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Autore: NonnaPapera    01/04/2016    1 recensioni
“Ti amo!” confermò serio l’altro.
“Perché?” chiese spontaneamente, incapace di capire lui stesso come qualcuno potesse amare la persona volubile ed egoista che era.
“Perché sei splendido!”
Kal si irrigidì, davvero Jakob amava solo il suo aspetto fisico, o forse anche lui era innamorato dello stereotipo del bravo ragazzo che mostrava al mondo?
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Piccole Fiabe Moderne'
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Ciò che sono con te


Lo spintone che gli arrivò lo fece cadere a terra pesantemente.
“Sei davvero una persona schifosa!”
Kal fissò il suo interlocutore dal basso con aria strafottente,  scrutando i pugni serrati e le labbra tese di quello che di lì a breve sarebbe diventato il suo ex amante.
Non si mosse rimanendo per terra, non era certo idiota e quel cretino era dieci centimetri più alto di lui, per non parlare di tutti quei muscoli che si pompava regolarmente in palestra.
“A vederti sul palco, davanti al pubblico, nelle interviste…” l’uomo a malapena tratteneva le lacrime di frustrazione.
“Quella è solo una facciata. Sei proprio uno stupido se pensavi veramente che fossi così nel privato”
“Dici? La tua immagine pubblica è solare, allegra e gentile. Ti comporti sempre bene con le persone, sei generoso, attivo e attento ai problemi degli altri o per lo meno questo è quello che appare in televisione. Invece la realtà è ben diversa! Capriccioso, egocentrico ed egoista fino al midollo. Non apprezzi mai nulla di ciò che gli altri fanno per te e snobbi chiunque tu ritenga inferiore.”
“In effetti mi hai inquadrato bene, anche se devo ammettere che generalmente quelli con cui scopo se ne accorgono molto prima. Tu sei un po’ tardo, ci hai messo mesi per rendertene conto”
“Ti senti? Anche adesso sei volgare e cattivo! Io ti amavo e tu mi hai sempre trattato come uno straccio”.
Kal sollevò le spalle con aria indifferente, in effetti la cosa non lo interessava minimamente; lui era così, di quel tizio e degli altri prima di lui non gli era mai importato un accidente.
Sapeva di essere bello: i capelli corvini lasciati un po’ lunghi gli ricadevano sempre in modo disordinato ma sexy su degli occhi azzurro-grigi, sguardo profondo, bei lineamenti , un fisico asciutto ed allenato ma non esageratamente palestrato, se al tutto si aggiungevano la sua fama, il suo talento e tutti i suoi soldi… era veramente un uomo irresistibile.
Ma tutta la sua bellezza non aveva mai sopperito abbastanza per colmare il suo carattere odioso e arrogante.
Nessuno riusciva a restargli accanto per troppo tempo, tutti prima o poi se ne andavano abbandonandolo. Ci era abituato e la cosa non poteva importargli di meno, potevano andare tutti al diavolo: famigliari, amici, amanti e collaboratori, poteva far a meno di tutti o semmai rimpiazzarli con gente nuova.
Quando credeva che l’altro lo avrebbe colpito nuovamente Jakob, la sua nerboruta guardia del corpo, comparve all’improvviso sulla soglia del camerino.
Appena vide Kal per terra afferrò l’uomo che lo aveva aggredito per un braccio girandoglielo in modo innaturale dietro la schiena, l’altro cominciò a strillare per il dolore ma Jakob lo spinse fuori dalla stanza in modo brusco lanciandolo contro la parete del corridoio.
“E’ il caso che tu te ne vada” mormorò gelido all’orecchio dell’aggressore.
“Tu… Non capisci davvero. Kal è un essere impossibile, un mostro disumano che ha tirato fuori il peggio di me!”
Jakob fece una breve risata di scherno:
“Lo so perfettamente, lavoro per lui da sei anni. Però lo hai colpito, se non vuoi una denuncia ti conviene sparire e non farti più vedere”, detto questo lo lasciò andare e l’altro, ringhiando, si allontanò.
Jakob rientrò nel camerino e vide che Kal era ancora a terra esattamente dove lo aveva lasciato, anche dopo un’aggressione era semplicemente splendido anche vestito con quella camicia bianca sbottonata sul petto e dei classici pantaloni neri.
