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Autore: Rosebud_secret    23/03/2016    3 recensioni
Aulë si era voltato, mentre la sua mano, divenuta di fragile argilla, lasciava il martello a sordi rintocchi sul pavimento di pietra. Ed eccolo, Mairon, evanescente come il sapore di un ricordo lontano, fermo sulla soglia della fucina. I rossi capelli lasciati sciolti, la veste di un soffice color miele e uno sguardo timido nelle iridi acquamarina.
Magnifico come se non se ne fosse mai andato.
- Vattene, te ne prego…
Un gemito gli era sfuggito dalle labbra, mentre, con la schiena incurvata dal peso del rimorso si appoggiava all’incudine. Ma che pretesa era quella di farsi ascoltare da un ricordo? Non ha coscienza, né arbitrio, si ripresenta così com'è sempre stato.
Spietato.
Brutale.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aulë, Sauron
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La trasparenza delle lacrime
 
- What I've felt 
What I've known
Never shined through in what I've shown 
Never be 
Never see 
Won't see what might have been - 
- Metallica The Unforgiven-
 
Il rumore non è nulla, solo un altro lato del silenzio che lo accompagna da ere.
- Dove stai andando?
Gli aveva chiesto Yavanna, la sua sposa.
- Dove stai andando?
Non le aveva risposto, non ne avrebbe avuto la forza, forse neppure il coraggio. Dopo così lungo tempo trascorso nelle fucine, in forma corporea, aveva sentito una sensazione sgradevole nel ritornare spirito. In verità non sapeva neppure a che pro si stesse muovendo, in modo così tardivo, poi. Con il martello stretto in pugno si era fermato a guardare il ferro ancora incandescente sull’incudine ed ogni cosa era precipitata. Era stata come una pugnalata al centro del suo petto immortale.
E dire che si era così impegnato per non guardare mai a cosa stesse avvenendo al di là del mare. Aveva finto che non gli interessasse, che non fosse importante, ma lo era.
Uno spettro era entrato nelle sue sale, o almeno l’aveva sperato, ma la verità era che era stato solo nella sua mente.
- Maestro? Perdonatemi, ma non potevo proprio aspettare! Vi ho portato un dono, l’ho fatto con le mie mani.
Si era voltato, mentre la sua mano, divenuta di fragile argilla, lasciava il martello a sordi rintocchi sul pavimento di pietra. Ed eccolo, Mairon, evanescente come il sapore di un ricordo lontano, fermo sulla soglia della fucina. I rossi capelli lasciati sciolti, la veste di un soffice color miele e uno sguardo timido nelle iridi acquamarina.
Magnifico come se non se ne fosse mai andato.
- Vattene, te ne prego…
Un gemito gli era sfuggito dalle labbra, mentre, con la schiena incurvata dal peso del rimorso si appoggiava all’incudine. Ma che pretesa era quella di farsi ascoltare da un ricordo? Non ha coscienza, né arbitrio, si ripresenta così com’è sempre stato.
Spietato.
Brutale.
Ed ecco che lo spettro si era avvicinato per posare la mano sul suo braccio in un contatto non più tangibile. Aulë la poteva vedere, ma non la sentiva, perché non c’era davvero e ciò rendeva la sensazione ancor più straziante. Sapeva cosa stava per accadere, avrebbe tanto voluto averlo dimenticato, ma in realtà tentava solo di non pensarci mai.
- So che mi avete detto che dovrei trascorrere più tempo in compagnia degli altri. Lo farò, ve l’ho promesso, ma ieri notte mi è venuto in mente questo progetto e non ho saputo trattenermi.
Continuò a non rispondere, tanto non avrebbe fatto alcuna differenza perché nulla, ormai, poteva più essere mutato. Mairon si scostò appena, l’altra mano nascosta dietro la schiena e sul viso un sorriso imbarazzato
- Spero che la cosa non vi offenda, ma è esclusivamente per voi che l’ho fatto. Forse mi prenderete per sciocco, mio signore, eppure io sento di dovervi ringraziare. Siete l’unico che non mi faccia sentire in difetto di esistere, laddove chiunque non sembra voler altro che vedermi annientato in una conformità che mi annichilisce il pensiero. Ci ho riflettuto a lungo e la conclusione a cui sono giunto è che siete come me, anche se magari non volete mostrarlo, perché la vostra posizione vi impone un certo decoro.
Uno sguardo rapido all’entrata, poi Mairon proseguì, come se ciò che voleva dire fosse trasportato da flutti incontrastabili.
- Credo che vi sia un legame tra di noi, qualcosa che va oltre ogni comprensione. Persino la nostra. Vorrei che ci fossero parole abbastanza profonde per descrivere il sentimento che porto nel cuore, ma non sono che un fabbro e la lingua non è il mio strumento. Vi prego, quindi, di accettare questo mio dono come simulacro di ciò che sono e della muta richiesta che non so esprimere.
