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Autore: TotalEclipseOfTheHeart    11/03/2016    4 recensioni
Hades ha finalmente trovato un incantesimo che gli permetterebbe di conquistare, una volta per tutte, il Grande Tempio, sconfiggendo Athena e i suoi Cavalieri d’Oro senza nemmeno scomodarsi troppo.
Tale sortilegio permette di scambiare di corpo due persone, e così facendo, avvertendo però in anticipo i suoi seguaci, potrebbe infiltrarsi tra le file nemiche, portandole indisturbato alla disfatta totale senza destare sospetti di sorta.
Sfortunatamente per lui però la magia va fuori controllo, colpendo invece i Dodici Cavaliere d’Oro che si trovano catapultati l’uno nel corpo dell’altro, senza avere idea del motivo.
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Personaggi Lost Canvas, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo I-Aries e Libra

 
Dohko, Cavaliere d’Oro di Athena e Custode della Casa della Bilancia, era fermamente determinato a rimanersene in letargo fino alla fine della Grande Guerra Sacra, tanto la sbornia del giorno prima lo aveva devastato.
Non avrebbe mai più rimesso piede nella Casa del Cancro, parola di cavaliere. Il festino che Manigoldo aveva organizzato il giorno prima gli sarebbe bastato per il resto dei suoi giorni, che di quel passo non sarebbero stati certo molti.
Ovviamente, visto tutto il fracasso che avevano fatto, tra rutti, gare di bevute e scommesse, il “Vecchietto” non aveva certo tardato a sgamarli e a rispedirli a nanna con una sana dose di calci nel fondo schiena e innumerevoli minacce sulle punizioni che si sarebbero beccati il giorno seguente. Per lo meno, però, solo l’allievo era stato costretto, con suo sommo disappunto, a restarsene sveglio a sistemare fino all’alba, con la minaccia di venire destituito se solo il giorno dopo ci fosse stata una briciola in giro.
Dohko grugnì, nascondendo il viso sotto il cuscino, nel tentativo di sfuggire ai raggi del sole mattutino che parevano fermamente decisi a rovinargli il sonno.
Una morbida ciocca dorata gli ricadde al fianco.
Aspetta…una ciocca dorata?
Dohko non ricordava di essersi portato a letto nessuna ragazza il giorno prima. Si girò appena, e balzò subito a sedere nel rendersi conto che, paradossalmente, quella ciocca era SUA.
Cadde a terra, inciampando maldestramente in una schiera di armature sparse per terra alla rinfusa.
Armature? Che ci facevano delle Cloth nella sua stanza? Bah, forse ieri aveva decisamente esagerato più del solito…
Si guardò attorno, sbadigliando assonnato.
Ok, quella non era decisamente la sua stanza, concluse.
Le coperte in pelle di tigre erano scomparse, così come l’ampio letto rotondo a una pizza e mezza, e al loro posto vi era un semplice lettino coperto di seta dorata, con ai piedi una decina di pezzi d’armatura in fase di aggiustamento. La stanza era molto più grande, con l’ampio terrazzo che dava all’esterno e gli arazzi alle pareti, raffiguranti arieti e cavalieri in missione per proteggere Athena.
Intorno a lui, Cloth tappezzavano i muri, il pavimento, la scrivania in mogano scuro, piena di boccette di sangue e attrezzi per la cura dell’equipaggiamento.
Insomma, era quanto mai chiaro che, per un motivo a lui ignoto, era finito a dormire nella camera da letto di Sion dell’Ariete, suo compagno.
Si sedette, ancora scosso e con la mente troppo dolorante e intasata per ragionare, quando il suo sguardo si posò sulla Cloth dell’Ariete, adagiata su un cuscinetto d velluto rosso ai piedi del letto, e sul riflesso che essa gli rimandava.
Un riflesso che, decisamente, NON era il suo.
Fissò a bocca aperta le morbide ciocche dorate, che gli ricadevano come una cascata liquida sulle spalle, dalla carnagione più chiara e delicata della sua, mentre il fisico, sebbene ugualmente allenato, non mostrava tutte le cicatrici che solitamente solcavano il suo corpo di guerriero. Tra le sopracciglia, due cerchi violetti indicavano le sue origini del Jamir, mentre gli occhi, verde smeraldo, brillavano sorpresi di fronte a un simile, e del tutto imprevisto, cambiamento.
Ok, questo non va per nulla bene…che diamine sta succedendo?
Dohko non riusciva a capirci nulla. Era sicuro che, fino al giorno prima, fosse tutto perfettamente regolare.
Aveva bevuto come una spugna, fatto un po’ a botte con Cardia, palpeggiato, tanto per scaramanzia, il sedere di Albafica e buttato lì qualche scommessa. Tutto sommato era anche stato bravo, di norma andava pure peggio. Ma erano in guerra, e quindi doveva mantenere un basso profilo. Dopo che Sage lì aveva rispediti nelle rispettiva case, era crollato sul suo letto, massaggiandosi dolorante il fondo schiena per i calci subiti dal “Vecchietto”, che a dispetto dei problemi di colesterolo non si era affatto risparmiato, e tre secondi dopo stava già russando alla grande.
Tutto normale, insomma.
Fino a quella mattina.
Alzò le spalle.
Pazienza, tanto meglio. Lui e Sion avevano passato le settimane precedenti a dirsene di tutti i colori, sostenendo l’uno che il proprio lavoro fosse più pesante e gravoso dell’altro, al punto che avevano quasi smesso di vedersi.
Dopotutto, che c’era di così complicato nel riparare un paio di pezzi di latta?
Lo sapevano tutti che Sion era quello che sgobbava di meno, al Grande Tempio, mentre gli altri erano i prima fila a combattere.
In fin dei conti non gli dispiaceva affatto, starsene per un po’ buono buono a cazzeggiare per i fatti suoi.
Sorrise, facendo per tornarsene a letto, quando un bussare insistente alla porta della stanza non lo costrinse a svegliarsi del tutto.
Visibilmente irritato, aprì la porta, pronto a prendere a calci nei cosiddetti chiunque avesse osato disturbarlo all’alba, quando si trovò a fissare la tartaruga scolpita del suo compare della Seconda Casa, Aldebaran del Toro.
“Ehilà pecorella, sei già in piedi vedo! Perfetto, ho un paio di armature per te!”, e detto ciò gli piantò in mano l’Armatura di Pegasus.
Dohko si chiese cosa diamine ci facesse ogni volta il suo allievo per ridurla in quello stato, era praticamente a pezzi!
“Ehi, fermo un secondo…è solo l’alba! Io non muovo un dito fino a quando non è mezzogiorno. Che vuoi che siano un paio di Cloth?”, ribatté, posandola a terra mentre l’altro lo fissava, preoccupato.
“Che hai? Non stai bene? Forse la sbornia di ieri ti ha dato un po’ alla testa, e si che non hai bevuto molto. Comunque, sai perfettamente che abbiamo un sacco di lavoro da sbrigare, e sono anni che ti alzi presto, quindi se non hai nulla muovi le chiappe, che ci sono altre trenta armature che ti aspettano!”, rispose quello, scompigliandogli i capelli e facendo dietrofront, partendo per il suo allenamento mattutino.
Dohko lo fissò allibito.
Altre TRENTA armature? Che cazzo significava? Non ce l’avrebbe mai fatta! Per non parlare del fatto che lui, di Cloth, non sapesse proprio un fico secco, a parte come indossarle, ovviamente…
Si guardò intorno, massaggiandosi la testa ancora in fiamme.
Mitico, quella giornata non si presentava affatto bene.
 