La guardia del corpo avrebbe voluto prendersi alcuni istanti per ammirare quell’uomo perfetto che da oltre sei anni era il suo datore di lavoro. Ovviamente Kal era furibondo e questo comportava che avrebbe riversato la sua rabbia sul primo che gli fosse capitato a tiro, e purtroppo per Jakob lui era l’unico presente.
“Che cazzo ti pago a fare?” urlò il cantante.
“Sono intervenuto mi pare” rispose placido Jakob allungando una mano per aiutare l’altro ad alzarsi dal pavimento.
“Certo, dopo che mi ha spintonato e buttato a terra! Brutto imbecille”
Jakob storse il naso, Kal doveva essersi spaventato per l’aggressione perché erano anni che con lui non arrivava agli insulti. Era acido, pretenzioso ed egocentrico oltre ogni limite ma non lo redarguiva mai in modo così pensante, era la prima volta che lo sentiva dargli dell’imbecille.
Come ogni volta che il cantante faceva i capricci Jakob rimase in silenzio lasciandolo sfogare.
Kal lo riempì di improperi per alcuni minuti lanciando per aria tutto ciò che gli capitava sotto tiro fintanto che, ansante e stanco, non  si lasciò cadere su una sedia.
Jakob si morse l’interno delle labbra.
L’unica cosa che desiderava era avvicinarsi al suo capo e baciarlo, sussurrargli che lo amava e che si sarebbe fatto strappare gli occhi piuttosto che permettere a qualcuno di fargli del male, rimase però in silenzio aspettando che l’altro si calmasse.
Succedeva sempre così, finita la sfuriata Kal ricominciava a comportarsi come se nulla fosse, non chiedeva mai scusa, non in maniera esplicita.
Ciò che la gente non capiva era che in realtà Kal non era poi così egoista e senza cuore come si premurava di far credere a tutti, se si rimaneva abbastanza al suo fianco ne si scorgeva la fragilità e il desiderio di piacere e se ci si prendeva la briga di osservare ancora meglio si trovava la generosità e la profonda compassione che cercava in ogni modo di nascondere.
La realtà era che il vero Kal era molto più simile all’immagine pubblica che dava di sé piuttosto che alla maschera odiosa che indossava nella vita di tutti i giorni.
Jakob lo capiva, le loro storie erano simili: entrambi senza genitori, avevano conosciuto fin da piccoli il forte senso di vuoto che si prova quando si crede di non appartenere a nessuno e di non meritarsi affetto.
I dettagli delle loro vite erano però profondamente differenti e avevano reso lui un tipo paziente e dedito mentre Kal era cresciuto cercando di non dover mai dipendere da nessuno.
Jakob aveva dei genitori amorevoli che però erano morti in un incidente, aveva passato alcuni anni in una casa famiglia ma poi era stato adottato da una coppia splendida che lo aveva amato e sostenuto.
Kal era stato abbandonato alla nascita, la madre non lo aveva riconosciuto e lui era stato affidato appena nato ad una famiglia affidataria, poi ad un’altra, poi ad un’altra ancora, una casa famiglia per alcuni anni, collegio statale, altra famiglia affidataria e cosi via, in un’altalena di burocrazia assurda, fintanto che alla bellezza di tredici anni era stato adottato, finalmente. Forse ormai era troppo tardi o semplicemente i suoi genitori non erano mai riusciti a capirlo. Era difficile comprendere e amare un ragazzo introverso, fin troppo intelligente, con una voce fuori dal comune e desiderio di rivalsa su tutto il genere umano. Se a tutto questo si aggiungeva il fatto che in quegli anni Kal aveva maturato anche le sue preferenze sessuali e che queste si erano rivelate essere decisamente liberali… beh, forse chiunque non sarebbe stato all’altezza.
Addirittura ancora oggi, Jakob non riusciva a capire che genere di persona piacesse a Kal, da che ne sapeva era stato con chiunque.
Donne o uomini non facevano differenza, giovani, maturi o addirittura di trent’anni più vecchi di lui; mori, biondi, alte, basse, magre, formose, muscolosi, pelosi, efebici… A Kal pareva andare bene chiunque, salvo poi allontanarli nel giro di pochissimo tempo per passare a qualcun altro. Chiunque un attimo accorto avrebbe intuito che era alla ricerca di qualcosa che non trovava mai, o che non si lasciava il tempo di trovare perché llontanava tutti, prima che gli altri allontanassero lui.