Era stato rapido a togliere il braccio da dietro la schiena e a spiegare il fazzoletto di seta in cui aveva racchiuso due anelli della fattura più pregiata che occhi divini avessero mai veduto. Uno più ampio, fatto per le dita nodose del signore del Fuoco e della Pietra, l’altro sottile come le sue mani, così piccole e affusolate, tanto belle che nessuno avrebbe mai neppure potuto pensare che appartenessero ad un fabbro. La superficie di entrambi era liscia e brillante, tanto rapida a cangiare il colore da apparire, a tratti, trasparente come lacrime. Non era metallo, ma puro sentimento il materiale in cui quei due piccoli gioielli erano stati forgiati.
- V-vi prego, dite qualcosa... Se vi ho offeso, vi giuro che non era mia intenzione! Io… ecco… io volevo solo… erano per… noi.
La voce di Mairon si era spenta piano piano, sino a diventare un sussurro troncato dalla vergogna. Aveva fatto un passo indietro e celato il suo dono nel pugno stretto, gli occhi che adesso fuggivano sul pavimento, incapaci di guardare ancora lui, il suo signore.
Aulë lo ricordava bene che cosa gli aveva risposto e ancora si malediva. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter tornare indietro a quel momento e cambiarlo. Sarebbe stato un esito incerto, ma senz’altro migliore del peggior esito possibile, ovvero quello che si stava verificando.
- Tu hai frainteso.
Aveva mormorato in un pavido tentativo di mantenere un certo distacco. Il suo cuore non avrebbe voluto altro che accettare quell’anello e non pensare a null’altro.
- Tutto ciò che sto cercando di fare, Mairon, è mostrarti la via per la serenità. Troppo a lungo te ne stai rintanato nel tuo laboratorio, sordo e cieco a tutto ciò che ti sta intorno e…
- E di questo vi sono grato, mio signore…
- No, lasciami finire. Non c’è alcun sentimento che ci unisce, non nel senso che tu intendi e che, non ne dubito, vorresti.
- Ma siete stato proprio voi a dire che sono il vostro favorito e che nessuno nella vostre sale è in grado di comprendere i desideri del vostro cuore. Ero lì quando, per la prima volta, l’idea di creare quelle piccole creature ha sfiorato la vostra mente. E che spavento mi avete fatto prendere quando avete levato il martello contro di loro! Vi avrei fermato se non l’aveste fatto da solo e questo perché so che non vi sareste mai perdonato la loro distruzione. Io c’ero, come sono qui adesso e come ci sarò sempre, se voi lo vorrete. Vi appoggerò in ogni decisione e renderò possibile quel che voi sognate perché non c’è nulla di male nella creazione. Se così non fosse, allora ciò significherebbe che anche noi siamo il male, in quanto creature create.
- Stai farneticando!
Gli aveva risposto con sin troppo ardore, ma in verità non aveva mai udito parole più giuste di quelle.
- Andare contro al volere del Padre è stato un atto empio, scellerato! Non avrei avuto proprio alcun rimpianto nel lavare via la macchia di tale offesa. Abbiamo degli obblighi e il decoro da te menzionato non può venir meno in nessun caso, neppure se sentimento vi fosse.
Mairon era indietreggiato ancora e gli era apparso così minuto, così fragile, stretto nelle spalle con il volto pallido.
- Quindi chi sono io? Mi avevate detto che ero speciale, che dovevo solo mutare la mia attitudine, ma è tutt’altro il messaggio che mi state mandando. Cosa in merito ai miei progetti? Perché avere la facoltà di sognare se non la si può esprimere? E’ l’insoddisfazione l’unico traguardo a cui si possa aspirare?
Aulë sollevò una mano, ripetendo, in modo inconsapevole, quel gesto di conforto che aveva cercato di muovere molto tempo prima, ma come allora Mairon si ritrasse, gli occhi colmi di lacrime.
- Ditemi che non lo intendevate! Vi prego!
Non l’aveva fatto, era rimasto in silenzio di fronte al suo cuore in frantumi, convinto di aver ben agito. Quel che l’altro gli stava chiedendo era folle, andava contro ad ogni dettame, ad ogni regola, ad ogni decenza: non solo non poteva permettersi di fare ciò che preferiva, ma aveva una sposa al suo fianco ed era lei che era destinata ad accompagnarlo, non Mairon.
L’altro non aveva insistito, non aveva più aperto bocca. Si era limitato a gettare a terra il suo dono e a correre via dalla fucina.
Non l’avrebbe visto mai più.
