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Autore: Lady Vibeke    31/03/2009    13 recensioni
Vi ricordate il disastro che tre soggetti di nostra conoscenza avevano combinato lo scorso 8 settembre? Era in occasione del compleanno di un loro caro amico. Ebbene, è di nuovo il giorno del compleanno di uno di loro, e, di nuovo, tre di loro sono pronti a fare di tutto per rendere il più speciale possibile quest'occasione. Ovviamente, però, in perfetto stile Tokio Hotel.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell’Autrice: è mio sommo piacere informarvi che i Tokio Hotel sono di mia esclusiva proprietà e che quindi poco m’importa, in realtà, di questa one-shot. Il mio vero regalo di compleanno Georg lo riceverà stasera, in un letto dalle lenzuola di seta nera, condito da fragole e panna montata.

In altre (e, aimè, più serie) parole: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo.

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Dedicata – nemmeno a  dirlo – a quella splendida ed erotica creatura di Georg Moritz Hagen Listing, aka Uomosesso™ (© _Princess_), per la sua bravura nel deliziarci con la nobile arte del bassex (a coloro che, poveri sfigati che non sanno cosa si perdono, snobbano i Tokio Hotel, e che dunque non hanno mai visto Herr Listing suonare, nota semplicemente e volgarmente come “suonare il basso”), per la bellezza indicibile dei suoi occhi (e dei suoi bicipiti), e soprattutto per quel meraviglioso cu Ehm, cuore che si ritrova.

Ich hab dich lieb so sehr, Moritz. <3

Grazie di esistere.

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Happy birthday to you, this is your day
On this day for you we’re gonna love you in every way
This is your day, happy birthday to you
This day is only for you, ‘cause you’re so special in every way,
Happy birthday to you

(New Kids On The Block, Happy Birthday)

 

***

 

L’atmosfera era tesa, il momento catartico. I tre ragazzi stavano immobili nella penombra della stanza, silenziosi e seri, meditando su ciò che stavano per fare. Non sarebbe stato semplice e con ogni probabilità l’attuazione del piano avrebbe richiesto loro ore e ore di impegno, ma erano determinati a portare a termine il proprio compito e non si sarebbero fermati davanti a niente. Non era la prima volta che affrontavano una sfida del genere; i fallimenti precedenti non li sconfortavano, ma, anzi, erano un incentivo per dare il meglio, questa volta. Avevano imparato dagli errori passati e nulla quel giorno sarebbe stato meno che impeccabile.

Erano pronti: la missione RCG poteva cominciare.

“Credete che stavolta funzionerà?” domandò Tom, dubbioso.

Gustav chinò il capo senza rispondere; Bill, invece, si rizzò impettito in tutta la sua considerevole altezza e assunse un cipiglio determinato:

“Ma certo che funzionerà! Abbiamo eliminato l’elemento caotico, questa volta dovrebbe filare tutto liscio. Più o meno.”

“Non sono del tutto sicuro che l’assenza di Georg garantisca qualcosa.” Rispose Gustav, titubante. Georg era quello caotico, nulla di più vero, la il fattore combinaguai risiedeva nel ceppo Kaulitz del gruppo, con una particolare demarcazione nel ramo Bill.

I tre si guardarono l’un l’altro con scarsa convinzione.

Era il fatidico 31 di marzo, data importante e cruciale, esattamente come l’1 e l’8 di settembre, e loro si apprestavano a dare inizio alla delicata operazione Regalo di Compleanno di Georg. Il compleanno di un membro della band era un evento sacro e Georg si meritava una sorpresa con fiocchi e controfiocchi.

L’inizio della giornata, però, per diverse ragioni non era stato dei più promettenti, e ora i tre si trovavano nel garage della loro casa di Amburgo, pronti a uscire, armati di forza di volontà e pazienza, seppur in quantità pericolosamente vicine alla riserva.

“Vi avverto: non ho la benché minima intenzione di mettere le mani in qualche pastella sospetta.” Premise Tom, ben memore delle indicibili disavventure affrontate lo scorso settembre per il compleanno di Gustav.

