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Autore: silvia93    08/03/2016    2 recensioni
Ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale. Arthur è mandato al fronte a combattere per la Gran Bretagna, mentre Merlin rimane a casa, cercando con difficoltà di affrontare l’assenza del suo migliore amico. Con lo scopo di dare conforto ad Arthur, Merlin comincia a spedirgli frammenti di una storia che racconta di un leggendario Re e del suo devoto servitore.
Attraverso queste lettere, Arthur e Merlin si avvicinano e, forse, cominciano a scoprire sentimenti a cui non avevano mai dato un nome prima. Ma Arthur sopravvivrà alla guerra? E cosa succederà se ce la dovesse fare?
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Otherverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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NOTE DELL’AUTORE: Quando J.R.R. Tolkien cominciò a scrivere Il Signore Degli Anelli, lo fece per suo figlio che era all’estero a combattere nella Seconda Guerra Mondiale. Ho sempre trovato molto commovente questa storia: l’idea che Tolkien provasse questo grande affetto per il figlio, tanto da cercare di dargli conforto nell’unico mondo in cui gli era possibile.
La storia è ispirata da quest’idea, anche se nel caso di Merlin è un diverso tipo d’amore che guida le sue azioni. Ma l’amore è amore e spero apprezziate questa favola di sofferenza e nostalgia


NOTE DEL TRADUTTORE: si, sono ancora qui, e si sempre con una fanfiction Merthur. Dunque, questa storia è davvero meravigliosa e così profondamente..Merthur che DOVETE leggerla. Ma è anche profondamente triste e tragica, quindi vi avverto: scorta di fazzoletti come quando fate il rewatch della 5x13 (e non dite che non lo fate perché in questo fandom siamo tutte/i grandi masochisti).
Detto questo l’unica cosa che mi resta da dire è che, mentre l’originale è una OS, io  ho deciso di divederla almeno in due parti per farvi soffrire di più per gestire meglio i tempi di traduzione e ho deciso di lasciare i nomi in originale perché in italiano mi fanno sanguinare le orecchie.




 
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Febbraio, 1944
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Era un martedì quando Arthur ricevette la notifica di reclutamento tra Forze Armate di Sua Maestà. A Merlin non erano mai piaciuti molto i martedì. Adesso, per lo meno, sapeva perché.
Ad anni dall’inizio della guerra, entrambi avevano iniziato a sperare, stupidamente, come potevano fare solo i giovani a cui piaceva credersi invincibili, che non sarebbe mai toccato a loro. Che la loro vita sarebbe un’estate senza fine passata a sonnecchiare nella veranda sul retro della proprietà del padre di Arthur, a nuotare in piscina, riempiendo il loro tempo con, allo stesso modo, tutto e niente, ogni momento un’infinita possibilità.
La guerra non era stata altro che una minaccia lontana, mai veramente reale.
Fino ad ora, quell’ora era il loro tempo impossibile che rimaneva illimitato, ma allo stesso modo sempre sfuggente. Il loro infinito era terminato.
Ovviamente Arthur aveva accennato al combattere in guerra. Merlin era stato dichiarato ‘non adatto a combattere’, a causa di circostanze attenuanti indipendenti da lui (e forse a causa di qualcosa che Arthur aveva sussurrato all’orecchio della capo infermiera mentre pensava che Merlin non stesse guardando) quindi avevano sempre saputo che qualsiasi cosa fosse successa non sarebbero stati mandati al fronte insieme.
Tuttavia erano in qualche modo riusciti a ignorare questa realtà, nei loro discorsi sull’onore sulla  gloria e sul riconquistare la Gran Bretagna nel nome degli Inglesi (-E per chiunque altro voglia chiamare quest’insieme di rocce ‘casa’- aveva dichiarato Arthur con foga, un pomeriggio, mentre se ne stavano pigramente sdraiati sotto l’ombra della loro betulla preferita).
Ma ora, non c’erano sogni o progetti da fare, solo la dura realtà e l’inevitabilità della guerra e del dolore e dell’oscurità, e Merlin doveva dire addio al suo migliore amico per quello che suonava orrendamente come un per sempre.

Non avevano detto niente, dal momento in cui Merlin si era svegliato nella stanza degli ospiti nella residenza dei Pendragon quella mattina, al momento in cui si erano ritrovati sulla banchina della stazione ferroviaria. Il viaggio in macchina era stato teso; neanche il padre di Arthur aveva detto una parola e sua sorella Morgana aveva solo occasionalmente dato voce al suo (di solito taciuto) scontento per il fatto che il padre le avesse reso impossibile  ogni possibilità di combattere in questa guerra, che chiaramente riguardava lei come chiunque altro.
Sulla piattaforma, Arthur aveva abbracciato per primo il padre, poi Morgana che lo aveva tenuto stretto più a lungo e più forte di quanto avrebbe mai ammesso.
Infine Arthur si era girato verso Merlin e gli aveva sorrise tristemente, il primo sorriso che era riuscito a fare da quando era stato arruolato. Perciò anche Merlin aveva sorriso, senza curarsi del fatto che le lacrime gli annebbiassero la vista, non volendo fare altro che riportare Arthur a casa e tenerlo lì, dove potevano nascondersi entrambi dal mondo finché questo avrebbe smesso di girare.
Ma in quel momento non era riuscito a fare altro che offrire la propria mano invece che la propria vita. E quando Arthur l’aveva afferrata e i loro occhi si erano icrociati, Merlin aveva letto le stesse cose nello sguardo di Arthur.
E per un singolo, lunghissimo istante Merlin non era riuscito a parlare o respirare mentre pensava Oh, ma poi Arthur aveva mollta la presa allontanandosi e il momento era passato.
Ma lo stesso, Arthur non aveva mai staccato il proprio sguardo da quello di Merlin mentre aveva camminato all’indietro verso il treno e allo stesso modo erano stati gli occhi di Merlin a cui era rimasto aggrappato mentre il treno cominciava a lasciare la stazione, mentre tutt’intorno a lui i suoi commilitoni, giovani uomini condannati, si fingevano allegri e mandavano baci d’addio alle loro fidanzate piangenti facendo loro vane promesse su quanto presto gli avrebbero rivisti o quanto spesso avrebbero scritto.
Arthur non aveva fatto nessuna di queste promesse, ma allo stesso tempo non aveva detto loro addio. Si era limitato a mantenere fisso lo sguardo su Merlin, un identico Oh impresso sul suo viso triste e improvvisamente disperato.
E poi era scomparso.

Merlin lasciò che Morgana lo abbracciasse e lasciò che le lacrime della ragazza cadessero sulla sua spalla, ma non vide altro che gli occhi di Arthur, non sentì altro che la mano di Arthur nella sua e fu solo quando Uther Pendragon si schiarì la gola e Merlin notò un luccichio di lacrime anche negli occhi dell’uomo più anziano che si ricordò dove si trovasse, chi fosse, e allora provò a smettere di pensare del tutto. 
▬▬▬
Settembre, 1944
▬▬▬

Era autunno e Merlin era al college.
Arthur sarebbe dovuto andare con lui a Oxford, ovviamente, ma Arthur si trovava in Austria ora, o almeno era così l’ultima volta che Merlin aveva saputo qualcosa, tre settimane prima, e Merlin faceva di tutto per non saltare a conclusioni affrettate.
Non vedeva l’ora di frequentare Oxford. Era stato orgoglioso della sua borsa di studio, emozionato per la prospettiva della sua nuova stanza, della sua nuova vita in quella bellissima città di prati verdi e edifici calcarei brillanti e mantelli neri e antiche tradizioni.
Ma senza Arthur i prati erano marroni, le pietre erano gialle, le tradizioni non avevano alcun senso -anche se le toghe non erano meno nere.
Senza Arthur i giorni e le notti si mischiavano, la splendida sala mensa diventava un oppressivo calderone di rumori e finta allegria, i ritratti alle pareti erano continui promemoria di coloro che il mondo aveva perso e dimenticato.
Fu dopo una di quelle cene che Merlin tornò in camera -quella che avrebbe dovuto dividere con Arthur- e trovò il suo compagno di stanza, Gilli, che, con un’espressione preoccupata, lo stava aspettando tenendo in mano una busta sigillata e consumata.
Il cuore di Merlin si fermò e il ragazzo pensò Ecco, ci siamo.
Ma non era quello.

Caro Merlin,
È passato un po’. Vero? Non sono sicuro di quando questa lettera arriverà. Tuttavia ti giuro che non è passata più di una settimana da quando ho ricevuto la tua. Ti avrei scritto prima, ci ho provato, ma sto avendo difficoltà a trovare le parole giuste.
Per alcuni giorni siamo stati solo nelle prime linee, e la verità è, Merlin, che non ci sono parole per descrivere cosa ho visto laggiù. E so che, per quanto proverai a negarlo, tu non vuoi neanche che io ci provi


-Negherei, si- mormorò Merlin con la voce roca, chiudendo un momento gli occhi per ritornare in sé, non voleva che Gilli lo vedesse piangere.

