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Autore: CaptainKonny    12/04/2016    0 recensioni
[Questa è una fanfiction dedicata ad una serie televisiva terminata nel 2005 "Il tocco di un Angelo".. Tengo a precisare che non sono una fanatica di film religiosi, ma questo telefilm era particolare, sapeva prenderti fino alla fine.. e siccome ho saputo che l'anno scorso è morto il mio personaggio preferito (John Dye che interpretava Andrew l'angelo della morte) ho deciso di dedicargli questa storia, una puntata in più di una delle sue migliori serie, anche se il titolo è preso da una delle loro puntate la storia è differente].. La famiglia Potter è una delle famiglie più felici che esistano: genitori perfetti, figli adorabili, ma come ogni pace che si rispetti qualcosa deve turbare la tranquillità di questa famiglia.. la figlia più grande soffre di uno scompenso cardiaco, ma si guarda bene dal dirlo alla famiglia e al suo ragazzo. Toccherà ai nostri angeli portare un pò di sollievo alla famiglia e aiutarli in questa triste avventura.. . Spero vi possa piacere questo mio piccolo capriccio di storia. Un bacione!! ;) :)
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Mm.. mmm.. mm..-
-Sei di buon umore oggi!-
Ellie fece un salto che per poco non buttò all’aria i libri che aveva in mano. Stava preparando la borsa con i libri del suo corso di studi per andare a lezione (dato che aveva deciso di riprendere) solo che non aveva sentito la porta aprirsi, ne i passi sulle scale che di solito annunciano l’avvicinarsi di qualcuno. La voce di Andrew l’aveva colta di sorpresa.
-Andrew!- esclamò con un sospiro, la mano destra sul petto per riprendersi dallo spavento. L’angelo della Morte ridacchiò divertito.
-Scusa, ti ho spaventato?- la prese in giro mentre si appoggiava con una mano all’angolo in legno del letto.
-Secondo te?- domandò ironicamente lei, guardandolo male, o almeno quella era la sua attenzione. L’unica cosa che ottenne fu un mezzo sorriso divertito.. non riusciva ad arrabbiarsi con lui. Almeno non dopo che aveva capito quanto in realtà lui stesse facendo per lei. Di certo più del dovuto. Doveva essere un semplice babysitter e si era rivelato un angelo custode; mica male!
-Se hai intenzione di scappare mi sa che dovrai prendere anche qualcosa da mangiare oltre ai libri.-
-Ma quanto siamo spiritosi oggi!- lo prese di nuovo in giro lei prima di rimettersi ad infilare libri e cose varie nella borsa.
-A dire il vero avevo una mezza idea di andare a lezione oggi.- annunciò lei.
-Ci andrai con Zanna?- domandò con un po’ più di serietà l’uomo.
-Sì, ultimamente andiamo d’accordo. Sembra aver accettato la cosa.- rispose la ragazza.
-Ne sei sicura?- il tono di voce di Andrew lasciava intendere tutto quello che gli passava per la testa.
-Andrew, per piacere non ricominciare. Lo sa che abbiamo rotto. E io non ho cambiato idea.-
-Ma perché non glielo dici e basta? Sarebbe tutto più semplice.-
-Andrew ma hai presente come ci rimarrebbe? Non posso fargli questo.-
-Lo farai in ogni caso. Prima o poi succederà e allora sarà troppo tardi.-
Ellie sospirò avvilita. Il pensiero la tormentava giorno e notte, un chiodo fisso che non aveva intenzione di lasciarla in pace; sebbene lei ignorasse la cosa. O almeno ci provasse ad ignorarla. Purtroppo però Andrew le faceva da Grillo Parlante e allora risultava davvero difficile ignorare lui e quella vocina che aveva dentro la testa e che le diceva di dargli ascolto. Si sedette alla scrivania, passandosi una mano sugli occhi.
-Hai ragione Andrew, ma non posso farlo. Se lo dovessi fare sarebbe come arrendermi prima, smettere di combattere e io non voglio.-
-Lo sai che non sarà quello che succederà.- replicò con gentilezza l’angelo.
