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Autore: MerasaviaAnderson    13/03/2016    2 recensioni
•{Minilong di 3 capitoli ~ Post!Mockingjay/Epilogo ~ Pericolosamente angst ~ Leggermente OOC}
“Quando una Guerra finisce si iniziano a contare i superstiti, i vincitori, i vinti, gli orfani, chi ha perso troppo, chi non ha perso niente … o quasi.
Quando una Guerra finisce, anche i figli nati dai sopravvissuti possono perdere qualcosa. Quando una Guerra finisce si stabilisce chi sono gli eroi, chi sono i falliti, i dimenticati, i morti.
C’è chi è morto in partenza, chi resiste fino alla fine e chi sfugge alla Morte per tante volte.
E c’è solo una cosa che è certa: che la Morte non si scorda mai di chi l’ha presa in giro.”
«I ricordi ci uccideranno e ci terranno in vita al tempo stesso.»
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Cresta-Odair, Bimbo Mellark, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Unafraid

Capitolo III:
L’AMORE
 
 
L’estate stava ormai giungendo alla sua fine al Distretto 12, nonostante ciò, le giornate durante il dì erano ancora calde, mentre la sera una piacevole frescura calava agli inizi del bosco, dove la casa Everdeen-Mellark era situata.
Il sonno veniva meno a Ryan, che ancora non riusciva a realizzare che il giorno dopo sua sorella si sarebbe sposata a soli diciotto anni, non era decisamente una cosa da Katherine, nessuno se lo aspettava, neanche sua madre.
Il suo vestito da cerimonia era già pronto sulla poltrona posizionata accanto all’armadio, l’ansia per il giorno dopo galoppava nel suo cuore, non sapeva bene a cosa fosse dovuta quella sensazione così particolare, ma quasi lo terrorizzava dover rimanere solo con sua madre.
Ryan Mellark sapeva che Katniss Everdeen l’aveva guardato sempre con una certa pietà e, proprio come Finnick jr, proprio come tutti, cercava di trovare in lui qualche lineamento di Peeta Mellark.
Ryan, però, non aveva ancora capito bene chi questo Peeta Mellark fosse.
Si scroccò le dita e s’alzò dal letto sfatto, con passo lento e svogliato uscì dalla propria camera, deciso a vagare per la casa senza una ragione precisa. Voleva solo trovare un modo per passare il tempo, per non pensare al giorno dopo e potersi finalmente addormentare … e dormire per sempre, magari.
Come gli sarebbe piaciuto vivere in quel mondo di sogni … Quello in cui era solo con Finnick jr al Distretto 4, quello in cui correva ancora senza paure con sua sorella nel Prato del Dodicesimo Distretto.
Il Prato non era altro che un cimitero, la fossa comune di tutta la gente morta durante il bombardamento, di quelle 9.085 persone* che avevano perso la vita per un maledetto abuso di potere.
Eppure, a quel Prato, erano connessi alcuni dei ricordi più belli dell’infanzia di Ryan.
Ricordava di Finnick jr che lo prendeva in braccio e giocava con lui, correvano insieme, se lo metteva sulle spalle per farlo sentire alto.
Non appena mise piede nel salotto di casa, Ryan vide una figura imbacuccata in un plaid sul divano, i suoi lunghi capelli scuri scendevano scompigliati sulle spalle e i suoi occhi attenti sembravano attenti a scrutare qualcosa davanti a sé.
Fotografie.
«Rirì, cosa ci fai sveglia?» chiese Ryan, avvicinandosi alla sorella e puntando il suo sguardo su di lei, cercando di ignorare le fotografie.
«Potrei farti la stessa domanda, fratellino.» gli rispose, alzando i suoi occhi azzurri dall’album fotografico che aveva tra le mani.
«E così domani ti sposi … » farfugliò il ragazzo, sedendo al suo fianco e aggrovigliandosi anche lui nella grande coperta.
«Ti prego, Ryan, mi fai venire l’ansia!» ridacchiò la ragazza, rimbeccando il fratello e guardandolo un po’ in malo modo.
