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Autore: rora02L    19/03/2016    5 recensioni
Questa storia è ispirata ad una storia vera, modificata ed ampliata da me. Parla di un giovane di diciotto anni di nome Eduardo, che vuole diventare un pianista e che, in seguito ad un incidente stradale, perde l'uso di una gamba ed il suo migliore amico. Come affronterà il dolore per questa perdita ed il senso di vuoto che Michele gli ha lasciato? Riuscirà ad andare avanti nella sua vita ed ha ritrovare un po' di normalità? Sulle note di "Nuvole bianche" di Ludovico Einaudi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il Pianista sulle Nuvole.

 

Dedicato al più giovane pianista che mi ha fatto piangere e alla sua forza.

Capitolo uno: Eduardo e Michele.

Ed mette il casco in fretta e furia, sa di essere in ritardo, e corre giù per le scale del suo appartamento. Saluta con un gesto della mano dalle dita affusolate il suo migliore amico, Michele, che ormai lo aspetta in sella al suo motorino da una ventina di minuti.
“Ed, sei il solito! Sembri una donna, sempre in ritardo!” lo rimprovera quest’ultimo, dandogli un pugno sulla spalla e facendolo barcollare. Infatti Eduardo, per gli amici solo Ed, ha un fisico più mingherlino e gracile del suo amico, ma in compenso i suoi occhi di un azzurro intenso sanno incantare, insieme alle sue dita quando pigia delicatamente i tasti del suo piano.
Eduardo suona da quando aveva dieci anni ed ha conosciuto Michele al liceo, frequentano entrambi l’ultimo anno del classico. Michele, invece, è un ragazzo robusto dai corti capelli neri e la barba ispida appena accennata, dai modi un po’ rudi ma dal cuore grande. I due sono diventati amici ed ormai si conoscono da ben cinque anni: sono inseparabili. E quella sera stanno andando ad una festa per i diciotto anni di una loro compagna di classe, Elisa. Lei piace molto ad Eduardo, è la sua cotta dal primo anno. Elisa, coi suoi lunghi capelli corvini ricci, gli occhi scuri come la notte e la sensibilità che solo una violinista può avere: ha toccato le corde del cuore di Eduardo e le ha fatte vibrare. Lui aspetta di ricambiare il favore, sa che al suo compleanno, nella sala dove tutti si daranno al ballo, ci sarà un piano. Ha provato il pezzo infinite volte, si chiama “Nuvole bianche”.
Eduardo sale sul motorino, scusandosi con l’amico, ed i due partono a tutta birra. Nel mentre, Ed pensa che i suoi capelli corti e bruni saranno tutti schiacciati dal casco e che dovrà trovare un modo per ravvivarli quando saranno arrivati.
Ripassa mentalmente il brano, muovendo le dita delicatamente sul fianco del suo amico e sente la pelle della giacca nera contro i polpastrelli.
Michele sbuffa, capendo cos’ha in mente l’amico ed esclama col suo vocione: “Se non la pianti di essere così agitato, te lo scordi che- “

~

Bianco. Questa è la prima cosa che vede Ed, quando si risveglia. Sente un forte mal di testa e tutto il mondo gira vorticosamente. Porta una mano ai capelli bruni, non sentendo più il casco a proteggerlo. E allora ricorda.
Il camion. L’incidente. Loro due che vengono sbattuti fuori strada. Michele a terra. Poi il buio. Ha perso i sensi ed adesso, ricordando quegli abbaglianti bianchi, trema. Inizia a piangere ed un senso di angoscia gli attanaglia il cuore. Lui è vivo, certo. Quello non è il Paradiso. Ma… dov’è Michele?
Il suo primo pensiero è per lui, il suo migliore amico. Il suo respiro si fa affannoso e cerca di pensare positivo. Non è possibile che quell’omaccione di Mic sia… no, è assurdo. Non può essere accaduto, sicuramente è da qualche parte, in una stanza d’ospedale come lui. Magari si è risvegliato adesso e starà già brontolando con le infermiere per il cibo scadente, chiedendo una bistecca al sangue.
Ed sorride, sentendo già la voce dell’amico imprecare seccata. Sospira, rilassandosi. Ma poi sente qualcosa che non va, nel suo corpo. Si gela un attimo, fermo immobile. Prende con mani tremanti il bordo del lenzuolo candido che lo copre. Prende un bel respiro e si costringe a farlo: toglie il lenzuolo.
Guarda la sua gamba destra, notando una gigantesca cicatrice che va dal ginocchio fino alla caviglia. La sua gamba ha qualcosa che non va, qualcosa di diverso. Decide di provare a muoversi da quel maledetto letto, ma una fitta intensa gli impedisce di alzarsi. Mugugna per trattenere l’urlo di dolore, stringe i denti e si chiede che cazzo è successo alla sua gamba. Vuole alzarsi, dannazione!
In quel momento entra una infermiera dai corti capelli biondi, lisci come quelli di una bambola, che sobbalza nel vederlo e corre a rimproverarlo, dicendogli di mettersi subito sdraiato e di non riprovarci: “Giovanotto, la tua gamba… abbiamo dovuto operarti e per un po’ dovrai startene buono.”
Ma Ed ringhia contrariato: “Dov’è Michele?” Quella domanda rimane senza risposta. L’infermiera se ne va, così com’è entrata. Ed tira un pugno contro il materasso, detestandone la morbidezza.