-Davvero?- lo guardò lei con aria di sfida –Inizierà a guardarmi con compassione, non potrà aiutarmi e io non voglio vedere qualcuno che mi guarda come se da un momento all’altro dovessi sparire. Voglio che mi guardi come ha sempre fatto.-
-E tu diglielo.-
-Anche se glielo dicessi sarebbe la stessa cosa. Fingerebbe di non interessarsi quando sappiamo bene che dentro starebbe male. Io non ci riesco.-
-Ellie senti, so quanto è difficile per te, ma sono passati parecchi giorni da quando abbiamo stipulato il nostro patto. Hai cantato al concerto. Ora però dovresti parlarne ai tuoi genitori.- la ragazza guardò fisso l’uomo seduto sul letto, i suoi occhi tristi dicevano qualcosa che lei non capiva ma era sicura che fosse qualcosa di tremendamente triste.
-Andrew cosa c’è?-
-Niente di diverso dal solito. Solo, beh.. tutto quello che avevi programmato come la festa, il concerto sono andati tutti brillantemente. Hai anche aggiustato il rapporto con Zanna per modo di dire. Però adesso, sai meglio di me che sarebbe meglio dirglielo.-
-Cos’è? Ho fatto il concerto e la festa quindi adesso posso morire?- il tono aumentò di un’ottava, irritato, le sopracciglia aggrottate. Andrew mise i palmi in avanti alzando le mani in segno di calma.
-Ellie le giornate si accorciano.- bastarono quelle semplici parole per far inumidire gli occhi della ragazza, il cuore che prese a battere più forte nel suo petto, quasi anch’esso avesse paura di doversi fermare per sempre.
-Andrew quanto mi manca?- la paura uscì dalle sue labbra tremanti.
-Non molto.- anche gli occhi verdi dell’angelo biondo si erano fatti più lucidi.
-Ma non è possibile.. non sono più stata male da allora.. dovrei peggiorare prima.. avere.. non so.. più tempo..- non riusciva più a parlare senza fermarsi. La mano davanti alla bocca per attutire il rumore dei singhiozzi. Non poteva crederci. Aveva quasi sperato, inconsciamente, che tutto fosse un incubo, che in realtà stava bene. Non aveva più avuto malesseri, non era più stata male, nessun affaticamento, niente tosse, niente attacchi. Eppure adesso doveva morire. Lo sentiva. Se lo sentiva dentro, era come se dentro di se il suo corpo si fosse già preparato ad accettare la cosa. Era pronto ad affrontare questa nuova battaglia.
-Credimi Ellie.. vorrei poter dire il contrario.-
-Non oggi Andrew.- disse in modo freddo e distante la ragazza, senza guardarlo.
-Andrew dove sei?- la voce di Will giunse dal fondo delle scale.
-Arrivo!- disse con voce festosa l’angelo, sempre guardando però con occhi sconsolati la sua protetta. Lo sguardo che gli tornò la ragazza quando alzò la testa era freddo come il ghiaccio.
Si alzò e gli girò le spalle, voltandosi verso la scrivania, in modo che quando Will irruppe nella stanza ridendo e gridando non potesse vederla. Se lui l’avesse vista così si sarebbe di certo preoccupato, per non contare che l’avrebbe detto a mamma e papà. E di questo non era ancora il momento. No, non lo era! ‘decise’.
 
Stringeva il volante con tanta forza da farsi male. Era arrabbiata. Andrew era stato parecchio insistente quella mattina e sebbene sentisse di avere ragione odiava il fatto di averlo trattato male, ed era irritata con lui per averla costretta a quel modo. L’aveva pressata a tal punto da sentirsi quasi in colpa. In fin dei conti che male c’era ad aspettare ancora qualche giorno? Dopotutto non aveva più avuto sintomi da quella volta in montagna. Frenò il flusso di pensieri non appena entrò nel parcheggio della scuola. Zanna la aspettava vicino al solito palo della luce, quello proprio fuori dall’entrata della biblioteca. Con un sorriso a trentadue denti scese dall’auto, prese lo zaino e gli andò incontro.
-Ciao!- lo salutò lei, raggiungendolo.
-Ciao, come va?- le chiese lui.
-Solito, tu?-
-Stessa cosa.- alzò le spalle. Iniziarono ad avviarsi lungo il viale ricoperto di sassi bianchi.