«Rirì, tu sei sicura di ciò che stai per fare?» il suo tono si fece più serio e i suoi occhi non si spostarono da quelli della sorella, nonostante facesse male guardarli e non pensare a quello sconosciuto che l’aveva tanto amato.
«Sono sicurissima, Ryan, altrimenti non sarei qui a guardare queste fotografie, stanotte. Io amo Stephen, fratellino. E nonostante le piccole disapprovazioni tue e di Finn e la tristezza negli occhi di mamma … questa è la mia vita.» sorrise luminosa, guardandosi un po’ attorno e sollevando le spalle «Ed io intendo viverla, Ryan.»
«Tu vuoi anche allontanarti da casa, vero?»
«Non posso negartelo, Ryan.» il suo tono si incrinò e calò lo sguardo, mentre accarezzava con il pollice una fotografia che teneva in mano «Tu sai quanto me quanto è difficile vivere qui. Sai quanto detesto sentire i pianti di mamma alla sera e restar male quando realizzo che nonno Haymitch non verrà a cenare con noi.»
«Non è solo per questo … » lasciò alludere il ragazzo, abbassando anche lui lo sguardo sulla foto che Katherine teneva in mano, raffigurante un giovane uomo da ribelli ricci biondi e due splendenti occhi azzurri.
Peeta Mellark.
«No, Ryan, no. Tu non ricordi per nulla papà,» la sua voce sembrò spezzarsi all’improvviso «e ci sono così tante cose che non sai su di lui … e vivere qui» una lacrima scese sul volto della giovane, cadendo sulla fotografia del padre «è una tortura così grande, Ryan. Ero molto piccola quando papà è andato via e sono stata una delle ultime persone a vederlo vivo.» una seconda lacrima scese dal volto della ragazza, che dopo anni e anni stava confessando segreti che aveva tenuti sigillati nell’animo da sempre «Ho avvertito io la mamma che papà stava male perché … perché prima di andar via si è messo a giocare con noi. Eravamo entrambi molto piccoli, ma io ricordo tutto come se fosse ieri. Tu gli scuotevi la spalla con la manina ed io piangevo nascondendomi dietro nonna Ellen.»
Ryan non riusciva a guardare in volto la sorella, era la prima volta che si apriva con lui, che gli raccontava qualcosa della loro infanzia in cui era presente loro padre, era la prima volta che si lasciava trasportare da quei brandelli di ricordi che le erano rimasti della sua infanzia.
«E vivere in questa casa è terribile, Ryan, perché io mi ricordo com’era quando c’era papà dentro, quando usciva la notte per andare in panetteria, quando dipingeva assorto nel silenzio … Ricordo il suo passo pesante mentre girava per casa e mamma che rideva e lo prendeva un po’ in giro.»
«Come puoi ricordare tutto questo, Katherine? Eri piccolissima.»
«Ovviamente non ricordo tutto alla perfezione e quasi tutto quello che ricordo di lui è associato alla sua malattia. Non importa se sei piccolo, Ryan … Certe immagini ti restano impresse nella mente per sempre, certi ricordi non si possono cambiare, certi gesti non si possono dimenticare. E stare qui mi fa male, perché mi riporta così indietro nel tempo che … » e le lacrime si fecero copiose sulle sue guance e subito la ragazza si preoccupò di asciugarsele, non volendo farsi vedere dal fratello in quelle condizioni.
Ma a Ryan non importava, la accolse tra le sue braccia e la strinse forte a sé, fino ad allora era sempre stata lei a dargli la forza e il coraggio per andare avanti quando la vita gli era sembrata troppo ostile, ma ora gli sembrava quasi un dovere fare lo stesso con lei.
Sapeva quanto soffriva a non aver quell’uomo al suo fianco, proprio come Finnick jr, le loro lacrime esprimevano la stessa disperazione, lo stesso rimorso per non aver potuto far abbastanza per quello che tutti consideravano eroe.
Cosa c’era di così … buono in quel Peeta Mellark che nessuno riusciva ad accettare la sua morte?
Ryan ci rifletté, non lo sapeva, no, ma nel profondo del suo cuore neanche lui aveva mai accettato la morte di quell’uomo che aveva appena visto in una fotografia.