Sion, nel frattempo, ronfava tranquillo e beato nella sua stanza, o in quella che credeva tale, quando uno strano odore di carne rancida e croccantini per cani non gli invase le narici, costringendolo ad aprire assonnato gli occhi e trovandosi, con suo immenso stupore, faccia a faccia con una tigre grossa quanto un cavallo, che lo fissava ringhiando minacciosa sopra di lui.
“AAArrrggghhh!”, gridò, balzando a sedere e sparando contro la povera malcapitata una bella Stardust Revolution.
La tigre, che, poveretta, era solo venuta a svegliare il suo padrone, se la diede a gambe, guaendo offesa e fissandolo torva prima di sparire.
Il Cavaliere dell’Ariete sospirò, sollevato.
Che diamine ci faceva una tigre nella sua stanza?
Si guardò intorno, e rimase a bocca aperta. Allucinazioni post sbornia a parte, era abbastanza sicuro che quel posto non fosse la sua camera.
Le pareti erano tappezzate da pelli di tigre e quadri di draghi, mentre ai lati della stanza innumerevoli piante esotiche ne decoravano le pareti. Un’inconfondibile armatura a forma di bilancia dorata stava inoltre al suo fianco, e, decisamente, NON era la sua, di armatura dorata.
La toccò, come per accertarsi che fosse lì realmente.
Si, pareva reale, troppo, reale.
Si alzò, doveva assolutamente dirigersi alla Prima Casa, molto probabilmente Dohko si trovava nel suo corpo, e forse insieme avrebbero potuto risolvere la cosa.
Si vestì in fretta e furia, balzando fuori dalla camera e guardandosi attorno guardingo. Non voleva altri spiacevoli incontri con felini addomesticati.
Stava per uscire dalla sua casa, quando qualcosa di indefinito gli piovve letteralmente addosso, stendendolo a terra.
“Ehilà sensei! Allora, che facciamo oggi?”, Tenma di Pegasus era comodamente adagiato sulla sua schiena, e lo fissava sorridente.
Sion si era completamente scordato che anche l’amico aveva un allievo.
Sorrise. Beh, dopotutto, non poteva certo essere peggio di Mur, no?
“Tenma, posso sapere perché diamine sei caduto dal cielo?”, chiese, rimettendosi a sedere e fissando il giovane con un sopracciglio inarcato.
Quello arrossì: “Beeehhh…sai com’è no? Stanotte mi sono fermato con Sasha…”, il Cavaliere d’Oro lo fissò, allibito, e quello si affrettò a proseguire: “Non abbiamo fatto assolutamente nulla! Stia tranquillo! Insomma, lei è Athena, e questo lo capisco. Però, sa, noi stiamo assieme, e di giorno lei è sempre occupata. Quindi abbiamo pensato che non sarebbe stato male se mi fossi fermato da lei la notte…”
Sion rise.
Quel piccoletto era proprio divertente: “E fammi indovinare, Sage vi ha beccati assieme, vero?”
Quello si grattò nervoso il capo: “Non ne è stato molto contento. Voi non siete arrabbiato?”, normalmente, per una marachella simile, Dohko lo avrebbe, come minimo, spedito a farsi tre giri d’arena a petto nudo, freddo o caldo che facesse.
Eppure, in quel momento, il maestro gli parve semplicemente divertito. Forse la sbronza del giorno prima lo aveva sconvolto più del previsto.
“Arrabbiato? E perché mai? Comunque, oggi ho alcune faccende da sbrigare, quindi hai il giorno libero…”, gli occhi del giovane si illuminarono. Era la prima volta che gli lasciava il giorno libero. Forse avrebbe dovuto chiedere a Manigoldo di organizzare più spesso festini simili, anche se, da quel che aveva sentito, quello del giorno prima non era esattamente finito per il meglio.
Pegasus abbracciò il sensei, per poi scomparire, molto probabilmente diretto dalla sua Athena.
Sion scosse il capo.
Quel ragazzo era proprio un caso a parte.
Un ringhio cupo lo fece raggelare, mentre alle sue spalle Azusa, la tigre di Dohko, lo fissava, come per dire: “Ehi, che fine hai fatto fare al mio padrone? Guarda che se non me lo ridai indietro ti mangio…”
Sion divenne diafano.
Era abbastanza sicuro che, le l’avesse ammazzata nel tentativo di difendersi, come minimo l’amico non gli avrebbe parlato per il resto dei suoi giorni.
Quindi che alternative gli restavano?
Decise di darsela a gambe, dirigendosi come inseguito da Hades stesso verso la prima casa, con un felino troppo cresciuto che cercava con una certa determinazione di mordergli il fondo schiena.
 
