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Autore: Isidar Mithrim    12/03/2016    7 recensioni
“Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù.” [Harry Potter e i Doni della Morte]
È proprio da questa frase, quella con cui JKR ci ha lasciati un attimo prima dell’Epilogo, che ha inizio questa breve storia, che vorrebbe raccontare emozioni, sensazioni e incontri inaspettati del giorno dopo la Battaglia di Hogwarts, il tutto nel modo più 'canonico' e realistico possibile.
§ I personaggi presenti (dai protagonisti alle comparse) sono Harry, Andromeda, Lyall Lupin, Kreacher, Ron, Hermione, Luna, Ginny, Hagrid, Minerva McGranitt, Neville, famiglia Malfoy, famiglia Weasley, famiglia Delacour, ES
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Black, Harry Potter, Hermione Granger, Lyall Lupin, Ron Weasley | Coppie: Arthur/Molly, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'La quiete dopo la tempesta'
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All'alba delle macerie
2 maggio 1998

“Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù.”
[Harry Potter e i Doni della Morte]


Capitolo Uno

Padrone e padrino

Harry indirizzò i propri passi verso la Torre di Grifondoro quasi senza rendersene conto. Ron e Hermione camminavano accanto a lui in silenzio, gli occhi che vagavano sulle mura della scuola a cercare i segni della battaglia che l’aveva sconvolta.
Più si allontanavano dall’Ufficio del Preside, più le macerie si diradavano e gli squarci nei muri si tramutavano in semplici crepe.
Quando arrivarono davanti al ritratto della Signora Grassa lo trovarono vuoto, come tutte le cornici circostanti. Già di per sé era un evento insolito, ma ancora di più lo era il fatto che il quadro fosse spostato di lato, lasciando aperto il passaggio.
Harry si inerpicò nel buco del ritratto. Fino a quel momento non si era reso conto di quanto gli fosse mancato quel semplice gesto, un tempo parte integrante della sua quotidianità; attraversare quel passaggio lo fece tornare per un attimo al suo primo giorno a Hogwarts, una vita prima.
Quando arrivò nella sala comune si girò a guardare Ron e Hermione. Lei aveva gli occhi lucidi, ma quando Ron le porse la mano per aiutarla a uscire dal buco, accettò con un sorriso. Si guardarono intorno, assaporando ogni dettaglio di quel luogo che era stata la loro casa per tanti anni. I vetri delle finestre erano distrutti, molte sedie erano rovesciate e c’era qualche brutta crepa nel muro, ma nel complesso la sala non aveva subito gravi danni.
“Penso che ci siamo guadagnati qualche ora di riposo” commentò Harry con un sorriso, tornando a guardare gli amici.
“Lo penso anche io” concordò Hermione, ricambiando il sorriso. Harry si incamminò verso le scale che conducevano al dormitorio maschile e con un cenno li invitò a seguirlo. Hermione annuì e mosse qualche passo avanti, ma Ron rimase fermo in mezzo alla sala comune, a disagio.
“Hermione” mormorò infine.
Lei si girò subito verso di lui.
“Sì?”
“Puoi… prima potremmo parlare un attimo, per favore?” chiese. “Se per te non è un problema, Harry” si affrettò ad aggiungere.
