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Autore: Kary91    15/03/2016    4 recensioni
[Pre-Saga |One-Shot | child!Kai | child!Bonnie]
In quel momento, Kai aveva deciso che magari, se fosse riuscito ad accendere una candela senza fiamma né fiammiferi, la mamma avrebbe finalmente sorriso anche a lui.
Non era quasi mai successo – se non proprio mai – ed era davvero curioso di scoprire come ci sentisse ad avere addosso lo sguardo orgoglioso della signora Parker, invece del solito cipiglio serio e distaccato.
Così, da una ventina di minuti a quella parte, aveva focalizzato la propria attenzione su quel mozzicone di candela, concentrandosi il più possibile per cercare di accenderla.
“Voglio il fuoco” mormorava fra sé e sé, ignorando il pensiero delle innumerevole volte in cui aveva cercato di fare la stessa cosa, senza mai riuscirci. “Accenditi… Voglio che ti accendi!”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bonnie Bennett, Jo Laughlin, Kai Parker, Sheila Bennett
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'How far we've come.'
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Motherless

A Malachai piacevano tanto le candele.

Erano piccole e si scioglievano come niente, quindi sembravano roba stupida, ma quando si accendevano potevi combinarci parecchi danni.

E lui, durante i suoi sei anni di vita, di guai in giro ne aveva seminati già parecchi.

Quel pomeriggio, tuttavia, Kai non aveva voglia di fare arrabbiare qualcuno. Se stava fissando così intensamente quella candela appoggiata sul tavolo, con le sopracciglia aggrottate e il mento adagiato sul dorso delle mani, era perché sperava di riuscire ad accenderla senza dover rubare un po’ di magia a qualcuno.

Aveva un piano: un pensiero strano, che gli era affiorato in testa all’improvviso mentre spiava sua madre attraverso la porta socchiusa della camera di Josette. Stava acconciando i capelli della figlia in una treccia e l’ascoltava raccontare di un qualche orsacchiotto che era riuscita a far volare per la stanza – un leggero sorriso ad assottigliare l’aria seria perennemente scolpita nei lineamenti della donna.

In quel momento, Kai aveva deciso che magari, se fosse riuscito ad accendere una candela senza fiamma né fiammiferi, la mamma avrebbe finalmente sorriso anche a lui.

Non era quasi mai successo – se non proprio mai – ed era davvero curioso di scoprire come ci sentisse ad avere addosso lo sguardo orgoglioso della signora Parker, invece del solito cipiglio serio e distaccato.

Così, da una ventina di minuti a quella parte, aveva focalizzato la propria attenzione su quel mozzicone di candela, concentrandosi il più possibile per cercare di accenderla.

“Voglio il fuoco” mormorava fra sé e sé, ignorando il pensiero delle innumerevole volte in cui aveva cercato di fare la stessa cosa, senza mai riuscirci. “Accenditi… Voglio che ti accendi!”

Un guizzo di luce improvvisa gli fece spalancare gli occhi.

Kai sorrise incredulo, mentre con l’indice attraversava da parte a parte la fiammella appena apparsa sullo stoppino.

L’orgoglio sostituì per qualche istante il vuoto che avvertiva di solito di fronte a qualunque situazione, ma la risata che echeggiò alle sue spalle lo spazzò via senza fare complimenti.

Josette appoggiò i gomiti al tavolo e indirizzò un’occhiata compiaciuta alla fiammella accesa, prima di sorridere al fratello.

“Guarda che sono stata io ad accenderla, mica tu” lo prese in giro, giocherellando con l’estremità della sua treccia.

Kai non replicò. Continuò a fissare la candela con sguardo impassibile, perfino quando Josette la fece levitare di qualche centimetro.

A quel punto, allungò la mano per afferrarla e spinse la fiamma contro l’estremità della treccia di Jo.

Il grido di sua sorella lo fece sorridere, ma dentro di sé non fece una piega: non era soddisfatto per avergliela fatta pagare, né si sentiva in colpa per il modo in cui aveva la gemella incominciato a frignare.

Nel giro di pochi istanti, la signora Parker li aveva raggiunti e si era data da fare per assistere la figlia.

Kai non impiegò molto di più per intuire di aver fallito ancora una volta e non perché aveva fatto del male a sua sorella.

Aveva fallito perché non era riuscito ad accendere quella stupida candela, mentre Josette ce l’aveva fatta in pochi secondi.

E, ancora una volta, sua madre non gli aveva sorriso.

