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Autore: Kary91    06/03/2016    2 recensioni
[One-Shot| Post-Epilogo | Haley (bimba) Mellark / Joel (bimbo) Hawthorne Jr. | Fluff]
"Me la fai una promessa?" sussurrò la ragazzina, stringendogli più forte la mano. "Mi prometti che un giorno mi porterai con te fino alle stelle?"
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Famiglia Hawthorne, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
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Premessa: Haley Mellark e Joel Hawthorne Jr. sono rispettivamente la figlia di Katniss & Peeta e il figlio di Gale; sono migliori amici (da quando Gale si è trasferito nel Distretto 12 assieme al figlio e a Johanna Mason un anno prima) e in questa storia hanno all’incirca 8 e 9 anni, ma Joel ha la testa di un tredicenne, quindi ogni tanto parla come se fosse più grande.

Prompt Utilizzati: Haley/Joel – “un giorno mi porterai con te fino alle stelle?” di Amortentia2610 | Hazelle/Mr. Hawthorne – “Voglio Regalarti una Stella” di Alaska__

 

 

We Might Won’t Fall

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“We should go to sleep now, You should stay the night

I'll be up to watch the world around us live and die

Lying on the grass now, dancing for the stars

Maybe one will look on down and tell us who we are”

 

 

“Ehi, aspettami!”

La risata di un bambino si unì al cinguettio festoso degli uccelli sugli alberi.

“Joel, dai, aspettami!”

Il ragazzino di nome Joel rallentò l’andatura. Era ormai sul punto di fermarsi, quando la sua avversaria nella gara di corsa lo raggiunse con slancio, sbucando fuori dalla bocca della radura.

Haley Mellark cercò di rallentare, ma non fu abbastanza svelta: andò a sbattere contro la schiena di Joel ed entrambi capitombolarono a terra.

I due ragazzini gemettero, massaggiandosi le parti doloranti del proprio corpo.

Una ghiandaia imitatrice cinguettò allegra sopra le loro teste e Haley s’indignò, sentendosi presa in giro.

“Ehi, non c’è niente da ridere!” la rimbeccò con un’occhiataccia, poggiandosi le mani sui fianchi.

Joel scosse la testa, un mezzo sorriso a smussare la serietà del suo sguardo.

 “Adesso parli pure con gli uccelli?” chiese, passandosi una mano fra i capelli sporchi di terriccio.

Haley fece spallucce e si sistemò le bretelle della salopette.

“Solo quando mi fanno arrabbiare” ribatté poi, dandogli una spintarella.

Joel ricambiò e quasi la ragazzina non perse di nuovo l’equilibrio. Ridacchiando, i due amici ripresero a correre, fino a quando non abbandonarono il bosco per trovarsi ai margini del Prato.

“Primo!” esclamarono all’unisono, atterrando in scivolata nello spiazzo d’erba.

“Vorrai dire secondo, caro il mio Dickon…” osservò Haley, mettendosi a braccia conserte e gonfiando il petto. “… La prima a toccare l’erba sono stata io.”

“A me sembra di averti battuto per qualche millisecondo…” obiettò il ragazzino, indirizzandole un’occhiata cauta. “… E comunque la vuoi smettere di chiamarmi Dickon?”

Un paio di giorni prima, Joel aveva invitato Haley a fare merenda da sua nonna, assieme ai cugini. Mentre mangiavano, Hazelle aveva raccontato ai nipotini una storia, una di quelle favole che dovevano averle raccontato a sua volta quando era piccola: qualcosa che c’entrava con un giardino segreto e uno strano ragazzino che non usciva mai di casa[1].

Mentre raccontava la nonna aveva menzionato un certo personaggio di nome Dickon, rivelando ai nipotini di averlo sempre immaginato come suo figlio Gale da ragazzino. E, siccome Joel assomigliava tanto al padre, Haley non ci aveva pensato su due volte prima di rubare quel nomignolo per affibbiarlo al suo migliore amico.

“Ma uffa, mi piace!” borbottò, lasciandosi cadere nell’erba alta. “E poi è bello poterti chiamare con un soprannome come fai tu con me: io mi chiamo Halley e tu sei Dickon. Io sono una cometa e tu il bambino che conosce tutto dei boschi e che sa farsi capire dagli animali.[2]

Joel roteò gli occhi.

