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Autore: LindaBaggins    06/03/2016    0 recensioni
Sono tempi bui: Voldemort, appoggiato da un numero sempre crescente di seguaci, si prepara a salire al potere, e nel mondo magico cominciano a levarsi i primi venti di guerra. Attraverso una storia di vent’anni e sullo sfondo di due Guerre Magiche, si sviluppano le vicende di Catherine Swire - prima Grifondoro timida, gentile e insicura, poi Auror del Ministero, e infine membro del nuovo Ordine della Fenice – legate a doppio filo a quelle dei Malandrini in un intreccio di amicizie, tradimenti, amori e perdite.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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CAPITOLO 2

DIAGON ALLEY
 
 

“La timidezza non è che la conseguenza di un senso di inferiorità.
Se potessi convincermi che le mie maniere sono del tutto disinvolte e garbate, non sarei timido
.”
(Jane Austen, Ragione e sentimento)
 
 
 
La prima impressione che Catherine ebbe una volta attraversato il varco incantato che dal retrobottega del Paiolo Magico conduceva a Diagon Alley, fu che sulla città fosse improvvisamente calata una spessa cortina d’oscurità.
Non c’entrava nulla il tempo: il sole di fine agosto, proprio come nei giorni precedenti, splendeva violento e incontrastato nel cielo limpido, costringendo i passanti a mantenersi sui bordi della strada per sfruttare il più possibile la frescura delle pozze d’ombra formate dagli edifici. Era piuttosto qualcosa che aveva a che fare con le facce delle persone. Tutti quanti camminavano rapidamente, a testa bassa, come se avessero fretta di recarsi da qualche parte. Le risate erano brevi, sporadiche e venate da un’impercettibile nota di nervosismo, quasi ci fosse il timore che qualcuno potesse sentirle. Pochissimi si trattenevano all’aperto a chiacchierare, preferendo piuttosto soffermarsi nella rassicurante penombra dei negozi. Nella mente di Catherine, in piedi a metà tra il mondo babbano e il mondo magico, tornò prepotente il paragone con i topi spaventati, e una sensazione di cupa inquietudine le attraversò il petto. Forse sua madre aveva ragione, dopotutto … venire a Diagon Alley non era stata una brillate idea. Per un momento Cathy desiderò essere a casa, nella tranquillità della sua stanza, con il familiare rumore delle fusa di Medea sulle ginocchia, ma il pensiero di Lily e Mary la fece riscuotere dal suo torpore. Fu sollevata di sentire un lieve sorriso incresparle le labbra, mentre l’angoscia, come una grigia cortina di nubi, poco a poco si dissipava. Già pregustava il momento in cui le avrebbe riabbracciate e avrebbero colmato con chiacchiere, risate e racconti quegli interminabili mesi di separazione. Si erano date appuntamento davanti alla gelateria di Florian Fortebraccio, il che costituiva un altro valido motivo di felicità: se c’era un cosa per cui Catherine andava pazza (oltre agli animali strani e potenzialmente pericolosi), era il gelato … e quelli di Florian erano tra i più buoni che avesse mai assaggiato in vita sua. Stava giusto per muoversi in direzione della gelateria, impaziente di scoprire se le sue amiche fossero già arrivate, quando una voce a pochi metri da lei la fece sussultare.
«Ciao. Ehm … mi rincresce disturbarti, ma dovrei controllare la tua borsa.»
Catherine fissò confusa il ragazzo alto dai capelli castani che le si stava avvicinando. Ci mise qualche secondo a capire perché un estraneo avesse necessità ficcare il naso nella sua borsa, ma quando visualizzò lo stemma del Ministero della Magia appuntato sulla sua veste tutto cominciò ad esserle più chiaro.
«Mi dispiace» ripeté il ragazzo con un sorriso di scusa, notando la sua perplessità. «Mi rendo conto che non è piacevole, ma purtroppo ho ricevuto disposizioni precise.»