«Rirì, io ti voglio bene.» ammise il ragazzo, distendendo le labbra in un sorriso di conforto e dando una pacca sulla spalla alla sorella.
«Te ne voglio anche io, fratellino.» sorrise anche lei, staccandosi dal suo abbraccio e asciugandosi le ultime lacrime che le erano rimaste sul volto «E sai una cosa? Mi mancherete.» ammise anche lei, mentre cercava di tornare la solita ragazza spiritosa che era sempre stata «Mi mancherà la mamma che fa disastri in cucina, tu che puntualmente ti ammali perché dormi sempre con la finestra aperta e mi mancheranno anche le visite di Effie Trinket.»
«Avete già deciso se restare qui al 12 o trasferirvi in un altro Distretto?» domandò Ryan, sistemando alcune foto che erano sparse al suo fianco.
«A dire la verità ancora no, ci piacerebbe vivere al 7 oppure al 10, ma sarebbe ardua lasciare tutto qui e andar via … »
«Il 7 e il 10 sono anche parecchio lontani.» specificò Ryan, con una punta di disapprovazione nella voce «Quasi vicino a Capitol, non so se sarà molto sicuro.»
«Be’, poi vedremo … Ti va di guardare le foto con me?» gli propose, illuminando nuovamente il suo volto con un sorriso smagliante e avvicinandosi ancor di più a lui.
Ryan annuì impercettibilmente, erano poche le volte in cui aveva dato una veloce occhiata alle fotografie che Katniss teneva gelosamente nascoste in un vecchio cassetto, che non apriva quasi mai.
Precedentemente Ryan aveva avuto occasione di vedere solo qualche stralcio di una fotografia di Peeta, un Haymitch di qualche anno più giovane o una foto ricordo di una giornata estiva al Distretto 4, quando Finnick jr era ancora un bambino.
Non aveva mai voluto prestare molta attenzione a quelle foto, ma ora che le guardava una per una, gli sembrava di poter vivere momenti meravigliosi. Guardando quelle foto, in cui la maggior parte delle volte c’era sempre suo padre, a Ryan sembrò di aver conosciuto davvero quell’uomo.
Una foto ritraeva i suoi genitori, potevano avere appena venticinque anni ed erano su una spiaggia, abbracciati e sorridenti; un’altra fotografia, probabilmente scattata lo stesso giorno, ritraeva una giovanissima zia Johanna che sembrava che rimproverasse un piccolissimo Finnick jr; un’altra mostrava la zia Annie e Peeta al Distretto 12 vicino al camino di casa Mellark-Everdeen, anche loro stretti in un caloroso abbraccio e – nonostante si notasse che era passato qualche anno in più rispetto alle prime fotografie – i loro volti apparivano giovani e sereni davanti l’obbiettivo; Ryan vide anche una foto di sua madre con un enorme pancione che chiacchierava con un Finnick jr al tempo adolescente.
Ma solo una foto gli colpì profondamente il cuore, mai al mondo si era aspettato di vedere un’immagine del genere, mai era riuscita ad immaginarla, a farla apparire nella sua mente come “reale”.
La fotografia mostrava un bambino biondo ancora avvolto in fasce, chiaramente lui, che dormiva beato tra le braccia del padre che, nonostante avesse il volto visibilmente provato, proiettava nel suo sguardo tutto l’amore del mondo. Accanto a loro vi erano sua madre e Katherine di appena tre anni che sorrideva raggiante, evidentemente entusiasta dell’arrivo del suo fratellino.
«Mi ha detto la mamma che questa ce l’ha scattata Finn.» sussurrò Katherine, sorridendo a malapena e intrecciando la sua mano con quella del fratello «È una delle poche foto che abbiamo tutti insieme e credo che sia la più bella.»
«Ce ne sono altre? Della nostra famiglia?» chiese Ryan, nel suo sguardo vi era un luccichio differente, quasi curioso, soddisfatto.
«Sì, ce ne dovrebbero essere un altro paio.»
