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Autore: Daphne_Descends    16/03/2016    11 recensioni
Prendete l'Iliade, tagliatela a fettine sottili e fatela soffriggere, poi servitela ben calda e otterrete le vicende degli studenti di due scuole rivali, costrette per volere di presidi sadici alla fusione, che cercano in tutti i modi di sopravvivere e distruggersi a vicenda, tentando nel frattempo di evitare di innamorarsi della persona sbagliata.
"Si può dire che tutto iniziò per colpa di quel cretino di Paride.
Le mani poteva tenersele a posto, invece di provarci con quell’Elena dell’Acaia."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Canto VIII
Di come non c'è mai limite al peggio

 

 

Tornare a scuola dopo tre settimane di vacanze non era mai stato facile, ma quell'anno ero particolarmente impaziente di rivedere Penelope e le altre, visto che ci eravamo soltanto sentite via telefono e non ci eravamo viste per tutto il tempo. Anzi, avevo visto più volte Diomede di loro e quella era una vera tragedia.
L'ingresso dell'Acaia era strapieno di gente e mi feci largo a spintoni, cercando di raggiungere le scale, ma sembrava ci fosse qualche tipo di ingorgo. Mi alzai sulle punte per cercare di vedere quale fosse il problema, ma l'unica cosa che riuscii a distinguere fu una moltitudine di teste. Per fortuna tra le tante c'erano anche quelle di Penelope e Ulisse e così mi affrettai a raggiungerli, tirando gomitate a destra e a manca.
«Ehi» salutai senza fiato, una volta affiancata Penelope.
«Bri!» esclamò lei, salutandomi con un abbraccio «Come va?»
«Bene, finché non sono entrata» borbottai «Ci ho messo dieci minuti solo per attraversare l'atrio. Si può sapere cosa sta succedendo?»
«Non lo sappiamo. Era già così quando siamo arrivati noi».
«Probabilmente una rissa» rispose Ulisse alzando le spalle «E' una delle poche cose che riesce ad interessare tutti. Oh, finalmente ci muoviamo».
Il gruppo di persone davanti a noi riprese a camminare e riuscimmo con fatica a salire le scale, chiacchierando allegramente. Per fortuna, una volta al primo piano, la folla iniziò a diradarsi e noi riuscimmo a salire al secondo senza troppi problemi.
«Davvero gli ha dato il suo numero?» mi chiese Ulisse divertito.
Io scrollai le spalle con un sorriso «Ci ho messo una buona parola. Ma non deve disturbarla troppo, altrimenti glielo faccio cancellare».
«Scherzi? Non è riuscito a mandarle nemmeno un “ciao”! Mi ha assillato tutto il pomeriggio e poi è rimasto a fissare il telefono come un deficiente».
«Andiamo, è solo imbarazzato. E' meglio che faccia passare un po' di tempo, così non sembra troppo disperato» commentò Penelope.
«Ma lui è disperato».
«Senza contare che Enone non ha più paura di lui» aggiunsi «Anzi, è stata lei ad aiutarlo a studiare storia».
Ulisse si lasciò scappare una risata e piegò le labbra in un ghigno «Voglio proprio sapere cosa si ricorda».
«Probabilmente è rimasto a fissarla tutto il tempo senza capire un accidenti».
«Dai, adesso esagerate! Si è comportato davvero bene, non me lo sarei mai aspettata da lui. Magari questa storia lo sta facendo maturare».
Ulisse e Penelope mi fissarono con la stessa espressione scettica, che capii appieno soltanto quando entrai in classe e proprio Diomede mi venne a sbattere contro.
«Eccola! Chiedi a lei! Vedi che ho ragione io!» mi urlò nell'orecchio, spingendomi verso i nostri banchi, dove Laodamia lo fissava con le mani appoggiate sui fianchi «Diglielo Bri! Vero che Enone mi ha dato il suo numero?»
Io sbattei gli occhi un paio di volte prima di annuire e Diomede alzò le braccia al cielo con un'esclamazione di vittoria.
«Dicevi?» disse Penelope dal suo banco, lanciandomi un'occhiata divertita.
«Cosa esulti, demente! Non hai nemmeno il coraggio di mandarle un saluto!» esclamò invece Ulisse, venendo però ignorato, visto che Diomede continuava a saltellare per la classe e salutare troppo allegramente i compagni che entravano.
Io mi limitai a scuotere la testa e abbracciare sia Laodamia che Tecmessa, prima di togliermi lo zaino e il giubbotto – seguito ovviamente da sciarpa, cappello e guanti, dato che sembrava di essere al Polo – e salutare anche Patroclo e Achille, già seduti ai loro posti.
Patroclo ricambiò con un sorriso, mentre Achille rimase a fissarmi con uno strano sguardo, che mi fece aggrottare le sopracciglia.
«Beh, che hai da guardare?» gli chiesi mentre Penelope si avvicinava per salutare le ragazze.
«Davvero sei uscita con Aiace Oileo?» mi chiese senza nessuna esitazione, facendo zittire il gruppo che ci stava attorno.
Io spalancai la bocca incredula «Chi te l'ha detto?» sibilai. Se era stato Diomede, l'avrei fatto secco una volta per tutte e l'avrei seppellito a pezzi in cortile.
Lui si stravaccò sulla sedia e fece un sorrisetto divertito «Oileo».
Ovvio. Quell'egocentrico maniaco schifoso. «Certo che no!» esclamai offesa, sedendomi al mio posto «Non esco con gente come lui».
«Oh, a quanto pare avete passato una serata incredibilmente stimolante» continuò lui, appoggiando un gomito sul banco e voltandosi verso di me «e ti piace stare sopra».
Le mie guance andarono a fuoco e io sbattei le mani sul banco, alzandomi di scatto «Basta! Vado a prenderlo a pugni, quell'imbecille!»
La mano di Achille si serrò intorno al mio polso e mi tirò a sedere senza alcuna fatica «Tanto non lo trovi. Sarà sicuramente a piagnucolare nascosto da qualche parte».
«Allora era colpa vostra se c'era tutta quella confusione nell'atrio!» esclamò Penelope alla mia destra «Tipico, una rissa il primo giorno di scuola!»