Dohko era mezzo morto.
Sfinito, fissava le armature di fronte a sé, le braccia quasi dissanguate nel tentativo di ripristinarne la corazza. Per lo meno, qualcosa aveva ottenuto, anche se, a dirla tutta, iniziava seriamente e temere per la propria vita.
Come cavolo faceva Sion a sopportare tutto quel lavoro?
Era una dannazione!
Si era quasi dissanguato, e tutto solo per un paio di Cloth, e gliene rimanevano altre ventinove. Non ci sarebbe mai riuscito.
Sospirò, poi finalmente gli venne l’illuminazione.
Forse, un modo per risolvere il problema esisteva…
 
Sion si era nascosto, affannato, nella Casa del Leone, dove ora Azusa lo cercava, ruggendo furiosa all’aria, fino a quando un ciondolante e mezzo addormentato Regulus non uscì dalle proprie stanze, chiedendosi chi diamine facesse tutto quel baccano.
Quando vide Azusa, si illuminò d’immenso.
La tigre, dal canto suo, non parve altrettanto contenta.
Conosceva bene quell’umano, lo “Strapazzafelini” e non era minimamente intenzionata a farsi trasformare in un ridicolo pupazzetto coccoloso da quel maniaco dei mici.
Fece per battere in ritirata, ma quello le fu subito addosso, strapazzandola di coccole come fosse un bambolotto.
“Zussi! Vieni da zio Reg! non mi vieni mai a trovare, lo sai quanto mi sento solo senza di te! Comunque, mi vuoi bene, vero?”, continuava, stritolandola nella sua morsa letale, mentre quella pregava in silenzio Thanatos di vernirla a portare via.
Sollevato, Sion decise che era l’occasione ideale per scomparire.
 