Era decisamente incostante e immaturo ma Jakob lo amava profondamente, anche se si era sempre guardato bene dal rivelarglielo.
Il primo mese di lavoro Jakob avrebbe voluto strangolarlo, Kal quando ci si metteva sapeva risultare odioso.
Una sera si era deciso a dare le dimissioni ma quando lo aveva trovato il cantante era nella sala di incisione e stava cantando una canzoncina leggera che poi era diventata una delle sue più famose hit.
Era un pezzo allegro, divertente e un po’ strafottente, la voce di Kal era chiara, sicura e limpida… ma aveva il viso rigato di lacrime. La profonda solitudine che quel giorno gli lesse in volto lo straziò.
Non c’era nessuno nella sala di incisione, probabilmente aveva cacciato tutti fuori in un momento di furia ed era rimasto lì da solo a cantare quel pezzo.
Jakob non si era mostrato, anzi si era nascosto dietro la porta per evitare di essere scorto e aveva osservato Kal fintanto che non aveva smesso di cantare.
In quel momento che Jakob l’aveva visto per quello che realmente era e si era innamorato di lui, in quel preciso istante aveva deciso che sarebbe rimasto e che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggerlo, principalmente da se stesso, e per renderlo felice. Col tempo Kal senza rendersene conto lo aveva inglobato nella sua vita fino a dargli una stanza nella sua villa per –a detta sua- avercelo sempre a portata di mano quando serviva.
 Jakob l’aveva visto star male, lo aveva recuperato in mezzo a feste assurde, accompagnato a fare parapendio surf e altri sport inutilmente pericolosi, lo aveva ascoltato ogni volta che lo insultava, raccolto gli oggetti che lanciava, messo a letto quando non riusciva ad arrivarci, interpretato i suoi silenzi e assecondato sempre-sempre-sempre i suoi capricci.
Lo faceva nella speranza che il cantante un giorno si rendesse conto della sua dedizione, che aprisse finalmente gli occhi e si accorgesse di quanto amore aveva da offrirgli.
Kal era da interpretare, gli aveva negato parecchie volte di volare per andare a trovare i suoi genitori ma aveva pagato tutte le cure di sua madre quando quattro anni prima era stata male… anche se ufficialmente era stato un misterioso benefattore.
Gli lanciava improperi e oggetti addosso ma il mese dopo la busta paga di Jakob era notevolmente più ricca. Un giorno, complice uno scatto d’ira e sotto l’effetto della droga, aveva preso a martellate l’utilitaria di Jakob che era parcheggiata dietro la sua villa; tre mesi dopo Kal gli aveva lanciato addosso le chiavi della sua porche nera borbottando che quella cazzo di macchina lo aveva stufato e che non la voleva più, di bruciarla o di tenersela che tanto per lui era indifferente.
Altre mille volte si era comportato così, perché si accorgeva di sbagliare ma non volendo scusarsi o mostrarsi debole trovava soluzioni alquanto complicate e creative per rimediare ai danni che faceva.
Il cantante sollevò lo sguardo corrucciato osservando con astio la sua guardia del corpo.
Come al solito Jakob era fastidiosamente calmo e assertivo, il suo atteggiamento così remissivo lo destabilizzava sempre.
Perché diavolo non si incazzava? Gli aveva appena detto che era un imbecille!
Kal sbuffò, la stanza era un gran casino ma Jakob, ora che lui si era calmato, aveva iniziato lentamente a raccogliere e sistemare gli oggetti, lo faceva sempre, Jakob era noiosamente prevedibile.
Il cantante osservò l’altro con spirito critico, non era la prima volta che lo sguardo gli cadeva sul quel culo sodo, sulla schiena larga e muscolosa o che rimaneva a pensare per infiniti istanti ai suoi occhi verdi e profondi.
Si domandò perché con Jakob non ci avesse mai provato, la sua guardia del corpo era un esemplare piacevole alla vista e farci sesso non sarebbe stato male, ma Kal non aveva mai flirtato con lui.
Ormai la rabbia stava scemando e Kal poté prendersi del tempo per analizzarsi con calma.
Era da un po’ che qualcosa riguardo a Jakob lo turbava; prima, quando quel cretino lo aveva aggredito lui non si era sentito minacciato, non aveva avuto paura neppure per un secondo perché sapeva che tanto Jakob sarebbe intervenuto… lo faceva sempre.
