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Autore: alessandroago_94    28/03/2016    16 recensioni
Antonio Giacomelli è un ragazzo molto timido e introverso, a cui piace trascorrere i pomeriggi suonando il pianoforte. Vive una vita assolutamente normale fintanto che viene a contatto con una famiglia, la famiglia Arriga. E da quel fatidico momento, da quando ha modo di incontrarsi per la prima volta e di scontrarsi con uno dei suoi tre componenti, la sua vita cambierà per sempre, poiché sarà proprio quella stessa famiglia Arriga, assieme ai pesanti segreti che porta con sé, a sconvolgere e a cambiare la sua esistenza, tra immensi drammi e gioie inaspettate.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 1

CAPITOLO 1

 

 

 

 

 

Il giorno in cui lo vidi per la prima volta, stavo suonando il pianoforte. Con forza, le mie dita domavano i tasti sottostanti, creando una sinfonia che mi rallegrava fin dentro l’anima.

Come ogni giorno, ero appena tornato da scuola e la mia monotona vita si stava rivelando un disastro; i voti non erano mai stati troppo positivi ma in compenso la mia immensa voglia di scrivere e di suonare non pareva avere limiti.

Il mio pianoforte, che custodivo gelosamente in un angolo appartato della piccola saletta della casa in cui vivevo con mia madre, era l’estensione delle mie dita e potevo suonarlo per ore intere senza minimamente affaticarmi, mentre i miei arti sfogavano la tensione che avevo accumulato per l’intera mattinata.

Ero un ragazzo non tanto bello, basso e tarchiato, con spesse sopracciglia e un volto glabro e quasi da bambino, mentre i miei capelli castani erano ribelli e irti come gli aculei di un istrice.

Ero sincero all’epoca, forse anche troppo, e di certo non ero un asso nello studio e nei rapporti sociali. In poche parole, ero il tipico ragazzo emarginato, il classico soggetto che si mette in disparte e che resta succube della sua timidezza.

Una timidezza che pareva volermi strozzare a volte, e che non mi faceva sentire pienamente me stesso.

I tasti del mio pianoforte mi permettevano di alzarmi in volo e di librarmi come un’aquila, sfruttando le correnti ascensionali dei miei pensieri, per poi gettarmi nel cuore più vero della musica, lasciando libera la mia passione e permettendole di far di me tutto ciò che lei avrebbe voluto.

E fu durante uno di quei momenti di esclusione dal mondo e di estasi che lui entrò nella mia vita.

I tasti continuavano a scivolarmi sotto le dita, mentre chiudevo gli occhi e ripercorrevo quella melodia tutta mia che avevo composto tre anni prima, e che da allora era diventata una sorta di inno nazionale del mio cuore, ma quel giorno non andò come avrei voluto che tutto andasse.

Qualcuno violò la mia intimità, ed entrò nella piccola sala e si sedette sulla comoda e soffice poltrona che distava solo un paio di passi da me e che un tempo era stata proprietà esclusiva di mio padre.

Quell’interruzione della mia quiete mi rese nervoso, e fui costretto ad aprire gli occhi e ad abbandonare il mio mondo, rallentando i tocchi sui tasti e tornando rapidamente alla realtà.

Quando vidi l’uomo che si era seduto sulla poltrona, in controluce, per un attimo mi parve di scorgere la sagoma del mio genitore, e una rabbia cieca mi pervase. Mio padre se n’era andato di casa quando avevo solo nove anni, e da quel momento in poi si era sempre rifiutato di vedermi e di rivolgermi la parola.

Non so il perché, ma credevo realmente che lui non mi avesse mai apprezzato. Alto e burbero, il suo viso era stato solo in grado solo di esprimere costantemente disprezzo e nervosismo, da quel che mi ricordavo in quel momento.