I due fratelli si misero a scovare nello scatolo colorato in cui erano riunite tutte le foto, alla ricerca di un’altra immagine che potesse ricordare il sapore di quella meravigliosa famiglia che erano stati e che – infondo – continuavano ad essere.
Trovarono altre due fotografie: nella prima erano tutti dietro il tavolo della sala da pranzo con sopra una grande torta e delle candeline, era il compleanno di Katniss e un Ryan sorridente era seduto sulle spalle di Peeta che gli teneva saldamente le manine minuscole, mentre Katherine era in piedi su una sedia che abbracciava forte i due genitori. La cosa buffa era che nell’angolo, si poteva intravedere anche Haymitch Abernathy che rideva completamente rosso in volto.
«Questa me la ricordo,» disse Katherine, guardandola con una certa nostalgia «ce l’ha scattata Effie Trinket al compleanno di mamma, l’ultimo che ha festeggiato.»
L’ultima fotografia, invece, ritraeva un uomo stanco, semidisteso su un letto d’ospedale e vestito con un camice bianco e con una flebo al braccio destro, nonostante gli occhi stanchi e l’espressione sfinita sorrideva e con il braccio sinistro sorreggeva un bambino di su per giù un anno: Ryan si riconobbe negli occhi color argento e nei riccioli d’oro che anche al tempo gli cadevano sulla fronte, riconobbe Katherine, seduta in un angolino del letto appena più sopra di lui e sua madre, che sembrava avere la stessa espressione stanca e afflitta del marito.
Aveva visto tante volte quell’espressione nel volto di sua madre, ma era la prima volta che la vedeva in quello di suo padre.
Nelle poche foto che aveva visto, anche quella notte, Peeta Mellark aveva sempre avuto un volto raggiante, luminoso … forse si intravedeva una punta di stanchezza nelle foto più recenti, ma quella foto aveva spiazzato totalmente il ragazzo.
Che sofferenze stava mai passando suo padre?
«Questa è l’ultima foto che abbiamo fatto insieme, dopo papà non ha più voluto farsi fotografare.» affermò nuovamente Katherine, mentre il sorriso sul suo volto si era spento.
«Perché eravamo in ospedale?»
«Io non lo ricordo molto bene, ma mamma mi ha raccontato che qui eravamo a Capitol City, papà si era sentito molto male e l’avevano dovuto portare lì. Poi, quando si è ripreso un po’ nonno Haymitch gli aveva organizzato una piccola “festa” e ci è stata scattata questa foto.» Katherine si strinse dentro la coperta, tirando un lungo sospiro e continuando ad osservare quella fotografia: si era sempre ricordata di Peeta Mellark in quel modo, con gli occhi stanchi, il volto affaticato e – nonostante tutto – con un dolce sorriso sul volto. «Qui è iniziato il declino della malattia … Era tre mesi prima che andasse via.»
Ryan tirò uno sguardo anche ad una delle prime fotografie di Peeta che aveva visto, quando era ancora molto giovane: era cambiato poco, solo i lineamenti si erano fatti un po’ più maturi e vi era un po’ di barba sul volto … eppure sembrava invecchiato di cent’anni.
La sua espressione aveva perso la serenità di quei giorni, lasciando spazio solo al più profondo dolore.
Perché proprio a lui?
Se Peeta Mellark era una persona così buona come tutti dicevano, perché era andato via senza poter vivere a pieno a sua vita?
Era la prima volta che Ryan si poneva quella domanda, era la prima volta che guardava con attenzione quelle fotografie dove suo padre lo teneva sempre tra le braccia con il suo sorriso enorme.
E, per la prima volta, Ryan Mellark vide l’amore negli occhi di suo padre.


Un focolare era acceso al centro di una radura allestita appositamente per il matrimonio di Katherine Mellark, due fette di pane tostavano sul fuoco scoppiettante mentre i due scambiavano le loro promesse, dolci parole si disperdevano nell’aria e Katniss Everdeen assisteva all’evento in prima fila assieme a Ryan, il suo figlio minore, Finnick Odair jr, divenuto ormai il suo figlioccio fin troppo cresciuto, Annie Cresta e Johanna Mason.
Era invecchiata, Katniss.