“No, niente pastelle,” dichiarò Bill, risoluto. “Stavolta faremo le cose per bene: andiamo in pasticceria.” I suoi occhi brillarono nel pronunciare quelle parole.

“Tu mi hai fatto alzare a quest’ora di notte per andare in pasticceria?!” esclamò Tom, furioso.

“Tom, sono le nove del mattino.” Ci tenne a puntualizzare Gustav.

“Per me il mattino inizia tra un’ora.” Replicò lui, sostenuto.

“Tom, chiudi il becco, è per una giusta causa.” Si intromise Bill, sistemandosi la borsa sulla spalla.

“Non esistono giuste cause, per me,” ribatté suo fratello, asciutto. “Non verso Georg. L’altra sera mi ha soffiato quella rossa stragnocca!”

“Non avevi detto che gliela avevi lasciata di tua spontanea volontà come regalo di compleanno anticipato?”

Tom arrossì impercettibilmente.

“Sì, certo, ovvio, infatti.” Borbottò, voltandosi dall’altra parte.

“Gustav, tu hai remore recondite nei confronti del nostro festeggiato?” si informò quindi Bill. “Scheletri che ti tieni nell’armadio da dieci anni? Che so, alle elementari Georg ti ha detto che non eri più il suo migliore amico, o aveva una bici più bella della tua, o ti ha detto che aveva una cotta per tua madre…”

Gustav si portò una mano alla fronte e se la massaggiò pazientemente.

“Bill, abbi pietà dei miei neuroni. Non le reggo le tue cazzate di prima mattina.”

“Io nemmeno il pomeriggio, la sera e la notte, ma fa lo stesso.” Soggiunse Tom.

Bill si fece subito saltare la mosca al naso. Diventava irritabile quando lo si buttava giù dal letto.

“Bene!” sbottò, offeso. “Bene, allora restatevene qui, io vado da solo in pasticceria e compro una torta su cui farò scrivere ‘Buon compleanno, Georg, dal tuo unico, vero amico, Bill’.”

Gustav e Tom sollevarono un sopracciglio e si scambiarono uno sguardo scettico.

“Primo,” disse Tom. “Se vai in pasticceria da solo, non tornerai mai più, men che meno con una torta anche solo parzialmente integra; secondo: saresti l’unico vero amico anche del primo che passa per strada, se si trattasse di scroccare una fetta della suddetta torta.”

“Queste sono mere illazioni!” protestò Bill, le narici dilatate e bianche dall’irritazione.

“Non sai nemmeno che cosa significhi la parola illazione, e anche su mera nutro qualche dubbio.” commentò Gustav.

“Allora, ci vogliamo muovere o no?” svicolò Bill prontamente. “Siamo già in ritardo e di questo passo Georg si sveglia prima che riusciamo a uscire di qui.”

“Non sono stato io a sbagliare a puntare la sveglia.”

“Uffa, è stata una piccola distrazione!”

“Che solo due Kaulitz potevano infilare in contemporanea.”

“Ok, ok, adesso andiamo e facciamo questa cosa, togliamoci il pensiero.” Intervenne Tom, sbrigativo, aprendo la propria Cadillac con il piccolo telecomando.

“Guido io.” Decise Bill, facendo per salire al posto di guida, ma sia Tom che Gustav gli si pararono severamente davanti.

“Te lo puoi scordare.” Gli intimarono all’unisono.

Bill si stizzì e si chiuse in un dignitoso silenzio di protesta, andandosi ad accomodare sul sedile posteriore. Tom prese posto al volante, Gustav accanto, e mise in moto.

L’operazione RCG poteva dirsi ufficialmente partita.

Raggiunsero il centro di Amburgo in un tempo ragionevole, ma un imprevisto li costrinse a girare a vuoto per la città per circa un’ora. Loro, però, non si persero d’animo per un solo istante.