«Oh … ma certo!» rispose Catherine, sfilandosi in fretta la borsa dalla spalla e tentando di aprirla. Si sentiva lo sguardo del giovane Auror puntato addosso, e ciò non rendeva le cose più facili. Mentre armeggiava con il fermaglio della borsa, che guarda caso aveva l’irritante vizio di bloccarsi nei momenti meno opportuni, fece un rapido mente locale sulle condizioni della sua faccia e dei suoi capelli. Quella mattina l’avevano costretta a rimanere più del solito davanti allo specchio, d’accordo, ma a parte questo non le sembrava di avere un aspetto da malintenzionata …
«Ecco qua» disse, riuscendo finalmente ad aprire la borsa e spalancandola davanti agli occhi del ragazzo. L’Auror scrutò attentamente all’interno con gli occhi socchiusi, poi puntò verso l’interno la punta della bacchetta e borbottò qualche parola incomprensibile, probabilmente alla ricerca di qualche incantesimo di invisibilità o di camuffamento. Catherine si ritrovò a chiedersi quanto potesse essere utile controllare le borse dei passanti al fine di cogliere in flagrante eventuali maghi oscuri. Anche utilizzando tutti gli incantesimi di smascheramento possibili, faticava a cogliere l’efficacia di quelle misure di sicurezza. Sospettava, tuttavia, che in giro per il villaggio fosse presente un nutrito numero di Auror in incognito, e questo la rassicurava ben più di qualche frettolosa e superficiale perquisizione.
«Beh, sembra proprio che sia tutto a posto!» decretò il ragazzo rinfoderando la bacchetta e rivolgendole un ampio sorriso.
«Fantastico!» rispose Catherine, riappropriandosi della borsa che il ragazzo le porgeva. Sorprendentemente, l’Auror non si allontanò, ma le rimase accanto continuando ad osservarla lottare di nuovo con la chiusura difettosa, le labbra piegate in un mezzo sorriso.
Adesso che ci pensava si rese conto che i suoi capelli ondulati, i suoi occhi chiari e la linea decisa del suo profilo le apparivano vagamente familiari, ma prima di riuscire a ricordarsi dove potesse averli già visti, il ragazzo le chiese di punto in bianco, con aria di complicità: «Hogwarts, eh?»
«Già!» rispose Catherine, sentendo un improvviso e ingiustificato bisogno di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Ho intravisto la lista dei libri nella borsa, mentre la controllavo» spiegò lui. «Che anno frequenti, se posso chiederlo?»
«Sto … sto per iniziare il sesto.»
«Sesto? Wow! Mi sembra ieri che sono venuto anch’io a Diagon Alley a comprare Guida alla trasfigurazione avanzata! I gusti della McGranitt sono sempre gli stessi, a quanto vedo.»
Cathy sorrise di nuovo, indecisa se sentirsi imbarazzata o divertita. «Beh … pare di sì!» Sembrava che il ragazzo stesse per aggiungere qualcos’altro, ma una voce burbera e decisamente più matura proveniente da qualche parte in direzione della farmacia lo richiamò all’ordine.
«William Ross! Si può sapere che accidenti stai facendo, ragazzo? Ti sono appena passate accanto due vecchiette con due borse grosse come bauli, e tu nemmeno te ne sei accorto!»
La faccia del ragazzo si accese d’improvviso di un rosso scarlatto. «Oh … ehm … scusami, credo proprio di dover tornare al lavoro! Buona fortuna per i tuoi acquisti! Ci … ci vediamo in giro!»
«Certo … »rispose Catherine frastornata, salutandolo gentilmente con un cenno della testa. Lo osservò mentre raggiungeva in tutta fretta un mago di mezza età dall’aria arcigna e lo sguardo circospetto, farfugliando con aria mortificata “mi scusi, signor Moody”. Per evitare di metterlo in imbarazzo mentre veniva rimproverato da un suo superiore, Catherine distolse lo sguardo e decise che era arrivato il momento di andare per la sua strada. Si avviò lungo la via principale di Diagon Alley, pensando che, se non altro, si spiegava perché la faccia di quel William le sembrasse così familiare: doveva aver frequentato Hogwarts solo qualche classe avanti a lei, anche se non riusciva proprio a ricordarsi quanti anni potesse avere. In ogni caso sembrava molto giovane per essere un Auror. Probabilmente era ancora in apprendistato, e gli avevano affibbiato un incarico semplice perché potesse farsi le ossa …
Presto i suoi pensieri deviarono il loro corso, e Catherine si ritrovò a scorrere mentalmente, per l’ennesima volta, la lista dell’occorrente per la scuola. Aveva quasi finito le sue scorte per Pozioni … e doveva assolutamente fare una capatina al Serraglio Stregato per fare rifornimento delle crocchette preferite di Medea, o a Hogwarts quel piccolo demonio sarebbe sgattaiolato continuamente nelle cucine a rubare cibo (Merlino solo sapeva come ci riusciva!) seminando il panico tra gli elfi domestici …
Finalmente dalla curva disegnata dalla strada spuntarono la tenda variopinta della Gelateria Florian Fortebraccio. I pittoreschi tavolini che il proprietario aveva disposto all’aperto, di solito pieni di schiamazzanti bambini con le bocche impiastricciate di cioccolato e di adulti che chiacchieravano affondando i cucchiai in enormi coppe di gelato, quel pomeriggio erano deserti in modo quasi desolante. L’attenzione di Catherine non tardò quindi ad essere catturata da una chioma rosso fuoco appartenente ad una ragazza seduta su uno degli sgabelli in elegante ferro brunito. Affrettò il passo, felice, mentre Lily Evans le rivolgeva un sorriso radioso e agitava il braccio nella sua direzione in segno di saluto.