Qualche filo bianco si faceva strada nei suoi capelli acconciati per l’occasione, era molto magra e il suo vestito verde sembrava persino troppo largo.
Neanche per il matrimonio della figlia era riuscita a coprire le occhiaie che aveva perennemente, simbolo delle notti insonni passate a piangere il marito scomparso quattordici anni prima … e con lui tutte le altre persone a cui teneva.
Suo padre, Cinna, Finnick sn, la sua sorellina, Peeta, sua madre, Haymitch … tutti andati via. Tutti morti.
Ma aveva preferito scordare quei ricordi per il matrimonio della figlia maggiore, preferì pensare che Peeta fosse accanto a lei, sorridente e felice, assieme a tutti gli altri invitati.
Ryan Mellark fissava attento la cerimonia della Tostatura tra sua sorella e quello Stephen, guardava attentamente le due fette di pane, non riusciva a guardare altro se non quello, come se il suo sguardo si fosse incantato su quel dettaglio e non riuscisse a vedere altro.
Quel pane l’avrebbe fatto mio padre.
Fu un pensiero fugace che gli passò per la testa così rapidamente che neanche se ne accorse, immaginò semplicemente le mani di Peeta Mellark che impastavano quelle fette di pane.
Mai aveva pensato a lui in quella maniera, mai aveva pensato ad un suo gesto, una sua azione, non aveva mai avuto una chiara idea in mente di chi quella persona fosse.
Forse ora quell’immagine si stava formando e non riusciva a far a meno di far crescere dentro di sé il desiderio di volerlo a fianco.
Ryan abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, le mani iniziarono a tremare e sentì la necessità di chiudere gli occhi per placare uno strano e improvviso mal di testa. Non ricordava di essersi mai sentito in quel modo, così confuso, così distratto, così bisognoso di fuggire via, proprio come – sposandosi – stava facendo Katherine.
Una mano calda si posò sulla sua, ancora tremante, e una voce leggermente preoccupata sussurrò delle parole al suo orecchio, che non riuscì a comprendere bene, troppo distratto.
«Ehi, Ryan, stai bene?» era la voce di Finnick jr, lo ridestò immediatamente dai suoi pensieri, facendogli alzare il capo verso il suo volto un po’ lentigginoso.
«Sì, sì, Finn, solo … Nulla, non preoccuparti.» affermò un po’ titubante, sorridendo timidamente all’uomo che continuava a stringere la sua mano tremante.
Finnick jr annuì impercettibilmente, evidentemente perplesso e quando Ryan volse nuovamente lo sguardo verso il focolare si accorse che la cerimonia della Tostatura era appena finita.
Sua sorella si era girata verso gli invitati insieme al suo sposo e avevano iniziato ad abbracciare tutti i presenti … S’accorse che neanche sua madre, Annie e Johanna erano più seduti nei loro posti, bensì erano vicino agli sposi che intimavano a lui e Finnick jr di raggiungerle.
Immediatamente i due sciolsero le loro mani unite e si incamminarono verso il focolare ormai spento, con parte del pane che era rimasto accanto. I loro vestiti eleganti erano molto scomodi, non si sentivano per nulla al loro agio, specialmente davanti a tutta quella gente.
Ryan teneva lo sguardo fisso su quel pezzo di pane, Finnick jr guardava lui a sua volta … era come se fossero completamente assenti dalla cerimonia, in un universo tutto loro.
Se mio padre avesse cucinato quel pezzo di pane cosa avrebbe fatto in questo momento?
Ryan ci pensò per un tempo che sembrava interminabile, scie di ricordi gli percuotevano la mente, rendendo quella manciata di secondi relativamente lunga.
Così, non appena giunse ad una conclusione, s’avvicinò verso la sorella, con Finnick jr che lo seguiva con lo sguardo, poggiò una mano sulla spalla di Katherine, che immediatamente si voltò a guardarlo. E Ryan li vide … per la prima volta riuscì a vedere negli occhi della sorella quelli di Peeta Mellark.
Non quelli di uno sconosciuto che l’aveva amato, ma Ryan giurò di vedere gli occhi del padre.