Alla fine, dopo un lungo vagabondare, l’occhio allenato di Bill scorse una pasticceria in fondo a una strada secondaria che nessuno di loro conosceva e decisero di tentare la fortuna lì.

Tom non aveva nemmeno avuto il tempo di finire di parcheggiare la macchina, che Bill era schizzato giù e si era precipitato alla velocità della luce all’ingresso della pasticceria, soffermandosi a contemplare, con tanto di bava alla bocca, la ricca esposizione di dolciumi di ogni forma, gusto e dimensione che si offriva dalla vetrina ai volubili occhi degli ignari passanti.

“Dici che dobbiamo mettergli guinzaglio e museruola precauzionali, prima di portarlo dentro?” domandò Gustav sottovoce a Tom mentre quest’ultimo chiudeva l’auto.

“Facciamo finta di fidarci, diamogli una chance.”

Benché affatto persuaso, Gustav assentì.

Avrebbero pagato cara quella fiducia, ma ancora non potevano saperlo.

Tom entrò per primo all’interno del locale luminoso e profumato di zucchero, e ci mise meno di un nanosecondo a individuare la commessa decisamente attraente che li attendeva al di là del bancone.

“Salve,” la salutò con un’occhiata seducente. “Vorremmo una torta per un compleanno.”

Lei gli sorrise cortesemente.

Da quell’esatto istante in poi, nulla andò per il verso giusto.

 

-------

 

Georg Listing si era sempre reputato un ragazzo tranquillo e imperturbabile, paziente e comprensivo, ma in quel momento l’agitazione gli stava montando dentro così incontrollatamente da spaventarlo.

Era il suo compleanno. Il suo ventiduesimo compleanno, per la precisione, e, come da tradizione, ciascun componente dei Tokio Hotel era tenuto a temere per la propria incolumità, nel giorno del proprio compleanno.

Tutto era ignoto, in quel momento, ogni cosa era un’incognita terrificante e potenzialmente letale: cosa stavano tramando quei tre? Dove diavolo erano andati così presto? Quale folle, psicopatica congettura li aveva attirati fuori di casa prima che il sole raggiungesse lo zenit? Non era naturale, non era normale. Se lo sarebbe aspettato da Gustav, quello sì, ma sapere che Bill e Tom si erano svegliati prima di mezzogiorno in un giorno libero era inquietante.

Georg si strinse la tazza di caffelatte tra le mani che sudavano freddo e guardò timorosamente l’orologio del forno a microonde: le undici e quarantasette minuti. Un brivido improvviso gli attraversò la spina dorsale.

Dove si erano cacciati quei pazzi?

Forse, rifletté, preferiva non saperlo, crogiolarsi nella beata ignoranza fino a che l’inevitabile fosse accaduto.

Aveva appena cominciato a pensare all’imminente uscita del nuovo album e al tour che sarebbe seguito, quando il familiare scatto della serratura della porta d’ingresso lo fece ripiombare nella crudele realtà.

Erano tornati.

Le mani gli tremarono nell’udire i bisbigli sommessi di tre voci che conosceva fin troppo bene, accompagnate da una serie di passi che avevano chiarante l’intento di essere felpati, ma che facevano un rumore tale che sarebbe riuscito a sentirli anche da addormentato.

“Credo che sia già sveglio.” Bisbigliò la voce di Bill, circospetta.

“L’hai capito dalle luci accese o dall’odore di caffè?” gli rispose il tono sarcastico di Tom.

Uno ‘Shhh!’ severo da parte di Gustav li mise a tacere.

Georg contò i secondi a ritroso, calcolando con precisione infinitesimale il momento in cui i tre avrebbero varcato la soglia della cucina. Si era psicologicamente preparato a una gamma piuttosto vasta di possibilità, ma quando venne il momento di affrontare l’ignoto si rese conto che la sua più fervida immaginazione nulla poteva contro le diaboliche menti dei suoi compagni. Non appena li vide, capì immediatamente che, qualunque cosa fosse successo, all’apice di tutto non poteva che esserci un solo e unico artefice: Bill.