“Nessun problema” garantì lui, tremendamente felice per gli amici. Forse, quando tutto fosse ritornato alla normalità, gli sarebbe capitato di sentirsi un po’ tagliato fuori, ma in quel momento era solo grato per il fatto che si fossero trovati e, soprattutto, che fossero sopravvissuti per parlarne. Li guardò per un istante mentre si fissavano l’un l’altra, raggianti nonostante la stanchezza, e poi cominciò a salire le scale.
La prima cosa che lo sorprese del suo vecchio dormitorio fu l’ordine. Nessun baule aperto che rigurgitava oggetti, nessun vestito sparpagliato a terra o sopra le coperte, nessun poster attaccato alle pareti, che fossero di una squadra di Quidditch o babbana: la stanza era stata ripulita da cima a fondo. La seconda cosa che lo colpì fu l’arredamento: aveva sempre visto quella stanza ospitare cinque letti a baldacchino e gli sembrò terribilmente vuota notando che ce n’erano solo due, entrambi intatti.
Si chiese quanto dovesse essere stato strano, per Neville e Seamus, passare tutto l’anno da soli, dopo sei anni condivisi con lui, Ron e Dean; immaginò che per loro il caos allegro della Stanza delle Necessità fosse stato un piacevolissimo diversivo.
Harry si sdraiò sul primo letto, quello più vicino alla posizione dove una volta si trovava il suo. Sentì le palpebre farsi pesanti, ma non voleva ignorare più a lungo di così il morso della fame che gli attanagliava lo stomaco.
“Kreacher” tentò ad alta voce.
Un attimo dopo, un sonoro crac esplose nell’aria e l’elfo domestico apparve davanti a lui, la tunica lisa e macchiata.
“Il padrone mi ha chiamato” disse Kreacher, profondendosi in un inchino. “Il padrone ha sconfitto il Signore Oscuro. Ha vendicato il prode Regulus” continuò, commosso e orgoglioso.
“Ehm, sì, grazie, ma non serve che ti inchini, Kreacher.”
“Come il padrone desidera” rispose lui, raddrizzando la schiena, gli occhioni lucidi.
“Ho… ho visto che hai combattuto, Kreacher. Siete stati molto coraggiosi. Mi dispiace per le vostre perdite…”
“Grazie, padron Harry, significa molto per Kreacher e per tutti gli elfi domestici di Hogwarts. Posso fare qualcosa per il Salvatore?”
All’improvviso Harry si sentì terribilmente a disagio. Aveva chiamato Kreacher per farsi portare da mangiare, senza pensare al fatto che anche gli elfi dovevano star piangendo le loro vittime. Pensò che Hermione l’avrebbe ucciso se si fosse permesso di chiedergli anche solo mezzo panino, così rinunciò a riempirsi lo stomaco.
“Sì, Kreacher. Per favore, porta i miei ringraziamenti a tutti gli elfi domestici. Digli che il loro sacrificio non sarà dimenticato.”
“Kreacher lo farà” assicurò l’elfo con fierezza. “Kreacher lo dice sempre agli altri che il suo padrone è un nobile mago e difensore degli elfi domestici.”
“Ehm, grazie, Kreacher.”
“Anche l’elfo Dobby lo diceva sempre, Signore. Kreacher non lo vede da giorni… Kreacher pensava che sarebbe tornato per combattere con Harry Potter.”
Harry fu assalito da un groppo alla gola, al ricordo del sacrificio di Dobby.
“Anche lui ha combattuto al mio fianco, Kreacher” spiegò con voce incrinata. “È morto per salvarmi.”
Non ebbe il cuore di dirgli che era stato pugnalato dalla sua adorata signorina Bella.

