Film > Captain America
Ricorda la storia  |      
Autore: suni    12/04/2016    3 recensioni
Tony si passa la mano sulla bocca e sul mento, pensoso.
“Okay. Cosa stai facendo, nel ricordo?”
“Sto puntando un fucile di precisione.”
“Sembra promettente,” commenta Tony, stirando un sorriso senza allegria. “Cosa vedi?”
“La strada... C'è molta gente. Una folla di persone intorno al perimetro della corsia.” Barnes strizza gli occhi, appoggia le dita all'attaccatura del naso.
“Ehi, sai cosa mi ricorda? Una di quelle storie in cui un ex-marine impazzisce e si mette a sparare alla gente da una finestra,” osserva Tony, divagando, e Barnes lo guarda in silenzio. “Stavi dicendo?”

Post Civil War, senza senso.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Molto non, poco sense. Post Civil War, una scemenza.

Rebus



Quindi, Tony si guarda discretamente intorno e si versa due dita di whisky, perché sono già passate le sei del pomeriggio e ha il permesso, per quello. Potrebbe averne già bevuto un goccio dopo pranzo, ma era giusto per inumidirsi le labbra; potrebbe anche non avere il diritto di toccare quella roba, che non è sua, ma insomma. Diamine, un uomo deve avere qualche piacere, nella vita, oltre a sforacchiare i cattivi. Rotea il bicchiere per farne muovere il contenuto e ritorna svagatamente verso l'altro lato del corridoio, così da ricongiungersi con gli altri, tamburellando le dita sul vetro. Gettando lo sguardo a lato, oltre la porta semiaperta di un ufficio ancora non attribuito, intravede un sagoma piegata su un tavolo, una mano intenta a scrivere furiosamente. Si trattiene per qualche secondo, osservando la scena con fare distaccato.
Non gli piace. E allora, un sacco di gente non gli piace, tipo Oprah Winfrey, Donald Trump – pessimo uomo d'affari, tra l'altro -, l'agente di sicurezza del Triskelion con la testa pelata, quello di cui rifiuta di imparare il nome, Kim Kardashian, al-Baghdadi e Barnes. Questi ultimi due a pari merito, in cima al podio. Forse giusto il tizio delle consegne pony-espress, quello con la coda che ammicca sempre all'indirizzo di Pepper, potrebbe riuscire a batterli, ma dovrebbe almeno metterle una mano sul culo.
Barnes ha un'aria molto assorta e in un qualche modo tormentata – mai visto un emo del genere, parola d'onore – e si strofina una mano sulla tempia. L'idea di scrivere quello che ricorda per fissarlo nella memoria è stata di Steve, anche se a Tony pare un po' una stronzata, e forse anche per Barnes sarebbe meglio non ricordarsi poi quel granché. Comunque, adesso se ne va in giro per la struttura con questa specie di quaderno sotto il braccio, tipo un diario – Clint cerca sempre disperatamente di non ridere, quando lo vede – e ci annota sopra delle cose da psicopatico, presumibilmente, quanti gattini ha strangolato nell'ultima settimana e dove tiene nascosti i corpi di quegli studenti messicani desaparecidos, informazioni di questo tipo.
Non gli dispiacerebbe metterci su le mani.
Barnes solleva lo sguardo, intuendosi osservato, e stringe le labbra nel vederlo, con l'espressione diffidente che tributa a tutti quelli che non sono Steve e Sam Wilson, e che dà l'idea di qualcuno che si aspetti un proiettile in testa da un momento all'altro, e dovrebbe smettere di suggerirglielo con quell'atteggiamento, anche se non ha tutti i torti: nemmeno Tony ha capito bene perché gli permettano di circolare liberamente in buona parte della struttura anziché chiuderlo per sempre nella cella lontanissima di cui lui, Tony, si premurerebbe personalmente di gettare la chiave d'apertura nelle più remote fosse marine.
Però Steve gli ha chiesto di non essere troppo ostile, in quei tre minuti alla settimana in cui capita che si parlino anziché fissarsi in cagnesco – Steve sembra più che altro un cucciolo di labrador che ha pisciato sul pavimento, ma comunque – dai due capi di un tavolo di riunione. Non è che siano proprio tre minuti soltanto, insomma, magari arrivano anche a cinque. Ci stanno lavorando. Sicuramente, Steve lo sta facendo, e comunque è lui, Capitan America.