Ma sarei felice di sapere che sto tenendo alto il morale. Il mio plotone è fantastico, vorrei che tu potessi conoscerli. Tuttavia questo vorrebbe dire che tu saresti qui, quindi dimentica ciò che ho detto. Non che io non ti vorrei avere qui. No, lo sai questo, ma non ti voglio qui, voglio che tu sia al sicuro, a casa

Merlin si lasciò scappare una risata tremante, incapace di fermare le lacrime dal cadere e macchiare la pagina. Solo Arthur.
Non era rimasto molto della lettera ormai, e una parte di Merlin voleva smettere di leggere, voleva concedersi una parola al giorno e illudersi che una volta raggiunta la fine della lettera, Arthur sarebbe tornato da lui.
Continuò a leggere.

Sai, Merlin, c’è così tanto che vorrei dirti. Di cosa noi come io come mi senta, cosa penso, cosa mi manca della vita a casa..di come potrebbe essere la vita dopo la guerra se quando tornerò.
Non posso sapere come sia per te, beh, in realtà posso perché mi ricordo come è stato quando tuo padre è stato mandato all’estero l’ultima volta. Oh cavolo, mi dispiace di averne parlato. Faccio schifo a scrivere lettere. Quello che voglio dire è che qui in mezzo al disastro, si comincia a pensare. Alla vita. A quello che è importante. E quello che voglio dire è che tu lo sei


Merlin posò la lettera alzando lo sguardo vuoto verso il muro. Riusciva ad immaginare Arthur di fronte a lui, chiaro come il sole, chino sul foglio che scarabocchiava il suo flusso di pensieri e cercava le parole, parole che non avrebbe avuto nessun significato per chiunque le avesse lette ma che allo stesso tempo significavano tutto per Merlin.
All’improvviso, Merlin si sentì come fosse sull’orlo di qualche verità fondamentale che non riusciva ancora ad afferrare; qualcosa che avrebbe dovuto sapere, qualcosa che avrebbe dovuto capire.

Ora sto litigando con le parole, ma non giudicarmi, lo sai che sei tu lo scrittore, non io

Aveva scritto Arthur.

E, oh se mi mancano le tue storie. Ho provato a ripensarci, qualche volta, mentre sono steso sulla mia brandina con le luci spente mentre provo ad ignorare i rumori della guerra intorno a me.
Mi stanno chiamando adesso. Temo sia tutto per ora visto che voglio spedire questa lettera insieme a quella per mio padre e Morgana.
Ci vediamo
Tuo,
Arthur
P.S. Fammi sapere dei tuoi studi e per favore dimmi che Oxford è noioso come lo aveva immaginato così che non sia troppo invidioso. E non osare andare a vogare senza di me.


Merlin non si premise di pensare a niente mentre ripiegava attentamente la lettera, ancora e ancora, finché non la ridusse a un piccolo quadratino di cui lisciò i margini con le unghie.
Poi prese dalla mensola il suo libro preferito, Fiesta (Il sole sorgerà ancora ) di Hemingway e vi inserì la lettera, sulla sua pagina preferita, quella in cui il Conte suggeriva che Jake e Lady Brett si sposassero. Era una fantastica idea, ma ciò nonostante, la vera tragedia era che queste due persone erano troppo distrutte, e anche se perfetti l’uno per l’altro e davvero innamorati, e non sarebbero mai stati in grado di scegliersi l’un l’altro.
Questa storia gli ricordava qualcosa, anche se non riusciva proprio a capire cosa fosse.
Il libro non era esattamente nascosto; Gilli dopotutto era in camera con lui proprio in quel momento e probabilmente stava ficcanasando, impaziente di chiedere cosa dicesse la lettera. Ma Merlin sapeva che anche nel caso in cui Gilli si fosse arreso alla curiosità e fosse andato a guardare non avrebbe trovato altro che una lettera di un amico ad un altro, scritta nel bel mezzo di una guerra, piena di quella negazione giovanile e della velata disperazione dei condannati.
E Merlin pensò forse è proprio quello che è. Cos’altro può essere?
L’Arthur che Merlin ricordava, quello che avrebbe riso di lui e lo avrebbe preso in giro per le sue orecchie e i capelli e le braccia secche, quello che avrebbe fischiato ammirato mentre la figlia del sovraintendente gli passava accanto indossando un vestitino giallo, era un essere umano in carne ed ossa, con i propri limiti e qualsiasi altra cosa che continuava a fermare la mano di Merlin anche quando quest’ultimo voleva afferrare qualcosa di intangibile, qualcosa di sui sapeva aver bisogno ma che non era in grado di definire.
Ma questo Arthur, che era lontano, i cui sentimenti e pensieri sembravano venire da un’altra epoca, che sarebbe già potuto essere polvere di stelle in volo verso il cielo, era astratto e malleabile, l’unica consolazione di Merlin era l’essere in grado di riempire gli spazi fra le parole scritte sulle pagine delle sue lettere, di insinuare ciò che non doveva mai essere insinuato, di credere a quello a cui non si doveva mai credere.
Mi mancano le tue storie aveva scritto Arthur.
Quello che Merlin aveva scelto di leggere era Mi manchi. Sei importante per me. Tornerò da te
Tuo era quello che era scritto
Solo tuo era quello che Merlin avrebbe voluto leggere.
E questo, forse, era l’intangibile reso reale. Ma andava tutto bene -non era reale. Era solo un pensiero. Arthur era lontano, solo una parola su un foglio.
Le luci si spensero. Merlin si preparò per dormire e sentì che Gilli stava facendo lo stesso. Non ci volle molto perché l’altro ragazzo cominciasse a russare lievemente e Merlin sospirò ricordandosi che Arthur non russava e desiderò che neanche Gilli lo facesse così che Merlin potesse immaginare fossero i respiri di un altro ragazzo quelli che sentiva dall’altra parte della stanza; un solido promemoria di vita e sicurezza, di qui e ora.
Una volta, in un’altra vita, Arthur e Merlin avevano dormito così, fianco a fianco in letti molto più vicini nella camera di Arthur e, nel silenzio della notte mentre il resto della tenuta dei Pendragon dormiva, Merlin gli aveva raccontato delle storie.
Arthur era solito chiedergli storie su cavalieri e magia e draghi e grandi malvagità che lui e Arthur dovevano sconfiggere insieme. E li sconfiggevano sempre, nelle storie che raccontava Merlin. Tornavano sempre a casa sani e salvi, insieme, sempre insieme.
Mi mancano le tue storie
Merlin si sedette sul letto, spalancò gli occhi fissando l’oscurità impenetrabile.
Si era chiesto come avrebbe potuto rispondere ad Arthur, per fargli capire quanto gli mancasse, quanto lo desiderasse -desiderasse il suo ritorno a casa, ovviamente-. Ma certo.
Arthur si sentiva perso, proprio come Merlin, e stava lottando per aggrapparsi a qualcosa. Poteva non essere reale qui, ma là fuori, da qualche parte, era solido e fragile e reale.
E dannazione, Merlin gli avrebbe dato qualcosa a cui aggrapparsi.
Rinvigorito dall’avere uno scopo, Merlin scostò le coperte e si alzò dal letto, si mosse lentamente e con attenzione verso la sua scrivania, mentre Gilli continuava a ronfare ignaro.
Sapendo che quella notte l’inserviente del corridoio aveva già fatto il suo giro, Merlin si sentì sicuro ad accendere una piccola candela, poi si sedette e tirò fuori una serie di fogli bianchi e tolse il tappo della boccetta di inchiostro preparando la penna stilografica (quella con la punta dorata che gli aveva regalato Arthur due anni prima facendogli promettere che l’avrebbe usata solo per mettere su carta le splendide storie che Arthur sapeva esistere nella sua testa).
Merlin non aveva mai usato quella penna prima d’ora. Ma prima d’ora non aveva realizzato quale sarebbe stato lo scopo delle sue storie, quanto avrebbero potuto significare.

Caro Arthur

Cominciò così, ma poi si fermò. Non era così che avrebbe voluto cominciare la sua storia. Ma ciò nonostante così doveva essere.

Ho ricevuto la tua lettera, tre settimane dopo l’ultima. Penso tu debba cambiare postino.

Sospirò alla propria pessima battuta, per quello che poteva saperne lui, il postino poteva anche essere saltato in aria. Ma non c’era tempo per i dubbi. Adesso era tempo di agire, nell’unico modo in cui Merlin poteva.