Aulë guardò verso l’alto arco, ormai orfano persino dello spettro del ricordo. Con la mano corse alla tasca e, sebbene non lo facesse da molto tempo, tirò fuori quel fazzoletto di seta. Non era rimasto nulla dei due anelli che Mairon aveva forgiato, solo lo stampo annerito dal fumo della loro distruzione, impresso, imperituramente, sulla trama della stoffa. Quanto avrebbe voluto indossare il suo anello almeno una volta per sentire il potere con cui il Signore degli Anelli l’avrebbe vincolato a sé, ma non era più possibile ed era la sua giusta punizione.
Era stato in quel momento che il suo pensiero era corso in Arda, alle vicende che vi si stavano svolgendo, dove il suo discepolo combatteva una guerra al massacro, tanto trasfigurato da non aver più né un corpo né un nome. Non quello che aveva accarezzato ogni volta che gli si era rivolto.
Aveva trascorso lunghi istanti a domandarsi se avesse fatto bene a non cercarlo mai, né subito dopo il suo abbandono, né durante la sua latitanza con Melkor, né in seguito, quando, solo, Sauron era diventato sempre più folle e crudele.
Era stato davvero Melkor a corromperlo o era stato lui con la sua stoltezza? Non aveva saputo prevedere, all’epoca, quanto il rifiuto dell’amore potesse esser rapido a mutare tale sentimento in qualcosa di diametrale e quando l’aveva capito aveva temuto troppo il confronto.
Ora non era altro che un spirito incorporeo a sua volta, mentre, in una lotta contro il tempo, sorvolava il grande mare alla ricerca di colui che aveva abbandonato a se stesso. Nulla importava più. Era pronto a scontrarsi con Manwë stesso pur di raggiungerlo.
Ma era già troppo tardi.
Quando le rocce del Monte Fato si fecero definite, il vulcano stava già ribollendo di potere e dolore. Senza poter far nulla scorse appena l’Occhio sulla sommità di Barad-Dur e forse l’Occhio vide lui, prima di disperdersi in un turbinio di polvere. Non visto, in quella nube, il corpo di Aulë svettò, silente e curvo, tra le fiamme, le caviglie che affondavano in quella lava che segnava il tramonto di ogni cosa.
- Ti prego, solo un istante! Concedimi solo un istante!
Gridò, rivolgendosi al suo divino signore in un linguaggio tanto antico che nessun altro orecchio avrebbe potuto comprenderlo, ma nessuna risposta gli giunse dal Regno Beato.
Manwë era sordo alle sue sofferenze, Manwë che, forse, aveva sempre saputo e già lo aveva giudicato.
- Voglio solo sfiorarlo! Voglio…
Non proseguì, non ne ebbe la forza. Crollò in ginocchio in quella fornace, facendo tremare la terra e allungò le mani verso il cielo, frenetico. Magari se si fosse mosso abbastanza in fretta avrebbe potuto ancora afferrarlo e stringerlo a sé.
Non era troppo tardi.
Non poteva esserlo.
- Non lo intendevo!
Singhiozzò, stringendo null’altro che aria tra le dita. Arreso, serrò le braccia al petto come a volersi dare conforto.
- Avrei potuto salvarti… mi avresti salvato.
Gemette, incapace di contenere il peso della colpa che portava nel cuore. Il tempo che aveva avuto a disposizione per incontrarlo era stato incommensurabile, ma non ne aveva sfruttato neppure un istante. Si era mosso quando ormai era troppo tardi. Sollevò gli occhi verso il cielo. Lassù, dove, lontano e irraggiungibile oltre la coltre, sin dentro il Vuoto, stava colui che gli aveva sottratto tutto ciò che di prezioso avesse mai posseduto.
- Sei fiero di ciò che hai fatto di lui?! Che tu sia maledetto! Tre volte maledetto! Lui era la luce! Lui era la purezza! Sarebbe tornato da me se non ci fossi stato tu! S-sarebbe tornato...



 
N.d.A.: Buonsalve, primo, timido, approccio allo scrivere qualcosa utilizzando i personaggi del Silmarillion, piuttosto che de Lo Hobbit. Era da tanto che ci volevo provare ed eccomi qui. Sì, lo so, è una storia slash, ma che ci volete fare? Deformazione professionale!
La verità è che, più ci rimugino su, più trovo che il rapporto tra Aulë e Mairon sia qualcosa di straziante che meriti di essere approfondito, magari anche da mani più capaci delle mie.
Ringrazio chiunque abbia letto questa breve storiellina. Spero che non vi abbia disturbati troppo in quanto a tematiche e tipologia di coppia. Per qualsiasi annotazione, correzione, consiglio ecc., sentitevi liberi di dire la vostra. Nessuno è infallibile (tranne Melkor *LOL*), quindi ne sarò felicissima. Volevo inoltre ringraziare _Orlando_ per aver accompagnato la stesura di questo sassolino lanciato nello stagno, senza il suo appoggio non l'avrei scritta affatto <3.
Un bacione,
Ros.
   
 
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