«Cathy!»esclamò abbracciandola stretta quando finalmente l’amica l’ebbe raggiunta. «È così bello rivederti! Mi sei mancata!»
«Anche tu a me! Mary non si è ancora vista?»
«Aspetta un attimo» rispose Lily fingendo di pensare intensamente. «Stai parlando di Mary? Mary McDonald, che è geneticamente incapace di arrivare con meno di mezz’ora di ritardo? Quella Mary?»
Cathy alzò le mani in segno di resa. «Hai ragione, domanda stupida. Ehi, non posso crederci, ti sei abbronzata! Com’è possibile?»
Lily ridacchiò, facendo brillare gli occhi verdi. La sua pelle, bianchissima e piena di lentiggini, di solito sembrava possedere lo strano potere di respingere i raggi del sole, ma adesso aveva effettivamente l’aspetto di qualcuno che ha passato quasi due mesi in vacanza al mare. Anche Catherine aveva per natura la pelle molto chiara, con l’unica differenza che ogni volta che provava ad esporsi al sole ne ricavava irritanti scottature rossastre su cui poi doveva applicare pozioni lenitive per giorni.
«Tutto merito del Decotto Abbronzante di tua madre!» rispose Lily allegra, mentre si sedevano. «Ha fatto veramente miracoli! Ricordami di ringraziarla, quando ci rivedremo.»
«Ne sarà felice» sorrise Catherine. Ripensò al giorno prima, alle parole avventate di Isabel riguardo ai rischi dell’essere amica di Lily, e constatò con tristezza che, se sua madre fosse stata lì in quel momento, probabilmente si sarebbe sentita ancora più in colpa davanti alla gratitudine con cui Lily parlava di lei.
«Allora» disse, imponendosi di scacciare i pensieri sgradevoli e concentrarsi solo sulle cose belle che quella giornata aveva da offrire, «Abbronzatura a parte, come sono state queste settimane di mare?»
«Piacevoli, direi!» rispose Lily con moderato entusiasmo. «Era un sacco di tempo che non facevo una vacanza con i miei genitori, ci siamo divertiti molto! Peccato solo per … » il suo sorriso si incrinò appena « … Beh, come ti ho scritto nella lettera, Petunia non è stata sempre il massimo della compagnia.»
A Catherine parve di vedere un’ombra fugace passare sul volto di Lily mentre pronunciava queste parole, ma non se ne stupì. Da quando erano diventate amiche, sei anni prima, aveva frequentato spesso la famiglia Evans, e non aveva mai mancato di notare che all’estremo orgoglio con cui Lily veniva trattata dai genitori faceva da contraltare l’evidente rancore riservatole dalla sorella maggiore. Petunia sembrava nutrire per tutto ciò che riguardava il mondo magico (Lily compresa) un’avversione tanto tenace da sconfinare nell’odio; ma a Catherine non era sfuggito che il tanto ostentato disprezzo per “quelle stramberie da svitati” e l’acidità con cui accoglieva ogni tentativo di Lily di farla partecipe della sua vita nascondevano qualcosa di molto diverso: invidia, gelosia e un bruciante senso di inferiorità. Nella mente di Petunia, lei era una normalissima ragazza senza alcun particolare talento, mentre Lily era speciale; lei avrebbe poteva aspirare nella migliore delle ipotesi all’anonima scuola pubblica di Cokeworth, mentre Lily era stata scelta per frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts; lei era goffa, sgraziata e introversa, mentre Lily era bella, solare e piena di amici; lei riusciva a raggiungere risultati dignitosi soltanto al prezzo di enormi fatiche, mentre Lily brillava con facilità in tutto ciò che faceva. Catherine, a volte, non sapeva per quale delle due ragazze provare più pena: se per Petunia, costantemente messa in ombra dalla sorella, o per Lily, che vedeva costantemente mortificati tutti i suoi sinceri tentativi di stabilire un legame. Non avrebbe mai creduto di poterlo pensare, ma in quel momento fu quasi contenta di non essere andata in vacanza con gli Evans: essere testimone per un lunghissimo mese del conflitto tra le due sorelle, senza poter fare nulla per smorzare il disagio dell’amica, era una prospettiva che, in fin dei conti, non la allettava per niente.