Quando era riuscito a trovarsi una nuova compagna, era fuggito alla prima occasione, piantando in asso me e mia madre, che da quel momento si era vista costretta ad affittare alcune camere della casa a persone di passaggio o a turisti, in modo da poter fare qualche soldo con cui potere tirare avanti la baracca. E visto che mia madre in quel periodo lavorava saltuariamente ed io dovevo almeno riuscire a concludere le superiori, qualche soldo in più in tasca non poteva far altro che del bene.

Se non sbagliavo, quel perfetto sconosciuto doveva trattarsi del nuovo affittuario, che doveva essere arrivato assieme a sua moglie e a suo figlio quella stessa mattina intanto che ero a scuola, e prontamente aveva allungato le mani su tutta la casa come solo i maleducati sanno fare, interrompendo brutalmente il mio momento di sfogo musicale.

Notando il mio sguardo gelido e prolungato, e forse anche la mia espressione inebetita ed irritata, l’uomo sorrise con calore.

‘’Ho interrotto qualcosa? Mi dispiace. Ma suona pure, tranquillo, a me non dai alcun fastidio. Anzi, la tua musica mi rilassa’’, disse il nuovo arrivato, adagiandosi meglio sulla comoda poltrona ed afferrando un giornale posato sul tavolino che aveva di fronte.

Pareva che si stesse già sentendo il nuovo padrone di casa, ed io non potevo fargliela passare liscia.

Era vero che pagava una retta settimanale per soggiornare in casa mia, ma mia madre stabiliva sempre in anticipo che l’ingresso era vietato in quella piccola stanza, poiché sapeva che se qualcuno violava i miei momenti liberi poi perdevo le staffe. Ero timido, certo, ma mai quando si trattava di difendere i miei spazi personali.

E quel tizio pareva davvero maleducato, e lì per lì mi fece innervosire.

‘’Non ho intenzione di suonare con lei di fronte a me. La prego, se ne vada; era scritto nel contratto che ha firmato che in questa stanza non ci sarebbe mai potuto entrare, né lei né i membri della sua famiglia’’, dissi, trovando un po’ di coraggio e continuando a guardarlo storto.

Lui inforcò gli occhiali da lettura con un gesto rapido, e per la prima volta da quando era entrato nella stanza mi fissò in modo diretto, mostrandomi il suo viso e l’ennesimo irriverente sorriso.

Era un uomo sulla cinquantina, il volto contornato da una corta barba grigia e la testa praticamente calva. Gli occhi scuri come la notte incutevano un timore reverenziale che entrò subito dentro di me, invitandomi cautamente ad abbassare la cresta.

Ma la rabbia mi spingeva invece a continuare a lottare per il rispetto delle regole e dei miei diritti.

‘’Ragazzo, non ti conosco ma mi sembri un tipo a posto. Ti prego quindi di lasciarmi in pace a leggere il mio giornale e di non aggiungere altro’’.

Quell’uomo era davvero un maleducato. Se voleva la guerra, doveva sapere che io avrei combattuto come un leone per di vincerla.

‘’Allora lei non ha proprio capito ciò che le ho detto’’, mormorai, scuotendo la testa e sillabando tutto con crescente irritazione. Lo sconosciuto maleducato doveva sparire subito dal mio campo visivo.

L’uomo sospirò, e mentre posava con delicatezza il giornale sul tavolino, si alzò in piedi e mi venne vicino. Era basso e tarchiato, ma incuteva comunque soggezione.

Pure io a quel punto mi alzai in piedi, in preda al panico; mi aveva colto alla sprovvista con quella reazione, e per un attimo temetti che quel perfetto sconosciuto avrebbe cercato di farmi del male, visto come l’avevo trattato.  

D’altronde, poteva tranquillamente essere un malvivente o un serial killer, oppure un maniaco, e visto che in quel momento in casa non c’era neppure mia madre, temetti il peggio.

Ed invece, come per prendersi gioco dei miei folli e spaventati pensieri, l’uomo mi allungò la mano.

‘’Rilassati, ragazzo. Mica ti mangio!’’, ridacchiò il mio interlocutore sfacciato, continuando a scuotere la sua mano destra sotto il mio naso.