So che hai detto di non volerlo, ma Arthur, io lo voglio, vorrei essere lì con te. Perché così potrei tenerti al sicuro in riga.
Ma sì, penso che io mi stia godendo Oxford -mi conosci, sai che preferisco la vita tranquilla. E no, non sono andato a vogare, idiota, e sono profondamente offeso che tu abbia anche solo potuto pensare che io possa farlo da solo. In quel caso dovrei vogare sul serio!


Va bene. Era sufficiente. Merlin prese un bel respiro e guardò fuori dalla finestra, verso i campi scuri, prima di immergere la penna nella boccetta e ricominciare a scrivere.

Sono sicuro che tu non voglia sapere delle mie avventure in biblioteca, per quanto possa essere pericoloso incorrere nel vecchio bibliotecario. Queste storie non ti farebbero fare bella fiigura con i tuoi amici, ne sono certo.
E’ ironico che sia proprio quello il luogo in cui hai finalmente trovato il gruppo di cavalieri che hai sempre desiderato, vero? Spero tu te la stia cavando senza il tuo mago.
Solo che, Arthur, immagino che la storia sarebbe molto diversa se avessi il tuo mago al tuo fianco.


Il tuo mago. Tuo. Merlin sorrise, sentendo che, in qualche modo era la cosa giusta. E sapendo ora come la sua storia dovesse iniziare, la cominciò:

C’era una volta, in un’epoca molto diversa da quella in cui viviamo ora, un altro Arthur. Questo Arthur era un grande Re, rivestito di un’armatura argentata che brillava alla luce del sole.
I suoi capelli erano color dell’oro e i suoi occhi erano azzurri ed era un comandante giusto e benevolo, il popolo lo amava e i nemici lo temevano. Non aveva mai perso una battaglia e aveva tutto ciò che desiderava. Ma questo è il lieto fine e tu già conosci questa parte
.
Questa è la vera storia
Molto prima. Prima che il sole risplendesse sui capelli e l’armatura lucenti di Re Arthur, quest’ultimo era un giovane ragazzo in un castello freddo e pieno di correnti d'aria, dove le ragnatele e la polvere coprivano ogni superficie inutilizzata e i passi dei servitori erano veloci e insicuri. Perché il loro Re non era ne giusto ne benevolo: Re Uther, il padre di Arthur era un tiranno e una minaccia per il suo popolo.


Merlin si fermò sorridendo leggermente. Si sentì solo un po’ in colpa per aver dipinto così Uther; sapeva che Arthur l’avrebbe trovato divertente.

Ovviamente il giovane Arthur non lo sapeva. Il piccolo Principe sapeva solo che doveva mostrarsi rispettoso verso suo padre, perché era l’unico genitore che aveva.

Questa parte era abbastanza difficile. Quando, in passato, Merlin aveva raccontato le sue storie ad Arthur aveva sempre lasciato sua madre, Ygraine, in vita perché sapeva che questo era un modo per farla rivivere, anche se per poco, nelle loro menti. Ma non questa volta; viste le circostanze, non sembrava giusto. Così continuò.

La Regina Ygraine era stata bellissima, giusta e gentile, ma era morta dando alla luce Arthur, il suo unico figlio. E anche se Uther non incolpava Arthur della morte della moglie, la sua furia regnava sovrana nel suo reame perché il Re vedeva un solo colpevole: la magia.
Prima della morte di Ygraine, coloro che avevano poteri magici avevano vissuto fianco a fianco con chiunque altro ed era stato un tempo felice e pacifico. Ma dopo che la strega malvagia Nimueh aveva usato la forza vitale di Ygraine per concedere a Uther l’erede che tanto bramava, Uther aveva decretato come suo unico scopo quello di distruggere tutti coloro che praticavano la magia
.
La sua vendetta era stata veloce e spietata. Uomini, donne e bambini erano stati messi al rogo sulle pire di Camelot e nessuno che avesse un minimo di magia era stato risparmiato.
Per lo meno, era quello ce Uther credeva.


Merlin sorrise; Arthur conosceva anche questo dettaglio della storia, visto che l’aveva usato più volte nei suoi racconti e ancora una volta, traeva molta gioia nel descriverlo. Merlin aveva sognato fin da quando era molto piccolo di avere poteri magici e, mentre Arthur lo aveva preso in giro, insistendo che era fissato con la magia solo perché voleva essere all’altezza del suo leggendario omonimo, Merlin non aveva mai smesso di immaginare di poter davvero fare tutte le cose di cui sognava. Almeno lo poteva fare nei suoi racconti. 

Il giovane ragazzo era nato in un altro regno, lontano dall’avida presa di Uther, la sua magia era stata mantenuta segreta a tutti, tranne che a sua madre. Non sapeva nulla di Arthur, e Arthur non sapeva nulla del ragazzo, ma nonostante questo i loro destini si sarebbero incrociati e il regno di Camelot non sarebbe stato più lo stesso.
Nel frattempo Arthur era cresciuto, inconsapevole dei crimini del padre, credendo a ciò che Uther gli diceva sulla magia e sul fatto che chiunque la praticasse fosse malvagio e dovesse essere eliminato per la sicurezza dei loro sudditi. Arthur si allenava ogni giorno con la spada e la lancia e cresceva forte e fiero, il migliore fra i guerrieri. E mentre cresceva diventava anche più arrogante come ogni principe viziato. Ma nonostante questo..


Merlin si fermò ancora. E nonostante questo cosa? Quando si erano conosciuti, anche Arthur era spocchioso e arrogante, gli aveva dato nomignoli e si era rifiutato di parlargli direttamente.
Ma nonostante questo..

Ma nonostante questo c’era qualcosa in Arthur, una compassione e una bontà d’animo che suo padre non avrebbe mai compreso, qualcosa di cui si doveva avere esperienza e che non poteva essere spiegata. Una forza che consumava, qualcosa per cui, a coloro che gli stavano davanti, sembrava di stare a fissare il sole: non avevano la sforza di distogliere lo sguardo anche se sapevano che avrebbero finito col bruciarsi.
Ma Arthur era solo una piccola parte di tutto questo, e ci sarebbero volute molte missioni e avventure affinché Arthur potesse diventare il Re che noi conosciamo.
La vera storia di Arthur inizia il giorno in cui il giovane Merlin entrò a Camelot per la prima volta, dopo aver lasciato Ealdor e la sua casa giorni prima per raggiungere il castello dove il suo destino lo attendeva. Merlin non sapeva nulla di tutto questo. Sapeva solo che stava per intraprendere un’avventura.


Merlin ripose la penna nel suo astuccio per poi rileggere le parole che aveva scritto. Voleva scrivere di più, molto di più, tuttavia doveva trattenersi. La guerra era lunga e voleva dare ad Arthur qualcosa per cui valeva la pena aspettare. Aveva bisogno di credere che Arthur era da qualche parte là fuori ad aspettare il seguito.

 
▬▬▬
Ottobre, 1944
▬▬▬

Caro Merlin,
Ho letto la tua lettera, e riletta e riletta una terza volta prima di scriverti.
Com’è possibile che tu riesca a sapere sempre quello di cui ho bisogno? Leggendo il tuo racconto, riesco ad immaginare come sarebbe se tu lo stessi leggendo ad alta voce, e non hai idea del sollievo che mi fa provare. E dio sa che ne ho bisogno. Tutti ne abbiamo.
Questa non è una favola. E adesso, qui, mentre sono nelle trincee, è difficile immaginare che possa avere un lieto fine. Spero solo che ce l’abbia la tua storia.
Tuo,
Arthur


Fu quasi troppo da sopportare per Merlin. Riusciva a sentire la paura, l’angoscia emanata dalla pagina. E peggio di tutto la disperazione.
Oxford era coperto dalla prima neve dell’anno e il panorama era la cosa più perfetta e pittoresca che Merlin avesse mai visto e lo odiava.
Pensò a quanto freddo stesse patendo Arthur, senza un letto comodo a cui tornare dopo una lunga giornata, senza sale comuni con grandi camini o zuppe e bevande calde la sera.
A quanto dovessero essere fredde le sue mani mentre scriveva quella lettera. Non si sorprese che fosse così corta. E tuttavia in qualche modo, Merlin sapeva che Arthur non avrebbe bruciato la prima parte del suo racconto, neanche per scaldarsi. Questo lo spronò a continuare, a scrivere la seconda parte della loro storia mentre sedeva fuori in cortile, su una panchina ghiacciata, volendo cercare in ogni modo possibile di sentirsi più vicino ad Arthur.