Immediatamente, senza pensarci due volte, la avvolse in un caloroso abbraccio, poteva immaginare il suo sorriso felice, sentiva il dolce modo in cui stringeva le braccia intorno al suo corpo, un po’ instabile a causa dei tacchi alti che indossava.
Sentiva le amorevoli carezze di Katherine sui suoi capelli ricci, accarezzava la sua schiena velata da un abito in pizzo. Non si dissero nulla, tutte le parole sembravano troppo inadeguate per quel momento: nessuno dei presenti – se non Katniss, Annie, Johanna e Finnick jr – avevano mai visto i due fratelli abbracciarsi, anzi, sembrava che vi fosse un certo rapporto di freddezza tra i due.
Non era mai stato così. Era solo paura, la paura di Ryan di guardare negli occhi di Katherine e la paura di Katherine di osservar bene il volto di Ryan.
Ma ora la paura era scomparsa, il terrore dei ricordi aveva lasciato un piccolo spazio alla bellezza di godere di essi, alla capacità di sopportare le mancanze e di sperare in nuove situazioni.
Finnick jr guardava i due con un dolce sorriso sul volto, era stato come un padre per entrambi, nonostante fosse solo poco più che un ragazzo, li aveva visti crescere, sperimentare nuove idee, ridere, giocare senza alcun pensiero … e poteva solo sperare di aver fatto Peeta Mellark davvero felice, prendendosi cura dei suoi figli, colmando a loro quella mancanza.
Finnick jr sapeva quanto ancora a lungo Peeta voleva vivere, sapeva come rigettasse l’idea di morire fin troppo giovane, come non di desse pace neanche per un secondo di dover abbandonare la sua famiglia, ricordava perfettamente tutto l’affetto che provava per i suoi figli, quasi pianse quando – gli ultimi tempi prima che morisse – lo aveva stretto forte a sé dicendogli di considerarlo come tale, sussurrandogli che, infondo, era il suo figlio maggiore.
E, guardando i due fratelli Mellark abbracciarsi, Finnick jr pensò che Peeta sarebbe davvero stato fiero di lui, di loro, dei suoi tre figli.


Mentre Katherine Mellark e suo marito Stephen erano rimasti alla radura per un servizio fotografico per il loro matrimonio, tutti gli invitati si erano riuniti vicino al lago ad aspettarli per i festeggiamenti, tra poco sarebbe giunto il crepuscolo e – un po’ più lontano dagli altri che si intrattenevano mangiando qualche stuzzichino preparato per l’occasione – Ryan, spogliatosi della fastidiosa giacca, sedeva sulla riva del laghetto a formulare vari pensieri senza una forma precisa, un’accozzaglia di sentimenti confusi e ricordi lontani gli vagavano per la mente, portandolo ad estraniarsi completamente dalle vicende intorno a lui.
I ricci biondi erano sfuggiti alla pettinatura che aveva fatto qualche ora prima, tornando ribelli sulla sua fronte a nascondere un po’ i suoi occhi grigi, si era allentato un po’ la cravatta che portava al collo e continuava a scrocchiarsi in modo frenetico le mani. Era così assorto nei suoi pensieri che quasi non si accorse che Finnick jr gli si era seduto accanto e gli stava porgendo una fetta di pane tostato che anche lui stava mangiando.
«Uhm?» fece Ryan, girando lo sguardo verso l’uomo per poi afferrare la fetta di pane «Grazie Finn.»
«Che ci fai qui tutto solo? Pensieroso?» gli chiese, per poi addentare una fetta di pane e ascoltare ciò che il ragazzo aveva da dire.
«Sì e no.» ammise, guardando il lago davanti a sé «Semplicemente … » osservò attentamente la fetta di pane tostato che teneva in mano, quell’elemento così importante per lui eppure così sconosciuto al tempo stesso «Dimmi una cosa, Finn: il pane che faceva mio padre era buono?»
«Buonissimo.» confermò Finnick jr «Aveva un sapore molto particolare e … non so neanche io come descriverlo, era come se Peeta mettesse la sua essenza lì dentro.»
