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Autore: Kary91    12/03/2016    2 recensioni
[Pre-Saga| One-Shot | Primrose Everdeen/Rory Hawthorne | Fluff]
“Perché?” domandò infine, voltandosi verso l’amico.
“Te l’ho detto, una paperella come te deve per forza saper nuotare…”
“Non sto parlando di quello!” lo interruppe Prim, appoggiandogli una mano sulla spalla. “Perché mi hai fatto un regalo?”
L’aria compiaciuta che aveva messo su Rory da qualche minuto si assottigliò.
“Ah, quello…. Io…. Beh, dici sempre che la tua casa così vuota ti mette tristezza. Ho pensato che con qualcosa da appendere alle pareti sarebbe stata un po’ più allegra. E so che ti piace guardare il cielo e che Katniss ti chiama paperella, così ho unito le due cose e poi…”
Lasciò in sospeso la frase, tornando a stringersi nelle spalle. Adesso aveva incominciato a spostare il peso del corpo da una gamba all’altra, come faceva spesso quando si sentiva in imbarazzo. “… E poi mi piace vederti sorridere”
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Primrose Everdeen, Rory Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di Re Rossi e Brutti Anatroccoli; '
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Prompt Utilizzati: «Se sei una paperella non dovresti saper stare a galla?» di Macy MacLaughlin | «L'ufficiale, mentre Daisy parlava, la guardava nel modo in cui ogni ragazza vorrebbe essere guardata» di Alaska__ | “«Mi piace vederti sorridere» disse infine il ragazzino” di CarlyHG03 | “Regalo di compleanno” di Alaska_

 

 

 

Regali di Non-Compleanno

 

«L'ufficiale, mentre Daisy parlava, la guardava nel modo in cui ogni ragazza vorrebbe essere guardata»

Il grande Gatsby. Francis Scott Fitzgerald

 

Erano le otto di sera, quando tre colpi ravvicinati alla porta e uno più distanziato  annunciarono l’arrivo di un visitatore in casa Everdeen.

Prim trasalì per la sorpresa, ma quando il bussare proseguì con lo stesso ritmo distinto si rilassò: quella era la bussata in codice del suo migliore amico.

“Va tutto bene?” chiese comunque, andando ad aprirgli: Katniss non era ancora tornata dai suoi giri di commissioni al Forno e quando la sorella rincasava tardi Prim era sempre in apprensione.

Rory si lasciò guidare in casa, sfregandosi le mani intirizzite dal freddo.

“Sì, non c’è male: sono passato solo per darti una cosa.”

Si avvicinò al fuoco per trarne un po’ di calore, ma quando notò lo sguardo incuriosito di Prim tornò da lei, sorridendo malandrino.

“Che genere di cosa?” domandò la ragazzina, aggrottando appena le sopracciglia.

Rory s’infilò le mani nelle tasche del giubbotto: solo in quel momento Prim notò il rigonfiamento insolito in una delle due.

L’amico fece spallucce.

“Un regalo di compleanno, ecco cosa!” rispose, trafficando per qualche istante con i bottoni della tasca prima di tirarne fuori un pacchettino di carta marrone.

A quelle parole, lo sconcerto di Prim aumentò.

“Ma non è il mio compleanno.”

Un guizzo di trionfo illuminò gli occhi grigi di Rory, mentre l’oggetto incartato alla meno peggio passava dalle mani del ragazzo a quelle di Prim.

“E allora? Mi andava comunque di farti un regalo E comunque questo l’ho incominciato il giorno del tuo compleanno, quindi non ho avuto un’idea troppo stupida, no?” cercò conferma, guardandola.

C’era una punta di imbarazzo nel suo sguardo, ma anche una velatura di ammirazione e le guance di Prim si fecero, se possibile, ancora più rosse.

“No, certo che no!” si affrettò a rispondere con un sorriso. “Però non dovevi… Cioè, non ce n’era bisogno, io non…”

S’interruppe, troppo impacciata per proseguire. Si girò il pacchettino di carta tra le mani, lisciandone i lembi accartocciati con tenerezza. La sorpresa e la generosità del gesto di Rory avevano assorbito ogni parola o frase con cui le sarebbe piaciuto rispondere.

Una piacevole sensazione di calore e gratitudine l’abbracciò, avvolgendola come la carta che proteggeva il suo regalo. Tuttavia provava anche imbarazzo, perché lei non aveva nulla da dare a Rory. E comunque sapeva che, anche se avesse avuto qualcosa con cui contraccambiare quel regalo, Rory non  le avrebbe permesso di restituire il favore.

Perché lui era così e basta. Fingeva indifferenza, ma avvertiva costantemente il bisogno di fare qualcosa per le persone a cui voleva bene. Per renderle allegre, per farle ridere, anche se solo per qualche minuto.

Per far dimenticare loro le cose brutte e inventarne di belle con cui cancellare le lacrime piante di tanto in tanto.

“Oh, Rory!” esclamò con un sorriso, scuotendo rassegnata la testa.

Rory si mise ancora una volta le mani in tasca, esibendo uno sguardo orgoglioso: nonostante l’aria sicura di sé, tuttavia, Prim non poté fare a meno di notare che le sue orecchie erano diventate rosse. Lo conosceva abbastanza bene per poter dire che era imbarazzato quanto lei.

“Beh?  Che, non lo apri?”

Prim annuì e incominciò a spiegare la carta appallottolata attorno all’oggetto. Ne uscì fuori un rettangolino di legno levigato, con un gancetto nella parte posteriore. Sul davanti, qualcuno aveva intagliato l’immagine di un uccellino accovacciato nell’acqua – Forse un’anatra? Ma no… Una paperella! – con il becco rivolto alla luna.