Considerando quello che già sappiamo delle future avventure dei due, il primo incontro tra il Principe Arthur e Merlin potrà sorprenderti.
Questi due ragazzi non sono stati amici da subito, oh no, tutto il contrario in effetti. L’arrivo di Merlin al castello era coinciso con la macabra esecuzione di un uomo accusato di stregoneria, e quindi Merlin era già contrariato quando si imbatte nel Principe e il suo gruppo di amici nel campo di allenamento.
‘Amico’ era così che Merlin si era rivolto ad Arthur e invece Arthur aveva sbuffato e aveva riso di lui e gli aveva ordinato di camminare sulle ginocchia. Non esattamente materiale da leggende, vero?


Merlin rise fra sé. Questo era stato, infatti, più o meno, il loro primo incontro, cinque anni prima, quando Merlin si era iscritto alla stessa scuola di Arthur e aveva osato sfidare l’autorità del bullo del cortile. Il bullo del cortile altri non era che Arthur, e la coppia si era presto ritrovata in una zuffa che li aveva fatti finire entrambi in punizione -e il reso, come si dice, è storia.
Arthur era stato uno stronzo allora, e ora riusciva ad ammetterlo. Merlin sperava che il ricordo riuscisse a strappare una risata anche ad Arthur.

E così Merlin si era allontanato, inconsapevole del fatto che dopo qualche tempo avrebbe dovuto chiamato quel babbeo reale Re.
Arthur, da parte sua, non si concesse di pensare molto a quel povero contadino che, in qualche modo, era uscito miracolosamente (magicamente, ma questo Arthur non lo sapeva) incolume dal loro scontro.
E qui la storia sarebbe potuta finire, con Merlin che avrebbe evitato il più possibile il Principe, mentre aiutava l’anziano medico di corte, Gaius. E con Arthur che avrebbe continuato ad essere un Principe babbeo finchè alla fine suo padre sarebbe morto lasciandogli il regno.
Ma qui è quando una piccola cosa chiamata Destino interferì nei percorsi dei due giovani e li fece riunire per creare un percorso ancora più grande. Quel momento fu il giorno in cui Merlin incontrò il Grande Drago che viveva sotto il castello di Camelot.


Merlin esitò. Arthur amava i Draghi, ovviamente, e non c’era dubbio sul fatto che il racconto dovesse averne uno. Ma di solito le storie di Merlin riguardavano draghi che volavano liberi e loro due che ne diventavano amici e li domavano o li uccidevano, qualsiasi cosa Arthur chiedesse. Ma questa storia era diversa e questo era un drago diverso.
E’ovvio che viva sotto il castello pensò Merlin e si chiese perché per lui avesse così tanto senso.

Il Grande Drago era una creatura davvero spaventosa e antica. Era stato intrappolato molti anni prima da Re Uther, che aveva ucciso tutta la sua specie e, all’insaputa di Merlin, il Drago aveva passato tutto quel tempo a ordire la sua vendetta.
Comunque, il Grande Drago non aveva ragione per odiare il giovane Principe Arthur e le parole che disse, parlando del loro Destino comune risuonarono come solo una profezia poteva fare:
‘Tu sei l’altra faccia della medaglia di Arthur’ disse il Drago al giovane mago sconcertato ‘E una metà non può davvero odiare ciò che la rende intera’
E dopo aver detto questo emise un risolino freddo e si alzò sulle zampe posteriori, poi si alzò in volo e scomparve nell’entrata della sua caverna scura, la catena arrugginita lo seguì, lasciando così Merlin scosso e solo.
‘L’altra metà della medaglia di Arthur’ aveva ripetuto Merlin fra sé, sentendo che non poteva essere vero ‘Non è possibile che io sia legato in nessun modo a quell’idiota!’
E ci credeva, con tutto il cuore.
Ci credeva anche mentre partecipava ad una riunione nella Sala Grande e, per la prima volta, pasava lo sguardo sulla sorellastra di Arthur, Lady Morgana, il cui fascino in quel momento nascondeva, e Merlin lo avrebbe scoperto più avanti, un carattere impetuoso


Arthur era sempre stato infastidito dal fatto che Merlin aveva avuto una specie di cotta per Morgana quando l’aveva conosciuta. Sentendosi malizioso Merlin aggiunse

Ma in quel momento, Merlin pensò non fosse altro che bellissima e anche il minimo pensiero riguardo il fratello sparì dalla sua mente quando Lady Morgana gli sorrise

Merlin non era davvero sicuro del perché l’avesse scritto. Non era successo nulla del genere, ovviamente.
(Morgana era grandiosa, ed era diventata una buona amica, ma la sua cotta da ragazzino del liceo non era stata niente di che; sfuggente e presto superata dall’amicizia con il fratello). Forse voleva solo scatenare una reazione in Arthur, qualsiasi reazione, qualcosa che lo avrebbe fatto sentire vivo. D’altra parte era molto protettivo verso la sorella.
Ecco di cosa si trattava.

Merlin aveva continuato a pensare che avrebbe preferito pulire migliaia di calici con la lingua piuttosto che mostrare qualche segno di affetto per il Principe Arthur, fino al momento in cui una strega malvagia aveva lanciato un incantesimo a tutti i presenti al banchetto e aveva scagliato un pugnale mirando al cuore di Arthur.
Merlin agì senza pensare, ricorrendo alla sua magia rallentò il tempo stesso (perché era un mago potentissimo anche allora) e si lanciò in avanti con un solo pensiero in testa: ‘Devo salvare Arthur’. E così fece, e dal quel giorno venne nominato Servitore del Principe.


Merlin si accigliò. Servitore? Da dove gli era uscito? Aveva iniziato quel racconto credendo che Arthur e Merlin avrebbero lottato fianco a fianco nelle loro avventure, ma in qualche modo, dopo la loro presentazione inusuale, non gli era sembrato il caso. Ma servitore?
Soppose dovesse trattarsi di una decisione inconscia, fatta per gettare luce sulle eroiche imprese di Arthur, e lasciare il proprio personaggio in ombra.
Dopotutto stava scrivendo per Arthur.
Prendendosi un secondo per intingere la penna nell’inchiostro, Merlin si guardò intorno, verso i prati coperti di neve, e rabbrividì mentre sempre più neve si raccoglieva intorno a lui.
Stava nevicando in Austria o dovunque si trovasse Arthur in quel momento? Arthur stava combattendo in quel momento, o stava riposando, magari guardando la neve cadere, ricordandosi di inverni più felici, fatti di pupazzi di neve e battaglie a palle di neve (Arthur contro Merlin e Morgana perché era giusto così) e cioccolate calde e coperte accanto al fuoco?

Si erano seduti tutti vicini, se lo ricordava ora, lui, Arthur e Morgana, mentre i loro cappotti gocciolavano sul pavimento di pietra per la neve sciolta e i loro nasi e guance tornavano al loro colore naturale. Mentre sedevano sulla larga e spessa pelliccia di fronte al camino, Morgana aveva sistemato un gran numero di coperte intorno a loro, spingendo Arthur più vicino a Merlin per far sì che la trapunta li coprisse tutti per bene e poi si era appoggiata ad Arthur dall’altra parte tenendolo al caldo e vicino ad entrambi.
Merlin si chiese, all’improvviso, il significato dello strano sguardo che Morgana gli aveva rivolto in quell’occasione, di quel sorriso insolitamente dolce, reso ancora più dolce dalla luce del camino, del modo in cui aveva tirato le sue braccia non dandogli altra scelta che quella di aderire completamente al fianco di Arthur.
Non si era lamentato, percependo il calore del corpo di Arthur che lo scaldava più velocemente e piacevolmente di qualsiasi fuoco. E Arthur si era girato affinché anche Merlin potesse appoggiarsi a lui ed era tutto così comodo e caldo che il suo ricordo successivo era il fuoco spento e lui che si svegliava, la testa appoggiata al petto di Arthur e le braccia avvolte all’altezza del suo stomaco, Morgana non si vedeva da nessuna parte.

Tornando al presente, rilesse ciò che aveva scritto- e, dopo un ripensamento, aggiunse un’ultima riga:

Questo segnò l’inizio della grande, anche se riluttante, amicizia tra Arthur e Merlin. E l’inizio di molto altro.