«Perché ho pensato tanto ad una cosa e penso che … Non so, mi piacerebbe riaprire la panetteria, in futuro.»
Gli occhi smeraldi di Finnick jr parvero illuminarsi di colpo, una strana sensazione s’insediò nel suo cuore, una meravigliosa speranza, la possibilità di entrare nuovamente nel luogo più bello della sua infanzia, dove tutto sembrava ancor sporco di cioccolato.
Ma lui non aveva mai avuto il minimo coraggio di entrarci, di aprire quella porta e vedere come tutto era andato in frantumi con la morte di Peeta. Ma ora non sarebbe stato solo.
Se solo Ryan poteva davvero trovare la forza – e Finnick jr sapeva che poteva trovarla – sarebbe riuscito ad abbattere ogni singolo muro che aveva dentro.
Poteva farlo felice.
«Non sono molto bravo a cucinare, quindi chiamerei qualcuno che faccia il pane e i dolci, ovviamente.»
«Tu sai decorare bene le torte, potresti occuparti di quello.»
«Anche mio padre sapeva farlo» disse Ryan, chinando il capo «e penso che … forse sarebbe fiero di me, no?»
Finnick jr lo guardò, aveva un tono innocente, gli occhi leggermente lucidi, le mani che tremavano un po’ intorno quella fetta di pane tostato.
Quanto era bello …
«Lui è già fiero di te, Ryan.»
«Ma io non sono mai riuscito ad amarlo, Finn … Non sono mai riuscito a chiamarlo per nome, a …»
Così Finnick jr interruppe quella frase, prendendo il ragazzo tra le braccia e stringendolo forte, fortissimo … affondò il suo volto nella sua spalla, ispirando il profumo della camicia pulita.
Profumava di lievito e acqua marina, Ryan.
«Lui ti ha amato. Ti ha amato tanto e continua a farlo … in qualunque posto lui sia.» sussurrò Finnick jr, quasi con timore di essere sentito da qualcuno «Neanche io son mai riuscito ad amare mio padre, Ryan. Non addossarti alcuna colpa, alcun rimorso. Non ne hai.»
Ryan portò le braccia attorno alle spalle dell’uomo, abbracciandolo a sua volta, in una sorta di consolazione, per impedirgli di cedere di nuovo come aveva fatto qualche tempo fa alla baia del Distretto 4.
Non voleva vedere Finnick in quel modo, non voleva sentire il suo dolore.
«Finn …» si lasciò sfuggire, con l’ombra di un sorriso sul volto ormai non più abbronzato.
«Mi dispiace, Ryan.» farfugliò l’uomo «Mi dispiace perché io – una persona qualunque – ho potuto godere del suo amore. Ed era immenso, fidati. E tu e Rirì che eravate suoi figli no.» gli sfuggì un singhiozzo e per questo abbracciò il suo ragazzo ancor più forte.
«Non dire queste cose, Finn.»
«È come se vi avessi portato via il padre.»
«Non devi neanche pensarlo, Finn!» esclamò con una nota di rimprovero nella voce. Non poteva accettare che il suo Finn dicesse quelle cose, non ci voleva neanche pensare «Noi abbiamo te. Io ho te. E sì, avrei voluto poter avere mio padre al mio fianco, ma adesso ci sei tu … E tutto il resto non conta.» i due si staccarono dall’abbraccio in cui erano avvolti, in modo da potersi guardare negli occhi, da poter vivere quel momento, sentire tutte quelle strane emozioni … «Tu non hai conosciuto l’amore di tuo padre, Finn, ma hai conosciuto quello del mio. Io non ricordo l’amore di mio padre, ma ricordo il tuo.» ed era così strano, sentire quel ragazzo di soli 15 anni pronunciare quelle parole così profonde, dare un senso a tutto quello che li circondava in quel momento «Non importa da chi siamo amati, perché se siamo amati da qualcuno vuol dire che, almeno una volta nella nostra miserabile vita, abbiamo fatto qualcosa di buono. E non importa chi amiamo … basta che amiamo.»
Finnick jr sorrise, scosse leggermente la testa, senza smettere mai di guardar Ryan negli occhi … Gli era così grato.