“Devi dirmi qualcosa?” chiede Barnes a bassa voce, con una posizione del corpo sulla difensiva e la fronte corrugata.
“Io?” chiede Tony, svagato. “No. Guardavo cosa fai. Sono uno scienziato,” puntualizza, per mettere in chiaro, qualora ce ne fosse necessità, la sua posizione riguardo la presenza di un uomo bionico difficilmente controllabile nella zona di pertinenza dello SHIELD.
Barnes continua a osservarlo con cautela per qualche secondo, poi scuote la testa.
“Ho un'immagine in mente, ma non riesco a renderla chiara,” dice piano, con quello che sembra genuino rammarico.
“A me succede con la tequila,” ribatte Tony, generosamente.
Barnes, dimostrandosi un'altra volta poco collaborativo, non sembra quasi ascoltarlo.
Tony butta lo sguardo verso il fondo del corridoio, da dove la voce di Steve si è appena levata un pochino più forte, con tono risoluto e quasi solenne. Sicuramente sta decidendo di fare una stronzata.
“Sono bravo, coi rebus.”
Barnes torna a guardarlo, un'occhiata che sembra soppesarlo e, sul serio, non è lui il killer del KGB, di HYDRA e di chissà chi altri.
“Okay,” dice poi, appoggiandosi indietro, contro lo schienale della sedia, lo sguardo fisso sulla pagina e gli occhi un po' socchiusi di chi pensa intensamente. Tony fa un paio di passi avanti, abbassa il braccio che regge il bicchiere lungo il fianco.
“Sono in cima a un palazzo,” inizia Barnes.
“Sul tetto?”
“No... Uno...degli ultimi piani.”
Tony si passa la mano sulla bocca e sul mento, pensoso.
“Okay. Cosa stai facendo, nel ricordo?”
“Sto puntando un fucile di precisione.”
“Sembra promettente,” commenta Tony, stirando un sorriso senza allegria. “Cosa vedi?”
“La strada... C'è molta gente. Una folla di persone intorno al perimetro della corsia.” Barnes strizza gli occhi, appoggia le dita all'attaccatura del naso.
“Ehi, sai cosa mi ricorda? Una di quelle storie in cui un ex-marine impazzisce e si mette a sparare alla gente da una finestra,” osserva Tony, divagando, e Barnes lo guarda in silenzio. “Stavi dicendo?”
Barnes prende un respiro profondo.
“Dall'altro lato della strada c'è...  Erba, un'aiuola. Ci sono persone anche lì.”
“Stai per sparare a loro?”
Barnes muove lentamente la testa a destra e sinistra, il volto corrugato. Tace per qualche secondo.
“No. Ci sono delle macchine. Una colonna.”
“Mh. L'obiettivo?”
“L'uomo nella macchina centrale, quella col tettuccio abbassato. Ci sono altre persone, a bordo.”
Tony annuisce lentamente, assorto.
“C'è sicuramente una donna. Porta un cappello. Ma non...” Barnes espira profondamente, appoggiando indietro la testa. “Non riesco a mettere a fuoco le facce.”
Tony alza la mano e beve un sorso di whisky.
“Fa niente. Quello sarebbe Dallas, 1963,” dice, piatto, prima di voltargli le spalle, ignorando deliberatamente la sua espressione sorpresa e lo sguardo interrogativo che gli rivolge.
“Ragazzi! Ehi, ragazzi,” chiama a voce alta, ritornando in corridoio, perché via, soltanto un genio poteva risolvere il mistero di Dallas. “Indovinate chi ha assassinato Kennedy, che Oswald riposi in pace,” esclama, levando il bicchiere in un brindisi al condannato.
“Chi?” chiede Barnes, alzandosi senza capire e dimostrando brillantemente che gli uomini congelati dovrebbero rimanere tali. In contemporanea, Steve si affaccia dalla porta in fondo, con la testa di Natasha che spunta accanto al suo bicipite.
“Cosa?” chiede, con aria sorpresa. In quel momento Barnes raggiunge la soglia e quindi lui, Tony; Steve lo guarda sgranando gli occhi, le braccia gli precipitano lungo il corpo.
“Oh, no,” dice. “Oh, no.”
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: suni