Achille roteò gli occhi annoiato, senza lasciarmi il polso «Non ho fatto rissa con nessuno. Gli ho solo tirato un pugno perché la sua voce è irritante e perché dice cazzate».
«Già» intervenne Patroclo divertito «Solo un pugno e ce ne siamo andati. Solo che poi Diomede ha detto che era vero...» si interruppe e mi guardò curioso.
«Sei uscita con Aiace Oileo?» esclamò Laodamia «Sei impazzita?»
«Non è vero!» esclamai accaldata «E' stata Criseide!»
«Che cosa ha fatto?» chiese Penelope con le sopracciglia inarcate.
Avrei tanto voluto sotterrarmi, ma avevo bisogno di chiarire l'equivoco, perché quel cretino di Diomede non aveva fatto altro che peggiorare le cose. «Sono uscita con Cri perché ha insistito, diceva che non facciamo più niente insieme, ma lei ha avuto la bella pensata di invitare anche Agamennone senza dirmi niente e lui si è portato dietro Aiace Oileo! Cosa ne sapevo io? E' stata la mezz'ora più noiosa e insopportabile della mia vita! Così mentre me ne andavo ho incontrato Diomede e sono rimasta con loro».
«Tua cugina è pazza!» esclamò Laodamia «Perché proprio Aiace Oileo? Poteva accoppiarti con qualcun altro!»
«O con nessuno, magari» borbottai, agitando il braccio per liberarmi «Perché date retta a Diomede?» dissi rivolta verso Patroclo, mentre sentivo la mano di Achille lasciarmi il polso, improvvisamente più freddo anche sotto il maglione.
Patroclo mi fece uno dei suoi soliti sorrisi gentili «Ero curioso. Non credevo nemmeno che Aiace Oileo ti conoscesse».
«Infatti non mi conosce, quell'idiota schifoso» borbottai, incrociando le braccia.
«Tranquilla, nessuno ci crede. Solo che Diomede se n'è uscito dicendo che vi ha visti insieme e lui era così insistente che tu sei scappata via...».
«Sono scappata perché quella cretina di mia cugina mi aveva lasciata da sola con lui! Che ha passato tutto il tempo a parlare di sé».
«Se non avesse parlato di sé, ti sarebbe piaciuto?» mi chiese Penelope.
«Scherzi?» esclamai offesa.
Lei non rispose, ma fece un sorriso malizioso e sul nostro gruppo calò per un attimo il silenzio, rotto improvvisamente dalla voce possente di Poseidone che fece affrettare tutti ai propri posti.
Non appena Diomede si sedette gli mollai un calcio da sotto la sedia, facendolo sobbalzare e voltare verso di me, pronto a dire qualcosa. Ma le parole gli morirono sulle labbra non appena incrociò il mio sguardo assassino.
«Cosa vai in giro a dire, idiota?» sibilai, mentre il prof compilava il registro.
Ovviamente capì subito a cosa mi riferivo e mi fissò con sguardo implorante «Scusa, mi è uscita male».
«Certo che ti è uscita male! Pensavo di dovermi preoccupare solo di un contaballe, non di due!»
«Beh, tanto Achille non gli ha creduto».
Gli tirai un altro calcio, mentre Patroclo ridacchiava e poi mi occupai di prendere il necessario per la lezione, evitando di incrociare lo sguardo di Achille, che sentivo ben fisso su di me.
«Eri preoccupata per quello che potevo pensare?» mi chiese proprio lui, chinandosi verso di me.
«Certo che no!» sibilai con le guance che scottavano. Sapevo per certo che ero rossa come un pomodoro e che lui se n'era accorto e ovviamente non credeva ad una sola parola di quello che avevo appena detto. Ma lo sguardo con cui mi fissò prima che il prof iniziasse la sua lezione mi rese incapace di dire altro e mi strinse lo stomaco in una strana morsa. Era divertito, come al suo solito, ma c'era anche qualcosa che non riuscivo ad identificare, qualcosa che mi piaceva davvero troppo e che mi faceva rendere sempre più conto che mi stavo fregando da sola. Avevo sempre creduto che Achille fosse pericoloso, ma non avrei mai pensato che il pericolo fosse che avrebbe potuto farmi innamorare di lui.

 


La giornata peggiorò drasticamente una volta che uscii da scuola e mi ritrovai Enone fuori dal cancello, chiaramente a disagio. I suoi occhi si illuminarono non appena mi vide, ma la sua espressione non si distese.
«Enone! Che ci fai qui?» le chiesi quando la raggiunsi.
«C'è stato un piccolo problema prima, fuori da scuola» cominciò lei.
«Cosa?»
«Ettore ha scoperto che Cri si vede con Agamennone. Cioè, Agamennone è venuto a prenderla a scuola e Ettore li ha visti». Non dissi niente, troppo stupita, e mi limitai a fissarla a bocca aperta, così lei proseguì dicendo «Non si sono picchiati perché Cri e Agamennone se ne sono andati subito e Enea ha fermato Ettore, però è tremendamente arrabbiato. Volevano aspettarti, ma Ettore stava davvero per scoppiare, così mi sono offerta io. E' meglio se vai a casa loro, Bri. Non è una bella situazione e poi sanno che tu sapevi tutto...»
Mi lasciai scappare un lamento e mi coprii la faccia con le mani «Perché? Stupida Criseide!»
Enone cercò di farmi forza «Se vuoi vengo con te».
«Sì, ti prego, non lasciarmi da sola!»
Proprio mentre Enone mi faceva un sorriso, Diomede mi venne addosso con le guance più rosse del normale. Alle sue spalle Ulisse rideva come un matto, mentre Penelope si massaggiava la fronte.
«Ehi!» salutò Diomede con voce un po' acuta, ignorandomi totalmente e tenendo lo sguardo fisso su Enone, che arrossì leggermente e ricambiò il saluto con un lieve «Ciao».
Nei secondi di silenzio che seguirono ci raggiunsero anche Patroclo e Achille, ma nessuno disse niente e si limitarono a fissare Diomede, come se stessero aspettando qualcosa.
«Allora?» disse Achille, sicuramente stufo di quella esitazione.
Diomede si riscosse e spostò lo sguardo su di me «Studiamo insieme per la verifica di storia? Come l'altro giorno».