Era un quadretto molto semplice e il disegno era rozzo e poco rifinito, eppure fu proprio questo a lasciare Prim a bocca aperta: perché le incisioni approssimative e semplicistiche, un po’ infantile, ricavate nel legno, erano la conferma che a realizzare quel quadretto era stato proprio Rory.

“L’hai fatto tu?” chiese comunque, sfiorando i solchi che formavano la scritta “Lady Prim” nell’angolo in alto a destra del rettangolo di legno.

Rory incrociò le braccia sul petto e minimizzò con un’alzata di spalle.

“Gale mi ha aiutato un po’, ma il disegno l’ho fatto da solo. Papà mi aveva insegnato un po’ a intagliare quando ero piccolo. Lui se la cavava – la scacchiera con le pedine rosse me l’aveva costruita lui – ma non sapeva disegnare, io invece qualcosina so fare. Diceva sempre che sarei diventato molto più bravo di lui, un giorno, ma mi sa che era una balla: mi è venuta una mezza schifezza!”

“Non è vero!” lo smentì subito Prim, sollevando il quadretto per poterlo esaminare meglio. “Sei stato bravissimo: hai perfino fatto le increspature d’acqua nel laghetto!”

“Quelle le ho intagliate mentre ero al lago con Gale e Katniss” spiegò il ragazzo, azzardando un mezzo sorriso compiaciuto. “Mentre pescavano è arrivato un gruppetto d’anatre e l’acqua si è riempita di righe. E poi ho fatto il bagno… Un giorno dovresti venire anche tu!”

Lo sguardo di Prim si fece tutto a un tratto esitante.

“Lo sai che non so nuotare…” aggiunse, sfiorando con tenerezza i contorni della luna nel suo quadretto.

Ancora una volta, Rory si strinse nelle spalle.

“Ti insegnerò io” promise, “E vedrai che imparerai più in fretta di quanto abbia fatto io. Insomma, se sei una paperella non dovresti saper stare a galla?”

Prim gli diede un colpetto scherzoso sulla spalla e il ragazzino si mise a ridere.

“E va bene, la prossima volta verrò con voi” si arrese infine, appoggiando il quadretto sul tavolo per poterlo osservare a distanza. Lo rimirò con un sorriso per qualche istante, sotto lo sguardo orgoglioso di Rory.


“Perché?” domandò infine, voltandosi verso l’amico.

Rory le indirizzò un’occhiata confusa.

“Te l’ho detto, una paperella come te deve per forza saper nuotare…”

“Non sto parlando di quello!” lo interruppe Prim, appoggiandogli una mano sulla spalla. “Perché mi hai fatto un regalo?”

L’aria compiaciuta che aveva messo su Rory da qualche minuto si assottigliò.

“Ah, quello…. Io…. Beh, dici sempre che la tua casa così vuota ti mette tristezza. Ho pensato che con qualcosa da appendere alle pareti sarebbe stata un po’ più allegra. E so che ti piace guardare il cielo e che Katniss ti chiama paperella, così ho unito le due cose e poi…”

Lasciò in sospeso la frase, tornando a stringersi nelle spalle. Adesso aveva incominciato a spostare il peso del corpo da una gamba all’altra, come faceva spesso quando si sentiva in imbarazzo. “… E poi mi piace vederti sorridere” aggiunse infine il ragazzino.

Il suo sguardo tornò a incrociare quello di Prim e, quando l’amica ricambiò, si sentì attraversare da una nuova ondata di calore. Solo che, questa volta, era un calore diverso.

Il modo in cui Rory la stava guardando differiva da qualsiasi sguardo le fosse mai stato rivolto. Non era la solita occhiata complice del bambino che amava far ridere le persone. Era lo sguardo intenso e ammirato di un giovane che non riesce a fare a meno di osservare la ragazza che ha di fronte. Il gioco di sguardi che stavano sostenendo era lo stesso che Prim aveva notato tante volte a scuola, nel cortile e durante le lezioni, solo che di solito i protagonisti di quelle occhiate erano gli altri.

Adesso, invece, era lei a sentirsi addosso uno sguardo talmente intenso da farle venire voglia di ridere e scappare via al tempo stesso. Era lei a venir guardata nel modo in cui ogni ragazza vorrebbe essere guardata. E a guardarla così non era un giovane qualunque, non era un compagno di classe o un vicino di casa.

Era il suo migliore amico.

Il cuore di Prim incominciò a marciare in maniera insolitamente veloce, nel momento in cui Rory le sorrise: non si era mai sentita così sottosopra per via di un semplice incurvarsi di labbra.

“E a me piace veder sorridere te” ammise, chinando la testa per nascondere l’emozione accesa che le aveva ravvivato il volto. Si fece avanti per abbracciarlo e Rory ricambiò il gesto con il solito impaccio, ma questa volta non fu il solo a muoversi con movimenti un po’ imbarazzati.

Anche Prim lo strinse a sé con una cautela insolita, spaventata al pensiero che grazie a quel contatto Rory potesse sentire quanto il suo cuore stesse battendo in fretta.

“Grazie, Rory” sussurrò, cingendogli il collo con le braccia.

Rory si strinse nelle spalle, minimizzando come sempre.

Tuttavia, quando si separarono, non si limitò a infilare le mani in tasca e a cambiare discorso come faceva di solito per fingere indifferenza.

Lo sguardo speciale che le aveva rivolto poco prima c’era ancora e, quando gli occhi di Prim incrociarono i suoi, la ragazzina non poté fare a meno di allungarsi verso di lui per dargli un bacio sulla guancia.

Il suo cuore continuava a battere con un incedere fin troppo rapido e vigoroso, eppure non sentiva più il bisogno di nasconderlo.

 

“Grazie a te.”

 

 

 

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