-Senti, dopo la lezione ti va di andare a prenderci qualcosa fuori?- le chiese lui, la sua voce tradiva un certo nervosismo ed Ellie sapeva benissimo perché.
-Perché no.- rispose lei, felice della richiesta.
Almeno aveva una buona scusa per stare fuori casa ed evitare di vedere Andrew. A quel pensiero poco ‘buono’ alzò gli occhi al cielo, come a volersi rivolgere a Dio in persona e mentalmente chiedendogli ‘scusa’. Comunque Andrew lo faceva per il suo bene, non di certo per starle addosso. Alla sua risposta il ragazzo si illuminò in viso, di certo non aveva sperato molto in una risposta positiva, in fin dei conti non era da molto che si erano riavvicinati. La lezione fu monotona come sempre. I due giovani ascoltavano e prendevano appunti seriamente, come erano abituati a fare da ormai molti mesi. Per Zanna era come tornare indietro nel tempo, fingere che tutto fosse come prima e andasse tutto bene, in quel momento loro due erano ancora insieme e stavano benissimo, non si erano mai lasciati; per Ellie invece era un ritorno alla normalità, riprendere in mano quello che a lei piaceva ed aveva abbandonato, fare finta di non essere malata e che non le rimanesse poco tempo, fare finta che di lì a poco sarebbe veramente partita per l’Europa. A far ritornare i pensieri alla realtà ci pensò la campanella. Mangiarono in un piccolo bar accanto all’istituto. Molte volte in passato si erano fermati in quel posto a mangiare. Stranamente tra i due non c’era una gran conversazione, anzi non c’era proprio. Prima erano abituati a parlarsi di tutto, ora però sembrava quasi che una sola parola sbagliata potesse rovinare tutto. Come se invece di conoscersi da anni si conoscessero solo da poche ore.
-Come sta tuo fratello?- domandò ad un certo punto il ragazzo.
-Will? È tornato in forma. Anzi, è più in forma di me.- scherzò lei. –Tu invece che mi dici?-
-Niente di che. I miei fratelli sono sempre fuori e io sto a casa a fare niente.- fu la risposta dell’altro.
-E la palestra?- scherzò lei, sapeva quanto lui odiasse quel posto, ma la sua pancia era cresciuta ancora di un paio di chili dall’ultima volta. Lui sorrise.
-Lasciamo stare. Adesso vado ogni tanto a correre.-
-E dai, meglio di niente.- concordò lei.
-Tu invece come stai?- la domanda del ragazzo la spiazzò per un attimo. Lo guardò con occhi sbarrati come se fosse stata scoperta a combinare qualcosa.
-In che senso?- domandò. Zanna non capiva il perché di quella strana reazione.
-Nel senso che comunque non dev’essere stato facile in questo periodo con tuo fratello che stava male, il concerto.. e tutto il resto.- Ellie allora capì che la sua domanda era del tutto innocente.
-Oh sì.. scusa.. è che oggi sono un po’ via con gli angeli (in fin dei conti un angelo c’entra: pensò). Sì, effettivamente è stato un po’ un casino, ma sono contenta che comunque si sia risolto tutto per il meglio.- rispose.
-Giusto, questo è l’importante.- concordò il ragazzo.
Non passò molto che una strana sensazione si impossessò di Ellie. Tutto d’un tratto iniziò a sentirsi stanca e le venne anche un leggero giramento di testa.
-Ehi Ellie, tutto a posto?- il ragazzo la guardava con sguardo preoccupato.
-Ehm.. sì tutto okay, vado un secondo a sciacquarmi la faccia.- rispose lei con un sorriso, cercando di sdrammatizzare.
I bagni erano stranamente immacolati, con le mattonelle rosse e i lavandini bianchi faceva molto alla Biancaneve e i sette nani misto ad un film horror. Gli specchi appesi in fila sulla parete di destra le rimandavano la sua faccia moltiplicata. Si fermò di fronte ad uno di essi, premette il pulsante sotto il lavabo e cacciò le mani sotto il getto d’acqua fredda. Si sciacquò il volto un paio di volte. Quando si costrinse a fissare il suo riflesso doveva ammettere che forse Andrew non aveva tutti i torti: era pallida quasi quanto un fantasma, gli occhi erano talmente lucidi che pareva avesse appena finito di piangere. Ma la cosa che più le dava fastidio era quella strana sensazione che avvertiva all’altezza dello sterno, come una vibrazione. Quasi avesse una tasca con dentro il cellulare vibrante. Si appoggiò una mano sul petto e prese dei lunghi respiri, cercando di mantenere la calma e pensare razionalmente. Era certa che se avesse atteso qualche minuto e non si fosse agitata tutto sarebbe finito presto.
