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Autore: XShade_Shinra    18/03/2016    1 recensioni
[ ON HIATUS ]
Benvenuti a NevediNotte, un luogo dove nevica solo dal tramonto all'alba, come se la notte stessa volesse celare qualcosa...
- Tratto dall'ultimo capitolo postato: L'Abbraccio del Gelo - Come un gatto guarì la solitudine di una creatura centenaria. -
[ Raccolta Disomogenea Dark Fantasy. Generi e Avvisi all'interno di ogni Capitolo e nel Capitolo Indice ]
[ Il capitolo "03. Lo Spirito del Villaggio" ha vinto l'Award come Best Song Fiction alla Quinta Edizione dei "Never Ending Story Awards" ]
[ Il capitolo "05. La Cicatrice della Vita" si è classificato 1° e ha vinto i Premi "Giuria", "Miglior Titolo" e "Originalità" al contest "Drabble and flash Collection" indetto da Deidaranna93 sul forum di EFP ]
Genere: Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'NevediNotte'
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- Hellcome to NevediNotte -
  L'Abbraccio del Gelo

Come un gatto guarì la solitudine di una creatura centenaria.


Non tutti potevano vedere Neve, lo spirito protettore del villaggio.
Eppure lei c'era, era in mezzo a loro tutti i giorni da quando nacque il villaggio, e questo la addolorava.
I pochi che potevano vederla avevano una sorta di timore reverenziale verso di lei e non si avvicinavano, ma in realtà Neve avrebbe tanto voluto parlare con qualcuno.
C'era sì il Cacciatore, ma non era abbastanza umano per quel che mancava allo spettro. Inoltre i due non avevano alcuna affinità. Il compagno di lei, quando entrambi erano ancora in vita, l’aveva mutilato e lei stessa aveva rischiato di ucciderlo – c’erano volute centinaia di anni prima che i due più vecchi abitanti di NevediNotte ancora in “vita” si parlassero per la prima vera volta.
C'era stato poi il primo padre spirituale di allora, ma, sebbene legato al mondo ultraterreno, non voleva avere a che fare con uno spettro, qualcuno che aveva dinegato la casa del Signore per rimanere sulla terra – dimora dei peccatori.
Solo dopo qualche decina di anni dopo – forse proprio un centinaio –, in una fredda notte, le venne rivolto un "Ciao".
Era una vecchia donna arrivata da qualche tempo al villaggio insieme a degli altri avventurieri stanchi che cercavano un posto dove riposare le membra sfinite dalla guerra, e mai prima di allora le aveva fatto capire di poterla vedere.
«Salve…» rispose Even, stupita.
La vecchia vestita di nero era ricurva su se stessa, con le dita rovinate e storte, alcune senza unghie. Molte rughe solcavano il suo volto cascante, la cui parte sinistra era macchiata di nero e la palpebra gonfia chiudeva l’occhio dal quale colava del muco giallognolo. Sorrise, mostrando i pochi denti sbilenchi che aveva ancora, e nonostante tutto a Even parve una visione rassicurante. Tutti la chiamavano strega, ma senza cattiveria nella voce. Anzi, chiunque la incrociasse lungo la strada, la salutava anche con un gesto di riverenza del capo, perché i loro occhi si posavano sul suo corpo consumato a causa della vecchiaia e dalle esalazioni e le spore dei decotti – di vita o di morte – che preparava per sé e soprattutto per gli altri.
«Aspettavo da tempo di poterti vedere» disse lei, infilando una mano dentro una sacca che portava a tracolla sul davanti. Even vide che la vecchia ne sfilò un gatto grigio, ormai senza vita.
«Quello è il suo gatto…» lo riconobbe subito: manto grigio e occhi rossi, era il suo gatto che adorava mangiare castagne. «Mi dispiace…».
La vecchina mosse il capo in gesto negativo. «Non dispiacertene: ha vissuto molto più di un gatto normale e questo l’aveva reso sempre più scaltro e intelligente. A volte ero certa che potesse capire cose che io non riuscivo a cogliere» le disse con voce fina e arrochita. «Ha esaurito la sua settima vita, ormai non posso più fare nulla per lui» disse triste, porgendo il corpicino senza vita verso il fantasma.
Even scosse il capo. «Non posso toccarlo» le disse.
«Prendilo, da ora in poi farà compagnia a te, io incontrerò presto care persone che mi staranno vicine, al contrario di te».
Even non capì il macabro gesto, ma fece come la strega le aveva detto; tese le braccia e mise le mani sotto quelle dell’altra, la quale fece cadere il gatto. Even non si stupì che il corpicino la attraversasse, schiantandosi sulla neve con un soffice tonfo, e stava per rattristirsi, quando vide che sulle sue mani spettrali era rimasto qualcosa.
«Non può essere…» mormorò sorpresa, quando vide la cosa biancastra sollevare la testina e le orecchiette, e guardarla con occhi color fuoco. Era un corpo semitrasparente, che ci mise un po’ a prendere più sostanza, come fosse più un gel che dell’impalpabile aria.
Il micino fantasma miagolò e strusciò il musino sul polso della protettrice del villaggio. Era uno strano tipo di contatto, freddo come la neve che li ricopriva piano, ma Even sentì l’invisibile cuore che si riscaldava, non più solo.
«Grazie!» disse con un bel sorriso in volto e gli occhi che le brillavano appena come preziosi cristalli di rocca. «Come si…» rivolto lo sguardo alla donna, la vide riversa a terra, silente e arricciata come in un guscio di protezione. La strega aveva abbandonato il villaggio, andandosene silenziosamente così come era arrivata.
Era riuscita finalmente a vederla solo perché stava per morire.
Anche il gattino si accorse che la vecchia padrona era in terra, ma la guardò rimanendo tra i palmi di Even, con le spettrali vibrisse tese in avanti. Sotto i loro occhi, il corpo della vecchia, che aveva respirato veleni e pozioni di ogni genere nell’arco della sua lunga vita portata avanti decisamente troppo a lungo per essere solo frutto di longevità naturale, si sciolse corrodendo la neve sotto di sé, come a nascondersi sotto la bianca coltre e sparire bevuta dalla terra.
Even guardò il punto dove era sparita la strega buona e vide un piccolo brillio. Si chinò per prenderlo, ma solo la neve le rimase nel palmo. Delusa, fece per andare via, ma il micino saltò giù dall’altra sua mano e raccolse quello che scoprì essere un pendente d’argento completamente annerito. L’ultimo antiveleno di quella vecchina, usato unicamente per poter andare a parlare con Even prima di morire.
Neve accarezzò la testina del gatto e lo ringraziò. Non doveva trattarsi di un fantasma nomale: doveva essere un poltergeist, l’unico a poter interagire con il mondo delle cose tangibili.
Quel gattino era il suo ponte per le cose tangibili, la compagnia che non la avrebbe mai abbandonata, qualcuno che non sarebbe mai morto lasciandola sola.