‘’Io sono Roberto Arriga, il nuovo inquilino di tua madre. Sono arrivato questa mattina con mia moglie e mio figlio, che in questo momento non sono in casa, per cui te li presenterò questa sera’’, continuò a dire l’uomo, presentandosi.

Mio malgrado, mi vidi costretto a stringerli la mano.

‘’Io sono Antonio Giacomelli, il figlio… della proprietaria di casa’’, mormorai timidamente, mentre la sua stretta solida e forte mi passava una certa sicurezza.

C’era qualcosa di quel breve contatto che mi creava confusione e sospetto, ma che mi dava anche una sensazione tremendamente piacevole.

‘’Ora che ci siamo presentati, fammi il piacere di darmi del tu. Ok?’’, tornò a dire Roberto, sciogliendo la stretta di mano e dandomi una lieve pacca sulla spalla.

Stranamente, a quel punto mi sfuggì un sorriso. Mi sgridai da solo, perché in quel momento non c’era nulla di cui sorridere e la questione su cui si stava dibattendo poco prima non era affatto risolta.

Infatti, il nuovo inquilino tornò ad accomodarsi sulla poltrona, riafferrando il giornale di mia madre e preparandosi a leggere.

‘’C’è qualcosa che lei… che tu non hai capito. Questa è la stanza dove suono e dove passo la maggior parte del tempo libero, e avere qualcuno accanto non mi piace affatto. In più, era già stato stabilito…’’.

‘’Sì, so esattamente cosa ho firmato e cosa posso o non posso fare. Però, adoro leggere con un sottofondo musicale, e tu suonavi così tanto bene che non ho saputo resistere e sono entrato ugualmente, trovandomi di fronte ad una magnifica e comoda stanzetta.

‘’Ti prego davvero di essere cortese, e di violare le regole di casa solo per una volta. E magari di suonare qualcosa mentre leggo. Saresti così tanto gentile?’’.

Gli occhi di quell’uomo mi parvero estremamente sinceri ed interessati alla mia musica. Non ebbi il coraggio di aggiungere altro, e con un immenso sospiro ripresi ad appoggiare le dita sui tasti.

Subito, la mia sinfonia riprese ad aleggiare per tutta la stanza, anche se non mi sentivo completamente a mio agio. Non avevo mai suonato con uno sconosciuto a fianco, e neppure con mia madre accanto, ed era la prima volta che lasciavo che qualcuno violasse il mio magico momento privato.

Alzai un attimo lo sguardo e vidi che Roberto aveva ripreso a leggere, mentre il suo volto pareva tranquillo e rilassato. Per un istante, mi parve anche compiaciuto.

Chiusi gli occhi e ripresi vigore.

Le mie dita ricominciarono magicamente a volare sui tasti, e smisi di seguire ogni misero e stupido spartito.

In quel periodo mi ero ricreato una sinfonia tutta mia nella mente, composta dal suono ritmico e costante di alcune note basse e dal suono dolce, e mi piaceva talmente tanto che in quei momenti di pace assoluta mi lanciavo in una corsa frenetica fino a giungere ad un culmine ritmico che mi passava un grande senso di soddisfazione. Una sorta di orgasmo musicale.

Dal tanto che ero preso dalla musica, neppure mi accorsi che il tempo passò molto in fretta, e mi riscossi solo quando capii di essere osservato.

A quel punto, il fastidio e il nervosismo di poco prima tornarono a farsi spazio dentro di me, e persi ritmo e voglia di suonare, mentre le note morivano sulla tastiera e le mie mani sembravano essere diventate rigide come la pietra. Pareva avessi perso tutte le mie capacità, e alzai lo sguardo con rabbia crescente.

Roberto mi guardava, ancora seduto sulla poltrona e con gli occhiali da lettura perfettamente adagiati sul naso lievemente adunco, fissandomi in un modo strano e rimettendo a posto il giornale che aveva letto fino a quel momento. Sul mio viso dovette apparire una smorfia di disappunto, poiché l’uomo sorrise.