 
-Tess possiamo fare niente per aiutarla?- la giovane donna vestita nel suo lungo abito bianco si rivolse all’altra donna con voce supplichevole.
-No angioletto. Non tocca a noi intervenire.- le rispose l’altra in tono serio.
-Ma Tess, se solo qualcuno vedesse quanto sta male. Zanna potrebbe aiutarla.- cercò di insistere Monica.
-Piccola mia credi veramente che darebbe ascolto a Zanna? O a noi? Persino Andrew non è riuscito a farle cambiare idea. Sarà lei a dover decidere.- nemmeno Tess era contenta della risposta, ma era la pura verità, non si poteva fare altrimenti.
I due angeli rimasero in piedi nell’angolo di quel bagno ad osservare la ragazza appoggiata al lavandino con una mano sul cuore, la bocca semichiusa nel tentativo di far entrare più ossigeno nei polmoni.
 
Passarono cinque minuti buoni prima che riuscisse a rimettersi in posizione eretta, il tutto tornato alla normalità; o almeno apparentemente. Ellie si decise ad uscire dal bagno e raggiungere il suo amico ancora al tavolo.
-Tutto okay? C’hai impiegato molto.- le fece notare lui con sguardo indagatore.
-Sì, scusa è che non mi sono sentita molto bene. Sai, penso che gli eventi degli ultimi giorni mi abbiano un po’ scombussolata.- cercò di spiegare lei.
-Chissà perché la cosa non mi stupisce. Te l’ho sempre detto che ti agiti troppo.- cercò di allentare la tensione lui.
-Senti, ti fa niente se torno a casa e il nostro giro lo rimandiamo? È che ho paura di avere un altro capogiro e dirti usciamo per poi farti fermare non mi sembra il caso.-
-Tranquilla non fa niente, facciamo un'altra volta.- acconsentì lui sorridendole. –Vuoi che ti accompagni?-
-No, grazie sono in macchina.-
-D’accordo allora ci sentiamo.- la salutò lui.
-Va bene. Ciao!- ricambiò lei.
L’aria del pomeriggio era calda e non le ci volle molto per incominciare a sudare. Appena entrò in macchina tirò giù i finestrini, di certo non voleva rischiare in un altro attacco. E se non voleva stare male mentre guidava doveva stare attenta. Di certo non avrebbe detto ad Andrew quello che era capitato al bagno ed era quasi del tutto certa che, sebbene fosse un angelo, non poteva essere là. E il tutto per un semplice motivo: era a casa ad aiutare Will e se era con lui non poteva essere con lei, non almeno in forma umana. Così, leggermente più tranquilla, si avviò verso casa.
 
“Ellie”
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Aprì la porta e salutò ad alta voce come suo solito.
-Ciao Ellie siamo qui!- la voce di Will arrivò dalla sala.
La ragazza arrivò sull’uscio solo per poterli vedere, farsi vedere e salutare faccia a faccia.
-Ehi tutto bene?- domandò ai due uomini.
-Sì, sai oggi ho quasi finito i compiti. Avevi ragione, una volta che impari a farle le espressioni le si fanno velocemente.- le disse il bambino.
-Sì, però bisogna essere concentrati se no escono sbagliate.- lo corresse gentilmente Andrew indicando un punto sul quaderno, dove molto probabilmente c’era un calcolo sbagliato.
-Te come è andata la giornata?- domandò il babysitter.
Ellie incrociò il suo sguardo e vide che in realtà lui intendeva molto altro, non solo la lezione del corso.
