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Autore: Freya Crystal    06/03/2016    2 recensioni
"Cosa siamo?"
Quello che avevano iniziato, entrambi da pentiti, ma incapaci di porvi un freno, non sarebbe finito senza sofferenza. Perché nessuno dei due si sarebbe fatto bastare quel giorno ovattato, ritagliato in una notte da dimenticare e in un'alba da rinnegare. Nessuno dei due avrebbe voluto smettere veramente, eppure quella sera si sarebbero separati.

Dedicata a Glaucopide.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryo Shirogane/Ryan, Zakuro Fujiwara/Pam
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Specchio riflesso

 




La luce filtrava pigramente oltre le tende argentate, depositandosi furtiva sul letto sfatto. Il display di una sveglia abbandonata segnava le cinque del pomeriggio, ma coloro che si erano rifugiati in quella stanza avevano perso la percezione del tempo in un silenzioso gioco di conoscenza. Un gioco che non era più un gioco, ormai, ma appartenenza reciprocamente negata.
Zakuro fissava il soffitto, i capelli sparsi a ventaglio sul cuscino, il respiro rilassato; contava i motivi ornamentali del lampadario che s'intrecciavano e si confondevano in un unico corpo confuso, e li trovava belli. Lei, che era così rigorosa e metodica, percepiva l'armonia dietro a quell'intricato percorso, avvertiva il senso di pienezza che trasmetteva. Quando capì che stava nuovamente trasferendo la sua situazione emotiva su un oggetto, decise di alzarsi. Scostò il lenzuolo bianco con delicatezza, attenta a non svegliare colui che dormiva al suo fianco, ma quando fece per muovere una gamba, lui l'afferrò per il polso.
Una presa decisa, eppure non opprimente. Una presa che, di fatto, non era tale. Zakuro avrebbe potuto lasciarsi scivolare di dosso quella mano con estrema facilità, ma non lo fece. Permise che restasse appoggiata al suo polso – che la trattenesse.
"Non sapevo che fossi sveglio" mormorò rivolta alla parete, la voce impastata che ha chi non parla da molto tempo.
"Non volevo disturbarti."
Si era girato verso di lei, la schiena abbronzata scoperta, i capelli scomposti sulla fronte che gli adombravano lo sguardo, ma Zakuro sapeva cosa si celava dietro quella tempesta inespressa, illanguidita in un piacere consumato troppo presto. Era nuda, eppure si sentiva più esposta di così, come se Ryou potesse scavare sotto la sua pelle, entrarle nelle vene. Forse l'aveva già fatto e lei non se n'era neppure accorta.
Forse...
"Nessun disturbo."
Lasciò che lui ripercorresse il profilo del suo corpo e un brivido, bruciante come un fiore di fuoco, le attraversò la spina dorsale. Restò in attesa, le labbra dischiuse, e lui fu subito sopra di lei, a catturarle con le proprie.
Bacio amaro, malinconico, che sapeva di silenzio assordante e emozioni contratte – perché ormai non bastavano più le parole non dette.
I rumori distanti della festa, le luci che vorticavano sopra di lei, i paparazzi che le davano il tormento. Minto che si dileguava con Fujiko e Hiro, Kevin che la seguiva sul balcone, la lasciava e poi tornava per provarci con lei. Ryou che si metteva in mezzo – lui, che era sempre così riservato e la riteneva in grado di cavarsela da sola –, Ryou che da allora non aveva smesso di starle accanto, Ryou che l'aveva liberata dai fan invadenti, trascinandola nel giardino addobbato ad arte. Sempre lui, che era il suo amico.
Non ricordava più com'erano arrivati a quel punto. Nascosti in un mosaico di fontane e sentieri acciottolati, lui che si chiedeva dove fosse finito Keiichiro, ma che aveva altro per la testa, lei che improvvisamente era stata colta da un brutto presentimento, ma che l'aveva ignorato.
Avevano parlato di tutto e di niente, alla ricerca di un pretesto per sentirsi vicini, loro che a volte si capivano soltanto guardandosi negli occhi.
Zakuro si era sentita avvolgere da un insolito tepore, un velo delicato, gentile, di cui lo chamapagne non era responsabile. Quando avevano deciso di rientrare alla villa, il tacco le si era piegato e lei era scivolata contro la sua schiena, perché Ryou era già pronto ad accoglierla, inconsapevolmente. Il suo respiro le aveva solleticato il collo, profumo di menta e ambra, mani calde sui suoi polsi, risata roca che si era stemperata nell'immediato, per effetto di una tensione condivisa.
Era il resto che non ricordava.
Come si erano liberati della calca di ricchi imbellettati, com'erano finiti a casa di lui, bocca contro bocca, mani che si cercavano, si scoprivano e si riconoscevano, specchio riflesso di una malinconia taciuta. 
Zakuro lo sentì premere contro il suo interno coscia e riaffiorò da quella fumosa bolla di ricordi, il respiro spezzato e il cuore accartocciato sotto al seno. Ryou si scostò dalle sue labbra, fissandola in silenzio, lo sguardo che parlava di confusione e bisogno di lei.
"Che cosa siamo?"
Un mormorio soffuso, appena percettibile, mentre gli allacciava le gambe alla vita.
"Amici?"
Ryou appoggiò la guancia contro la sua. "Gli amici non vanno a letto, Zakuro."
Rabbrividì al suone di quelle parole, un canto sussurratole all'orecchio che s'irradiò nei recessi più reconditi del suo cuore. 
Il mondo che scorse in queli occhi d'oceano, mentre i loro respiri si fondevano e si chiamavano, le comunicò quello che aveva capito da troppo tempo. Quello che avevano iniziato, entrambi da pentiti, ma incapaci di porvi un freno, non sarebbe finito senza sofferenza. Perché nessuno dei due si sarebbe fatto bastare quel giorno ovattato, ritagliato in una notte da dimenticare e in un'alba da rinnegare. Nessuno dei due avrebbe voluto smettere veramente, eppure qulla sera si sarebbero separati.
Ryou la prese senza chiederle il permesso, con lenta intensità. Non smise di guardarla negli occhi per un solo istante, permettendole di scolpire su di sé ogni traccia del suo sapore. Dove c'era un brivido, c'erano le sue mani, dove c'era una fitta di dolore, c'era un bacio senza fine. C'erano loro, persi in se stessi, il piacere che era solo un contentino a quello che entrambi, lo sapevano, avevano paura di concedersi.
E mentre Zakuro baciava quelle labbra salate e accarezzava quelle spalle tese, non c'era più nient’altro all'infuori di loro due. Lei che l'accoglieva dentro di sé, abbandonandosi al suo desiderio, lui che la possedeva come se fosse di cristallo, rifugiandosi nel suo irresistibile calore.
Solo loro, due amici che facevano l'amore e avevano smesso di esserlo.