Lily, a quanto pare, aveva notato la sua espressione significativa, perché si affrettò ad aggiungere: «Sai, Tunia è un po’ sotto pressione per via di quel corso da dattilografa che sta seguendo a Londra … è un po’ stressata, ecco.»
Catherine non era mai riuscita a capire perché Lily si ostinasse sempre a difendere così tenacemente sua sorella. Petunia non mancava occasione di dimostrarle il suo livore, mentre Catherine poteva giurare di non aver mai sentito Lily spendere una singola parola cattiva contro di lei. La sua amica era probabilmente una delle persone più dolci e comprensive che conoscesse, ma sapeva anche essere dura con chi se lo meritava: James Potter (e più recentemente Severus Piton) ne erano stati una dimostrazione palese.
Dev’essere questo che significa avere una sorella, pensò Catherine con una punta di amarezza. Volerle bene nonostante tutto, a prescindere da come può comportarsi con te.
Proprio in quel momento Florian Fortebraccio, il burbero e gentile proprietario della gelateria, si avvicinò al loro tavolino con un ampio sorriso, chiedendo che cosa volessero ordinare. Catherine e Lily lo salutarono cordialmente, ma risposero che preferivano aspettare la loro amica, anche se era in leggero ritardo.
«Leggero un corno» borbottò Catherine guardando l’orologio mentre Florian si allontanava. «Sono già venti minuti che si fa attendere! Giuro che Mary dovrà offrirmi gelati per il resto dell’anno scolastico!»
«Abbi pietà di lei, in fondo è ancora entro i limiti della sua mezz’ora d’ordinanza» ribatté Lily ironica, lanciando una distratta occhiata all’orologio. «Piuttosto, prima che me ne dimentichi … Ti ho riportato il libro che mi hai prestato prima dell’estate!»
Frugò per qualche secondo nella borsa e ne estrasse un volume rilegato non troppo spesso con una bella copertina verde brillante, su cui campeggiava il titolo: Il mistero della villa sul lago. Un giallo di Magnus Webb.
«L’hai finito!» esclamò Catherine. «Come ti è sembrato?»
«Meraviglioso!» rispose Lily entusiasta. «Non riuscivo a smettere di leggere, sono stata tutto il tempo con il naso incollato alle pagine! Quando Celsius ha smascherato McDowell davanti a tutti non potevo crederci, chi avrebbe mai pensato che l’assassino fosse lui? Insomma, solo un pozionista esperto avrebbe saputo dosare l’essenza di belladonna in modo che non lasciasse tracce!»
Catherine sorrise. Parlare di libri - babbani e non - di solito era un buon modo per distrarre Lily dai pensieri tristi, e anche stavolta sembrava aver funzionato. «Sono contenta che ti sia piaciuto. A casa ho anche il secondo volume, posso prestartelo quando vuoi.»
«Sì, sarebbe fantastico!» concordò Lily. «Ricordami di … Chi diamine è quello
Catherine si voltò cautamente e gettò un’occhiata furtiva oltre la sua spalla: il ragazzo dai capelli castani che le aveva perquisito la borsa stava risalendo proprio in quel momento la strada principale. Si affrettò a voltarsi di nuovo: per qualche ragione non voleva che la sorprendesse a fissarlo.
«Oh … ehm … è un Auror, mi ha controllato la borsa all’ingresso di Diagon Alley» spiegò a Lily. «Strano che tu non l’abbia visto …»
«Quando sono arrivata io ce n’era uno più vecchio» disse Lily scuotendo la testa, e Catherine immaginò che si riferisse all’Auror dall’aspetto arcigno che aveva rimproverato William davanti a lei. «È strano, mi sembra che abbia un’aria familiare … In ogni modo, hai idea del perché ci stia fissando?»
Catherine non fece in tempo a pensare ad una risposta plausibile, perché proprio in quell’istante si accorse che il ragazzo, arrivato all’altezza della gelateria, aveva attraversato la strada e si dirigeva nella loro direzione.