 

***

 

Quella notte, quando gli abitanti di casa Parker erano ormai stati trascinati nella prigione del sonno, Kai raggiunse la stanza dei genitori.

Sua madre riposava supina, una maschera di serietà tratteggiata sul volto immobile: non riusciva a sorridere nemmeno mentre stava dormendo.

Il bambino le sfiorò la mano destra con un dito, mentre le studiava con attenzione il volto. Si portò poi la sua mano sulla testa per sentirne il tocco sui capelli: la madre continuò a dormire. Non diede cenno di percepire la sua presenza nemmeno quando Kai strusciò la guancia contro le nocche della donna, per poi di lasciarle andare di scatto il polso.

Nessuna reazione, nessun movimento: niente, come sempre.

Del resto, tuttavia, nemmeno il bambino provò nulla. La carezza di una mamma, per lui che non ne aveva mai avute, non sembrava niente di così speciale, specialmente se a fargliele era una mamma addormentata. Era una pressione come un’altra contro la sua pelle, non tanto diversa dai colpetti di Josette sulla sua schiena o dalle manate brusche di suo padre.

Rivolse un’ultima occhiata ai genitori e diede loro le spalle, diretto verso la sua stanza.

Non seppe mai che, mentre faceva scorrere la mano della signora Parker fra i suoi capelli, la candela con cui aveva giocato quel pomeriggio si era accesa per un istante.

In fondo, anche se l’avesse notato, non sarebbe servito a nulla.

Perché sua madre non gli sorrise mai.

 

***

 

A Bonnie piacevano tanto le candele.

Erano piccole e si scioglievano come niente, quindi sembravano roba stupida, ma quando si accendevano potevano illuminare anche le stanze più buie, un po’ come facevano le stelle col cielo.

E lei, durante i suoi sei anni di vita, di stanze buie ne aveva memorizzate parecchie.

C’era la sua cameretta di una volta, quella dove una sera si era addormentata con il bacio della buonanotte della sua mamma per poi risvegliarsi, un paio d’ore più tardi, senza trovarla: quella era stata l’ultima volta in cui l’aveva vista.

Oppure c’era la stanza di grams, che era spesso così buia da fare un po’ paura perché alla nonna piaceva dormire con le persiane chiuse e le tende tirate. E così, se la notte Bonnie doveva raggiungerla per via di qualche incubo che l’aveva fatta svegliare di soprassalto, la bambina era costretta a camminare a tentoni e con un braccio ben stretto attorno al corpicino rassicurante di Ms. Cuddles.

Quel pomeriggio, tuttavia, Bonnie non aveva bisogno di illuminare qualche stanza troppo buia. Se stava fissando così intensamente quella candela appoggiata al centro del tavolo, con le sopracciglia aggrottate e il mento adagiato sul dorso delle mani, era perché sperava di riuscire ad accenderla senza dover ricorrere ai fiammiferi.

Grams una volta le aveva raccontato che la loro famiglia discendeva dalle streghe e inizialmente la bambina non le aveva creduto. Tuttavia, la divertiva moltissimo immaginare di poter avere dei poteri magici e con il tempo aveva finito per credere almeno in parte alle cose strane che le raccontava spesso la nonna.

Quel giorno, Bonnie si era svegliata con un piano: un pensiero strano che aveva incominciato a sfiorarla il giorno prima, mentre spiava Elena e la sua mamma mano nella mano, al centro commerciale. A un certo punto Elena doveva aver detto qualcosa di molto buffo, perché la signora Miranda si era messa a ridere di gusto e si era chinata per dare un bacio alla figlia. Nel guardarle Bonnie aveva sorriso, ma si era anche sentita molto triste, come se ci fosse stata un'altra Bonnie dentro di lei che, a contrario di quella fuori, stava piangendo.

In quel momento, Bonnie aveva deciso che magari, se fosse riuscita ad accendere una candela senza fiamma né fiammiferi, la sua mamma sarebbe finalmente tornata.

In quel modo avrebbero ripreso a passeggiare mano nella mano nei parchi e al centro commerciale, a farsi le coccole e a leggere assieme una favola della buonanotte, proprio come facevano tutte le mamme con le loro bambine.

Così, da una ventina di minuti a quella parte, aveva focalizzato la propria attenzione su quel mozzicone di candela, concentrandosi il più possibile per cercare di accenderla.

Non aveva idea di cosa si dovesse fare per lanciare un incantesimo: la nonna le aveva raccontato che le streghe – quelle vere –all’inizio facevano un po’ di fatica, ma che prima o poi veniva spontaneo, un po’ come accadeva ai bambini quando imparavano a leggere o ad andare in bicicletta.