Rimasero tutti e tre impalati appena oltre la soglia, con facce a metà strada tra lo sconfitto e l’imbarazzato, ricoperti dalla testa ai fianchi, ed esiguamente anche sulle gambe, di una strana sostanza bianca e spumosa mista a briciole di varie dimensioni sospettosamente simili a pandispagna.

“Tu non ci crederai.” Esordì Gustav, anticipando qualsiasi cosa lui avesse potuto dire, anche in realtà non avrebbe nemmeno saputo da dove cominciare, tale era l’assurdità della situazione.

“Mi costa ammettere che, nonostante mi illudessi di averle già viste tutte, con voi, in effetti penso proprio che non ci crederò.”

Bill aveva le mani infilate in tasca. Si fissò i piedi con aria contrita e mormorò:

“Abbiamo puntato le sveglie alle otto, ma ci siamo dimenticati che da un paio di giorni è tornata l’ora solare, quindi l’unico puntuale è stato Gustav.”

Georg si ritrovò a sorridere  suo malgrado.

“Non avevo dubbi.”

“Va da sé che mi è toccato andare di persona a svegliare questi due, e tu sai bene quanto sia terrificante ritrovarsi faccia a faccia con un Kaulitz appena sceso dal letto.” Precisò Gustav.

Georg annuì comprensivamente. Certi traumi non si scordavano facilmente.

“Hai tutta la mia compassione.”

“Ci siamo vestiti di corsa e siamo usciti,” continuò a raccontare Bill, mesto mesto. “Ma la pasticceria dove volevo andare io era chiusa, così siamo stati costretti a vagare per il centro alla ricerca di un’alternativa promettente.”

Georg non faticava a immaginarlo: Bill che imponeva i suoi impossibili canoni di valutazione e snobbava ogni povera, ignara pasticceria di tutto rispetto, fregandosene della qualità e non pensando ad altro che all’unica cosa che per lui contasse veramente: la panna montata.

“Ce ne ha fatte snobbare tre perché diceva che una pasticceria senza torte con la panna montata in vetrina non è una vera pasticceria.” Disse Tom, confermando così la correttezza dell’intuizione di Georg. “Alla fine siamo approdati in un posto che sembrava il regno della panna montata e per un attimo ho seriamente temuto che Bill si sarebbe messo a leccare la vetrina, ma per fortuna siamo riusciti a entrare quasi normalmente.”

“Non voglio indagare su quel quasi.”

“Hai presente quando Tom si volta per guardare una ragazza e va a sbattere contro le porte?” soggiunse Gustav.

“Ho detto che non voglio indagare!”

“Beh, Bill ha fatto lo stesso con i dolci della vetrina.” Spiegò Tom, con un sogghigno sadico.

Georg occhieggiò Bill incredulo, mentre lui propinava al fratello una sonora sberla sulla nuca.

“Non ho parole.”

“Comunque,” disse Tom, nemmeno remotamente toccato dal gesto di Bill. “Si dà il caso che la pasticceria in questione avesse la commessa più figa che si sia mai vista.”

Gustav si incupì, come se stesse ricordando qualcosa di molto spiacevole.

“Lei non ha fatto nemmeno in tempo a dire ‘Ciao’, che Tom ci stava già spudoratamente provando.”

“Ma lei si è subito messa a guardare Gustav con un’espressione così lasciva che sembrava avesse davanti l’incarnazione della tentazione,” ridacchiò Bill. “Quindi Tom ha messo su un broncio lungo così.”

Georg ascoltava con stupore crescente, e nel frattempo ringraziava la sedia su cui era seduto per il generoso sostegno che gli offriva. Non gli era ancora chiaro se stessero parlando sul serio o se fosse tutto frutto della loro immaginazione, tanto per sorprenderlo un po’, ma doveva riconoscere che era un racconto di un certo livello intrattenitivo. Una specie di comica formato Tokio Hotel

“Insomma, alla fine, tra uno sguardo libidinoso e l’altro, la bionda ha anche trovato il tempo di darci retta e mostrarci qualche torta.” Tagliò corto Tom, punto nel vivo dall’intervento di Bill.