«Ehi!» sorrise rivolto a Catherine, quando raggiunse il loro tavolino. «Ci si rivede, a quanto pare!»
«Già» rispose lei ricambiando il sorriso e accorgendosi con orrore di quanto la sua voce suonasse acuta. Doveva piantarla di rispondere sempre “già”. Sembrava una completa idiota che non conosceva altri vocaboli a parte quello.
«Finito di fare compere?» chiese William in un palese tentativo di avviare una conversazione.
«Veramente … stiamo aspettando un’amica.»
«Oh. Capisco.»
Per un attimo, proprio come era successo all’ingresso di Diagon Alley, l’Auror sembrò sul punto di dire qualcosa per poi cambiare idea all’ultimo momento.
«Beh, io adesso vado in pausa» disse alla fine, sorridendo nervosamente. «Buona fortuna per i libri!»
Rivolse ad entrambe un breve cenno di saluto con la mano. Poi attraversò di nuovo la strada per tornare sui suoi passi, voltandosi per guardare ancora nella loro direzione e rischiando di travolgere un’anziana strega con uno sgargiante cappello viola. Catherine lo guardò allontanarsi, orribilmente consapevole dell’espressione maliziosa con cui Lily la stava fissando.
«Sì, direi che ora è tutto chiaro» sentenziò l’amica.
«Cosa è chiaro?» chiese Catherine cadendo dalle nuvole.
«Ma che gli piaci, mi sembra ovvio!»
Catherine, suo malgrado, sentì la faccia andarle letteralmente a fuoco. «Che cosa? No, lui non … ci saremo parlati sì e no per cinque minuti … sono sicura che …» si impappinò.
Lily sollevò un sopracciglio. Catherine odiava quando lo faceva. La faceva sentire una perfetta idiota.
«Cathy …» sospirò Lily. «Ha cambiato strada per venire a farti domande completamente inutili, ti ha fissato per tutto il tempo e ha quasi calpestato una vecchietta.»
Catherine si mordicchiò il labbro inferiore. «Tu credi che …» iniziò, dubbiosa.
«O è così, oppure il Ministero te l’ha messo alle costole per pedinarti, nel qual caso consiglierei loro di scegliere meglio i loro agenti in incognito» ribatté Lily sarcastica. «Vedi un po’ quale ti sembra l’ipotesi più probabile.»
Catherine sbatté le palpebre, perplessa, ma pensò che Lily non aveva tutti i torti. In fondo, lei era una frana ad accorgersi di questo genere di cose. Capitava talmente di rado che un ragazzo si mostrasse interessato a lei, che non sapeva mi interpretare i segnali nel modo giusto.
«Beh … in effetti aveva un comportamento un po’ strano …» azzardò titubante, ma non poté fare a meno di sentire una piacevole sensazione di vanità lusingata fare le fusa nel suo stomaco.
«Poteva andarti peggio!» osservò Lily strizzandole l’occhio. «È anche piuttosto carino!»
«Sì, lo è …» mormorò Catherine sorpresa, guardandolo allontanarsi sempre di più lungo la strada principale di Diagon Alley. Non l’aveva ancora formulato come pensiero vero e proprio, impegnata com’era a cercare di ricordarsi dove l’avesse già visto, ma mentre lo diceva si rese conto che, Merlino, era proprio vero …
In quel momento, mentre la figura alta e i capelli castani di William sparivano dietro la curva, Catherine vide Lily spostare lo sguardo verso un punto al di là della sua spalla e iniziare ad agitare il braccio.
«Oh, ecco Mary, finalmente!» esclamò con evidente sollievo. «E c’è anche David!»
Catherine si voltò giusto in tempo per vedere la figura slanciata e snella di una ragazza con i capelli neri precipitarsi verso di loro sorridendo radiosa. Gli occhi erano coperti da un paio di larghi occhiali da sole, e le sue dita erano graziosamente intrecciate a quelle di un ragazzo alto e dalle spalle larghe, con un ciuffo ribelle di capelli castani sulla fronte. Era David Cooper, settimo anno, cacciatore e capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro.
«Ragazze!» le chiamò Mary eccitata, agitando freneticamente una mano in segno di saluto. «Eccovi qua!»
Non appena arrivò accanto al loro tavolo mollò senza troppi complimenti la mano del suo ragazzo e le strinse entrambe in un abbraccio stritolatore. «Merlino, quanto mi siete mancate!» esclamò stampando un bacio sulla guancia di ciascuna. «Dite la verità, non pensavate che ce l’avrei fatta ad arrivare, vero?»
