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Autore: _grey    29/03/2016    1 recensioni
Il Dottore, Rose, quella spiaggia maledetta e un paio di minuti scarsi per dirsi addio.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note alla fine della storia * 
 
 

Ti sei mai chiesto perché sia comune pensiero credere che gli uccelli siano creature libere? 
Anche se possono volare liberamente nel cielo, senza una terra da raggiungere, senza un posto in cui fermare le loro stanche ali, potrebbero anche pentirsi di possederle. 
L'essere davvero libero forse consiste nell'avere un luogo in cui poter tornare.
(Komio Sanzo, Gensomaden Saiyuki)

 
Per la Terra, piccolo, minuscolo, pianeta dell’intero Universo eppure così importante, così umano, il collasso di una supernova era un avvenimento riscontrabile solo negli studi di astrofisica; mai un caso rilevato nella Galassia a cui quel microscopico pianeta apparteneva. Fino ad oggi.
«Sto bruciando un sole solo per dirti addio.»
E per uno per cui i pianeti, i soli, le galassie e ogni singola stella e nebulosa all’interno di tutto il Cosmo erano lo spettacolo più affascinante e meraviglioso da oltre novecento anni, bruciare un sole solo per due minuti in cui poterla vedere per quella che sapeva sarebbe stata l’ultima volta, era sicuramente un prezzo più che onesto da pagare. I libri terrestri si sarebbero arricchiti di una conoscenza mai posseduta prima.
La spiaggia di Dårlig Ulv-Stranden, nella contea di Hordaland, costa occidentale della Norvegia, sembrava un lido come un altro: piccolo, tranquillo e con le onde che si spegnevano lentamente a riva creando un rumore di sottofondo al quale, dopo poco, non si prestava nemmeno più attenzione. Chissà perché la crepa tra i due universi aveva scelto proprio quel luogo, probabilmente anche lei aveva bisogno di quella tranquillità per spegnersi in pace come quelle onde.
«E’ solo un’immagine, niente tatto.»
Dio quanto avrebbe voluto toccarla. Una prima e un’ultima occasione insieme e forse adesso, per l’unica volta in tutta la sua lunga vita, si stava pentendo di non aver fatto qualcosa quando ancora poteva. Tanto aveva amato e tanto aveva perso, ma non avrebbe mai potuto immaginare di poter provare un dolore simile, un dolore capace di prendere entrambi i suoi cuori e farne macerie, cenere, brandelli minuscoli di un inutile futuro senza più lei al suo fianco.
Lavorava al Torchwood, certo. Come poteva aver pensato anche solo per un secondo che Rose Tyler non avesse trovato un altro modo per difendere quel pianeta che aveva così tanto imparato ad amare dopo ripetute volte in cui aveva temuto di perderlo?
«Rose Tyler, difensore della Terra.»
Era così fiero di lei che non poté trattenere un sorriso orgoglioso nonostante stesse praticamente morendo dentro.
La pausa di silenzio che seguì sembrò durare secoli, anche se il Dottore sapeva che non superava i due o tre secondi. In due o tre secondi si possono pensare un sacco di cose. Decise di non dar modo a nessuna di esse di attecchire nella sua corteccia cerebrale finché era ancora con lei.
«Sei nella lista dei caduti.» concluse una frase che era partita in automatico senza che nemmeno si fosse reso a livello cosciente di aver iniziato a parlare «E invece eccoti qui che vivi una vita giorno dopo giorno.» I singhiozzi di Rose si fecero più rumorosi, i suoi cuori inviarono impulsi mille volte più dolorosi dei precedenti. Nonostante ciò si sforzò di sorridere di nuovo. Un sorriso che sapeva di amaro e dolce insieme. «Un’avventura che io non potrò mai avere.»
ʿMa che avrei volentieri condiviso con teʾ, pensò senza avere il coraggio di tramutare in parole le sue riflessioni. Le parole spesso facevano solo male, lo aveva capito col tempo del quale era padrone e con le perdite che, al contrario, lo coglievano sempre alla sprovvista come rovescio della medaglia.
«Ti rivedrò mai?»
Male, appunto. Così tanto male da poter sentire chiaramente mille lame affilatissime trafiggerlo, pugnalare i suoi sensi, ogni sua singola percezione, idea e ricordo e ogni grammo di massa corrispondente al mero corpo che in quel momento gli apparteneva. Dio, perché doveva essere così doloroso?
«Purtroppo no.»
Se avesse potuto non ci sarebbe stato alcun dubbio sul fatto che avrebbe ben volentieri fatto collassare interi universi pur di vedere di nuovo quel sorriso. Pur di trovare una piccola consolazione per quelle lacrime che non era giusto che scendessero sul volto perfetto di lei, ma che comprendeva e condivideva, che erano un po’ anche le proprie. Nessuna consolazione per due anime affini che si separano, nessuna consolazione, mai. Mai nella vita, mai in nessun universo, galassia o sistema. Mai.
«E tu cosa farai?»
Un sospiro, un battito e mezzo saltato, la solita fitta che lo pungeva dritto all’altezza della bocca dello stomaco.
«Ho ancora il TARDIS. La solita vecchia vita, l’ultimo dei Signori del Tempo.»
Un sorriso, anche se gli angoli delle labbra puntavano irrimediabilmente verso il basso in quella tipica espressione che portava addosso tutto il peso degli anni e delle perdite.
Ci voleva credere, ci doveva credere. Ancora per una manciata di secondi almeno, ancora per il tempo che gli era rimasto da trascorrere con lei. Per non far pesare a Rose anche il carico della propria sofferenza; essere il più convincente possibile non per evitarle il dolore  della separazione, non sarebbe stato concepibile, ma per permetterle almeno di rialzarsi e andare avanti, sapendo che anche lui stava facendo lo stesso. Che saperla viva e al sicuro era già di per sé una conquista inaspettata, eccezionale e che lo rendeva comunque felice. Lo era, certo, ma non era assolutamente questo il modo in cui aveva sperato di salvarla quando aveva preso quelle due calamite a Canary Wharf.
Il suo goffo tentativo non ebbe l’effetto desiderato e i singhiozzi di Rose non si placarono nemmeno della più minima entità.
«Da solo?»
E allora a questo punto, con il tempo che scorreva inesorabile come un tiranno, non aveva più senso mentire o fingere che andava tutto bene. Annuì, con gli occhi lucidi.
Chi altro avrebbe mai potuto prendere il suo posto? Il posto dell’unica donna che aveva mai realmente amato e che avrebbe continuato ad amare anche con un intero universo a dividerli?
Adesso sì che i secondi sembravano fatti di anni luce, tempo infinito in cui l’unica cosa percepibile nel tempo e nello spazio era lo strazio che invadeva ogni singola fibra del suo essere. In cui le parole appena accennate di Rose erano le sue stesse lacrime che cercava in ogni modo di trattenere, in cui un universo o l’altro avrebbe potuto essere sacrificabile per toccarla un’ultima volta ed ecco che quel “Chi se ne importa” di Rose non pronunciato, ma intuibile nell’aria, acquisiva tutto un altro senso.
«Ti amo.»
«Grande notizia.»
Grande, grandissima notizia, considerato che avevano a disposizione quanto, una manciata di secondi ancora prima di doversi dire addio per sempre? Prima di non riuscire nemmeno a pronunciare un saluto, perché quelle cinque lettere insieme avrebbero ufficialmente decretato la loro separazione, il loro non potersi rivedere più, mai più?
Al diavolo.
«Io suppongo che...» Poco tempo, troppo poco tempo a disposizione «Sia l’ultima occasione per dirlo.» Sospirò, solo due parole. Gli servivano solo due parole. «Rose Tyler...»
 