La fila di volontari di dispiegava per metri, dalla Casa dell’Ariete fino alla base della gradinata per il Grande Tempio, mentre il piccolo Mur regolava il flusso di visitatori annotando su un foglio gruppo sanguigno e ordine.
Certo che, quella volta, il Venerabile Sion si era proprio superato.
Ideare un Programma di Raccolta Globuli Rossi per la riparazione delle armature? Geniale! Nemmeno Sage in persona ci avrebbe mai pensato.
Quando, quella mattina, gli era venuto a dire, con l’aria di un cadavere mezzo dissanguato: “Sai che ti dico? Vogliono delle armature riparate? Bene! Che se le sistemino da soli!”, per un attimo aveva temuto che avesse dato definitivamente di matto.
Eppure, ora che ci ripensava, l’idea era stata proprio geniale. Erano in guerra, sangue e feriti non mancavano di certo e così facendo potevano riparare molte più Cloth del solito, e in meno tempo.
Proprio in quel momento, Manigoldo stava passando da quelle parti, quando occhieggiò alla fila di volontari e ai volantini sponsorizzanti che giravano per la zona.
Alzò un sopracciglio: “Ehi Mur! Athena sa nulla di stà storia?”
Il bambino lo fissò.
Non gli piaceva quel tipo.
Era uno scapestrato, e un sadico.
“Mmmhhh…no, perché?”, chiese, innocentemente.
“Quindi, per farla breve, state commerciando sangue in nero senza l’approvazione dei piani alti”, concluse l’altro, sghignazzando malefico.
Il piccolo impallidì.
Effettivamente, se Sage li avesse beccati, avrebbe potuto dirne loro di tutti i colori.
Corse dentro, forse, era il caso di parlarne con Athena.
 