-Bene, ho preferito tornare presto in modo da poter fare ancora qualcosa. In questi giorni sono rimasta un po’ indietro con tutto.- disse lei, rispondendo anche ad una domanda implicita. –Va bene, vi lascio ai vostri compiti. Io sono su di sopra se vi serve qualcosa.-
-D’accordo.- sentì Andrew rispondere prima di sparire su per le scale di corsa, quasi avesse paura che se si fosse trattenuta un solo istante di più con loro Andrew avrebbe potuto dirle qualcosa, una qualsiasi cosa che avrebbe potuto metterla in difficoltà. E lei non voleva, non se la sentiva, perché sapeva che se fosse accaduto non avrebbe saputo tenergli testa. Non avrebbe potuto. Non dopo quello che era successo nel bagno del bar.
 
-Andrew, cos’ha Ellie?-
Certe volte l’angelo dimenticava quanto in realtà fosse sveglio quel bambino.
-Non ne ho idea. Suppongo riguarderà la lezione del giorno.- rispose.
-Non ti sembrava triste?-
Lo sguardo di Will era così luminoso e attento, ansioso di sapere; quasi la malattia gli avesse in un certo senso giovato.
-Cosa ti fa pensare che fosse triste?- gli chiese Andrew.
Il piccolo scosse le spalle, iniziando a pensare.
-Non lo so. È diversa ultimante. Secondo te no?-
-Non saprei. Probabilmente hai ragione sai.- rispose l’angelo.
-Dici?-
-Vuoi che ci parli?-
-Lo faresti?-
-Perché no.- concordò Andrew.
Tenere testa a Will quel giorno era particolarmente difficile. Non poteva di certo dirgli che sua sorella stava per morire. Sarebbe stato malissimo per non contare che avrebbe infranto il patto che c’era tra lui e la ragazza. No, doveva essere paziente e confidare che Ellie mantenesse la parola. O meglio, ne era certo che l’avrebbe mantenuta il problema era il tempo. Il tempo che non c’era. Che minuto dopo minuto s’accorciava inesorabilmente. Fu mentre la sua mente pensava a tutte queste cose che intravide nel corridoio che portava alla cucina le sue due amiche, invisibili agli occhi del bambino.
-Will, vado un attimo in cucina, devo fare una cosa.- gli disse sorridendo.
-Okay.- disse questo continuando a scrivere sul suo quaderno.
Andrew guidò in silenzio le altre due in cucina, socchiudendo poi la porta in modo che nessuno li sentisse. Se Will gli avesse chiesto con chi stava parlando sarebbe stato costretto a mentire.
-Come mai qui? È successo qualcosa?- domandò l’Angelo della Morte in ansia, in quegli ultimi giorni faticava a tenere sotto controllo la sua emotività.
-E’ tornata a casa Ellie?- domandò Monica.
-Sì.- rispose lui con fare tranquillo.
-E come ti è sembrata?- domandò Tess.
-Come questa mattina perché? È successo qualcosa?-
Le due donne si scambiarono uno sguardo che diceva tutto e niente.
-A dire il vero sì angiolone.- ammise la più anziana.
Sul volto già teso dell’uomo si aggiunse un altro strato di tristezza. Sospirò scuotendo piano la testa, appoggiandosi con un braccio al ripiano cucina per sostenersi.
-Questa mattina, dopo la lezione del corso, Ellie è andata con Zanna al bar fuori dall’istituto.- iniziò Monica, per poi interrompersi. Non sapeva bene quali parole usare per dire al suo amico cosa fosse successo.
-Hanno litigato?- domandò Andrew, quasi speranzoso che il motivo della loro visita fosse un problema di approccio tra i due giovani. Ma qualcosa dentro di lui gli urlava che non era quello il vero motivo.
-A dire il vero è andato tutto bene. Se non fosse che è rimasta chiusa in bagno per più di cinque minuti.- rispose la donna.
Andrew si torturava il labbro con il dito indice, continuando a sfregarcelo sopra. Gli occhi persi in chissà quali pensieri. Un misto di paura e rabbia gli solcò lo sguardo come un fulmine a ciel sereno nei suoi bellissimi occhi verdi.
-Oh, Andrew.. mi dispiace tanto.- disse Monica con le lacrime agli occhi, odiava gli incarichi difficili, ma odiava ancor di più vedere i suoi amici angeli soffrire.