«Di nuovo?» chiesi esasperata, mentre lui continuava a lanciare sguardi veloci verso Enone. Avevo perfettamente capito dove voleva arrivare, ma quella non era per niente la giornata adatta. «Proprio oggi? Ho da fare».
Lui spalancò gli occhi come spiritato, perché sicuramente non si aspettava un no ed esclamò con voce acuta «E' domani la verifica! Hai sentito Atena! Se non prendo almeno una sufficienza i miei mi strangolano!»
Mi dispiaceva per lui, davvero, ma in quel momento avevo altri pensieri per la testa. Avrei potuto approfittarne per appiopparlo ad Enone, ma lei mi serviva come supporto morale e, oggettivamente, era ancora presto per lasciarla da sola con Diomede. Però, quando feci l'errore di guardarlo negli occhi imploranti, non riuscii a dirgli di nuovo di no.
«Oh, e va bene! Da me alle quattro» sempre che per quell'ora Ettore mi avrebbe lasciato andare indenne.
«Possiamo venire anche noi?» mi chiese Patroclo con un sorriso.
«Ok, venite tutti quanti!» esclamai, afferrando Enone per un braccio «Ora dobbiamo proprio andare! O Ettore mi fa fuori».
«Che succede?» domandò Penelope, aggrottando la fronte, mentre noi iniziavamo ad allontanarci.
«Ettore ha scoperto di Criseide e Agamennone!» le risposi agitando una mano in segno di saluto.
Io ed Enone ci affrettammo verso la via che ci avrebbe portato a casa dei miei cugini, mentre alle nostre spalle la voce di Ulisse chiedeva «Criseide e Agamennone? Cos'è, stanno insieme? Lo sapevate tutti? Perché sono sempre l'ultimo a sapere le cose?»
Non sentii la risposta di Penelope, ma le mie labbra non poterono non piegarsi in un sorriso, nonostante la situazione non delle più rosee.
Anzi, chiaramente nera. Talmente nera che Ettore mi avrebbe ucciso volentieri, se solo non fossi stata la sua cugina preferita. Infatti mi fulminò con lo sguardo non appena entrai in casa loro e il pranzo si svolse in totale silenzio, cosa che non era mai accaduta prima in quella casa.
Zia Ecuba ci guardò a lungo senza dire niente, salvo poi iniziare a fare domande a raffica per riempire quel silenzio pieno di tensione, ma se tutti noi cercammo di rispondere il più allegramente possibile, Ettore non aprì bocca e continuò a fissare il piatto con aria furiosa. Perché ero sempre io a trovarmi in quelle situazioni del cazzo? Stupida Criseide.
Dopo pranzo venimmo spinti tutti in salotto dalla zia, con la scusa di lasciarla tranquilla a ripulire tutto, ma sapevamo che era solo per farci risolvere qualsiasi cosa non andasse tra di noi.
Paride fu il primo a defilarsi, come al solito, e scappò a chiudersi in camera sua, seguito da Cassandra ed Eleno che borbottarono qualcosa sul loro stupido topo e quasi corsero nella loro, sbattendosi la porta alle spalle. Ettore iniziò a fare avanti e indietro davanti alla televisione, io mi sedetti con una smorfia sul divano con Enone, Andromaca e Creusa, Enea si sedette per terra davanti al tavolino e il silenzio si fece ancora più pesante.
Almeno finché Ettore non si voltò verso di me e aprì bocca.
«Non è colpa mia!» esclamai, interrompendolo prima che potesse dire qualcosa. Era meglio mettere subito in chiaro le cose.
Lui mi fulminò e sibilò «Lo so che non è colpa tua. Voglio sapere perché cazzo me l'hai tenuto nascosto! A me!»
Io mi incassai di più nel divano, evitando di guardare nella sua direzione per evitare che mi facesse sentire in colpa, perché dopotutto era Ettore e io avevo sempre adorato Ettore: era sempre stato il fratello che non avevo mai avuto.
«Non te l'ho tenuto nascosto», più o meno, «pensavo te l'avrebbe detto Cri. Non era niente di importante».
«Niente di importante?» scoppiò lui «Perché cazzo avete il fottuto vizio di tenermi nascosto quando ve la fate con quei dannati dell'Acaia? Prima tu, poi Criseide! C'è qualcun altro che vuole pugnalarmi alle spalle?»
«Adesso esageri, idiota» borbottò Creusa a braccia incrociate.
Ettore le lanciò un'occhiataccia «Scusa?» sibilò irritato.
«Sei il solito melodrammatico del cazzo!» ribatté lei «Non ricominciare con le tue solite scenate da sfigato tradito, chiaro? Vediamo di discutere come delle persone normali».
«Melodrammatico?» esclamò, gonfiandosi quasi fino a scoppiare. Ma prima che lo facesse, Andromaca si alzò e lo fece sedere sull'altro divano, bisbigliandogli qualcosa all'orecchio. Grazie agli dei, lui sembrò calmarsi e noi potemmo tirare un sospiro di sollievo.
Per evitare che qualcuno potesse dire altre cazzate e ricominciare a litigare, mi alzai di scatto e li fronteggiai. «Ok» cominciai passandomi le mani sulla faccia «vi dico quello che so, ma il primo che parla lo butto fuori a calci». Tutti mi fissarono senza fiatare e immaginai che quello fosse il momento adatto per rivelare quello che sapevo.
«L'ho scoperto per caso, ok? Li ho visti insieme un giorno e quando l'ho chiesto a Cri, mi ha detto che si frequentavano da un po', ma non è niente di serio».
«Tutto qua?» chiese Creusa con una smorfia.
Detta così sembrava una cosa da nulla, in effetti. Chissà perché tutto quel trambusto.
«Ma Agamennone non stava insieme alla sorella di Elena?» chiese Andromaca.
«Si sono lasciati, a quanto pare».
«Ma perché proprio Agamennone?» berciò Ettore «Perché dovete stare con le persone che più odio al mondo? Cosa vi ho fatto, eh? Sono io che ti ho insegnato a prendere a pugni la gente! Sono io che vi proteggevo all'asilo! Perché mi odiate così tanto?»
Alzai gli occhi al cielo, mentre Creusa schioccava la lingua irritata.
«Nessuno di noi ti odia».
«E poi ti chiedi perché nessuno ti dice mai niente» disse Creusa «Nessuno ti dice mai niente perché fai sempre un sacco di scene!»