Il volto di Gustav si fece ancora più funereo.

“E lì è iniziato l’Apocalisse.”

“Abbiamo visto cose che non puoi nemmeno immaginare.”

“Sia ringraziato il cielo.” Ironizzò Georg.

“Io l’avevo detto che dovevamo lasciare Bill a casa.” borbottò Gustav, gettando al diretto interessato uno sguardo truce.

“E io avevo saggiamente suggerito di mettergli un sonnifero nella cena di ieri,” lo rimbeccò Tom. “Ma, no, era eccessivo! Avremmo fatto bene, invece!”

“Col senno di poi, in effetti sì.”

“Bill,” li interruppe Georg, solleticato dalla curiosità. “Che cosa diavolo hai combinato?”

Bill sgranò gli occhi con fare innocente e si portò teatralmente le mani al petto.

“Non ho fatto niente!”

“Ti sei rubato una ditata di panna da una delle torte!” esclamò Tom, gesticolando furiosamente.

Bill si infiammò:

“Se Gustav si fosse degnato di contraccambiare i tentativi di flirtare della commessa, lei non se ne sarebbe nemmeno accorta!”

Gustav spalancò la bocca allibito.

“Adesso è colpa mia?!”

“Dovevi distrarla!”

“Bill, ti sei praticamente rubato un chilo di panna!”

La mascella di Georg, intanto, stava facendo sforzi sovrumani per non crollare. Tentò disperatamente di convincersi di stare ancora sognando, che tutto quel tramusto privo di qualunque senso logico non stesse veramente avvenendo, ma rifugiarsi nella negazione non era mai stato il suo forte.

“Morale della favola,” sospirò Tom a un certo punto. “Siamo stati costretti a comprare la torta che ha deturpato questo furbone.”

“Il quale si è poi messo a inscenare una tragedia greca perché la suddetta torta era alle mele e lui non la poteva mangiare.” Aggiunse Gustav, scuotendo il capo come se anche lui avesse il disperato bisogno di credere che non fosse successo davvero.

“E questa leggendaria torta è per caso quella che avete addosso adesso?” indagò Georg, studiando meglio le numerose incrostazioni dolciarie che costellavano i propri amici in ogni dove.

Gustav annuì.

“Una buona parte.”

“Ma come…?”

“Non vuoi saperlo.”

“Una certa masochistica curiosità però mi sta quasi venendo.”

“Beh…”

Quasi.”

“È stata colpa di Bill.” Specificò prontamente Tom.

“Come al solito.” Gli fece eco Gustav, in tono sconsolato.

“Bugiardi!” gridò Bill, rossissimo in viso, le mani strette in due pugni ostinati. Tom lo fulminò con lo sguardo:

“Bill, volevi prosciugarti a sbafo tutta la panna montata!”

“Me l’hai suggerito tu!”

“No, io ti ho semplicemente detto che avresti potuto toglierla dalla tua fetta!”

“Insomma, come ci siete finiti guarniti di torta?” domandò Georg, troncando la diatriba prima che potesse degenerare al di fuori di ogni controllo.

I tre tacquero per un istante e si scrutarono incerti l’un l’altro. Doveva essere qualcosa di grosso, ma Georg non riusciva a immaginare niente di peggio di quello che finora aveva sentito.

Alla fine Gustav si decise a confessare:

“Dopo qualche minuto che Bill si prodigava in capricci lamentosi e strazianti, Tom ha dato in escandescenza, ha preso la torta, ha urlato ‘Tieni, prenditela questa cazzo di panna!’ e gliela ha lanciata in faccia.”

Silenzio.

Gli ammirevoli sforzi finora sostenuti dalla mascella di Georg andarono in fumo in quell’esatto istante e i muscoli si allentarono, lascandola crollare miseramente aperta.

Era assurdo. Così assurdo da risultare addirittura verosimile.