-Il tempo che ci è rimasto è poco. Avrà bisogno di te e della sua famiglia ancora. Ma se vogliamo che questo succeda lei dovrà decidersi a dirglielo.- disse Tess.
-Lo so. Ho provato a dirglielo. Ma non vuole ascoltarmi.- disse l’angelo della morte.
-E allora convincila. Sei l’unica persona che può farlo ora come ora. Nessun altro può.-
-E come posso farlo? Anche prima quando è tornata le ho chiesto se era andato tutto bene e lei ha accuratamente omesso di dirmi, o farmi capire, qualcosa.-
-Andrew io mi fido cecamente delle tue capacità.-
-Tess, temo di non farcela questa volta.-
La donna poggiò una mano sulla spalla del suo giovane angelo. E gli sorrire.
-Ce la farai. Troverai il modo. Il Signore non sbaglia mai ad affidare gli incarichi, non credi?-
-Lui no di certo, ma io sì.- sospirò l’altro.
-Ce la farai Andrew, noi crediamo in te. Ed anche Ellie crede in te.- gli sorrise incoraggiante Monica. Chissà come mai quell’angelo riusciva sempre in qualche modo a confortarlo con semplici parole. Forse c’entrava il fatto che il suo dono era appunto ‘portare la verità’ o forse, era semplicemente lei.
-Adesso dobbiamo andare, non vorrei che Lily si accorgesse che manchi al lavoro e io devo darmi da fare in ospedale. E Andrew.. ricorda: Lui sarà con te.- detto questo Tess e Monica sparirono così come erano apparse.
 
Will stava ancora facendo i suoi esercizi.
-C’hai messo parecchio.- gli fece notare il bambino, vedendolo di ritorno.
-Hai ragione, scusa.- gli sorrise il babysitter.
-Sai, mi sono uscite tutte le espressioni.-
-Davvero? Allora ti meriti un premio.- detto fatto, l’angelo tirò fuori praticamente dal nulla un muffin con cioccolato, panna e fragole.
Will rimase letteralmente a bocca aperta e dopo aver ringraziato migliaia di volte l’amico si avventò sul dolce. Andrew gli scompigliò affettuosamente i capelli.
-Vado un attimo su a parlare con tua sorella.- lo informò l’uomo.
-Andrew.- lo chiamò il bambino.
L’angelo si voltò ed incontrò due occhi azzurri talmente grandi ed intensi che per poco non si commosse, catturandolo letteralmente.
-Dimmi piccolo.- gli disse dopo essersi ripreso.
-Non arrabbiarti con Ellie. Ultimamente mi sa che è un po’ triste.- disse semplicemente, prima di tornare al dolce, serio come prima, come se non avesse detto niente. Andrew si meravigliò della perspicacia del bambino. Lo aveva letteralmente lasciato senza parole. Eppure da un lato si sentiva più leggero, come se gli avesse infuso una sicurezza interiore.
 
“Will”
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Bussò gentilmente alla porta, tra le mani a coppa il muffin per la ragazza.
-Avanti.- disse una tranquilla voce dall’altra parte.
Ellie si girò e vide entrare un angelo della morte piuttosto abbattuto; comico come pensiero data la situazione.
-Andrew.- disse lei.
-Ti ho portato uno spuntino se ti va.- disse lui, mettendosi le mani in tasca, leggermente a disagio per quella situazione. Non gli era quasi mai capitato di sentirsi così. Non sapeva esattamente cosa dire, da dove partire, per la prima volta aveva un incarico ma non sapeva quale fosse il modo giusto per affrontarlo.. Non gli restava che improvvisare.
-Grazie.- fece lei, a disagio quanto lui apparentemente –Andrew mi dispiace per questa mattina, non volevo trattarti male. È solo.. è difficile.. – cercò di spiegare lei. Le parole non le erano mai mancate tanto come in quel momento.
-Lo so. Non è facile nemmeno per me ad essere sincero.- disse lui con l’ombra di un sorriso.
-Per te?- chiese lei stupita.
-Già, diciamo.. che fare l’Angelo della Morte non è un ‘lavoro’ semplice come sembra. Voglio solo che tu faccia la scelta giusta.- cercò di spiegare lui.
-La scelta giusta? E tu sai qual è la scelta giusta per me?- gli domandò lei.