Harry si risvegliò all’improvviso con la sensazione di aver appena vissuto un terribile incubo, nonostante non ricordasse nulla. Sedeva sul letto respirando affannato, ma si impose di calmarsi. Mentre buttava un occhio sull’ ammaccato orologio di Fabian Prewett per scoprire di aver dormito a malapena un paio d’ore, la sua attenzione fu richiamata dal suono ritmico di due respiri pesanti. Harry vide Ron e Hermione abbracciati sul letto accanto, profondamente addormentati. Ancora una volta non riuscì a trattenere un sorriso, ma al tempo stesso sentì una subdola sensazione di solitudine. Prima che potesse evitarlo, il suo pensiero volò a Ginny e Harry provò l’immediata, fisica voglia di stringerla tra le braccia e di addormentarsi accanto a lei, proprio come aveva fatto Ron con Hermione.
Furono insieme il desiderio di rivedere Ginny e le lamentele del suo stomaco a spingerlo ad alzarsi dal letto.
Harry rimediò dei vestiti puliti dalla borsetta di Hermione, posata sul comodino, e si buttò sotto la doccia. Fu un sollievo lavare via la polvere delle macerie e le incrostazioni della battaglia. Sarebbe rimasto volentieri ore sotto a quel getto caldo e rilassante, ma dopo poco si impose di uscire. Sentiva di essere mancato già troppo a lungo.
Quando si fu asciugato e rivestito, tornò in stanza, lanciò un’ultima occhiata a Ron e Hermione e si avviò di sotto. Al contrario del giorno prima, più si avvicinava all’ingresso della scuola, più la devastazione era marcata, tanto che Harry fu più volte costretto a optare per un percorso alternativo. La maggior parte delle deviazioni le fece per aggirare dei crolli che avevano ostacolato il passaggio, ma fu per scelta deliberata che evitò di passare nel punto dove Fred aveva sorriso per l’ultima volta.
Quando arrivò nei pressi della Sala Grande, fu sorpreso dall’incredibile brusio. Il resto della scuola era immerso in un tetro silenzio e quel rumoroso ronzare di voci gli sembrò strano, nonostante sapesse che la Sala era gremita di persone.
Si gettò il Mantello sulle spalle, nella speranza di arrivare inosservato dalla famiglia Weasley per sedersi al loro fianco.
Quando entrò nella Sala, Harry rimase sorpreso: se quella mattina gli era sembrata colma di gente, non era niente al confronto. Pareva che l’intera comunità magica si fosse radunata a Hogwarts: studenti di tutte le età, adulti, bambini e anziani riempivano l’affollata stanza, chi allegro e festante, chi mesto e raccolto, chi ferito e logorato dai combattimenti, chi troppo riposato per aver preso parte alla battaglia. Harry intravide molti volti familiari, sia tra gli studenti che tra gli adulti. C’erano Arabella Figg che discuteva con Mundungus Fletcher, Olivander e un ammaccato Xenophilus Lovegood seduti vicino a Luna, ma Harry incrociò anche Madama McClan ed Elphias Doge. Riconobbe con un sorriso il vecchio professor Tofty, che stava raccontando con orgoglio di averlo esaminato personalmente al suo G.U.F.O. di Difesa Contro le Arti Oscure e di avergli visto evocare un Patronus.
Finalmente, in fondo alla sala individuò un insieme di teste rosse che si tenevano in disparte, silenziose.
Era praticamente arrivato a loro quando notò l’intera famiglia Delacour riunita. Fleur, seduta su una panca, aveva il capo poggiato sulla spalla di un distrutto Bill, mentre Gabrielle teneva la testa sulle gambe della sorella. L’ultima volta che Harry aveva visto i Signori Delacour si trovava sotto mentite spoglie e, quando la bella giornata si era messa male, era fuggito in fretta e furia con Ron e Hermione. Forse fu per questo che si sentì in dovere di salutarli.
Con un rapido movimento si tolse il Mantello.
“Arrì!” esclamò Fleur, sollevando il capo sorpresa.
Gabrielle si tirò su e lo guardò intimorita e incantata al tempo stesso, mentre  Madame Delacour si alzava per abbracciarlo. “Prima hai salvoto nostra filia, ora tutti noi” lo ringraziò commossa, mentre Monsieur Delacour gli dava una pacca riconoscente sulla spalla.