Lei quelle due cose le aveva imparate abbastanza in fretta, ma non aveva mai acceso una candela con la forza del pensiero. E in parte non credeva ancora che ci sarebbe mai riuscita.

Eppure in pomeriggi come quello, in cui grams era troppo impegnata con le sue faccende per fare caso a lei, la mamma le mancava più che mai e avrebbe fatto di tutto pur di vederla tornare. Pur di poterla guardare ancora una volta, perché stava incominciando a dimenticarla e le vecchia foto che teneva sempre sotto il cuscino si era sgualcita tutta. Voleva vederla per poterle chiedere come mai se n’era andata, lasciando Bonnie sola con la nonna. Per domandarle se era arrabbiata con lei perché aveva fatto qualcosa di sbagliato e se era scappata via per quello. Per chiederle se le voleva ancora almeno un po’ di bene, perché Bonnie sì, Bonnie gliene voleva ancora.

Anche se ogni volta che guardava la foto sgualcita sotto il cuscino gli occhi le si riempivano di lacrime e Ms. Cuddles si bagnava tutto il muso.

Bonnie scacciò via quei pensieri scuotendo la testa con forza. Tornò a concentrarsi sulla candela, convinta che – se solo fosse riuscita ad accenderla – la mamma avrebbe bussato alla porta di casa Bennett.

“Accenditi” mormorò la ragazzina, non osando sbattere le palpebre nemmeno una volta. “Ti prego, candela, accenditi!”

Dopo qualche minuto, Bonnie incominciò a sentirsi strana: un formicolio insolito aveva iniziato a farsi strada nei suoi occhi, la testa le si era fatta pesante e le sue tempie erano calde, come se si sentisse la febbre.

La candela era ancora spenta, eppure Bonnie si convinse, almeno per un istante, che l’aria aveva assunto un insolito odore di bruciato.

La porta d’ingresso di casa Bennett si aprì di scatto.

Bonnie trasalì: un rumore di passi diverso da quello di grams stava riempiendo il corridoio che dava sul salotto, alimentando i battiti rapidi del cuore della bambina.

In un istante dimenticò la faccenda della candela e si precipitò fuori dalla stanza, un sorriso emozionato a illuminarle il viso ultimamente spesso serioso: era lei, non poteva essere altrimenti.

La mamma era tornata.

“Mamma!” esclamò, fiondandosi in corridoio.

La prima cosa che vide furono tre pesanti buste della spesa. Le braccia che le avevano trasportate fin lì, tuttavia, non avevano il bel colorito scuro di quelle della sua mamma. A guardare meglio, in realtà, non c’era proprio nulla di Abby Bennett nella donna che aveva appena fatto ingresso in casa sua. Aveva corti capelli biondi, l’aria autorevole e indossava una divisa da sceriffo.

Bonnie la riconobbe all’istante: era una mamma, questo sì. Però non la sua.

“Bonnie!”

Lo sceriffo Forbes le sorrise, appoggiandosi al muro con un braccio mentre riprendeva fiato.

“Come stai, tesoro? La tua nonna è qua fuori: le ho dato una mano con le buste della spesa. Con tutto quello che ha comprato credo che non avrete più bisogno di mettere piede in un centro commerciale fino all’anno prossimo.”

Bonnie non disse nulla. Continuò a fissare la mamma di Caroline, gli occhi lucidi, ma le guance asciutte.

Improvvisamente, prese una delle tre buste. La sollevò a fatica fino ad averla all’altezza del petto e poi, con un gemito di rabbia, la scaraventò più lontano che potè.

Lo sceriffo Forbes sobbalzò, ma Bonnie non le prestò attenzione: stava già sollevando la seconda busta per fare lo stesso.

In quel momento grams entrò nell’ingresso con sguardo grave, come se avesse intuito cosa stava succedendo dentro casa.

Bonnie incrociò il suo sguardo addolorato per un istante, poi corse al piano di sopra.

Raggiunse la sua stanza e si lasciò cadere sul letto, la faccia seppellita nel pelo morbido di Ms. Cuddles.

Le lacrime incominciarono a scendere lungo il suo volto e la sua gola si riempì di singhiozzi.

Non seppe mai che, mentre lanciava con furia la prima busta della spesa, la candela con cui aveva giocato quel pomeriggio si era accesa per un istante.

In fondo, anche se l’avesse notato, non sarebbe servito a nulla.

Perché sua madre non tornò mai.

 

 

 

   
 
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