-Credo di sì. Ovviamente non posso esserne certo. Ma Ellie non scherziamo, lo sai bene anche tu, ormai manca poco e tu non hai ancora detto niente a nessuno.-
-Sì, ma sbaglio o ho ancora tempo?- insistette lei, cercando di controllare il tono della voce che a mano a mano si alzava.
-Non molto.- il tono sospirato, lo sguardo triste e lo scuotere leggero del capo da parte di Andrew provocarono un tuffo al cuore della ragazza. Il suo peggiore incubo si confermava.
-E credimi se ti dico che non sarà facile come sembra dire la verità ai tuoi. Forse, sarebbe stato più semplice se l’avessi già fatto.- continuò lui.
-Mi stai rimproverando?- domandò la ragazza con voce rotta.
-No. Non ti sto rimproverando. Sto solo dicendo che ci sono tante cose ancora da fare prima della fine, ma adesso bisogna fare il passo decisivo.- le rispose lui gentile come sempre, come solo lui sapeva fare.
-No, ti prego. Non adesso. Non ce la faccio.- eppure Ellie sapeva che non era a lui che lo stava dicendo, lo stava dicendo a sé stessa, se lo stava negando da sola. Aveva pensato di aver accettato la cosa molto tempo prima, invece ora scopriva che non era così. Non l’aveva mai accettato. L’aveva semplicemente posticipato. Ora, invece, ci doveva fare i conti ed affrontarlo. Ed Andrew si decise a dare il colpo di grazia.
-Ho saputo che sei stata male oggi.- disse in tono tranquillo ma pacato; da cui trapelava una certe serietà e autorità. Lei badò bene a controllare le sue emozioni, limitandosi ad osservarlo.
-Chi te l’ha detto?- domandò.
-Angeli.- rispose semplicemente lui.
-Hanno esagerato, credimi. Ho avuto un piccolo capogiro, però non è successo niente.- minimizzò lei la cosa.
-Davvero? Non credi invece di essere tu ad ignorare la realtà e fare finta di niente?- propose lui con insistenza.
-Andrew ti prego.- gli voltò lei le spalle spazientita.
-Ellie cosa vuoi che succeda? Vuoi stare male? Vuoi finire in ospedale prima di dirglielo? Così correrai il rischio di arrivare troppo tardi e allora non dirai più niente a nessuno. Non avrai il tempo di dire alle persone che ami tutto quello che hai da dire.- alzò la voce.
-Io non devo dire niente proprio a nessuno. L’unica cosa da dire sarà proprio quello che vedranno.- la sua voce sovrastò quella dell’angelo. Rendendosi conto di quello che aveva fatto Ellie si portò una mano alla bocca, chiuse gli occhi e si voltò.
-Grazie per il dolce.- disse semplicemente, osservandolo di nascosto attraverso il riflesso nella finestra.
-Spero che tu penserai a quanto ti ho detto.- disse lui, tornando calmo.
Si girò ed uscì dalla stanza.
Ellie si strinse le braccia attorno al corpo, cercando di non piangere.
 
-Ehi Lily come va?-
La donna dalla lunga chioma rossa voltò ad osservare chi aveva parlato.
-Oh, Monica sei tu! Sto impazzendo, nessuno che faccia una cosa come la debba fare.- brontolò la donna affranta, tornando a guardare con volto stanco le carte davanti a sé con scritte le indicazioni per il prossimo evento da organizzare.
-Stanno facendo il massimo e anche tu. Tieni, ti ho portato una tazza di caffè.- sorrise la donna.
Lily le sorrise grata e prese la tazza  fumante. Il liquido caldo riuscì a rinvigorire un po’ la sua mente distante e confusa.
-Grazie. E a te come va in ufficio?- le chiese.
-Oh, bene. E’ tutto a posto.- le rispose l’angelo.
-Sono felice di sentirtelo dire. Ultimamente con Will malato sono rimasta un po’ indietro con il lavoro e adesso recuperare sembra una tragedia.- sospirò l’altra.
-Come stanno Will ed Ellie?-
-Oh, beh.. Ellie sta bene. Oggi è persino tornata a lezione, chissà che le cose tra lei e Zanna non stiano migliorando. E Will sta bene, fin troppo bene per essere uno che ieri era bloccato ad un letto d’ospedale. Ma infondo, meglio così.- rispose Lily.