 
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Dicembre, 1944
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Era passato più di un mese e ancora non c’erano state notizie da Arthur.
Il 12 Dicembre, Merlin era così disperato che pregò il suo professore di Letteratura Inglese, il Professor Kilgharah, di lasciargli telefonare a Morgana dal suo ufficio.
-Parla Morgana Pendragon, chi è?- la voce di Morgana risuonò al telefono dopo appena il secondo squillo e Merlin si sentì subito male nel sentire la nota ansiosa nella sua voce, chiaramente la telefonata inaspettata l’aveva spaventata.
-Morgana- disse velocemente -Sono io. Sono Merlin-
Ci fu silenzio per un lungo, infinito momento, prima che la voce di Morgana tornasse in linea, molto più calma di prima.
-Oh, Merlin, è così bello sentire la tua voce-
Silenzio. Sapeva che era buona educazione che lei gli chiedesse di Oxford e dei suoi studi e che lui le rispondesse a tono, con altre domande, ma entrambi si conoscevano troppo bene per sprecare tempo prezioso in vuoti convenevoli.
-Ci sono notizie di Arthur?- chiese Merlin, la voce gli si spezzò sul nome, non aveva realizzato che aveva trascorso mesi senza pronunciarlo ad alta voce.
Un altro silenzio, questa volta quasi insopportabile per Merlin.
-No- arrivò alla fine come risposta, e in qualche modo quell’unica parola riuscì a rendere Merlin incredibilmente sollevato e allo stesso tempo riempirlo con un nuovo e più concreto terrore.
Morgana non aggiunse altro, e così Merlin deglutì e si fece forza per entrambi
-Ma nessuna nuova, buona nuova, no? Non si dice così?-
La cosa che aveva terrorizzato maggiormente Merlin era quanto fosse sembrata distrutta Morgana, disperata. Si era già arresa?
A Merlin venne improvvisamente in mente di un giorno, un mese prima che Arthur fosse arruolato, in cui loro tre erano stesi sulla veranda posteriore della tenuta, a bere limonata all’ombra dell’assurdamente grande gazebo dei Pendragon.
-Uther ha avuto un incidente- aveva detto Morgana di punto in bianco, alzandosi e facendo cadere a terra la bibita, era già a metà strada dalla casa prima che Merlin e Arthur riuscissero a capire cosa avesse detto.
Nonostante le proteste, erano saliti sulla decapottabile della ragazza ed entro un’ora stavano andando verso l’ospedale. E quando erano arrivati avevano trovato la segretaria di Uther che faceva avanti e indietro nel corridoio. La donna aveva detto loro che il padre era caduto e si era rotto un braccio.
La segretaria era stranita dal fatto che i tre giovani si fossero presentati in ospedale senza essere stati avvisati, finchè Arthur non le aveva detto che un poliziotto era stato così gentile da essersi preso il disturbo di chiamarli, dopo aver saputo dell’incidente.
Non avevano mai più parlato di quel fatto.
-Morgana- sussurrò Merlin, stringendo il ricevitore e avvicinandoselo alla bocca (credendo, assurdamente, che se fosse riuscito a convincerla che Arthur era al sicuro, lui lo sarebbe stato sul serio)
-Arthur tornerà a casa. Lui tornerà-
-Come lo sai?- fu la quasi impercettibile risposta, e se Merlin non l’avesse conosciuta bene, avrebbe pensato che Morgana stesse piangendo.
Merlin scosse la testa -Dobbiamo continuare a sperare-
Una risatina ironica, e Merlin riuscì quasi a sentire che Morgana stava alzando gli occhi al cielo. Beh, era un inizio.
-Vorrei avere la tua certezza- disse lei alla fine, e anche se continuava a sembrare abbattuta, Merlin scelse di credere che ci fosse una nota di speranza nella sua voce che non aveva sentito prima.
Merlin sentì il Professore entrare silenziosamente nella stanza e capì che il suo tempo stava per finire.
-Senti, Morgana, se vieni a sapere qualcosa..-
-Lo saprai- lo interruppe lei.
-Bene- disse -Grazie, lo apprezzo-
-No- disse Morgana e Merlin aggrottò la fronte -Se dovesse succedere qualcosa, Merlin..tu lo saprai-
E con questo Morgana mise fine alla telefonata, lasciano Merlin a reggere il ricevitore tra le mani, completamente perplesso su cosa avesse voluto dire.

Quella notte, Merlin si sedette alla scrivania osservando i campi ora marroni e ghiacciati (la speranza di un Natale imbiancato sembrava essere sparita proprio quando il grande albero di natale era stato acceso nella piazza) e dopo alcuni ripensamenti preparò di nuovo carta e penna

Che Lady Morgana fosse la sorella di Arthur era, a questo punto della storia, un fatto noto solo a Uther Pendragon (e al lettore). La ragazza era cresciuta nel castello credendo di non essere altro che la Pupilla del Re, ignara della relazione segreta che aveva portato al suo concepimento.
Quello che nessuno sapeva, che Uther in particolare non avrebbe mai dovuto sapere, era che Lady Morgana era anche una Veggente.
La verità le appariva sporadicamente, nei suoi sogni, e quando si svegliava non riusciva a dar loro un senso. Era una magia diversa da quella di Merlin, così fuori controllo e imprevedibile, e se Lady Morgana non fosse stata guidata e protetta mentre cominciava a scoprire le sue abilità, queste l’avrebbero certamente portata alla rovina.
Ma stiamo andando troppo avanti.
Questo è il racconto del grande Re Arthur, che si trova ancora nella fase di Principe idiota, tuttavia cominceremo a vedere presto i primi segni di cambiamento, proprio mentre raccoglie intorno a sé il suo gruppo di fedeli compagni: i Cavalieri di Camelot


Merlin si fermò, cercando di ricordare i nomi degli uomini della guarnigione di Arthur, o almeno di quelli che lo avevano impressionato abbastanza da portarlo a scrivere di loro nelle sue lettere a Merlin.
Merlin sperò che Arthur l’avrebbe perdonato per aver raccontato le vite di quegli uomini, nel caso questi fossero già morti nel mondo reale.

C’era Sir Leon, che aveva i capelli ricci e la barba incolta, aveva servito Re Uther per molti anni prima di prestare servizio al comando di Arthur ed era l’uomo più leale che il regno avrebbe mai conosciuto.
C’era Sir Percy, l’uomo alto e forte abbastanza da abbattere un albero a mani nude. Era di poche parole ma i Cavalieri lo amavano molto lo stesso.
C’era Sir Elyan, il sognatore, la cui perseveranza portava sempre i suoi frutti.
C’era Sir Gwaine, l’incantatore, che non aveva scelto la vita del Cavaliere così prontamente come gli altri, ma nonostante questo, combatteva valorosamente e sinceramente come il resto di loro.
E infine, c’era Sir Lancelot, il più nobile e onesto e..


Quello che più merita di uscirne vivo, aveva scritto Arthur. Merlin aveva quasi accartocciato la lettera per buttarla fuori dalla finestra quando l’aveva letto; pensò che Arthur, stupido e altruista idiota qual era, avrebbe fatto meglio a non considerare la vita di qualche sconosciuto più importante della propria.

Il più galante, onorevole e il favorito del Principe anche se quest’ultimo in realtà aveva molta considerazione per tutti i suoi uomini.
E poi, ovviamente c’era Merlin, nel caso tu l’abbia dimenticato. Il servitore, quello di rango inferiore ma che, in qualche modo, era l’amico più sincero fra tutti.
Ovunque Arthur andasse, Merlin lo seguiva. Merlin poteva non essere un Cavaliere, ma avrebbe seguito Arthur in capo al mondo proteggendolo e concedendogli tutto quello che il Principe voleva, l’avrebbe avvolto con la sua magia anche se Arthur non avrebbe mai saputo la verità. Perché la magia era vietata, ovviamente, e se Re Uther l’avesse scoperto, Merlin sarebbe stato frustato, picchiato e messo al rogo.
E chissà come avrebbe reagito Arthur se avesse Saputo della magia di Merlin. L’avrebbe accetata o lo avrebbe allontanato, o avrebbe lasciato che i vecchi pregiudizi e la diffidenza verso ciò che non capiva prevalessero sulla compassione verso il suo amico?
Merlin non lo sapeva e non si fidava abbastanza della sua buona sorte per scoprirlo.


Merlin rilesse ciò che aveva scritto e deglutì. Improvvisamente pensò che forse la magia, che finora era l’unico elemento del racconto (beh, quello e il drago) che non aveva alcun riscontro sulla realtà, non era affatto ciò di cui stava scrivendo.
Considerò l’idea di accartocciare la pagina e ricominciare da capo. Ma qualcosa fermò la sua mano. Se l’avesse cancellato, avrebbe significato che qualcusa che aveva scritto era sbagliato e in qualche maniera non voleva, non riusciva a capire cosa.
-E’ solo una storia- mormorò fra sè, vergognandosi del rossore che stava salendo sule sulle guance anche se era do solo -E’ un racconto di fantasia. Ci sono cavalieri e principi per l’amor del cielo. Non ci sono verità assolute nelle favole-

Quindi Merlin rimase al fianco di Arthur, come amico e servitore, osservando il Principe imparare e crescere e cambiare. Merlin continuava ad avvolgere Arthur con la sua magia, come un alone di luce, senza mai chiedere riconoscimenti o ricompense: era il più sincero e leale degli amici, ma Arthur non avrebbe mai saputo quanto questo fosse vero.
Ma anche Arthur teneva a Merlin. Poteva essere vero che Merli seguiva il principe ovunque egli andasse, ma molto spesso era Arthur ad ordinargli di seguirlo, di stare al suo fianco e di sperimentare le meraviglie del mondo insieme a lui mentre allo stesso tempo lo teneva abbastanza vicino da potersi assicurare che stesse al sicuro.
Quindi Arthur e Merlin si proteggevano l’un l’altro, combattevano fianco a fianco contro il mondo e i loro numerosi e formidabili avversari.
Ma chi sono questi nemici? Te lo sento chiedere. Quali bestie hanno ucciso? Quali mostri hanno sconfitto?
Ti racconterò tutto.