Catherine sorrise indulgente. Era quella una delle cose belle di Mary: aveva una montagna di difetti (di cui l’essere costantemente in ritardo era solo uno dei più lievi), ma sapeva scherzarci su senza prendersi mai troppo sul serio.
Nel frattempo anche il ragazzo di Mary le aveva raggiunte. Le salutò con quieta cordialità, le mani affondate nelle tasche e un sorriso gentile sulle labbra. «Ehi, ragazze. Tutto bene?»
«Ciao, David!» rispose Catherine. «Non c’è male, grazie. E tu? Passata una bella estate?»
Lui si strinse nelle spalle. «Un po’ monotona. Mio padre non ha potuto prendersi nemmeno un giorno di ferie … sapete, con tutte le misure di sicurezza che il Ministero sta mettendo su in questo periodo … così siamo rimasti tutti a casa per non lasciarlo solo. Ma avrei comunque passato le vacanze sui libri per recuperare i miei voti in Pozioni, perciò non ha fatto molta differenza.» Cinse con un braccio le spalle di Mary. «Almeno lei si è divertita! Si era offerta di rimanere a Londra per tenermi compagnia, ma l’ho obbligata ad andare con i suoi. Insomma, non capita spesso di andare in vacanza negli Stati Uniti, giusto?»
Mary sembrava essere improvvisamente molto interessata alle unghie della sua mano destra, sulle quali ovviamente non c’era la minima traccia di scheggiatura. Lily, da parte sua, si era appena lasciata sfuggire un leggero ma significativo colpo di tosse, così Catherine pensò che era decisamente il caso di far virare la conversazione verso un argomento meno compromettente.
«Anche a me non è andata troppo bene in Pozioni» disse, affrettandosi a cambiare discorso (Mary, ancora attaccata al fianco di David, sospirò visibilmente di sollievo). «Sono riuscita a strappare la sufficienza e a prendere un G.U.F.O., ma non so se Lumacorno mi vorrà nella sua classe solo con un “Accettabile”.»
«Beh, Lumacorno può essere un po’ pomposo a volte, ma in fondo è un buon diavolo. Vedrai che non ti creerà troppi problemi» la rassicurò David. «Io spero solo che i M.A.G.O. mi lascino abbastanza tempo per occuparmi del Quidditch, o quest’anno possiamo anche scordarci la coppa, Potter o non Potter … Oh, ci sono Michael e Clark!» Agitò una mano verso due Grifondoro del suo anno che lo stavano chiamando dall’altro lato della strada, poi si rivolse a Mary: «Puffola, ti secca se li raggiungo?»
«Dave, ricordi la nostra conversazione a proposito dei nomignoli in pubblico?» replicò Mary a denti stretti, con un sorrisetto tirato. «Comunque non c’è problema, vai pure. Ci vediamo più tardi prima di tornare a casa.»
David le stampò un lungo bacio sulle labbra (a cui Mary rispose con tiepido entusiasmo) e poi si allontanò baldanzoso, salutando Lily e Catherine con la mano. Mary si lasciò cadere su una sedia accanto a loro, e Catherine non poté non notare l’evidente sollievo dipinto sulla sua faccia.
«Grazie al cielo anche i suoi amici hanno deciso di venire a Diagon Alley, oggi» sbuffò, sistemandosi le pieghe della gonna. «Stavo già iniziando a temere di vedermelo appiccicato alle costole tutto il pomeriggio.»
«In effetti ero convinta che l’essere fidanzati comportasse trascorrere del tempo insieme» obiettò ironica Catherine. «Ma tu sei decisamente più esperta di me sull’argomento, perciò chi sono io per giudicare?»
«Hai ragione, ma che posso dirti? Da un po’ di tempo a questa parte Dave sta iniziando ad essere un po’ soffocante … pensa che mi ha addirittura chiesto se volevo conoscere i suoi genitori!»
«Cielo, come ha potuto fare una cosa del genere?» esclamò Catherine fingendosi sdegnata.
«Presumo dal tuo tono che tu gli abbia detto di no … » azzardò Lily.
Mary scrollò le spalle, a disagio. «Ovvio che gli ho detto di no! Voglio dire, mica stiamo per sposarci!»