«Non è vero!»
Mi affrettai a sedermi, mentre Creusa ed Ettore cominciavano ad alzare i toni.
«Ah no? Prima con Briseide, adesso con Cri. Cosa te ne frega se sta insieme a quello? Non piace nemmeno a me, ma saranno affari suoi, no? Ognuno deve fare le sue esperienze, belle o brutte che siano, e se sono brutte poi possiamo pensare a pestarlo a sangue, ma finché è felice lasciala stare e sii un po' più comprensivo!»
«Perché dovrei aspettare che quello stronzo la faccia star male?»
«Ma chi ti dice che la farà star male? Nessuno dei due è serio e poi lo sai come è fatta Criseide!»
«E se invece diventa una cosa seria? Guarda Bri! Prima nemmeno lo sopportava quel coglione, invece adesso non si lamenta neanche più!»
«Ehi, non mettetemi in mezzo!»
«Se non si lamenta significa che va tutto bene, no?»
«O magari anche lei ha deciso di tenermi nascosto tutto quanto!»
«Non stavamo parlando di Criseide?» chiesi esasperata, ma nessuno dei due mi ascoltò e continuarono a discutere come dei bambini, così decisi di ignorarli, come stava facendo Enea, che fin dall'inizio della discussione aveva la testa china sui compiti. Io ed Enone decidemmo di imitarlo, perché tanto quei due avevano cominciato a discutere di altri argomenti che non interessavano a nessuno.
«Sei tu che lasci sempre le pozze d'acqua quando fai la doccia! E io devo sempre pulire!»
«E io devo sempre levare i tuoi capelli dallo scarico! Che schifo!»
Non so quanto tempo passò prima che la voce più lieve e calma di Andromaca si facesse sentire, ma il silenzio che portò fece esultare le mie orecchie. «Potreste smettere di urlare? State dicendo cose senza senso». Non era propriamente arrabbiata, perché Andromaca non si arrabbiava mai, ma aveva un tono leggermente gelido, che fece zittire immediatamente sia Ettore che Creusa. «Criseide ha preso la sua decisione, quindi è ovvio che dobbiamo rispettarla. E le daremo il nostro totale appoggio come abbiamo sempre fatto. Giusto?»
«Era quello che ho detto io» borbottò Creusa.
«Giusto?» ripeté Andromaca con un sorriso, rivolta verso Ettore, che invece non aveva risposto.
Il «Sì» che sputò fuori sembrava essergli stato strappato con la forza, ma l'importante era che la questione si fosse risolta senza spargimenti di sangue – il mio per la precisione. Meno male che esisteva Andromaca. Dovevo ricordarmi di non farla mai arrabbiare.
Per calmare ulteriormente gli animi, in quel momento corse in salotto Troilo che mi venne ad abbracciare tutto contento.
«Bi!»
Io ovviamente lo stritolai e lo riempii di baci, perché era troppo adorabile e perché le sue risate mi riempivano il cuore.
«La mamma vuole sapere se avete finito di litigare, così possiamo fare merenda di qua» disse Polissena, rimanendo sulla soglia del salotto.
«C'è Gigamesc! Lo guardi con me?» mi chiese Troilo, voltandosi verso di me.
«Solo per un po', alle quattro ho da fare».
Troilo esultò e si alzò, seguendo di corsa Polissena in cucina, probabilmente per prendere la merenda.
«Guarda che sono le quattro e venti» mi informò Creusa.
Io spalancai gli occhi e afferrai il cellulare: sullo schermo lampeggiavano le cifre “16:22” e c'erano sei chiamate perse e due messaggi. Imprecai sottovoce, vedendo il nome di Diomede, e balzai in piedi, infilando tutte le mie cose nello zaino, mentre leggevo i messaggi.
Il primo era un semplice “Siamo davanti a casa tua dove sei?”, mentre il secondo per poco non mi fece volare il telefono di mano. “E' arrivato tuo padre ha detto che forse sei da ettore... veniamo da te”. Quella era l'unica cosa che volevo evitare in quel momento. Veniamo da te? A casa di Ettore? Erano completamente impazziti.
«Devo scappare!» esclamai agitata, cercando di calcolare mentalmente quanto tempo avevo a disposizione prima che arrivassero: troppo poco. Era un miracolo che non fossero già lì.
«Perché?» chiese Ettore sospettoso.
«Devo studiare per la verifica di storia di domani. Enone vieni con me, vero?»
Lei capì all'istante e raccolse velocemente le sue cose.
«Chi era al telefono?» continuò Ettore, alzandosi dal divano.
«Non sono fatti tuoi!»
«Era lui, vero? Proprio sotto al mio naso!»
Alzai gli occhi al cielo e non feci nemmeno finta di non sapere a chi si riferisse con quel “lui”, perché era ovvio che c'era solo una persona oltre ad Agamennone che poteva farlo arrabbiare in quel modo.
«Era solo Diomede!» esclamai «Gli avevo detto che avremmo studiato insieme e viene anche Enone!»
Ettore mi prese per le braccia e mi fissò con uno sguardo serio «Briseide, almeno tu non farti fregare. Certe persone non sono fatte per le relazioni serie. Promettimi di non innamorarti di lui, ok?»
Non riuscii a rispondere, troppo stupita per mettere insieme una frase, e rimasi a fissare mio cugino negli occhi. Lo sapevo che l'aveva detto perché ci teneva a me e odiava vedermi soffrire, ma lui non conosceva Achille come lo conoscevo io. Lui conosceva solo quel ragazzo con cui aveva litigato e si era picchiato più di una volta, non sapeva com'era Achille insieme agli amici, o quando era rilassato, o quando era divertito, o quando mi fissava con quello sguardo caldo durante le lezioni. Il tempo che passavo con lui non era tutto rosa e fiori, e di certo non lo sarebbe stato nemmeno in futuro, ma Achille era diverso da come Ettore credeva che fosse. E come non avrei potuto, col tempo, innamorarmi di lui? Forse era già troppo tardi. Forse mi stavo già innamorando di lui.
Ettore sembrò quasi leggerlo nel mio sguardo, perché spalancò gli occhi e aprì la bocca per dire qualcosa, ma prima che potesse pronunciare una sola parola, la voce di zia Ecuba mi chiamò dall'ingresso.