“Ma non eri tu quella che parlava con gli uccelli poco fa?” la prese in giro, prima di sedersi a sua volta.

La ragazzina si strinse nelle spalle.

“Beh, ogni tanto si può pure fare a cambio, no? Ehi, guarda su!” commentò poi, indirizzando una smorfia preoccupata al cielo sempre più scuro. “Si è fatto proprio tardi.”

“Già…”

Joel intrecciò le dita dietro la nuca e analizzò con interesse i puntini chiari che stavano incominciando a macchiare il tappeto nero della sera.

“Mi sa che la mamma si arrabbierà un sacco, ma non è colpa mia se nei boschi non ci sono gli orologi…” continuò Haley, stringendosi le braccia al petto.

Joel abbozzò un sorrisetto divertito.

“Lo sai che ne hai uno al polso, vero?” osservò, dandole una gomitata scherzosa.

La ragazzina gli rivolse un sorrisetto birichino.

“Posso dire a mamma che mentre cadevo nel bosco un bastoncino l’ha colpito e ha mandato indietro l’ora…” inventò, tirandosi l’estremità di una treccia ormai sfatta.

Joel scoppiò a ridere.

Rimasero entrambi in silenzio per qualche istante, intenti a contemplare il cielo stellato.

“Lo sai?” esclamò all’improvviso Joel, voltandosi verso l’amica. “Lassù c’è una stella che si chiama come mia nonna.”

Haley aggrottò una sopracciglia.

“Esiste una stella che si chiama nonna?”

“Ma no, salama!” la contraddisse Joel, ridacchiando. “Si chiama Hazelle, Hazelle come lei.”

“Oh!”

Haley sgranò gli occhi, visibilmente colpita.

“E come ci è finita nel cielo una stella che si chiama come tua nonna?”

Il bambino si strinse nelle spalle.

“È stato mio nonno Joel a mettercela” rispose, allungando le gambe sul tappeto d’erba. Haley ci mise subito sopra le proprie, come faceva sempre. “Un giorno, poco dopo aver scoperto che la nonna era incinta di papà, nonno Joel l’ha portata nel bosco e le ha indicato una stella. Le ha detto che voleva regalargliela o qualcosa del genere. La nonna è stata molto contenta e, da quel giorno, quella stella si chiama Hazelle.”

Haley si portò le mani al petto e trasse un lungo sospiro.

“Wow, che romantico!” esclamò poi, con sguardo sognante. “Tuo nonno doveva essere proprio un principe azzurro… Beh, dovevo immaginarmelo, perché anche tuo papà lo è” aggiunse, arrossendo.

Joel scosse la testa.

“Nah, mio papà è un pilota e basta” ribatté, socchiudendo appena gli occhi. “È il pilota migliore di sempre, però. E un giorno anch’io sarò come lui.”

Sorrise con orgoglio, sereno come riusciva ad esserlo solo quando pensava al padre

Lo sguardo di Haley si fece tutto a un tratto più vispo.

“Vuol dire che un giorno andrai a toccare il cielo?” chiese, affascinata.

Il sorriso del bambino si allargò.

“Meglio ancora: ci volerò in mezzo e farò un sacco di acrobazie difficili. Mio padre m’insegnerà, vedrai.”

Haley si alzò a sedere e prese la mano di Joel. Il ragazzino la lasciò fare, nonostante non amasse particolarmente gli scambi affettuosi provenienti da persone che non fossero i suoi familiari.

Haley, tuttavia, non era una persona a caso: era la sua migliore amica, l’unica persona che riusciva a farlo ridere fino alle lacrime per interi minuti.

“Me la fai una promessa?” sussurrò la ragazzina, stringendogli più forte la mano. “Mi prometti che un giorno mi porterai con te fino alle stelle?”

Il bambino le sorrise.

“Certo che te lo prometto” rispose, ricambiando la stretta di mano. “Tu sei una cometa e le comete devono stare nel cielo, no?”

Haley si mordicchiò il labbro per l’emozione, gli occhi rilucenti di vivacità.

“E poi mi farai conoscere la vera cometa di Halley. E anche la stella che si chiama come tua nonna” aggiunse allegra, facendo oscillare il braccio di Joel. “Che bello, non vedo l’ora!”