Catherine scambiò uno sguardo rassegnato con Lily (che evidentemente, come lei, faticava a cogliere il nesso tra essere presentata alla famiglia del proprio ragazzo e fissare la data delle nozze), ma ancora una volta si astenne dal commentare. Rientrava tutto nell’ordinaria amministrazione: Mary si metteva con un ragazzo e puntualmente già qualche mese dopo iniziava a stufarsi di lui. Con David era durata persino più del previsto: era già quasi un anno che stavano insieme, e sia Catherine che Lily si erano stupite che ancora non lo avesse scaricato per flirtare con qualcun altro.
«Non è che non gli voglia bene» continuò Mary incrociando le braccia nude sul petto. «Ma sto cominciando a pensare che sia troppo … tranquillo per i miei gusti. È troppo … troppo … troppo bravo ragazzo, se capite cosa intendo.»
Catherine capiva benissimo cosa intendesse, e non poteva negare che David, in effetti, fosse davvero un bravo ragazzo. Oltre a possedere il fascino del giocatore di Quidditch (caratteristica che aveva contribuito parecchio ad accendere l’interesse di Mary nei suoi confronti), era un tipo intelligente, gentile, premuroso e incline al romanticismo. Qualità che molte altre ragazze avrebbero probabilmente accolto con gioia, ma che sul carattere indipendente e stravagante di Mary esercitavano un’attrattiva molto limitata nel tempo.
Come volevasi dimostrare, la seguente mezz’ora fu impiegata da Mary nel racconto dettagliato della sua estate negli Stati Uniti, con particolare enfasi sull’eccitante flirt clandestino con Joe l’americano, il quale, a quanto pareva, non aveva l’irritante vizio di David di comportarsi da “santarellino” e di fare lo sdolcinato in pubblico. Catherine e Lily la ascoltarono tra il rassegnato e il divertito, affondando i cucchiai nelle gigantesche coppe di gelato guarnite da cialde e ombrellini che Florian, nel frattempo, aveva portato al loro tavolo. Era piacevole starsene lì sedute senza nulla a cui pensare, ridacchiando per le chiacchiere di Mary in compagnia del proprio cibo preferito, e Catherine si rese conto improvvisamente di quanto tutto quello le fosse mancato durante quell’interminabile estate a tu per tu con gli Streeler.
«E così gli ho detto: “Senti, solo perché abbiamo pomiciato un paio di volte nella tua stanza non vuole dire che dobbiamo andare in giro tenendoci per mano, ti pare? Io riparto tra qualche giorno, quindi cerchiamo di dimenticarci la cosa e tanti saluti!”. Lui ovviamente l’ha presa benissimo, non è certo il tipo da farsi questo genere di problemi!» concluse Mary gesticolando animatamente con un ombrellino giallo limone nella mano destra.
«Mary, non vorrei fare la parte della guastafeste, ma non credi di stare un po’ esagerando?» obiettò Lily cautamente, prima di prendere un’altra cucchiaiata di gelato. «Voglio dire, David non è la solita storiella passeggera. State insieme da quasi un anno, e lui sembra molto preso da te.»
Catherine tacque, ma non poté fare a meno di trovarsi d’accordo. Lei e Lily non avevano mai giudicato Mary per la sua mancanza di costanza nei rapporti con i ragazzi: la conoscevano meglio di chiunque altro, e sapevano che il modo superficiale con cui gestiva le proprie storie non era dovuto alla cattiveria, ma ad un genuino desiderio di seguire i propri impulsi e di divertirsi quanto più possibile. Tutte le storie in cui Mary era andata ad impelagarsi si erano puntualmente rivelate dei fuochi di paglia e delle cotte passeggere, ma nel momento in cui si invaghiva Mary lo faceva in modo sincero: ogni volta sembrava essere un innamoramento destinato a durare per la vita, e l’entusiasmo dell’amica in quelle occasioni toccava vette tali che anche Catherine e Lily, che ormai sapevano benissimo come sarebbe andata a finire, non potevano evitare di sentirsi felici per lei. Finora, però, Mary si era sempre limitata a porre fine a una relazione quando il suo entusiasmo per il ragazzo di turno si affievoliva: il problema del tradimento, quindi, non si era mai posto perché nessuna storia era mai durata abbastanza da permetterlo. Con David, però, le cose sembravano stare in modo un po’ diverso.
Evidentemente anche Mary se ne rendeva conto, perché le parole di Lily la fecero arrossire leggermente. Quando parlò di nuovo, però, il suo tono suonò tranquillo e spavaldo come sempre.