«Briseide! I tuoi amici sono venuti a prenderti!»
Mi districai velocemente, borbottai un saluto e afferrai le mie cose, seguita da Enone, sperando di scappare prima che Ettore potesse riprendersi.
Nell'ingresso trovai zia Ecuba che chiacchierava con Diomede e Patroclo, mentre Achille era accovacciato davanti a Troilo che gli stava raccontando qualcosa ad alta voce.
«-e poi ha preso la sua spada e l'ha ucciso!»
«Oh, eccole qua! Siete sicuri di non voler restare qui a studiare? Tanto abbiamo spazio» chiese zia Ecuba, non avendo alcuna idea dell'assurdità che aveva appena proposto.
«No, è meglio se andiamo da me. Davvero» risposi velocemente, mettendomi il giubbotto.
«Vai via?» chiese Troilo aggrottando la fronte «Non guardi più Gigamesc con me?»
Non guardarlo negli occhi, Briseide. Non farlo.
«Scusa, Troilo. Devo fare i compiti» dissi, guardando ovunque tranne che nella sua direzione.
Lo sentii appendersi al bordo del mio piumino «Me l'hai promesso!» esclamò con voce lamentosa, la stessa che aveva quando stava per piangere e avrei scommesso qualsiasi cosa che era quello che stava per fare. Perché Troilo era davvero viziato e non era abituato a sentirsi dire di no. Il più delle volte era bravo e per niente capriccioso, ma quando qualcuno lo contrariava rischiava di venire assordato dai piagnistei o attaccato da una famiglia inferocita. Quindi mi trovavo in una bruttissima situazione.
«Me l'hai promesso! Sei cattiva!»
Non riuscii più a trattenermi e guardai nella sua direzione, ritrovandomi davanti i suoi occhi umidi e le sue guance arrossate. Bastò che tirasse su col naso per farmi crollare. «Scusa!» esclamai abbassandomi e abbracciandolo forte «Voglio tanto vedere Gilgamesh con te, ma devo studiare, altrimenti poi delle persone si arrabbiano con me! Lo sai che starei tutto il giorno insieme a te!»
Lui si imbronciò, ma trattenne le lacrime e si voltò verso gli altri, studiandoli da sopra la sua spalla, probabilmente pensando di dover convincere prima loro.
«Perché non restate solo per la merenda, allora?» chiese zia Ecuba.
Non è questione di merenda, zia. Come puoi pensare di far restare tuo figlio e Achille nella stessa stanza per più di due secondi?
Ci fu uno scambio di sguardi generale e nel silenzio che seguì la zia decise per noi «Perfetto! Merenda per tutti, allora!» esclamò allegramente, dando due giri di chiave e spingendo Patroclo e Diomede un po' più avanti. «Appendete qui i giubbotti. Briseide, accompagnali in salotto. Cosa volete da bere? Tè, cioccolata, succo?» continuando a parlare, senza nemmeno aspettare le loro risposte, si diresse in cucina e ci lasciò immobili nell'ingresso.
Patroclo si schiarì la gola «Beh, tua zia è molto ospitale» commentò con voce pacata.
«Cosa cavolo ci fate qui?» sibilai, fulminando tutti e tre con lo sguardo.
«Siamo andati a casa tua, ma non c'eri. Abbiamo aspettato un po', poi è arrivato tuo padre e ha detto che forse eri qui. Così siamo venuti a prenderti» rispose Diomede «Non rispondevi al telefono ed eravamo preoccupati».
«Proprio da Ettore dovevate venire?» lanciai un'occhiataccia ad Achille, sicura che fosse tutta colpa sua, perché tra loro tre era l'unico che sapeva dove abitava mio cugino, visto che mi aveva accompagnato in quella fatidica giornata di pioggia.
«Dai, facciamo una merenda veloce e poi andiamo, ok?» mi disse Enone, cercando di rassicurarmi «Vedi che non succederà niente».
«Restate qui?» chiese Troilo saltellando. Al mio cenno di assenso si lasciò scappare un gridolino entusiasta e afferrò la mano di Achille «Vieni, c'è Gigamesc adesso!» esclamò, tirandolo verso il salotto. Io mi affrettai a seguirli, pronta a contenere il pandemonio che sarebbe di certo scoppiato da lì a qualche secondo.
Achille si fermò per un istante sulla soglia, prima di venir tirato con più forza da Troilo che gli stava raccontando le puntate precedenti. Entrai subito dopo e guardai immediatamente Ettore, seduto immobile come una statua sul divano accanto ad Andromaca, che gli posò una mano sul braccio, ma lui sembrava troppo stupito per fare qualcosa che non fosse spalancare gli occhi. Creusa ed Enea erano seduti a terra intorno al tavolino, entrambi con la stessa espressione sorpresa e incredula sul volto.
«Ehm... ci fermiamo per la merenda» diedi come spiegazione, mentre Enone, Patroclo e Diomede entravano dietro di me. Troilo nel frattempo fece sedere Achille sull'altro divano e gli diede in mano il telecomando, dicendogli su che canale mettere. Achille accese il televisore come un automa, con la schiena e le spalle rigide, ma Troilo non se ne accorse e si sedette accanto a lui con aria beata. Per evitare che scoppiassero risse nel salotto di zia Ecuba – che di certo non sarebbe stata contenta di dover dire addio ai suoi amati soprammobili – mi sedetti all'altro lato di Achille, implorando con gli occhi i tre rimasti in piedi. Enone colse al volo il mio sguardo e tirò Patroclo e Diomede a sedere con lei sul nostro stesso divano. Eravamo un po' stretti, ma sarebbe stato meglio che far sedere qualcuno di loro vicino ad Ettore.
«E' un incubo, vero?» disse Ettore con voce atona.
Nessuno rispose e in quel momento entrò Polissena, che diede uno sguardo a tutti noi e si andò a sedere in silenzio vicino ad Ettore. Nessuno parlò per almeno cinque minuti, ma poi cominciò la sigla di “Gilgamesh” e Troilo tentò di cantarla come suo solito, sbagliando quasi tutte le parole; zia Ecuba ci portò la merenda aiutata da Eleno e Cassandra, che si fermarono con noi in salotto, senza battere ciglio davanti ai nuovi ospiti; Paride si affacciò alla soglia, diede un'occhiata alla situazione e tornò nella sua stanza e nessuno di noi fiatò.