Quando riaprì le palpebre e riuscì a mettere a fuoco il resto intorno a lui, annebbiato dalle lacrime trattenute fino ad allora e che adesso non avevano più ragione di rimanere celate, vide solo il TARDIS. Più nessuna traccia di Rose, del suo trucco sbavato, dei suoi respiri spezzati dal pianto. Nessun sollievo in fondo ai cuori per essere almeno riuscito a dirle quanto anche lui l’amava. La parte della sua coscienza dedita a tenerlo al riparo da ogni delusione e sofferenza lo consolò inviandogli un pensiero che diceva che forse era stato meglio così. Cosa se ne sarebbe fatta Rose di quelle due parole che pesavano sulla schiena di entrambi come macigni, che avrebbero fatto irruzione nel suo corpo, nella sua mente, nei suoi sentimenti distruggendo ogni cosa, passata e futura, che avrebbero trovato? No, era stato meglio così, un giorno lo avrebbe capito anche lui.
E mentre il suo intelletto si prodigava in spiegazioni logiche e razionali, una parte di sé non faceva altro che pensare come, lui che aveva viaggiato per tutta la vita, nel momento in cui era su quella spiaggia, su quella spiaggia con lei, avrebbe solo voluto fermarsi.
 
* Note: questa shot è nata nel giro di poche ore in seguito all'ispirazione data dal contest "Idee in libera uscita [2]" sul forum di EFP (Link: X). La citazione riportata all'inizio della storia, unita alla splendida Enjoy the silence degli altrettanto splendidi Depeche Mode ha dato il via ha tutto quello che avete letto fin qui.
Ringrazio pertanto l'utente meryl watase (
X) per aver indetto questo meraviglioso concorso. 
  
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