente prima di volgerli al cielo stupito per l’ovvietà.
«Guardi che non le ho mica chiesto la razza» ribatté duro il carabiniere più adulto, che doveva essere di certo il maresciallo.
Gianduja iniziò a piangere, allungò una mano in tasca e dopo aver mostrato una banconota, in ben che non si dica si ritrovò in macchina.
«Direzione Parco Burcina» disse tra sé e sé, guardando lo specchietto retrovisore; facendo retromarcia andò a sbattere contro il palo della luce e ingranando la marcia partì all’impazzata.
Arrivato, stese a terra una tovaglia color panna, aggiunse ancora petali di rosa e sistemò, uno vicino all’altro, due morbidi cuscini; per finire, posò il cesto da pic nic al centro.
Non appena sentì Carolina, la macchina un po’ sgangherata di Giacometta, si alzò, mise il peluche in un angolo della tovaglia e prese in mano una scatolina.
Si poteva dire tutto di lui, ma no che non fosse un galantuomo.
Giacometta avanzò lentamente: vedere quel pic nic così romantico e il cielo stellato la fece tremare come una bambina il giorno di natale, quando si aspetta con ansia il momento di scartare i regali sotto l’albero.
Non riuscì a staccare gli occhi dal suo Gianduja che per l’occasione indossava un nuovo completo: il tricorno e il giubbone marrone orlato di rosso, il panciotto a righe colorate, calzoni corti verdi, calze rosse e scarpe nere con fibbia. Giacometta rise perché questo era il suo solito vestiario, ma quel giorno lei lo trovò diverso; immancabilmente ai lati dei cuscini c’era piegato il suo mantello con sopra poggiato il suo ombrellone verde di cui non se ne separava mai.
Allo stesso tempo, mentre lei avanzava, Gianduja spalancò la bocca per la sua bellezza. Giacometta aveva scelto di indossare una lunga e larga gonna marrone, una camicia bianca con fiori rosa antico e uno scialle rosso. Di solito portava anche un copricapo che le serrava la testa, ma stasera al suo posto aveva solo una rosa rossa che le fermava i capelli da un lato e delle scarpe nere con il tacco a punta.
«Credo di essere finito in paradiso» esclamò Gianduja appena lei gli baciò la guancia arrossendo.
«Forse non sono più  il bell’uomo di un tempo, ma qui dentro c’è tutto quello che voglio per noi» gli confessò timidamente, dandole la scatolina che teneva tra le mani per poi portarle sul cuore.
«Sei tu, tutto quello che voglio. E comunque, è qui che c’è il cuore» lo corresse lei, spostando la mano dall’altra parte.
Iniziò ad uscire tutte le prelibatezze che aveva preparato con le sue mani, certo non erano perfetti, ma loro non ci fecero caso.
Tra una chiacchierata e un bacio, le ore passarono e loro non poterono essere più felici di così.
In un momento di pura gioia e amore, entrambi goffamente si baciarono e nel farlo lui macchiò inavvertitamente il bel vestito di lei con il bicchiere di vino che teneva tra le sue mani. Giacometta non riuscì ad avvertirlo in tempo che non appena Gianduja  si abbassò per baciarla mise la mano sulla rosa e si punse.  Alla sola vista del sangue, quel poco che ne uscì dal dito, svenne. Lei nel cercare di asciugare il vestito creò più danni e nel frattempo cercò di tirare su lui.
Ci volle un po’ perché si riprendesse; in ogni caso, non si fecero scoraggiare da quel brutto momento e così si baciarono di nuovo, stavolta con più passione.
Si staccarono appena per stendersi sulla coperta, la testa di Giacometta poggiò sul braccio di Gianduja ed entrambi chinarono il capo uno vicino all’altro ad ammirare il cielo stellato.
Guardare quel cielo fu come guardare l’infinito, dove si capisce che ci sono cose più importanti e ci si perde nella bellezza del silenzio, in cui un sussurro che viene a bussare alla porta del tuo cuore.
«Mi batte all’impazzata il cuore. Non è la prima volta che mi succede quando sono con te» rivelò il giovane guardandola negli occhi; sfiorò delicatamente la sua guancia con un dito e le sistemò una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio.
«Forse dovrei farmi vedere da un bravo cardiologo, ma sicuramente Pantalone non farà altro che prendermi in giro» aggiunse  riflettendoci a lungo, anche se erano passati solo pochi minuti.
«Devi farti forza amore mio. Non devi offenderti se la gente ti crede un mezzo stolto, ti conoscono solo a metà» cercò di rincuorarlo Giacometta, dopo aver visto il suo viso triste e addolorato.
A volte i gesti arrivano dove le parole non riescono.
Lei lo attirò a sé, gli tolse il cappello, accarezzò il suo viso tanto da provocargli un lungo brivido e lo baciò dolcemente, prendendo tutto il tempo, per se e per loro, per assaporare quel momento.
Il momento più bello viene prima e subito dopo il bacio, quando non si desidera altro che toccare quelle labbra ancora una volta, quando il respiro diventa un po’ più pesante e quando le mani iniziano a tremare.
Stavano vivendo in un sogno, il loro piccolo sogno.
Gianduja e Giacometta si amavano come il primo giorno quando lei andò a tamponare la macchina di lui, quando al primo sguardo lui capì che lei sarebbe stata la donna della sua vita.
Ridevano per la bellissima serata che scorreva serenamente perché, anche se con qualche inconveniente, loro era ancora lì, insieme, felici e più uniti che mai.
Fu proprio in quel momento perfetto che le prime gocce d’acqua iniziarono a cadere, che si alzò un debole vento e sembrò che tutto si stesse nuovamente rovinando.
Quello in realtà divenne il momento esatto per buttarsi tutto alle spalle, chiudere gli occhi e sentire davvero.
Sentire i suoi occhi su di sé, la sua mano sul suo fianco e l’altra dolcemente sulla guancia, le labbra che intanto formano poesie d’amore talmente belle da far sorridere tutti.
 