Per ignorare la tensione nella stanza, mi affaccendai intorno ai vassoi che la zia aveva appoggiato sul tavolino e passai la merenda a tutti, sperando che con la bocca occupata non si facessero scappare nessun insulto che sarebbe sfociato sicuramente in rissa.
Quelli che mi preoccupavano di più erano chiaramente Ettore e Achille, ma Andromaca continuava a tenere una mano appoggiata sul braccio di Ettore e io ero seduta abbastanza vicino ad Achille da poterlo placcare se solo si fosse girato verso mio cugino. Patroclo ed Enea erano abbastanza maturi e responsabili per comportarsi bene e Diomede... beh, Diomede avrebbe potuto dire delle cazzate, come suo solito, ma era seduto accanto ad Enone e quello bastava per fargli tenere la bocca chiusa.
Mangiammo in silenzio con solo gli stupidi dialoghi di “Gilgamesh” in sottofondo, finché l'episodio finì e cominciò la pubblicità.
«Adesso c'è Ercole» disse Troilo rivolto verso Achille «Deve cercare un cinghiale e portarlo dal re Esteo».
«Euristeo» lo corresse Polissena dall'altro divano.
Quando cominciò la sigla di “Ercole” diedi uno sguardo sia ad Ettore sia ad Achille: entrambi si erano rilassati appena – la loro schiena finalmente toccava il cuscino del divano – e fingevano di non essere interessati. La cosa era davvero patetica, perché tra tutte le persone in quella stanza, e probabilmente in quella città, sapevo per certo che loro due erano i maggiori appassionati di Ercole. Da piccoli, Ettore mi aveva tirato scema con tutte le figurine, le videocassette e i gadget di Ercole che riempivano la sua stanza – tanto che non riuscivi nemmeno a camminarci – e mi era bastato sentire parlare Achille per rendermi conto che avevo trovato un altro malato di quello stupido cartone tanto quanto mio cugino. Se solo avessero parlato di Ercole, ero sicura che sarebbero andati d'accordo, anzi, magari sarebbero stati amici. No, che cazzate vai a pensare, Briseide. Sei completamente impazzita.
Invece di guardare la puntata, continuai a guardare le loro reazioni, praticamente identiche: piegavano appena le labbra in un sorriso divertito quando i personaggi facevano battute idiote; aggrottavano la fronte quando qualcuno si prendeva gioco di Ercole; indurivano la mascella nelle scene di combattimento, come se volessero anche loro essere là, e sembrava sapessero a memoria le battute di tutti, persino del contadino comparso sullo sfondo che aveva semplicemente detto “Sempre dritto. Hop, Carolina!”. La cosa iniziava a diventare inquietante.
Soprattutto quando, nel momento in cui comparve Euristeo, entrambi sibilarono nello stesso momento «Coglione», per poi fulminarsi a vicenda con lo sguardo.
Alla mia destra sentii Patroclo ridere in silenzio e io mi buttai contro lo schienale del divano, rendendomi conto solo in quel momento che la più tesa in quella stanza ero proprio io.
“Ercole” finì alle cinque e mezza e quando Diomede se ne accorse balzò in piedi disperato, blaterando qualcosa sulla verifica, Atena e i suoi genitori che l'avrebbero ucciso, così non ebbi altra scelta se non quella di cominciare subito a studiare, lì nel salotto di Ettore.
Eleno e Cassandra tornarono a chiudersi in camera loro, Enea e Creusa uscirono a fare un giro – probabilmente per passare un po' di tempo da soli –, Ettore e Andromaca non si mossero dal divano, Polissena si mise a fare i compiti al tavolino, che avevamo sgombrato dalle tazze sporche e dai dolci rimasti, Troilo si mise vicino a Polissena a fare un disegno – perché anche lui voleva fare i compiti come lei – e tirò Achille seduto accanto a lui, mentre noi cominciammo a ripassare storia, aiutati da Enone.
Per fortuna il lavoro che ci aspettava non era molto, visto che avevamo già studiato e visto che Diomede aveva lavorato anche a casa sua per non fare la figura dello scansafatiche ignorante con Enone, quindi avevamo quasi finito quando successe quello che stavo aspettando da quando quei tre avevano messo piede in casa di Ettore.
«La finisci di fissarmi?» sibilò la voce di Achille.
«Se ti dà fastidio perché non te ne vai?» rispose Ettore altrettanto irritato.
«Se ti do fastidio perché non te ne vai tu?» ribatté Achille.
«E' casa mia questa!» esclamò Ettore oltraggiato.
Quando cominciarono a fissarsi in cagnesco decisi che era il caso di ritirarsi e non testare ulteriormente la pazienza di Ettore. Così balzai in piedi e chiusi il libro con un tonfo «Beh, è ora di andare. Abbiamo studiato a sufficienza». Lanciai un'occhiataccia a Diomede, che richiuse immediatamente la bocca che aveva aperto per lamentarsi sicuramente di qualcosa, e mi affrettai a mettere via di nuovo le mie cose, subito imitata da Enone e Patroclo.
Feci un giro di saluti, schioccando un bacio rumoroso sulla guancia di Ettore e scusandomi con lo sguardo per quella situazione. Lui imbronciò appena le labbra, ma dalla sua espressione sapevo che mi aveva già perdonata da un pezzo.
Troilo e Polissena ci seguirono fino all'ingresso e, mentre ci rivestivamo, mi affacciai in cucina a salutare e ringraziare la zia, che mi mollò in mano un sacchetto con dentro i miei biscotti preferiti, che aveva appena sfornato.
«Tieni, te lo regalo» sentii dire a Troilo, mentre porgeva il suo disegno ad Achille, che lo prese con un lieve sorriso e lo ringraziò a bassa voce, cosa che fece ingrandire il sorriso di Troilo.
«E a me?» mi sfuggì. Di solito ero sempre io quella a cui Troilo regalava i suoi disegni ed era davvero deprimente venire sostituita da Achille, che aveva visto appena due volte. Non capivo proprio perché a Troilo piacesse così tanto.