“Bill è rimasto interdetto per qualche secondo,” proseguì Tom con evidente imbarazzo. “Poi si è scagliato contro di me e mi ha spalmato addosso tutta quella robaccia, il tutto sotto agli occhi esterrefatti della commessa.”

“Al che Gustav è scoppiato a ridere,” disse Bill. “Così ci siamo spalmati anche su di lui.”

Tom storse il naso, schifato.

“Detta così è orribilmente equivocabile.”

“Ditemi che qualche anima pia ha filmato questa storica scena!” li supplicò Georg, ma i gemelli erano troppo occupati a prendersi a gomitate per dargli retta.

“Insomma,” Gustav decise di tirare le somme e farla finita. Era già stato fin troppo avvilente per tutti. “Tutto questo per finire a pagare trenta euro di torta che ci ritroviamo impiastricciata addosso ed essere conseguentemente cacciati dalla pasticceria come dei vandali qualunque.”

“Spero non ci abbia riconosciuti, o entro domani la notizia sarà su tutte le prime pagine.” Rifletté Bill, serio, mentre un’ombra di preoccupazione gli balenava negli occhi.

“Già mi vedo i titoli,” Tom si schiarì la gola ed enunciò: “I Tokio Hotel mettono a soqquadro una pasticceria di Amburgo per comprare un dolce di compleanno al loro bassista.”

Georg rise. Rise di cuore, di gusto, apertamente, perché, nonostante tutto, sapeva che loro ce l’avevano messa tutta, e non aveva importanza se non ce l’avevano fatta. Quell’impagabile racconto epico era meglio di qualunque torta.

“Diciamo che apprezzo il pensiero.” Li rassicurò dolcemente.

“Se vuoi puoi leccare un po’ di torta direttamente da noi.”

“Bill, per carità, piantala con queste idee da film porno!”

“Posso farvi una foto, come regalo di compleanno?”

“Veramente il regalo ce l’abbiamo.” Disse Bill, sfilandosi qualcosa da sotto alla giacca cosparsa di panna. Sembrava la custodia di una videocassetta, completamente nera, senza copertine né scritte.

“Ed è anche meglio di una foto.” Garantì Tom, enigmatico.

Georg si alzò in piedi, li raggiunse e prese l’oggetto tra le mani e lo studiò con attenzione. Era proprio una videocassetta.

“Che cos’è?”

Dei sorrisini misteriosi erano apparsi sui volti dei suoi tre amici.

“Prima di farci buttare fuori, siamo riusciti a convincere la commessa a darci il video della telecamera del negozio,” disse Tom. “Ci è costato un occhio, ma ne è valsa la pena.”

Georg temeva di aver capito male. Pregò che quel che stava pensando fosse vero, che dentro a quella scatola ci fosse veramente quello che sperava lui.

“In effetti,” gli disse Gustav con un’espressione sorniona e compiaciuta. “La storica scena è stata filmata.”

Georg si illuminò estasiato. Era come pensava lui, allora, la video cassetta conteneva davvero uno dei più memorabili momenti della storia dei Tokio Hotel!

“Cioè qui dentro c’è il filmato della scena della lotta a colpi di torta?” chiese, tanto per esserne sicuro.

Tre sorrisi soddisfatti gli vennero in risposta.

“Ebbene sì.”

“Quanto volete per lasciarmelo mettere nel prossimo episodio della Tokio Hotel TV?”

Tom gli rivolse un’occhiataccia eloquente.

“La tua testa.”

Bill e Gustav sembravano perfettamente d’accordo con lui.

“Avete ragione,” ragionò Georg, rimirando ancora il tesoro che aveva in mano. “Meglio venderlo. Diventerò ricco.”

“Tu sei già ricco.” Gli rammentò Tom in tono pratico.

“Ah, è vero. Allora diventerò ancora più ricco.”

Sorrise ancora a ciascuno di loro, colmo di gratitudine e soddisfazione. Quando arrivò a Bill, però, notò che aveva una faccia mogia.