 
***




"Signorina Fujiwara?"
"Sì?"
Zakuro rivolse un'occhiata alla truccatrice e quest'ultima smise di passarle il mascara, permettendole di girare la sedia dallo schienale pieghevole verso la porta del camerino. 
"Fanny, tra dieci minuti sono in scena" sospirò non appena riconobbe l'assistente della costumista. Giurò a se stessa che se le avesse proposto di fare un'altra modifica al vestito, l'avrebbe mandata a quel paese seduta stante.
"C'è una consegna per lei. La persona che gliela manda ha insistito affinché la portassimo qui prima dello spettacolo."
La truccatrice le lanciò un'occhiata perplessa, ma Zakuro rimase impassibile, nascondendo noia e fastidio nelle labbra serrate. "D'accordo. Qualsiasi cosa sia, lasciala sul tavolo."
"Chiamo Elthon e gli dico di portarteli." Fanny le sorrise e si congedò.
Un minuto dopo un mazzo di orchidee bianche, i suoi fiori preferiti, venne sistemato a pochi metri di distanza dalla sua sedia, il loro profumo che la stuzzicava invadente e le parlava di un giorno sigillato nel cuore. La matita nera sbiadì improvvisamente sui suoi occhi e la truccatrice fu costretta a ripassargliela da capo.
Fu pronta per il rotto della cuffia, maledì quell'uomo finché non fu arrivata sul palco, il sapore di lui che tornava ad abbracciarla come se non se ne fosse mai andato via nei due mesi passati, un bigliettino trovato tra i rami dei fiori nascosto sotto il seno, all'altezza del cuore. Il messaggio in una grafia sottile ed elegante parlava per entrambi.
"Non sei stanca di scappare da te stessa?"
Nessuna firma, perché lei ce l'aveva inciso dentro, il suo nome.
"Ryou Shirogane, sei un vero stronzo."


 
***



 
"Quel giorno come hai fatto a convincere la security a farti passare?"
"Ho pagato."
"Quanto hai pagato?"
"Gordon e Frencis hanno dato le dimissioni la mattina dopo. È una risposta sufficiente?"










Spazio dell'autrice
Una storia senza pretese, scritta di getto. Ho sempre pensato che Zakuro e Ryou stiano meglio come migliori amici, perché li vedo troppo simili. Con l'idea dell'amore che ho io, preferisco un tipo di legame basato più sulle diversità, però mi è piaciuto scrivere su di loro in un contesto amoroso. Io me li immagino così, codardi tutti e due, perché hanno paura dell'abbandono, ma alla fine la più forte è Zakuro, che accetta l'amore e non lo rinnega. Ryou, per come la vedo io, ci arriva dopo a capire che deve farsi avanti per non perdere la persona amata. Zakuro lo definisce "stronzo" appunto perché lui c'ha messo due mesi, prima di fare un altro passo verso di lei, quel "Non sei stanca di scappare da te stessa?" non è un'accusa, ma una domanda retorica, espressione di una condizione emotiva condivisa.
Spero che la storia vi sia piaciuta nella sua semplicità. Grazie a chi ha letto! 
 
  
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