In quel preciso istante, Finnick jr Odair si era appena chiesto che cosa avrebbe fatto se non ci fosse stato quel ragazzino dai capelli ricci e ribelli.
«Sei saggio per essere un ragazzetto di 15 anni.» ammise, posando una mano sulla sua guancia glabra.
«Mi hai insegnato tutto tu, Odair.»
E vi fu un concentrato di sorrisi, un miscuglio di emozioni, tanti pensieri accavallati l’uno sull’altro:  belli, brutti, felici, spaventosi … non importava.
Le loro mai erano strette saldamente, come se non volessero lasciarsi mai più. C’erano tante cosa che avevano compreso durante quelle ore, quei giorni, quei mesi, quegli anni passati insieme: bisogna esser liberi d’amare chi si sente di poter amare.
Sia Finnick jr che Ryan sapevano che Finnick Odair sn e Peeta Mellark li avevano amati, li avevano protetti senza paura, senza aspettarsi mai nulla in cambio.
Sembrò come una catena che stava unendo le loro vite: Finnick sn si era preso cura di Peeta durante la Guerra, Peeta si era preso cura di Finnick jr, Finnick jr si era preso cura di Ryan e Katherine.
Con ancora le mani intrecciate e un sorriso sul volto Finnick jr e Ryan si guardarono negli occhi, unendo il verde dei mari e il grigio del cielo in uno sguardo che parve infinito.
E forse lassù, in un presunto Paradiso, in un presunto Prato, guardando quell’immagine due vecchi amici si stavano facendo una risata.


 
“Questa è la variabile che abbiamo ignorato per troppo tempo,
forse perché l’amore ci fa paura,
visto che è l’unica energia dell’universo
che l’uomo non ha imparato a controllare”
-Albert Einstein.


 
FINE

 

*Riferimento alla frase che Gale ha detto in Mockingjay part 1 "Novecentoquindici su Diecimila" 915 persone si sono salvate, che sottratte alle 10.000 che c'erano in tutto fanno 9.085, ovvero le vittime.
 

Note d’Autrice:
Ed eccoci giunti alla fine di questa storia, una di quelle poche storie che mi ha fatto sudare letteralmente, che mi ha fatto imprecare in tutte le lingue del mondo ma che, alla fin dei conti mi ha resa molto fiera di ciò che ho scritto.
Non è nulla di particolare, lo so, ma per me aver creato questo rapporto tra Finnick jr e Ryan Mellark significa tanto … Perché nella mia testa era così complesso (una sottospecie di incesto, quasi) e sono riuscita a renderlo, o almeno spero.
Vi spiego meglio, Ryan e Finnick jr – come spero che abbiate capito da qualche dettaglio della storia – sono una coppia.
E sì, lo so che hanno quasi vent’anni di differenza, lo so che Finnick jr è una sorta di padre adottivo di Ryan e suona un po’ come un incesto non proprio incesto, ma i due hanno un rapporto così particolare per le vicende che li hanno accomunati che nella mia testa non potrebbero essere altro che due persone che si amano e si sorreggono e si proteggono l’un l’altro.
Come è scritto nel capitolo Finnick jr nutre questo rimorso, questo senso di colpa per esser stato amato da Peeta molto più a lungo di quanto lo sono stati Katherine o Ryan.
Ma Peeta Mellark ha DA SEMPRE considerato Finn come il suo primo figlio, lo ha amato come tale e ha amato allo stesso modo i suoi figli biologici.
E vi posso assicurare che, nella mia testa, Peeta li ha amati così tanto che non riesco ad immaginare un tipo di amore più grande.
Penso che, quei due vecchi amici, oltre a ridere insieme, si staranno ringraziando a vicenda.
Io, per mio conto, ringrazio sfiorarsi e Spidifen che hanno recensito questa storia con parole meravigliose, vi sono davvero grata.
Ringrazio anche i lettori silenziosi e chi ha aggiunto alle preferite/seguite questa mini-long.
Non mi resta che salutarvi, possa la fortuna sempre essere a vostro favore!
Con affetto,
_merasavia.

 
   
 
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