«Forse hai ragione» rispose scrollando le spalle con finta indifferenza e stuzzicando l’ombrellino giallo con la punta del dito. «Ma in fondo questa storia di Joe è stata solo una cosa senza importanza. Non voglio lasciare David per una sciocchezza del genere. Come hai detto tu, ci tiene molto a me, e non mi va proprio di ferirlo.»
Catherine pensò che Mary si stesse comportando un po’ da egoista, ma non poté fare a meno di sorridere fra sé: anche se faceva di tutto per dimostrare il contrario, era palese che anche lei (in un modo distorto e tutto suo) volesse bene a David.
Mentre le coppe di gelato giungevano al termine, la conversazione virò poco a poco verso altri argomenti. Catherine si divertì a provocare il malcelato ribrezzo delle amiche mentre raccontava nei dettagli il suo studio estivo sugli Streeler, mentre Lily parlò in tono entusiasta dei bellissimi paesaggi, della cordiale ospitalità e del buon cibo offerti dal paesino di mare in cui aveva trascorso le vacanze.
«E … sei anche andata al cimena, ogni tanto?» domandò Mary elettrizzata, mostrando poco interesse per le passeggiate sulla spiaggia, i ristorantini di pesce e le escursioni del signor Evans. «Negli Stati Uniti non sono riuscita a vedere un solo maledettissimo film, i miei cugini non ne volevano sapere. ‘Sai che novità, Mary, fotografie che si muovono! E i babbani pensano di aver fatto questa grande scoperta?’ Zoticoni …»
Da quando, un paio di anni prima, Lily le aveva portate entrambe in una sala cinematografica per la prima volta, Mary era rimasta folgorata da quella bizzarra e sconosciuta forma di intrattenimento. Comprava in continuazione riviste di cinema babbane (a Hogwarts se le faceva recapitare ogni mese dal suo gufo), tormentava Lily perché le raccontasse fin nei minimi dettagli tutti i film che aveva visto, e durante le vacanze, anche in assenza di Lily, trascinava spesso Catherine in un piccolo cinema vicino a casa sua (facendo ogni volta una solenne confusione con le monete babbane e facendo impazzire il bigliettaio).
«Sì, ci siamo andati un paio di volte» rispose Lily, ridacchiando per la storpiatura a cui ancora Mary riusciva a sottoporre la parola “cinema”.
«Davvero?» chiese Mary, mentre i suoi occhi si allargavano per l’interesse. «E che cosa avete visto? Voglio sapere tutto, dalla prima all’ultima scena!»
A Catherine parve giusto intromettersi. «Scusate se interrompo questo interessante scambio culturale, ma sta iniziando a farsi un po’ tardi, e se vogliamo finire gli acquisti prima che cali il sole dovremmo muoverci.»
«D’accordo» sospirò Mary rassegnata, mentre tutte e tre si frugavano nelle tasche in cerca delle falci necessarie a pagare i gelati. «Basta che evitiamo di incrociare David e i suoi amici. Se mi chiama di nuovo Puffola in pubblico, credo che potrei Schiantarlo.»












ANGOLO AUTRICE
Dopo mesi di ispirazione mancata, ripensamenti e impegni universitari, eccomi tornata da voi con un altro capitolo della storia di Catherine. Come avrete capito non succede niente di particolare, ma vengono più che altro introdotti personaggi che saranno importanti per la storia. Mary McDonald è un personaggio che la Rowling fa menzionare a Lily Evans nei famosi flashback de I doni della morte, e che da quanto si riesce a evincere è probabilmente una Grifondoro (Lily dice che è stata lei ad avvertirla del fatto che Piton minacciava di dormire davanti al ritratto della signora Grassa se lei non accettava di vederlo), anche se non sappiamo di preciso quale anno frequenti. Non essendoci informazioni più precise, ho pensato di potermi permettere un certo grado di libertà con lei, così ho deciso di collocarla nello stesso anno e nella stessa casa di Catherine e di Lily. 
Vi preannuncio (ma sicuramente ve ne sarete già accorti) che purtroppo, per cause di forza maggiore, non potrò garantire regolarità negli aggiornamenti. Però tengo molto a questa storia, intendo portarla avanti anche se ci vorrà molto tempo, e sero che vorrete continuare a seguirla ugualmente.
Detto ciò, ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto e ne approfitto per ricordarvi che qualsiasi consiglio/suggerimento/commento sarà ben accetto. 
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A presto!

MrsBlack90
   
 
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