Mentre mi accigliavo, Troilo si avvicinò e mi tirò il giubbotto verso il basso, io mi abbassai e lui mi diede un bacio umido sulla guancia, sorridendomi con aria birichina. Gli sorrisi divertita e lo abbracciai forte, prima di salutare con un bacio anche Polissena. Poi uscimmo tutti e cinque e tirai un sospiro di sollievo.
«Non è andata tanto male, no?» disse Patroclo, una volta fuori dal cancello.
Achille fece un verso stizzito, mentre Enone mi sorrise «Ti sei preoccupata per niente».
«Per fortuna! Non osate mai più fare una cosa del genere».
«La prossima volta fatti trovare in casa, allora» disse Diomede, infilando le mani in tasca «Comunque i tuoi cuginetti sono fantastici! Com'è che il biondino ti stava così attaccato?» chiese divertito, dando di gomito ad Achille.
«Ci conoscevamo già» rispose lui con aria indifferente.
«E' perché condividono gli stessi interessi» dissi con un sorriso malizioso, voltandomi verso di lui.
Achille mi squadrò per un attimo, prima di piegare appena le labbra «Sei solo gelosa che ha regalato a me il suo disegno».
Io boccheggiai, presa alla sprovvista, e riuscii a balbettare solo un «N-non è vero!» a cui nessuno credette.
«E' la prima volta che lo regala a qualcun altro» osservò Enone.
Io le lanciai un'occhiata tradita, mentre Diomede scoppiava a ridere.
Patroclo mi sorrise «Tranquilla, si vede che sei tu la sua preferita».
«Grazie! Tu sei l'unico che mi capisce!» esclamai con voce lamentosa, aggrappandomi al suo braccio e voltandomi a fulminare gli altri tre «Siete degli insensibili!»
Enone mi fece un sorriso di scuse, Diomede continuò a ridere e Achille alzò un sopracciglio.
«Spero che la verifica di domani vi vada male!».
«Cosa? No! Non mi portare sfiga, Bri! I miei mi uccidono se prendo un'altra insufficienza!»
«Dai, sono sicura che andrà bene. Hai studiato molto, no?» gli disse Enone con un sorriso incoraggiante, che fece arrossire Diomede che biascicò un ringraziamento.
Io e Patroclo ci scambiammo uno sguardo complice, pensando sicuramente la stessa cosa.
«Beh, Diomede, accompagni tu Enone a casa? Noi andiamo da questa parte» gli chiesi, indicando la direzione alle nostre spalle, all'opposto di quella che doveva prendere Enone per tornare a casa. Ignorai palesemente le espressioni imbarazzate e imploranti di Diomede ed Enone e presi a braccetto anche Achille «Ci vediamo domani! Ciao!» esclamai con un ghigno, prima di incamminarmi verso casa mia stretta tra Achille e Patroclo, che avevo scoperto essere uno dei posti che più preferivo al mondo.
«Siete davvero terribili» commentò Achille dopo parecchi metri.
Io e Patroclo ci limitammo a darci il cinque e ridacchiare divertiti.

 


Il giorno dopo, non appena entrai in classe, Diomede mi venne incontro con passo deciso e mi abbracciò, blaterandomi nell'orecchio fesserie tipo: “ti adoro”, “sei la mia nuova migliore amica”, “abbiamo parlato un sacco”, “sei un genio”, “mi ha sorriso, mi ha sorriso davvero”, “l'ho accompagnata fino a casa sua”, “se prendo una sufficienza le chiedo di uscire”. Avrei voluto staccarmelo di dosso, ma la sua euforia era contagiosa e così mi ritrovai a sorridere con lui – non con la sua stessa aria ebete, chiaro. Ero contenta che tra lui e Enone si stesse smuovendo qualcosa, perché mi sarebbe tanto piaciuto vederli insieme: Diomede era molto espansivo e non si vergognava di nulla, mentre Enone era più introversa e timida, ma ero sicura che si sarebbero fatti del bene a vicenda.
Il mio sorriso si spense leggermente quando Diomede mi strinse un po' troppo e mi strillò all'orecchio «Bri, ti amo da impazzire!»
Per tutti gli dei, perché mi ritrovavo sempre a contatto con persone così imbarazzanti?
Qualcuno si schiarì la gola dietro di me e, quando voltai la testa, incrociai lo sguardo impassibile di Achille, fermo all'ingresso dell'aula; appena dietro di lui, Patroclo rideva divertito.
Sentii Diomede irrigidirsi ed esclamare «Scusa, ma sono troppo contento!», poi mi mollò e abbracciò forte anche Patroclo, blaterandogli le stesse cose che aveva detto a me.
Achille alzò gli occhi al cielo e borbottò un «Idiota», mentre mi superava e si dirigeva verso i nostri banchi. Io lo seguii divertita e mi spogliai, per poi sedermi al mio posto e tirare fuori l'astuccio dalla cartella, visto che alla prima ora avevamo Atena e lei era sempre super puntuale.
«Ha detto che se prende una sufficienza le chiede di uscire» lo informai, guardandolo accasciarsi sulla sedia e appoggiare una guancia sul palmo della mano.
«Sempre che lei dica di sì» borbottò, voltandosi appena verso di me.
Aggrottai le sopracciglia, proprio mentre Patroclo ci raggiungeva, inciampando nella sedia di Diomede e finendo al suo posto con un'espressione spiritata.
«Ricordatemi di non fare mai più nulla per quello là».
«Ti ha abbracciato troppo?» chiese Achille con sorriso divertito.
Patroclo gli lanciò un'occhiataccia «Lo sai che quando è contento non controlla la sua forza. Stavo per soffocare e scommetto che mi ha lasciato i lividi sul collo».
Ci sporgemmo entrambi a guardargli il collo che non aveva niente a parte un po' di rossore, ma la pelle di Patroclo era talmente delicata che bastava toccarlo per lasciargli una macchia. Nemmeno Elena aveva la pelle così delicata.
«Non hai niente, tranquillo» lo rassicurai.
Lui sospirò esasperato e mi chiese «Enone, invece, come l'ha presa?»