Merlin rimise il tappo alla pena, richiuse la boccetta di inchiostro e soffiò sulla carta finchè questa non si asciugò. Poi piegò con cura le pagine, le fece scivolare nella busta e dopo un ripensamento tolse nuovamente il tappo alla penna e scarabocchiò velocemente sul retro

Non è finita.

E sperò che Arthur capisse il vero messaggio: Non ti azzardare a morire prima della fine della storia.

   
▬▬▬
Gennaio, 1945
▬▬▬

Cos’è la vita senza sognare, senza perdersi nella propria mente e in quello spazio nuovo e sconfinato dove ci si scopre senza limiti?

Merlin rilesse ciò che aveva scritto, poi arricciò il naso e cancellò per poi ricominciare:

Fate attenzione ai sogni, perché vanno a discapito della ragione.

Vero, pensò, ma ancora non proprio esatto.
Il suo compito di Scrittura Creativa per le vacanze era quello di ricordare i propri sogni e scrivere una tesina di venti pagine sul tema del sognare.
Cancellò anche le nuove parole e intinse di nuovo la penna nell’inchiostro prima di scrivere:
Sogno solo te. E’ così sbagliato?
Cancellò le parole subito dopo averle scritte e continuò a sfregare finché sul foglio non rimasero che macchie nere.
Erano passati mesi, e ancora non c’erano notizie di Arthur.
Merlin sarebbe tornato ad Oxford l’indomani, dopo quello che era stato il Natale più triste da quando suo padre era stato dichiarato disperso.
Anche se la madre di Merlin aveva visto Arthur solo un paio di volte, quando gli aveva fatto visita a scuola e durante quelle memorabili vacanze di Pasqua in cui Arthur lo aveva accompagnato ad Ealdor, sembrava preoccupata per lui quasi quanto Merlin.
-So quanto significa per te- era stata la sua risposta quando Merlin le aveva chiesto perché fosse così preoccupata, poi lei gli aveva passato le dita fra i capelli e gli aveva baciato la fronte. Lui non aveva chiesto altro.
Merlin abbandonò la tesina (avrebbe avuto tempo nel fine settimana dopo il suo ritorno), prese un foglio bianco e cominciò a scrivere:

Caro Arthur,
Ho paura. Ho paura di chiudere gli occhi e non vederti, perché è l’unico luogo in cui ancora riesco a vederti. Ho paura del silenzio che già perseguita il tempo in cui sono sveglio, e ho paura di dormire perché potrei svegliarmi il giorno in cui, alla fine, mi porteranno la notizia che più temo.
Sono passati tre mesi da quando ho avuto tue notizie, da quando chiunque ha avuto tue notizie. Ma, Arthur, tu e sia sappiamo che questa non è la fine della nostra storia. E quindi io continuo, anche se tu non puoi. E anche se le mie sole parole non possono riportarti a casa, forse quando chiuderai gli occhi, ti sentirai come se lo fossi.


Tre mesi prima, Merlin non si sarebbe mai immaginato, neanche nei suoi sogni più profondi, di scrivere con così tanto sentimento, nemmeno ad Arthur, nemmeno in una lettera. Ma ora? Ora era tutto ciò che gli rimaneva da dare.
Questo, e i suoi racconti.

‘Non devi aver paura’ disse Arthur a Merlin, vedendo che il servitore se ne stava in coda al gruppo di Cavalieri che li aveva accompagnati nella loro missione nei boschi in cui stavano per affrontare un feroce troll.
‘Non ho paura’ replicò Merlin a denti stretti, ed era la verità, perché probabilmente Merlin era l’unico forte abbastanza da affrontare il troll da solo. Ma allo stesso tempo era anche una bugia perché in realtà Merlin era terrorizzato, non per se stesso, ma per Arthur e i suoi uomini.
‘Bene’ urlò Arthur allegramente, sapendo che un’impresa eroica era lì ad attenderlo ‘allora affrontiamo questo temibile avversario, Merlin, e lasciamo che i cantori compongano canzoni sulle nostre vittorie per tutti i secoli che verranno!’
E detto questo cavalcò verso l’entrata della grotta senza guardarsi indietro.
‘Stupido, coraggioso, sciocco e nobile Principe’ sospirò Merlin ma non riuscì a trattenere un sorriso mentre seguiva i Cavalieri nella caverna, sapendo ormai che Arthur faceva il superiore solo quando erano di fronte ai Cavalieri, per poi cambiare completamente quando erano da soli e trattare Merlin come un pari.
‘Come fai a sopportare tutto questo?’ gli sussurrò Sir Gwaine nell’oscurità, facendo tintinnare l’armatura mentre camminava.
L’unica risposta di Merlin fu ‘Vivo per servire’
Ed era la verità, tranne per il fatto che Merlin non serviva Arthur nel modo in cui tutti pensavano facesse, e non viveva per servire altri che Arthur.
‘Se fosse per me’ sussurrò Sir Gwaine ‘me ne andrei’
A quello, Merlin rise ‘Andarmene? Ma, Sir Gwaine, dove potrei andare?’
Non c’era nessun posto o persona al mondo che avrebbe potuto separare Merlin da Arthur. Merlin era certo che in qualche modo Gwaine lo capisse, dopotutto lui e Arthur erano fratelli d’armi e sarebbero morti l’uno per l’altro.
Merlin non era un soldato, eppure, sarebbe rimasto lo stesso. Fino al giorno in cui uno dei due non sarebbe morto e Merlin stava cominciando a chiedersi se neanche la morte sarebbe riuscita a tenerli separati.