La vita è come un dipinto in cui i colori vengono buttati a caso sulla tela.
Al primo impatto il disegno sembra non piacere e se si potesse si vorrebbe tornare indietro, ma non si può cambiare il quadro e neanche l’artista.
Poi, man mano, i colori aumentano, il significato comincia ad essere chiaro, l’artista prende sicurezza: il disegno inizia a rappresentare una profonda bellezza.
Forse diverso da come lo si era immaginato, ma è proprio ciò a renderlo ancora più straordinario.
 
Gianduja e Giacometta avevano passato forse il loro peggior San Valentino di sempre, fuori dal comune, tuttavia per loro qualcosa lo rendeva unico e speciale.
L’attenzione non era posta a tutto ciò che li aveva portati lì o alle difficoltà che avevano incontrato lungo il cammino, ma al momento in cui si ritrovarono l’uno nelle braccia dell’altro e a quel bacio dato sotto una pioggia improvvisa.
 
 
 
 
 
 
 
Il valore delle cose
Non sta nel  tempo in cui durano,
ma nell’intensità con cui vengono vissute.
- Fernando Pessoa
 
 
 





 
Spazio d’autrice:
 
Ciao a tutti =)
Vi ringrazio moltissimo per essere giunti fino alla fine di quello che è il mio primo esperimento con questo genere di storie. Infatti, è la prima volta che provo a scrivere qualcosa di comico e spero di aver fatto qualcosa di decente e che non risulti troppo banale. E’ stato difficile scrivere una storia con Gianduja - che è una maschera piemontese- non sapevo come comportarmi e alla fine ho deciso di buttarmi. Spero vi sia piaciuta, io mi sono divertita - anche se non so bene se il risultato mi soddisfi a pieno ecco. Avviso che ci sono alcune citazioni che io inserito e che ho preso in giro su internet, adesso non mi ricordo dove perché ho perso il foglio dove avevo scritto la storia e le eventuali note, ma comunque e sempre giusto dirlo.
Infine voglio ringraziare tutti voi, chi la leggerà, e più di tutti mia cugina che, come sempre mi supporta e mi sta vicino aiutandomi a migliorare sempre di più, senza di lei non sarei qui.
Grazie a tutti e….
….Buona lettura =D
Baci,
Claire
 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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