Strinsi le labbra e feci vagare lo sguardo sulla classe che si stava riempiendo velocemente «Ecco... è quello che vorrei sapere anch'io. Dopo che ci siamo salutati ieri non l'ho più sentita. Non ha risposto nemmeno ai miei messaggi» mi misi a giocherellare con l'astuccio, sentendo distintamente i loro occhi fissi su di me. «Probabilmente mi ucciderà la prossima volta che ci vediamo» borbottai alla fine. Non credevo che Enone ce l'avesse davvero con me, probabilmente era solo molto imbarazzata e convinta che fosse colpa mia – cosa che effettivamente era –, ma sapevo anche che sarebbe durata poco perché lei non rimaneva mai arrabbiata per molto. Oggettivamente non avevo mai imbrogliato Enone così tanto come nell'ultimo periodo, non mi era mai capitato di costringerla a fare quello che volevo io – nemmeno quando si era messa con quel cretino di Paride e io non ero d'accordo –, solo che quella storia mi stava particolarmente a cuore e volevo che per una volta lei riuscisse ad avere il meglio. Ecco, non che Diomede fosse “il meglio”, ma poteva essere quello giusto. Volevo che per una volta Enone ricevesse più amore di quello che aveva sempre dato. E che si dimenticasse di quel cretino senza cervello di Paride.
Prima che qualcun altro potesse aprire bocca, Atena entrò nell'aula, sgridò Diomede e Ulisse che facevano i dementi di fianco alla cattedra e tutti si fiondarono ai loro posti in silenzio. Quando la prof tirò fuori il plico di verifiche vidi distintamente Diomede tremare come una foglia e lanciare uno sguardo disperato a Patroclo, che alzò gli occhi al cielo e gli sillabò qualcosa come “idiota” e “tranquillo”. Scossi la testa e, mentre spostavamo i banchi, gli sussurrai con violenza «Smettila di fare l'idiota. Hai studiato un sacco e ce la farai di sicuro».
O almeno era quello che speravo, ma dalla sua espressione alla fine dell'ora sapevo che per una volta aveva superato le aspettative di tutti.
«Sapevo tutto! Tutto!» esclamò per l'ennesima volta, mentre ci stavamo preparando per tornare a casa. «Sì, beh, forse non ho risposto benissimo nelle domande aperte, ma sono sicuro di aver detto qualcosa di giusto perché lo sapevo! E sapevo tutte le date! E anche le crocette! Studiare è fantastico!»
Patroclo si voltò di scatto e lo fissò con gli occhi spalancati, pronto probabilmente a fargli un esorcismo, ma Diomede era già scappato verso Ulisse per urlare per l'ennesima volta della sua verifica. Dopo le prime cinque volte ero convinta che Achille lo avrebbe preso a pugni, ma invece si era trattenuto e lo aveva ignorato pazientemente, cosa che mi aveva davvero sorpreso. Certo, in compenso era andato in bagno almeno dodici volte in tutta la mattinata ed era scomparso all'intervallo, ma era meglio fingere che avesse avuto la pazienza necessaria.
Solo che adesso, invece di preparasi con calma come suo solito, era praticamente già fuori dalla porta, che aspettava Patroclo con uno strano tic al sopracciglio che avveniva casualmente ogni volta che la voce di Diomede arrivava alle sue orecchie, così mi ritrovai ad uscire con loro due dalla scuola, mentre di solito riuscivo a svignarmela qualche minuto prima.
Fuori dal cancello stavo giusto pensando come sfuggire a quel silenzio che era calato tra di noi, quando sentii qualcuno afferrarmi con forza una spalla e mi lasciai scappare un gridolino, presa del tutto alla sprovvista. Achille e Patroclo si voltarono di scatto e io feci lo stesso, trovandomi faccia a faccia con una Criseide infuriata nera.
«Cri! Mi hai spaventato, stupida!»
«Scusa, ma ti stavo aspettando».
Mi posai una mano sul petto cercando di riprendere a respirare normalmente. «Cosa c'è?»
Se possibile, la sua espressione divenne ancora più furiosa, cosa che succedeva molto raramente, e io iniziai a preoccuparmi seriamente. Che fosse qualcosa relativo al giorno prima?
«Quello stronzo schifoso!» sputò fuori con rabbia «Mi ha preso in giro per tutto questo tempo! Ma giuro che me la paga! Fosse l'ultima cosa che faccio!»
«Di chi stai parlando?» la interruppi agitata.
Lei mi lanciò un'occhiata che mi fece rabbrividire, nonostante sapessi che non era propriamente rivolta a me «Di quel bastardo di Agamennone, no? Traditore schifoso! Lui con me ha chiuso! Chiuso!»
Oh. Era durata molto, a quanto sembrava. Tutto il casino delle ultime settimane per niente.
Almeno Ettore sarebbe stato contento.

 

 

 

 

N/A: Ehilà! Come al solito non sono riuscita a pubblicare velocemente il nuovo capitolo e mi dispiace davvero molto. Ma non disperate, ci stiamo avvicinando alla fine (circa). Diciamo che ormai siamo nella seconda metà della storia e sarebbe mia intenzione finirla di scrivere entro quest'anno, ma ovviamente il tutto dipende dalla vita reale e dall'ispirazione.
Vorrei ringraziare tutti coloro che continuano pazientemente a seguirmi, nonostante i miei ritardi, per me è sempre un piacere ricevere i vostri messaggi e le vostre recensioni e, se non ci foste voi, probabilmente avrei abbandonato questa storia da tempo. Quindi grazie davvero.
Passando al capitolo vero e proprio, in realtà è dall'inizio di gennaio che è quasi del tutto scritto (almeno fino alla parte in cui Diomede abbraccia Briseide e la ringrazia per la sera prima), ma l'ultimo pezzo non riuscivo proprio a scriverlo, sapevo di volerlo finire con l'annuncio di Criseide, ma era proprio la parte in mezzo che mi ha messo in difficoltà. Oggi, ho avuto l'ispirazione (leggasi come: mi sono detta “smettila di fare la deficiente e procrastinare e finisci questo cavolo di capitolo) e ho deciso di postarlo immediatamente, senza ricontrollare nemmeno bene. Quindi chiedo scusa per gli eventuali errori.
Oggettivamente non so che altro dire, perché non mi sembra un capitolo pieno di avvenimenti, quindi aspetto di vedere cosa ne pensate voi.
Ringrazio ancora tutto coloro che continuano a seguire questa storia, che recensiscono e che la inseriscono in una delle liste. Grazie!
Al prossimo capitolo (spero non troppo in là)!

   
 
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