Sion era giunto a un’importante conclusione.
Lui odiava i felini, specialmente quelli a strisce.
Ora che finalmente la povera, si fa per dire, Azusa si era liberata dalle sgradite attenzioni di Regulus, pareva fermamente decisa a non lasciargli raggiungere l’alba del giorno seguente.
Nascostosi dietro a un’ampia colonna nei pressi della Prima Casa, si stava chiedendo come procedesse Dohko con la sistemazione delle armature, quando lo sguardo gli cadde su un volantino rosso, proprio ai suoi piedi.
Lo raccolse, incuriosito, e per un pelo non si prese un infarto.
Programma di Raccolta Globuli Rossi?
Che cavolo stava a significare?
Spero solo che il Gran Sacerdote lo sappia…altrimenti i calci di ieri sera saranno un niente al confronto…
“Senseiii!!!”, un Tenma decisamente scioccato stava fuggendo, proprio in quel momento, da un Sisifo fuori di sé dalla rabbia.
“Proteggetemi, vi prego!”, gridò terrorizzato, mentre una freccia dorata si conficcava a pochi centimetri dal suo piede.
“Che diamine sta succedendo?”, chiese il povero Sion.
E si che sperava in un po’ di pace, dopo la tigre ammazzacavalieri…
Sisifo gli fu subito di fronte: “Come sarebbe a dire <>? Quello screanzato del TUO (e lì Sion sospirò rammaricato) allievo ha infranto la divina innocenza della nostra Athena!”
Il Cavaliere dell’Ariete alzò un sopracciglio: “Ha fatto COSA?!?”
Tenma si mise in ginocchio: “Non è colpa mia! Insomma, che ci posso fare se Sasha è uno schianto in reggiseno e mutandine? Mi ha tentato lei! Non prendetevela con questo povero innocente!”
I due cavalieri lo fissarono.
Decisamente, non li stava convincendo affatto.
Fortunatamente, però, proprio in quel momento un Dohko terrorizzato emerse dalla Casa dell’Ariete, inseguito da una folla di cavalieri urlanti.
Sion impallidì.
Che aveva fatto alle loro armature?
“Fuggite! Ci uccideranno tutti!”, gridò l’altro, spingendoli a nascondersi dietro una grande colonna dorica poco lontano.
“Lib…che diavolo hai combinato questa volta? Rovinami la carriera, e sei un uomo morto!”, sbottò Sion, che di solito era un tipo molto tranquillo.
“Ehi, guarda che non posso farci nulla se hai una vita da schifo…e comunque, l’idea della Banca del Sangue era geniale!”, fece invece Dohko.
Intanto, Sisifo e Tenma li fissavano senza capire.
Che stava succedendo?
Sion e Dohko raccontarono loro brevemente come stavano le cose, e quando ebbero finito Tenma scoppiò a ridere: “Ahahah…effettivamente, mi sembrava strano che stamattina, quando ti ho detto di aver dormito con Sasha, non mi avessi messo in punizione!”
Dohko lo fissò, inarcando un sopracciglio: “Tu hai fatto COSA?”
Il Cavaliere di Pegasus impallidì.
Forse aveva parlato troppo.
“Ehi, non è successo niente, abbiamo solo…”
“Colpo dei cento draghi nascenti!”, e il povero Tenma decollò nuovamente verso galassie ignote.
Forse dovrebbe veramente imparare a volare…
Sisifo sospirò: “Forse dovremmo parlarne con Sage, lui saprà di certo cosa fare. O almeno spero”
Sion annuì: “Ho sbagliato a credere che la tua vita fosse cosa facile. Insomma, tra la tua bestiolina pluriomicida e quel pazzo del tuo allievo, forse preferivo veramente la mia vecchia vita”, disse, mettendo un braccio sulla spalla dell’amico, che sorrise: “Effettivamente, hai ragione. Era molto meglio prima, e non aveva mai capito quanto fosse dura sistemare ogni giorno tutte quelle armature. Ora capisco perché ti arrabbi sempre quanto non curo la mia…”
Un fascio di luce gialla li avvolse improvvisamente, mentre Sisifo si copriva gli occhi per non rimanerne accecato.
Un secondo dopo, con loro sommo piacere, si ritrovarono entrambi nei loro corpi.
Dohko si guardò, basito, tastandosi i capelli per accertarsi che fossero i suoi.
Sion sospirò sollevato, sorridendo all’amico.
Finalmente, tutto era tornato come prima.
“Aries, pazzo di un distruggi armature, vieni qui che ti ammazzo!”, Defteros era comparso poco più avanti, un’Esplosione Galattica pronta a essere lanciata mentre si dirigeva con chiari intenti omicidi verso il compagno d’armi.
Sion impallidì.
Ok, forse Azusa iniziava a mancargli.
Dohko rise, vedendo l’amico darsela a gambe, e fece per tornarsene alla sua casa, quando un Sage mooolto incazzato lo raggiunse, sollevandolo da terra e fissandolo storto: “Lo sai cosa ha fatto quello pazzoide del TUO allievo? Ha attentato alla purezza della nostra Athena! Spero che ti prenderai le tue responsabilità!”
Dohko sorrise, teso: “Tranquillo, ho già provveduto a fargli prendere il vo…”
 “Onda della Sepoltura!”
E anche Libra prese il volo.
Solo che, si sa, le bilance non sanno come si atterra.
 
Poco lontano, dalla sua terrazza in cima al Grande Tempio, Sasha osservava sorridendo i suoi valorosi, e spesso un po’ fatti, cavalieri.
“Allora, che facciamo adesso?”, chiese Tenma, alle sue spalle.
Lei sorrise, ammiccando: “Che ne dici di un secondo round?”, il cavaliere impallidì.
“Se mi beccano di nuovo, questa volta non me la cavo facilmente, come minimo, ma mandano in ostaggio ad Aaron”, tentò di protestare.
Sasha alzò gli occhi al cielo, poi lo zittì, posandogli un leggero bacio sulle labbra. Pegasus alzò le spalle.
Dopotutto, cosa mai poteva andare storto?

Note dell'Autrice:
Come mi è venuta questa idea assolutamente folle?
Beh...che posso dirvi, stavo leggendo il manga quando improvvisamente ho avuto una flash alquanto malato su Manigoldo nei panni del nostra amatissimo Albafica...e come potevo resistere?
Per farla breve dieci minuti dopo era lì che scrivevo la storia.
Questa raccolta verrà aggiornata con scadenza bisettimanale anticipo subito che sarà composta da un totale di sette capitoli, sei per i nostro Gold Saint e uno per...beh, non posso certo rovinarvi la sorpresa, no?
Presto pubblicherò inoltre un breve prequel in cui parlo di come il nostro Hades ha combinato questo pasticcio, e magari potrei anche raccontare di qualche scambio tra i suoi seguaci, detemi voi cosa ne pensate.....
Alla prossima!!!
Teoth
   
 
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