Jakob era con lui da un sacco di tempo e ormai era parecchio che Kal si chiedeva  come mai non se ne fosse  andato via come avevano sempre fatto tutti.
L’unico che resisteva da oltre sei anni al suo servizio era Jakob che gli faceva non solo da guardia del corpo personale ma anche da autista, da cuoco e spesso da infermiere, non sapeva perché rimanesse; lo pagava molto bene ma nessuno sano di mente avrebbe resistito, senza infuriarsi e licenziarsi, per così tanti anni ai suoi trattamenti.
Le chiamate nel cuore della notte per venirlo a prendere, le ore fuori in macchina ad aspettare che lui facesse i suoi porci comodi, gli insulti, le urla, i capricci, l’alcol e le droghe, i mal di testa, gli ordini, le commissioni assurde, le escursioni folli a cui voleva essere accompagnato, le volte che vomitava, che aveva la febbre, gli oggetti lanciati, il sarcasmo, i giorni passati a non dire una parola, le vacanze natalizie che gli aveva negato per diversi anni… Nulla pareva poter allontanare Jakob da lui.
Ciò che prima lo aveva fatto uscire di testa non era stata l’aggressione, ne le parole del suo ex che lo aveva chiamato essere impossibile e mostro disumano, era stata la risposta di Jakob ad averlo sconvolto: “lo so bene” aveva risposto.
Kal strinse i denti, perché questa cosa l’aveva ferito? Davvero si aspettava che Jakob lo vedesse in modo differente da come lo guardava tutto il resto del mondo?
Anzi, forse Jakob in quegli anni aveva visto il peggio che poteva dare, eppure era rimasto; si era illuso che in lui vedesse qualcosa di buono?
Osservò nuovamente la guardia del corpo, aveva finito di sistemare la stanza e ora se ne stava mollemente appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate guardandolo di rimando, in attesa della sua prossima mossa, ma ancor prima di vederlo Kal avrebbe potuto dire con certezza cosa stesse facendo l’altro.
Era sempre così, nonostante tutto gli rimaneva a fianco, silenziosa presenza protettiva e comprensiva anche ora, dopo aver dato il peggio di sé lui non se ne era andato; tutto questo lo rincuorava, lo faceva sentire, protetto… Amato.
Jakob era l’unico che lo facesse sentire così.
Questa consapevolezza lo shockò.
Non sapeva come fosse potuto succedere, non avrebbe dovuto permettere a nessuno di avere presa sul suo cuore, ma era capitato e non solo era sinceramente innamorato del carattere mite e paziente di Jakob, di questo se ne era accorto da anni ignorando del tutto i suoi sentimenti  e  fingendo che non esistessero per non soffrirne, ma ora bramava che lui lo amasse a sua volta.
Ma chi avrebbe mai potuto amare uno come lui?
Per Jakob era solo lavoro, un fottuto e faticoso lavoro, che però ripagava molto bene.
Il senso di vuoto che aveva nel cuore da sempre in quel momento si ampliò diventando una voragine nera.
Fin da piccolo aveva sempre sognato che da grande sarebbe diventato l’uomo più bello, più famoso e più invidiato che fosse mai esistito; così tutti quelli che non l’avevano mai voluto, tutti quelli che a scuola lo avevano deriso e maltrattato si sarebbero mangiati le mani vedendo che occasione avevano sprecato allontanandolo e umiliandolo.
Ora che finalmente era ricco e famoso, ora che era cresciuto diventando magnifico, si era accorto che gli altri continuavano a giudicarlo e Jakob non l’avrebbe mai apprezzato… perché era diventato solo un bellissimo cigno vuoto.
Non voleva soffrire, non voleva essere rifiutato mai più.
Kal fissò Jakob e con voce gelida e chiara disse:
“Sei licenziato! Porta via tutte le tue cose da casa mia entro domani e non farti mai più vedere” si pentì di quelle parole non appena ebbe finito di pronunciarle, ma sapeva che non se le sarebbe mai rimangiate.
Era finita.
Vide l’altro sobbalzare dalla sorpresa e guardarlo con occhi smarriti.
Tra poco lo stupere avrebbe lasciato lo spazio a rabbia e rancore e quella volta, Kal ne era certo, Jakob gli avrebbe riversato addosso tutto l’astio represso in quegli anni.