“Sono contento che stiate bene” rispose Harry, quando lei sciolse l’abbraccio. “Mi dispiace per come ci siamo dileguati al matrimonio…”
“Non dire sciocchès” lo rimproverò Monsier Delacour. “Avote fatto l’unica cosa possible.”
Harry fece un cenno d’assenso, quindi si girò verso Bill e Fleur.
“Grazie” disse semplicemente. “Di tutto.”
“È stoto un onore, Arrì” garantì Fleur.
Il volto segnato di Bill si distorse in un sorriso. “E così siete fuggiti su un drago, eh? Immaginavo che il vostro piano fosse audace, ma non così tanto” lo canzonò.
Harry non riuscì a trattenere una risata e trovò la cosa incredibilmente liberatoria.
“In effetti non faceva affatto parte del piano, ma a quanto pare la promessa di Unci Unci valeva ancora meno della nostra.”
“Quell’insopportobile folleto!” commentò Fleur con astio.
Solo allora Harry realizzò una cosa che lo fece sorridere ancora di più.
“Be’, stamattina Unci Unci non sarà stato felice di scoprire che la spada di Godric Grifondoro è tornata a un legittimo proprietario.”
“Allora è meglio che consigli a Neville di guardarsi le spalle” suggerì Bill.
Harry stava per rispondere, quando una voce lo chiamò, troppo dolce e familiare per poterla ignorare.
Si girò verso Ginny, ansioso di riempirsi gli occhi del suo sguardo ardente, delle sue lentiggini e della sua chioma rossa, ma fu qualcos’altro ad attirare la propria attenzione.
Tra le braccia della ragazza dormiva un neonato, un ciuffo verde in fronte e le labbra strette attorno a una minuscola manina.
Harry non era certo di cosa lo avesse scosso tanto: forse incontrare Teddy per la prima volta; forse vedere Ginny tenere un bambino tra le mani, con un sorriso dolce a far dimenticare degli occhi arrossati. Poi capì perché era stato sopraffatto dall’emozione: davanti a sé aveva un bambino reso orfano dalla guerra, proprio come tanti anni prima lo era stato lui. Quando Remus gli aveva chiesto di diventare suo padrino, Harry aveva temuto di non essere all’altezza, ma ora, per qualche strano scherzo del destino, seppe che l’avrebbe capito meglio di chiunque altro.
Ignorò la lacrima che gli bagnava la guancia e alzò gli occhi da Teddy per guardare Ginny, assaporando il fatto che fosse ancora viva, che fosse ancora lì, nonostante tutto.
“Non vuoi conoscere il tuo figlioccio?” le domandò lei, sorridente e forse anche commossa.
Harry annuì e si avvicinò, allungando cauto una mano, sfiorando la fronte minuscola di Teddy, passando le dita tra i suoi capelli morbidi, che virarono dal verde all’azzurro.
“Ciao” sussurrò, continuando a carezzarlo.
“Perché non lo prendi in braccio?” domandò Ginny, incoraggiante.
“Io non…”
“Prova” insisté lei con dolcezza. “Devi solo stare attento a sostenergli la testa.”
Harry allungò incerto le mani, passando un braccio sotto al corpicino di Teddy e sistemando il palmo sotto al suo capo, mentre Ginny lo lasciava andare piano.
Teddy sembrò risvegliarsi e Harry provò un attimo di terrore, ma il bimbo si tranquillizzò subito, adattandosi alla nuova posizione. Il ragazzo lo avvicinò al petto e lo guardò insieme orgoglioso e commosso, mentre Ginny sorrideva raggiante.
Solo mentre cullava piano il piccolo tra le braccia gli venne in mente una domanda ovvia.
“Anche Andromeda è qui?”
Ginny si rabbuiò e annuì.
“Mamma l’ha accompagnata alla camera ardente” spiegò in un sussurro. “Credo non volesse lasciarla sola. E poi… Fred e Tonks sono vicini.”
Sentir pronunciare i loro nomi fu come ricevere una pugnalata in pieno petto. Non riuscì a capacitarsi di quando dovesse essere inconcepibile per una madre vedere il cadavere del proprio figlio.
Mentre gli occhi di Ginny diventavano lucidi, Harry si maledisse per aver fatto quella domanda.
“È stata Bellatrix a uccidere Tonks” aggiunse Ginny con durezza, ricacciando indietro le lacrime. “Sono contenta che mamma l’abbia uccisa.”