-Merlin!-
Merlin si spaventò, la penna gli cadde dalle mani e atterrò sulla pagina, rotolando sull’inchiostro ancora fresco lasciando piccole macchie al suo passaggio.
-Si, mamma?- rispose Merlin, spostando in fretta la penna e soffiando sulla carta, si chiese se non lo dovesse prendere come un segno che lo invitava a scrivere delle loro avventure e non di sentimenti. Aveva avuto davvero tutte le intenzioni di scrivere del troll, davvero.
-Merlin..- la voce di sua madre era molto vicina adesso e quando si girò, Merlin la vide sulla porta, con le lacrime agli occhi.
Cosa c’è? Voleva chiederle Merlin, ma quando aprì la bocca non uscì neanche una parola.
Fortunatamente, non ne ebbe bisogno, perché un secondo dopo, la madre si spostò per far spazio a Morgana.
I capelli lunghi e scuri erano sciolti sulla sua schiena, il vestito blu scuro faceva apparire il suo sguardo freddo come l’inverno là fuori, eppure era benaccolta come una visione.
-Morgana- riuscì a dire Merlin alzandosi in piedi e prima che se ne accorgesse, Morgana era fra le sue braccia e si stavano abbracciando. E Merlin provò a non immaginare che fosse Arthur quello che lo stava abbracciando, provò a non sperare lo fosse, ma non ci riuscì.
Rimasero abbracciati più a lungo di quanto fosse consono ma a Merlin non importava. Avrebbe prolungato questo momento più a lungo possibile, perché era terrorizzato di quello che sarebbe successo quando fosse finito.
Quando, alla fine, Morgana allentò la presa, si separarono e Merlin vide che sua madre se n’era andata e aveva chiuso la porta. Se fosse stato più attento si sarebbe chiesto perché la madre non aveva avuto problemi a lasciare il figlio ventenne da solo in compagnia di una giovane donna single, ma in quel momento la sua mente era piena di Oh no, ti prego, mio dio, non adesso e mille altre variazioni del genere.
Fu solo allora che si accorse che Morgana teneva in mano tre lettere sigillate e stava sorridendo.
-Sono state consegnate alla tenuta, insieme alle nostre- gli disse allungando la mano.
Merlin vide la scritta MERLIN EMRYS sulle buste e sentì il cuore più leggero.
-Perché..- voleva chiederle così tante cose.
Perché non sono state spedite a me? Perché sei qui? Perché sono arrivate solo ora?
Per fortuna Morgana sembrava essere in uno dei suoi giorni da veggente.
Quando Merlin non si mosse per prendere le lettere fu lei a spingerle nelle sue mani e poi, senza lasciare la presa, lo guidò verso il letto nell’angolo della stanza per poi sedervisi elegantemente sul bordo.
-Sono arrivate tutte nello stesso momento. Devono aver avuto dei problemi con il servizio postale- disse Morgana tirando Merlin finchè le gambe del ragazzo riuscirono a cedere e lui cadde seduto pesantemente accanto a lei.
-Mio padre voleva spedirle a Oxford perché fossero lì al tuo ritorno. Ho protestato, dicendo che avresti dovuto riceverle subito. Non si è opposto, Merlin- aggiunse guardando implorante, come se il fatto fosse di grande importanza. Qualsiasi grande evento fosse, non aveva importanza per lui perché la sua mente era già volata al contenuto delle lettere. 
-Io..grazie- Merlin riuscì a riprendersi abbastanza e si sforzò di tenere lo sguardo su di lei e non abbassarlo sulle loro mani ancora unite intorno alle buste.
-Però non è la sola ragione per cui te lo ho portate- aggiunse Morgana mordendosi il labbro e sembrando improvvisamente imbarazzata.
Merlin per un breve istante temette di aver completamente frainteso la loro amicizia, ma lei si spiegò
-Arthur non ti ha spedito queste lettere a Oxford. Credo..voglio dire, ho sentito, ovviamente, che le lettere spedite alle università vengono controllate. Forse..forse sperava che spedirle ad una casa privata, la sua niente meno, sarebbe stato più sicuro-
Più sicuro? Merlin aggrottò la fronte, incapace di evitare di guardare le lettere. Che cosa potevano contenere per dover essere tenute al sicuro?
-Non sono una spia- disse automaticamente, sentendosi subito uno sciocco per averlo detto.
E si sentì ancora più stupido quando Morgana rise, tolse la mano dalla sua per poi accarezzargli una guancia come si fa ad un bambino
-So che non sei una spia, schiocchino-
Visto che Merlin continuava ad essere perplesso, Morgana smise di ridere, ma era chiaro che l’allegria dovuta ad aver saputo le recenti azioni del fratello (e che era accora in vita per compiere tali azioni) non l’avrebbe abbandonata facilmente.
-Leggi e basta, Merlin. E trai conforto dalle sue parole-
Morgana si alzò dal letto e Merlin fece lo stesso, la seguì in silenzio fino alla porta sentendo che all’improvviso non voleva vederla andare via. Morgana era, dopotutto, la cosa più vicina ad Arthur che potesse avere (a parte le lettere, ovviamente).
-Quando ti vedrò di nuovo?- sbottò, e Morgana si girò alzando il sopracciglio, un gesto così simile a quello che faceva Arthur che Merlin voleva quasi baciarla.
-Merlin- rispose Morgana mettendogli le mani sulle spalle -Temo che ci vedremo così tanto nel corso della mia vita che ci stancheremo l’una dell’altro-
E detto questo gli baciò dolcemente la guancia e gli fece l’occhiolino, dopo di che fu fuori dalla porta ancora prima che Merlin riuscisse a farle ciao con la mano.
Come tutte le donne che conosceva, Morgana era sicuramente un enigma che Merlin non avrebbe mai pienamente compreso.
Ma non riuscì a pensarci in quel momento. Si girò verso il letto dove le lettere erano state appoggiate in un pila ordinata e lo stavano aspettando.
Si avvicinò quasi con timore, sapendo che ciò che contenevano, qualunque cosa fosse, sarebbe stata l’unica cosa che avrebbe avuto per solo dio sapeva quanto.
Oh, quanto voleva aprirle velocemente. Ma non doveva. Per la prima volta in mesi, aveva un nuovo frammento di Arthur e dopo l’inferno che aveva passato senza una singola parola, Merlin sapeva che doveva almeno provare ad assaporare ogni parola questa volta.
Prese la lettera in cima, datata Novembre 1944. Era la prima. Si sarebbe concesso questo per adesso.
Aveva aspettato abbastanza.

Caro Merlin,
Tu, un servitore! Devo tenere ferma la penna finché non smetto di ridere. Oh, Merlin, non riesci nemmeno a piegare i tuoi calzini. E il drago intrappolato sotto il castello. Solo tu saresti potuto venire fuori con qualcosa di così meraviglioso. E così abbiamo un destino, eh? Non vedo l’ora di saperne di più.
Spero che questa lettera ti arrivi abbastanza presto. L’ho indirizzata alla tenuta di mio padre e spedita insieme alle sue e quelle per Morgana. Non mi fido molto del servizio postale e non credo dovresti neanche tu. Non che mi ascolti mai.
Io, Percy e Gwaine di recente abbiamo passato molte notti nelle baracche a parlare di casa.
Siamo gli unici che non hanno delle ragazze o quel genere di legame, anche se Gwaine mi ha detto l’altro giorno che parlo così tanto di te che potresti benissimo essere la mia ragazza!
Te lo immagini? Assurdo. Come puoi immaginare abbiamo riso un sacco.


Merlin si fermò accigliato. In realtà non riusciva ad immaginarsi ridere di quella cosa e si chiese se Arthur l’avesse fatto davvero.

Ridiamo molto, io Percy e Gwaine. Ed è una cosa buona. E’ bello ridere. Anche se preferire ridere con te.
Ma questo non significa qualcosa? Qui c’è Lance che ogni sera prima di dormire bacia la foto della fidanzata, e Leon che parla continuamente di questa fantastica ragazza del Nord che ha intenzione di sposare..e poi ci sono io che non desidero altra compagnia che la tua.
Aspetterò con ansia la prossima parte della tua storia, Merlin. I Cavalieri -è così che ci facciamo chiamare adesso grazie a te- sono molto curiosi sentire il tuo racconto. Potrei dover leggere alcune parti ad alta voce e spero che tu non te la prenda. E anche se dovessi prendertela, spero mi perdonerai perché mi ha dato così tanto conforto che vorrei tanto portarne un po’ anche agli altri.
Qui, ogni piccola cosa aiuta.
Devo chiudere questa lettera adesso prima che cominci a scrivere tutti quei pensieri di cui  è meglio non parlare. Questa è stata davvero la migliore giornata in settimane e la tua lettera ha avuto un ruolo fondamentale. Spero solo che la mia possa fare altrettanto.
Con tutto il mio
Tuo
Arthur


Merlin si asciugò gli occhi con il dorso della mano mentre finiva la lettera sentendo che qualcosa in lui era allo stesso tempo stato ridotto in polvere per poi essere riaggiustato e tornare intero.
Scoprì che tutto quello che voleva era che Arthur avesse continuato a scrivere, e forse, avesse dato voce a qualcuno di quei pensieri erranti.
Arthur aveva parlato di Merlin con i suoi compagni d’armi -no, con i suoi Cavalieri.
Poteva essere che Arthur pensasse a lui tanto quanto lui pensava ad Arthur?
Era semplice starsene seduto nella propria vecchia camera a guardare la vecchia carta da parati e il copriletto a fiori e immaginare che fosse vero. Dimenticare per un momento la realtà della guerra e le regole della società e permettersi di credere che quelle lettere contenessero l’unica verità di cui aveva bisogno.
Era così euforico che non riuscì a fermarsi dall’aprire la lettera successiva.
E poi, quasi subito, desiderò di non averlo fatto

Caro Merlin,
E’ strano scrivertelo, perché non l’hai mai conosciuto e quindi non puoi soffrire come sto soffrendo io. Ma lo stesso, sei la prima persona a cui ho pensato di dirlo.
La notte scorsa il nostro capo squadra ci ha mandato in pattuglia. Non posso divulgare i dettagli, ovviamente, ma ti posso dire che era una cosa di routine. E mi vergogno ad ammettere che alcuni di noi probabilmente non erano attenti quanto avrebbero dovuto essere (Almeno questo è il pensiero che continua a tormentarmi). Siamo stati attaccati ed è stata l’esperienza più estenuante della mia vita, non riesco neanche a descrivertela e in qualche modo, non voglio farlo.
Chiunque ti dica che la Guerra è gloriosa, Merlin..fammi un favore: dagli un pugno in faccia. Siamo riusciti a tornare, per miracolo, ma non senza qualche ferita -io mi sono procurato solo qualche taglio e livido, ma temo che uno della nostra squadra non sia stato abbastanza fortunato.
Elyan Smith era quello che aveva estratto il bastoncino più corto e apriva la fila. E’ stato lui a cadere nella trappola e azionare la granata che gli ha strappato metà della gamba destra.
L’emorragia era troppo grave, ci ha pregato voleva che l’amputassimo, ma siamo riusciti solo a riportarlo al campo. I medici hanno fatto il possibile, ma è morto dopo un’ora.
Voglio tornare a casa, Merlin. So che dovrei dirti che sto bene e di non preoccuparti e mi dispiace tantissimo di non poterlo fare. Forse domani, quando il sole sarà sorto e il corpo di Elyan sarà spedito a casa guarderò questa lettera e me ne pentirò, ma ho bisogno che qualcuno, no ho bisogno che tu sappia come mi sento in questo momento. Perché forse il sole non sorgerà domani.
Ho bisogno di te. Penso che debba essere detto, giusto in caso io non abbia un’altra occasione per dirlo.
Con amore
Arthur