“Ti ho rovinato un altro compleanno.” Mugugnò desolato.

Georg si accigliò.

“Rovinato? Di cosa diavolo stai parlando?”

“Beh, l’anno scorso…”

Georg sospirò, attonito ma intenerito. Bill poteva sembrare un egoista senza rivali, a volte, e magari una parte di lui lo era, però il suo altruismo nei confronti di coloro a cui teneva era innegabile, e tale da renderlo addirittura paranoico, certe volte.

Possibile che fosse così testone da sentirsi ancora in colpa per una cosa vecchia di un anno, e che per di più non era stata né una rovina di compleanno, né tanto meno una sua responsabilità.

“Bill,” gli sorrise nel modo più rassicurante di cui era capace. “L’anno scorso hai subito un intervento chirurgico da cui dipendeva la tua carriera, e anche la nostra, se è per questo. Non mi hai rovinato niente. Anzi, sapere che l’operazione era andata per il meglio è stato il più bel regalo che potessi farmi.”

Gli occhi di Bill si dilatarono, diventando sue immense e lucide biglie color nocciola velate di commozione. Georg si augurò che non si mettesse a piangere dalla gioia.

Fortunatamente ci pensò Tom a sdrammatizzare:

“Oh, com’è romantico!” li prese in giro, sfarfallando le ciglia con enfasi drammatica.

“Fottiti, Tom.” Gli sbottarono contro Bill e Georg insieme.

Tom fece loro una linguaccia e poi, come se nulla fosse, tutti quanti scoppiarono in una fragoro9sa risata allegra.

Georg era felice. La loro vita poteva non essere semplice, molto spesso, ma di sicuro lo stesso non si poteva dire del loro rapporto. In otto anni, nulla era cambiato, tra loro, erano rimasti proprio come all’inizio, quando erano bambini con grandi sogni e ancora più grandi speranze e tutto ciò che avevano era la loro band e tanta strada da fare senza sapere dove sarebbero andati a finire.

Non ce l’avrebbero mai fatta senza la loro amicizia, non sarebbero mai andati da nessuna parte se, come molti ancora ingenuamente e stupidamente si ostinavano a credere, fosse stata solo una questione di fama e di soldi.

Non passava giorno senza che Georg ringraziasse il destino per aver fatto incrociare le strade sua, di Gustav e di Bill e Tom, non solo perché così era giunto fin dov’era, ma soprattutto perché loro erano a pieni diritti membri della sua famiglia, i fratelli che, a differenza di ciascuno di loro, lui non aveva mai avuto.

“Hey, Georg,” Bill gli si avvicinò e gli sorrise a sua volta, poi aprì le braccia e gliele avvolse affettuosamente attorno alle spalle. “Buon compleanno.”

Si lasciò stritolare senza rimostranze, ricambiando la stretta con altrettanto affetto, e così fece con Tom e Gustav.

“Auguri, Moritz.”

“Auguri, amico.”

A ventidue anni appena compiuti, Georg Listing, bassista dei celeberrimi e pluripremiati Tokio Hotel, costrinse una lacrima di commozione a restarsene relegata dentro ai propri occhi e si limitò soltanto a sorridere per l’ennesima volta.

Forse la vita aveva in serbo ancora molto, per lui, ma al momento non sapeva immaginare niente che potesse valere di più di quello che già aveva.

 

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A/N: sviolinatona finale! XD Lo so, gente, sono una romanticona, ma avevo voglia di scrivere smielatezze per il mio Georg, quindi è inutile storcere il naso, così è. L’ho iniziata stamattina e conclusa dieci minuti fa. Non avevo intenzione di bissare l’idea-regalo che avevo riservato al mio amato Gustav ben sei mesi or sono, ma alla fine non ho resistito ed è nato questa specie di sequel. Spero abbiate gradito, o quanto meno non disprezzato più di tanto. Anche se è una oneshot piccina e senza grandi pretese, un commento fa sempre piacere, lo sapete, quindi spero me ne vorrete concedere uno. ;)

   
 
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