Erano passati anni da quell’incontro.  
Padre Leone, anche se non poteva vederla ne avvertiva la presenza e l’aveva accolta e accettata come una preziosa alleata, come fosse un angelo custode, dando lei la possibilità di restare dentro la chiesa durante il giorno e promettendole che anche gli altri preti dopo di lui non l’avrebbero mai cacciata, come era di fatto accaduto.
Più volte aveva cercato un contatto con il Sangue d’Elfo che gli uomini avevano accolto nel villaggio, ma lui non riusciva a vederla nonostante nelle sue vene scorresse quel poco di magia tipica dei suoi antenati – anche se era certa che il suo lupo avesse notato la sua figura tra le nevicate.
Il Cacciatore era sempre di natura solitaria, ma i due a volte parlavano, soprattutto per scambiarsi informazioni sulle cose che accadevano di notte per il Cacciatore e di giorno per Even.
Ma la sua compagnia più importante sarebbe rimasta per sempre quel gattino senza nome, capace di starle vicino e parlare con lei senza dirle una parola, con la sua capacità di sollevare l’umore e asciugare le lacrime con la sua sola presenza sul grembo.
Aveva capito solo qualche tempo prima del perché nemmeno la Dottoressa dei Morti riuscisse a vederla, nonostante lei lavorasse a stretto contatto con i cadaveri, come il cacciatore.
Era stato chiaro quando il nuovo sindaco, accompagnata dal nipote Ferdinando, l’avevano vista una notte. L’aveva capito ripensando che anche padre Bernardo riusciva a vederla e i due erano parenti.
Il sangue non mente.
E negli occhi di quelle persone scorrevano salamandre e orsi.
Il sangue del loro antico capofamiglia: Fulvio, detto la Salamandra del Vulcano o Berta, la Madonna degli Orsi.
Solo i discendenti di chi l’aveva conosciuta prima di morire, allora, poteva scorgerla. Per la prima volta da quando divenne fantasma fu contenta che ben pochi riuscissero a vederla: il sangue si era mischiato.
E di colpo realizzò che tutti i mostri nel bosco dovevano vederla ogni notte a vagare per il suo villaggio, e questo le diede la forza per continuare nel suo interminabile cammino senza meta.


§Fine§ 
XShade-Shinra


 
Note:
Sono passati eoni dal mio ultimo aggiornamento, ma eccomi ancora qui; questa storia non rimarrà incompiuta, non ne avrei proprio il cuore. Grazie mille a tutti coloro che hanno continuato a credere in me, a recensirmi e a mandarmi messaggi di complimenti e/o in stile "Chi l'ha visto"! XD
Spero di essere un po' più puntuale con le pubblicazioni da qui in poi, visto che - imprevisti a parte - ora sono più organizzata con la RL (causa principale di tutti i miei ritardi). Prossimo aggiornamento previsto: tra un mese. Non me la sento proprio di dire prima.
Ho spostato la storia nella sezione Fantasy, perché alla fine credo sia più giusto che stia qui, non altro. ^^
A presto!

-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.

  
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