Poi, incredibilmente, batté le mani.

‘’Hai un grande talento, Antonio. Non ho mai udito nulla del genere!’’, mi disse, continuando a sorridere ed alzandosi nuovamente dalla poltrona.

‘’Mi piace improvvisare e suonare ogni volta qualcosa di nuovo. Odio limitarmi a seguire gli spartiti’’, mormorai con incertezza.

Roberto mi si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla destra.

‘’Sei davvero bravissimo. Continua così!’’. E dopo aver detto questo, abbandonò la stanza, lasciandomi solo.

Abbassai lo sguardo, già pronto a riprendere a suonare ma qualcosa mi bloccò. Pigiai due tasti ma le mie dita non erano più in grado di suonare e di solcare quella marea musicale che volevo ricreare.

Mi imbronciai e per un attimo non capii.

Quando compresi che ciò che mi mancava era la sua presenza, sorrisi; ero davvero uno sciocco. Mi chiesi come fosse stato possibile che una persona appena entrata nella mia vita fosse già riuscita ad influenzarmi e a lasciare una traccia dentro di me, ma non seppi darmi una risposta. Forse, era stato per il fatto che mi aveva fatto dei complimenti.

Durante il corso della mia vita, non ne avevo mai ricevuti prima di quel momento. Per i miei compagni e conoscenti ero solo lo sfigato di turno, per mia madre solo un peso e i miei parenti neppure sapevano che in un qualche sfortunato giorno di diciotto anni prima io ero venuto al mondo. Non si erano mai degnati una volta di cercarmi, ed io avevo fatto lo stesso con loro.

Mio padre aveva sempre detto che per lui ero un fallimento, un qualcosa di brutto, ma forse solo perché ero il frutto di un suo amore finito male. O forse perché la mia nascita l’aveva costretto a legarsi con una donna che non aveva mai realmente amato; mia madre.

I miei genitori non erano mai andati particolarmente d’accordo, eppure erano riusciti ad avere quel rapporto che mi aveva generato. E appena aveva potuto, mio padre se n’era andato, abbandonandomi tra i suoi insulti e il suo disprezzo. Era davvero un uomo spregevole ed infinitamente perfido, ed in fondo ero contento che se ne fosse andato e che ci avesse lasciato in pace.

La rabbia riprese a crescere dentro di me, e fui costretto ad alzarmi e a dirigermi verso la finestra della stanza, ma prima mi soffermai a bere un sorso d’acqua dal mio bicchiere, posato sul tavolo accanto al giornale abbandonato lì da poco dal nuovo arrivato.

Con un sospiro, mi passai una mano sulla fronte e tornai a rivolgere il mio sguardo al pianoforte, ma compresi che per quel giorno non sarei più riuscito a suonare.

Quando i brutti ricordi riaffioravano dai meandri della mia mente, non riuscivo più a suonare e a rilassarmi, quindi decisi di andare a fare una passeggiata al parchetto sotto casa, in modo da distrarmi un po’ e da prendere un po’ d’aria.

Uscii velocemente all’aria aperta, mentre un sorriso spontaneo compariva sul mio volto, sorprendendomi.

Solo quando ebbi raggiunto il vicino parchetto mi accorsi che l’unica cosa che desideravo di più in quel momento era di rivedere quell’uomo che poco fa aveva voluto entrare forzatamente nella mia vita, concedendomi qualche complimento e regalandomi un sorriso e una stretta di mano sincera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Ciao a tutti, e grazie per aver letto il primo capitolo di questo mio nuovo racconto J

La vicenda è strana, non lo nego. Anche il modo in cui ho deciso di raccontarla lo è. Più avanti nella narrazione scopriremo il perché delle mie scelte.

Ci tengo a precisare che tutto quanto è frutto della mia immaginazione.

Spero che la vicenda abbia già iniziato ad incuriosirvi!

Ne approfitto per ringraziarvi nuovamente J a presto J

   
 
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