La guardia del corpo però si ricompose quasi subito, rilassandosi nuovamente contro lo stipite della porta e fissando il cantante con intensità.
“No” rispose semplicemente.
“Cosa?” urlò Kal nuovamente furioso “Come ti permetti?”
Jakob sospirò stanco, pareva indeciso sul da farsi ma alla fine prese una decisione e quindi, staccandosi dall’ingresso, attraversò la stanza e si inginocchiò davanti alla sedia su cui Kal era seduto.
Il cantante fedele a se stesso ne approfittò per infierire anche se si sentiva morire:
“Non penserai che supplicarmi mi farà cambiare idea! Sei davvero un uomo così patetico?”
Jakob però non gli diede retta e afferrate entrambe le mani di Kal tra le sue gli aprì il proprio cuore.
“Puoi licenziarmi ovviamente. Puoi cacciarmi di casa, è tua e io lì sono solo ospite. Puoi insultarmi, oggi non mi darà più fastidio di tutte le altre volte. Però c’è una casa che non puoi assolutamente fare ed è impedirmi di amarti. Quindi no, non mi licenzierai, perché non ti sono rimasto a fianco per tutti questi anni solo per dedizioni al lavoro. Sono rimasto perché ti amo e non smetterò di rimanerti a fianco solo perché tu hai paura”
Kal lo guardò con gli occhi sbarrati, la bocca leggermente aperta e le mani che tremavano visibilmente coperte da quelle grandi e calde di Jakob.
“Mi ami?” sussurrò.
“Ti amo!” confermò serio l’altro.
“Perché?” chiese spontaneamente, incapace di capire lui stesso come qualcuno potesse amare la persona volubile ed egoista che era.
“Perché sei splendido!”
Kal si irrigidì, davvero Jakob amava solo il suo aspetto fisico, o forse anche lui era innamorato dello stereotipo del bravo ragazzo che mostrava al mondo?
Ma Jakob continuò:
“Amo il tuo petto che sia alza e sia abbassa per riprendere fiato dopo che hai urlato come un pazzo, amo il sarcasmo con cui affronti ogni singola situazione, amo la luce che ti brilla negli  occhi quando ti infuri e ti metti a lanciare le cose, amo la determinazione con cui affronti tutto, amo il tuo volto stravolto quando ti alzi dopo una sbornia, amo il modo in cui ti appoggi a me quando devo metterti a letto dopo che hai esagerato, amo le tue sopracciglia corrucciate quando ti rinchiudi nei tuoi infiniti silenzi e amo, Dio se lo amo, il modo maldestro ma ostinato con cui tenti sempre di rimediare ai tuoi errori quando ti rendi conto di averli commessi.”
Kal lo fissò sbalordito e poi senza pensarci rispose:
“Sei da internare… tu ami un folle”
Jakob rise di gusto e poi gli si avvicinò alle labbra baciandolo con dolcezza aspettando che l’altro si riprendesse.
Kal si staccò un poco e poggiando la sua fronte contro quella della guardia del corpo mormorò quasi come  stesse parlando a se stesso:
“Io posso cambiare, posso essere migliore. Ti amo e per te posso essere diverso”
Jakob gli incorniciò il volto tra le mani e fissandolo serio rispose:
“So che puoi cambiare… ma ti prego non farlo, tu sei perfetto così come sei !”
Kal abbassò il volto poggiandolo sulla spalla di Jakob e lasciandosi scivolare giù dalla sedia tra le braccia accoglienti dell’uomo.
Senza rendersene conto iniziò a singhiozzare mentre Jakob lo abbracciava più forte a sé baciandogli il collo e cullandolo.
Per un istante Kal pensò che forse lasciarsi andare così non era il caso, ma era con Jakob e se non era mai scappato fino ad ora, certamente non l’avrebbe fatto il quel momento.
Finalmente, era completo, nel posto giusto e con la persona giusta; d’ora in avanti probabilmente tutti lo avrebbero invidiato per ciò che aveva, ma adesso il parere degli altri non aveva più alcuna importanza.
Contavano solo lui e Jakob, felici e contenti.



Scritto per il contes indetto dal forum di Disegni e Parole. Ispirata alla storia de Il brutto anatroccolo.
   
 
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