~

Le nuvole bianche di Giugno risplendono nel cielo, contro lo sfondo azzurro. Giugno. Un mese che, da ora in avanti, Ed odierà. Il mese in cui ha perso il suo migliore amico, per sempre. Il giorno era il 3, il 3 Giugno. Ma è anche il giorno in cui lui non è morto, mentre Michele sì. Lui si è salvato, ma Mic no.
Perché? Questa è la domanda che si ripete in continuazione il giovane, mentre fissa con sguardo vacuo la bara bianca del suo migliore amico venire portata fuori dalla chiesa. Guarda le rose candide e le foglie verdi che sono state depositate sopra al legno candido e si chiede perché, in quella bara, c’è Michele. E non lui.
Si odia per essere sopravvissuto solo lui. Ma non piange, ormai ha finito le sue lacrime. Sente la mano di sua madre appoggiarsi alla spalla e la sua voce, ovattata, dirgli che è il momento di andare via. Non fa resistenza, non dice nulla.
Perché ormai Michele è morto, quello è solo il suo corpo. La sua anima è volata tra le nuvole bianche da molto tempo, ormai. Mentre la sua è ancora ancorata a terra, dentro quel suo corpo che non gli permetterà mai più né di correre né di saltare per i prati. Quel corpo che ora trova ancora più debole di prima e che quasi disprezza.
Si appoggia alla stampella e, aiutato dalla madre, rientra nella loro polo nera. Il rombo del motore gli ricorda il suono di quel motorino, sotto casa sua. Si tappa le orecchie e nasconde la testa tra le gambe, scuotendo la testa per scacciare il ricordo di quella luce abbagliante nera e di quel dolore che resterà nella sua pelle.

~

“Una M, dici? Uh, allora fammi indovinare… la tua fidanzata si chiama Maria o Margherita, vero? Apprezzerà molto.”
Il tatuatore dà sui nervi ad Eduardo, che gli risponde seccamente: “No. M di Michele. Il mio migliore amico. Lui è morto due anni fa.”
Il suo sguardo azzurro è ora di ghiaccio e fa venire i brividi all’omaccione vestito di nero, ricoperto di tatuaggi. Lo zittiscono, quelle parole e quei modi duri, strani ed atipici in un ragazzo di appena vent’anni. Sembra che, in quegli occhi, ci sia il dolore di una vita intera passata ad odiarsi e rimproverarsi per qualcosa. Si china allora sul polso della sua mano destra e con il pennino disegna una elegante M che rimarrà impressa sul corpo del giovane per sempre.
Ma Ed ha ben altre cicatrici, più brutte e peggiori: quello è solo un omaggio, una specie di giuramento al suo amico, una promessa per non dimenticarlo mai. Ma è anche un atto egoistico, perché avrebbe voluto averlo al suo fianco ancora, soprattutto quel giorno, in cui avrebbe avuto la sua prima audizione per il Teatro alla Scala di Milano. Ed il brano che andrà ad eseguire è per lui, per Michele. Quel brano è “Nuvole bianche”, le stesse che erano al suo funerale.
Le stesse che lo hanno accolto in cielo, forse ora gli fanno da giaciglio, mentre si diverte da lassù a guardarlo divincolarsi nella vita, tra le strade della città e le difficoltà di ogni giorno.
Ogni tanto se lo immagina, senta la sua voce rimproverarlo per non essersi più dedicato alla sua Elisa. Ma anche per aver perso la gioia di vivere, di respirare e di guardare il cielo, osservando le buffe forme delle nuvole.
Ma Ed è abituato ai rimproveri del suo amico Michele, non l’ha mai ascoltato e non lo farà nemmeno adesso.

  
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