“Anche io” sussurrò Harry, senza riuscire davvero a sorprendersi per la rabbia di Ginny. Per quanto lui avesse odiato Voldemort, il suo unico desiderio era sempre stato quello di sconfiggerlo, ma con Bellatrix era diverso. Aveva davvero desiderato farla soffrire, l’aveva odiata con tutto se stesso e sì, l’aveva anche voluta morta. Sirius, i genitori di Neville, Dobby e ora anche Tonks: erano troppe le vite che aveva distrutto per mero piacere. Harry aveva trovato tremendamente giusto che fosse proprio Molly, una madre, a punirla per una vita senza amore.
Per un attimo si chiese se anche lei avrebbe preferito morire, piuttosto che vedere il suo Signore sconfitto e scoprire il tradimento di Narcissa, ma poi una voce lo distolse dai propri pensieri.
“Vedo che hai fatto conoscenza con mio nipote, Harry Potter.”
Il ragazzo si girò verso Andromeda Tonks, cercando di ignorare l’incredibile somiglianza con la sorella. La cosa finì per ritorcerglisi contro, perché non riuscì a evitare di fissarsi sugli occhi gonfi di pianto.
“Signora Tonks” fu tutto quello che riuscì a dire.
“Dovrai trattarlo bene, ragazzo” si raccomandò lei in tono severo. “È tutto quello che mi resta della mia famiglia.”
Harry sentì la mano di Ginny stringergli una spalla.
“Lo farò” promise.
“Mio nipote, le mie regole” continuò lei. “Non potrai fare solo la parte del padrino buono, ti avverto.”
Harry annuì.
“Bene, sono contenta che siamo d’accordo. Ora potrei riavere Teddy?”
Harry colse una sorda disperazione, in quella domanda, come se quel frugoletto fosse l’unica cosa che tenesse ancora in piedi quella donna stoica e altera, come se Andromeda avesse bisogno di aggrapparsi a lui per rimanere con i piedi ancorati a terra, per non tornare con la mente al corpo freddo di sua figlia nella stanza accanto.
Poi si ricordò che sapeva una cosa che forse avrebbe potuto farla stare meglio.
“Narcissa mi ha salvato la vita” le disse. “Ha fatto credere a Voldemort che fossi morto, pur di tornare al castello per trovare Draco.”
Andromeda deglutì, prima di parlare.
“Mia sorella e suo marito hanno sempre avuto l’incredibile capacità di salire sul carro del vincitore giusto in tempo per vedere precipitare quello degli sconfitti” disse con amarezza. “Non ti biasimerò per sentirti riconoscente nei suoi confronti, ma non chiedermi di dimenticare quanto sia ingiusto che suo figlio sia vivo e mia figlia no.”
Harry si sentì gelare.
Poi Andromeda si rivolse a Ginny. “So che hai combattuto contro l’altra mia sorella.”
La ragazza annuì.
“Invidio tua madre per il fatto che abbia potuto proteggere sua figlia da Bellatrix. È stata fortunata, a trovarsi nel posto giusto al momento giusto.”
“Anche io lo sono stata.”
“Sì, suppongo di sì” commentò Andromeda seccamente. Poi scoccò un’occhiata alla mano di Ginny, ancora stretta sulla spalla di Harry. “Immagino che ci rivedremo presto” intuì. “Grazie per esservi presi cura di mio nipote.”
Detto ciò, Andromeda fece loro un ultimo cenno di saluto e si allontanò.
Aveva fatto solo pochi passi quando Minerva McGranitt la raggiunse trafelata.
“Andromeda, la stavo cercando” disse con urgenza. Poi si accorse che Harry era lì vicino, in ascolto. Gli rivolse un sorriso orgoglioso.
“Potter, è un piacere rivederti. Faresti bene a venire anche tu.”
“Cosa succede, professoressa?” domandò Harry, seguendo la McGranitt insieme ad Andromeda. Come al solito, al suo passaggio calamitò gli sguardi di tutti gli astanti, ma evidentemente era chiaro che avesse qualche faccenda da sbrigare, perché nessuno lo trattenne.
“Devo presentarvi qualcuno” spiegò la professoressa.
L’insegnante li portò fuori dalla Sala Grande, conducendoli davanti a un uomo vestito in modo modesto, un po’ avanti con l’età e dai lineamenti morbidi, stranamente familiari. Harry ebbe l’impressione che fosse piuttosto provato.
“Le presento Andromeda Tonks e Harry Potter” disse la McGranitt.
Lui, però, rivolse a Harry a malapena uno sguardo. Il ragazzo rimase sorpreso nel constatare che l’unica cosa che sembrava interessare all’uomo fosse il fagottino tra le braccia di Andromeda.
“E questo, ovviamente, è il piccolo Teddy” sorrise la professoressa. “Potter, Andromeda… Vi presento Lyall Lupin, il padre di Remus.”