Era dolore. Il peggior tipo di dolore e Merlin non sapeva come farlo smettere. E poi il senso di colpa, arrivò anche quello, per il fatto che qualsiasi dolore provasse, non era che una minima parte di quello che provava Arthur. Si sentì colpevole per la gratitudine che non riusciva a fare a meno di provare nel sapere che Arthur stava condividendo con lui quella parte della guerra. La parte che non poteva essere spiegata e che, forse, non doveva essere condivisa. Ma nonostante questo Arthur aveva sentito il bisogno di raccontarglielo e che altro poteva fare Merlin se non lasciarglielo fare?
Questo lo avrebbe reso più forte. Questo lo avrebbe fatto andare avanti.
Più di tutto però, Merlin si sentiva in colpa che perchè era disperatamente sollevato per il fatto che non fosse stato Arthur a camminare in testa alla fila. Quanto era egoista, se si permetteva così facilmente di anteporre la vita di Arthur a quella di sconosciuti?
Il suo racconto sarebbe stato così? Si chiese, mentre la sua mente tornava alla caverna del troll.
Merlin avrebbe mandato Elyan per primo, se avesse significato mantenere Arthur al sicuro?
Scosse la testa.
Questa era la realtà e non una favola.
Merlin non riuscì nemmeno a concentrarsi sull’ultima frase della lettera, non si permise di apprezzare il Con amore che aveva preso il posto di Tuo. E si rifiutò di chiedersi se fosse stato fatto per sbaglio o se..
No. Non potava chiederselo. Non lo avrebbe fatto.
Tutto ciò che voleva era che la guerra finisse, che Arthur tornasse a casa. Che il suo incubo finisse anche se si chiese se potesse davvero finire per tutti quegli uomini e quelle donne che ne avevano sofferto. Ogni tanto, quando Merlin smetteva di preoccuparsi per Arthur, si chiedeva se l’Inghilterra si sarebbe mai ripresa.
‘Stai calmo e vai avanti’ era quello che dicevano gli inglesi. Ignora e fai finta di niente e attieniti allo status quo. Ma per quanto avrebbero potuto fare così? Quanto tempo mancava perché le università chiudessero, quanto tempo perché i tedeschi riducessero tutte loro città in cenere? Quanto tempo perché non restasse più niente per cui andare avanti?
Aveva paura di aprire l’ultima lettera, che era stata spedita solo una settimana prima. Ma sapeva che doveva.
Doveva sapere

Caro Merlin,
Temo che le mie lettere non ti arrivino. Ma forse è meglio così. Non posso negare che gli ultimi mesi siano stati duri, più duri di quanto fossi preparato. Temo che la mia educazione mi abbia protetto troppo. Non ero pronto a tutto questo. Ma è la mia vita ora e tutto quello che posso fare -che tutti noi possiamo fare- è continuare a combattere ogni giorno che ci viene concesso.
Il nostro plotone è stato spostato; non siamo più in Austria e ci è stato detto che è più sicuro non rivelare la nostra posizione nella corrispondenza. Se vuoi scrivermi puoi mandare le lettere al vecchio indirizzo e faranno in modo che la posta ci venga consegnata.
Abbiamo perso molti membri della squadra, incluso il comandante. Hanno fatto arrivare qualcuno di nuovo, ma è durato solo una settimana. Poi hanno scelto di mettere me al suo posto il che è inaspettato, ma prendo molto seriamente il mio nuovo ruolo. Non perderò altri uomini, almeno non senza..beh, sono sicuro che capirai la situazione in cui mi trovo.
Quando ho lasciato l’Inghilterra, una vita fa, mi ricordo di aver pensato ‘Bene, facciamo finire questa guerra e poi torniamo a casa’
Ora capisco quanto ingenuo sono stato. Ero un ragazzino che credeva ancora che avrei avuto qualsiasi vita tranne questa . Mi vergogno delle lettere che ti ho mandato nei mesi scorsi, perché non è stato giusto nei tuoi confronti. Non voglio che tu che nessuno se ne stia fermo ad aspettare il mio ritorno. Voglio che tu creda nell’Inghilterra, nella nazione che stiamo lottando per proteggere e voglio che tu sia felice delle vittorie. Ma non voglio che tu aspetti. Ti prego, non lo fare.
Arthur

P.S. Ho ricevuto la seconda parte del tuo racconto ed è ben conservata come la prima. Grazie. Hai davvero un dono, Merlin. Qualsiasi cosa tu faccia nella vita, usalo.


Di tutte le lettere che Arthur gli aveva mandato in passato, questa era stata la più difficile da leggere.
Dopo averla finita, Merlin riuscì solo a fissare il muro con sguardo assente. Non riusciva a provare altro che disperazione e sembrava che fosse lo stesso per Arthur. Beh, disperazione e coraggio, perché, dopotutto, si trattava sempre di Arthur.
Il coraggioso Arthur, che Merlin sapeva per certo, non si aspettava di tornare a casa.
Stava provando a dire addio.
-Vaffanculo- sbottò Merlin pieno di una rabbia inaspettata -Non ti azzardare-
Guardò verso la scrivania dove la terza parte della storia aspettava di essere finita, poi di nuovo alla pagina fra le sue mani.
I toni di Arthur erano cambiati drasticamente nel corso delle tre lettere e questo gli ricordò quanto velocemente le cose potessero cambiare.
Quanto era cambiato Arthur? Se fosse tornato a casa, Merlin l’avrebbe riconosciuto?
La prima lettera giaceva sul letto, messa da parte quando si era concentrato sulla seconda.
E poi ci sono io che non desidero altra compagnia che la tua aveva scritto Arthur.
E anche nella seconda, quando era sopraffatto dal dolore aveva detto Ho bisogno di te.
Non c’era nessuna forza al mondo, nemmeno Arthur stesso che avrebbe costretto Merlin ad abbandonarlo.
Merlin si alzò e sistemò le lettere in una pila ordinate -la meno recente in cima- e poi tornò alla sua scrivania.
Si era preoccupato che la storia stesse diventando un po’ troppo sdolcinata e ora sapeva di aver avuto ragione. Era ora di una svolta.

Un rumoroso ruggito dall’ingresso della caverna spinse Merlin e I Cavalieri all’azione e tutti corsero in direzione del Principe per trovarlo già a combattere con la bestia, agitando la spada con maestria mentre il troll si infuriava. La creatura era bruttissima e stupida, ma sfortunatamente aveva anche la pelle dura come pietra. Tuttavia Arthur sapeva quale fossero i suoi punti deboli -le ascelle e il retro delle ginocchia- e riuscì ad abbatterlo ancora prima che i Cavalieri avessero sguainato le loro spade.
Perfino Merlin rimase impressionato e fu veloce a dirlo al principe.
‘Anche se avreste dovuto permettere ai Cavalieri di aiutarvi- aggiunse in un secondo momento mentre stava aiutando Arthur a togliersi la pesante cotta di maglia ‘Lavorate meglio in squadra’
Arthur sospirò pesantemente ‘Lo so’ confessò ‘Ma sono i miei uomini. Preferisco tenerli al sicuro. Tutti i miei uomini’ aggiunse incrociando lo sguardo di Merlin. E per un momento, Merlin intravide l’uomo che un giorno avrebbe portato il peso del mondo sulle proprie spalle.
L’unica speranza di Merlin era quella che non lo dovesse fare da solo.


Complimenti..siete arrtivati a metà..se state buttando nel cestino l’ennesimo fazzoletto non vi preoccupate, è normale (non vi dico neanche quanti pacchetti ho usato io tra leggerla la prima volta e tradurla).
Volevo avvisarvi che la seconda parte non arriverà subito, ma tranquilli, prometto che al massimo tra una settimana potrete ricominciare a piangere.
Se proprio non ce la fate ecco il link per l’originale:  http://archiveofourown.org/works/853302

Silvia

















 
  
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