“Va bene, ma adesso smettila di tirarmi la mano!” rispose il ragazzino, liberandosi dalla sua presa.

Haley ridacchiò, prima di stritolarlo in un abbraccio.

“I tuoi nonni si chiamavano Joel e Hazelle” mormorò infine, sollevando lo sguardo verso l’alto. “Noi invece ci chiamiamo Joel e Halley. Sempre J e H!”

“Sempre J e H” confermò il bambino, sgusciando via ancora una volta dalla sua presa. “Vedi che tutto torna? Joel e Halley suonano mille volte meglio di Halley e Dickon, no?”

Questa volta Haley fu costretta a trovarsi d’accordo con lui.

Una folata di vento improvvisa scompigliò i capelli dei due bambini. La corrente d’aria sembrò risvegliare qualcosa in Haley, che si alzò di scatto, trascinando con sé Joel.

“Dai, corriamo ancora!” lo incitò, puntando al bosco in lontananza. “L’ultimo che arriva alla roccia di mamma e papà è un tacchino ciccione!”

“È buio pesto, Halley!” le gridò dietro il migliore amico, standole dietro. “Non correre così!”

“E invece io corro!” ribatté vivace la ragazzina, facendo una giravolta. “Dai, l’ultima gara e poi andiamo a casa!”

“Ma non si vede niente” replicò ancora Joel, roteando gli occhi con fare esasperato. “Potremmo cadere!”

A quelle parole la ragazzina rallentò l’andatura.

“Ma noi non cadremo!” rispose con decisione, quando Joel la raggiunse. “Perché insieme siamo imbattibili e perché un giorno tu mi porterai a vedere le stelle: l’hai promesso!”[3]

La sua espressione era talmente risoluta e il suo sorriso così dolce che Joel non poté fare a meno di crederle.

“L’ho promesso!” ripeté gonfiando un po’ il petto e guadagnando velocità. “E va bene, dai, l’ultima corsa!” cedette infine, buttandosi in avanti per superarla.

Haley cercò subito di rimontare, istigata dall’indole combattiva che le era cresciuta dentro sin dal primo istante in cui aveva aperto gli occhi al mondo.

“Dai, aspetta, non vale!” gridò all’amico, cercando a sua volta di aumentare la velocità. “Va bene che sei un pilota, ma non puoi correre così in fretta, sembra che stai già volando!”

I due bambini corsero incontro al buio dei boschi, per nulla spaventati dai pericoli che avrebbero potuto incontrare varcandone la soglia.

Corsero ignorando i rami sporgenti e le radici in rilievo, corsero dimenticandosi degli animali selvatici e dei cespugli di rovi disseminati un po’ ovunque.

E non caddero, non caddero nemmeno una volta.

Il perché lo compresero più in là con gli anni: perché loro, a differenza dei genitori, erano destinati a non cadere mai.

 

 

“We might fall, we might fall, we might fall, Hallie we might fall”

We Might Fall. Ryan Stars

 

 

Altre storie in cui Haley & Joel fanno comparsa assieme:

§  La Cometa del Distretto 12. (Il primo incontro)

§  Diversi da loro. (Il primo incontro)

§  Il Ritorno della cometa.

§  Linee Parallele.

§  Le cinque cose che preferisco al mondo.

§  Ti vuoi mettere con me? [Sì][No]

§  Un Barattolo di Cielo.

§  S.O.S. Hawthorne. (Qui compaiono anche da adolescenti)


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[1] Dickon è uno dei protagonisti del Giardino Segreto. È un ragazzino povero ma di buon cuore, in grado di comunicare con gli animali e le piante e che sa tutto della natura. Nella mia testa Hazelle l’ha sempre un po’ paragonato a Gale da piccino.

[2] Joel chiama la sua amica “Halley” invece che Haley, perché è il nome della cometa che li ha fatti conoscere. Joel e Gale, infatti, sono stati nel Distretto 12 per la prima volta dalla nascita del bambino proprio per assistere al passaggio della cometa di Halley.

[3] Questo scambio di battute è un rimando alla storia “How to Catch a Comet”, dove un diciottenne Gale dice “Potremmo cadere” e Katniss gli risponde “Ma noi non cadremo: abbiamo una cometa da vedere, no?”

   
 
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