************

Ciao a tutti! :D
È da svariati mesi che ho scritto questo capitolo, il primo di un mio piccolo progetto che vorrebbe raccontare il grande ‘capitolo mancante’ del primo periodo del post-guerra dal pov di Harry (e da altri pov, ma solo tramite qualche spin off).
Purtroppo al momento non ho né abbastanza tempo né abbastanza ispirazione per riuscire a realizzarlo per intero come vorrei (anche se ho già scritto o immaginato alcuni spezzoni futuri), quindi per ora ho deciso di pubblicare i primi tre capitoli, ovvero gli unici già completati e capaci di funzionare da soli, visto che sono i tre capitoli che raccontano del giorno dopo la battaglia, il 2 maggio 1998 (per intenderci, lo stesso giorno in cui Harry ripara la sua bacchetta).
Per ogni capitolo ho già scritto in passato – e potrei scrivere in futuro – qualche spin off, a cui vi rimando più sotto, qualora foste interessati ^^
Spero l’idea vi piaccia!
Grazie a tutti di aver letto, per chi volesse sotto ho aggiunto anche qualche nota al capitolo ;)

Isidar

Ps: la storia fa parte della raccolta ‘La quiete dopo la tempesta’
PPs: apprezzerei molto se mi faceste notare eventuali errori che mi fossero sfuggiti ^^

Spin off del capitolo 1
o    Spin off: ‘In punta dei piedi’ – Ron/Hermione
o    Spin off: ‘2 maggio 1998 – Unci Unci’
o    Spin off: ‘2 maggio 1998 – Lyall Lupin’

Alcune note sul capitolo
o    Nel penultimo capitolo dei Doni della Morte non viene nominata una camera ardente, ma ho immaginato che dopo la Battaglia avessero spostato i defunti (nella mia mente sono nella stanza in cui Minerva fa il discorsetto agli studenti di primo anno subito prima dello Smistamento)
o    È stata la Row a dichiarare che Bella uccise Tonks
o    Lyall Lupin non è un personaggio di mia invenzione: è davvero il padre di Remus, e su Pottermore potrete trovare la sua storia
o     ‘una squadra di Quidditch o babbana’ → anche se nel libro non è così, preferisco usare l’aggettivo ‘babbana’ minuscolo, così come vorrebbe la grammatica italiana (corregetemi se sbaglio ^^)
o    ‘Digli che il loro sacrificio non sarà dimenticato’ → la versione corretta sarebbe ‘dì loro’, ma visto che Harry non è Hermione è senz’altro più probabile che abbia detto ‘digli’, pur riferendosi a tutti gli elfi ;)
o    Vi consiglio una splendida fan art del primo incontro Harry-Teddy: http://burdge.deviantart.com/art/learn-as-you-go-171334164


   
 
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