-Sono davvero felice per te.- sorrise la giovane donna.
-Già. Se gli fosse successo qualcosa non so cosa avrei fatto.- disse Lily più rivolta a se stessa che all’amica.
-Di chi stai parlando?-
-Di entrambi. Tra Ellie che è stata male in montagna, Will all’ospedale.. è come se non mi sentissi all’altezza. Come se mi sentissi impotente.- cercò di spiegare.
-Noi non possiamo controllare cose come la malattia, solo Dio può farlo.-
-Lo so. E l’idea di perdere uno solo dei miei figli mi terrorizza.-
-Ma tu non li perderai mai.-
-Davvero? Basta un attimo di distrazione per morire al giorno d’oggi.-
-Questo è vero. Ma non sarà di certo la morte a separare questo amore che provi verso i tuoi figli. Tu gli vorrai sempre bene e loro ne vorranno sempre a te. È come se Ellie partisse per l’Europa: certo non la vedresti più, ma sapresti che lei ti vuole bene anche se si trova a miglia di distanza.- insistette Monica.
-Questo è vero. Però saprò che sta bene.-
-Lily i tuoi figli non saranno mai soli, e nemmeno tu.- Monica le appoggiò una mano sul braccio in segno di conforto, prima di tornare sui suoi passi e uscire dall’ufficio. Lily rimase imbambolata a fissare il punto in cui la collega era appena sparita. Si sentiva strana, non sapeva perché ma quella discussione l’aveva turbata parecchio.
 
Faceva un caldo soffocante. Si girava e rigirava cercando di districarsi da quella matassa nera che l’avvolgeva. Era sospesa nel buio eppure era certa di essere su qualcosa, doveva esserci qualcosa di solido. Di certo c’era qualcosa che la tratteneva. Era come se il buio avesse lunghi e sottili tentacoli, talmente resistenti e dotati di vita propria che le si legavano attorno alle gambe, alle caviglie, alle braccia, al busto, tanto da soffocarla e impedirle di muoversi. Scuoteva la testa, cercando di scacciare quella sensazione di malessere, ma non ci riusciva. Gli occhi le si erano incollati, non riusciva più ad aprire le palpebre, come se qualcuno non volesse che vedesse. Ma vedesse cosa? Perché qualcuno non vorrebbe lasciarla riposare? Era così stanca, aveva bisogno di schiacciare un pisolino, far riposare la mente stanca. Ma il caldo e il buio non glielo permettevano.
Andrew osservava nel buio della stanza, seduto sul bordo della scrivania, passandosi il pollice sul labro inferiore. L’espressione seria e triste, la preoccupazione traspariva dal suo sguardo. Se ne stava là immobile, in silenzio, cambiando posizione di tanto in tanto. I suoi occhi sempre puntati su di lei che dormiva nel suo letto. Sognava. O almeno ci provava. Il volto luccicava, coperto da un leggero velo di umidità. L’angelo emanava di tanto in tanto inquieti sospiri. La sua luce, invisibile ad occhio umano, era l’unica fonte di illuminazione in quel buio,  l’unica lanterna nella notte. Non restava molto tempo ed Ellie se ne sarebbe accorta presto, molto presto. Non sapeva ancora come sarebbe accaduto, o meglio quanto sarebbe durato, ma sapeva che sarebbe stata una cosa rapida. Giusto il tempo per fare quello che andava fatto. Ormai era questione di giorni.
D’un tratto però qualcosa cambiò, il buio già diventato consistente prese vita. Quei lacci che prima le bloccavano le gambe adesso si allungavano, come un mostro che si allunga e si adatta al suo corpo, ricoprendolo piano piano. I piedi erano già diventati tutti neri, la morsa si faceva più stretta e soffocante. Faceva freddo, il buio era freddo, non si sentiva più gli arti. Su sempre più su. Arrivò alla vita. La stava ingoiando. Il buio la stava mangiando.  Le spalle, il collo. ‘Oh, Signore aiutami!’ fu la sua preghiera mentale. Aprì gli occhi. Le mancava il respiro. Talmente buia era stata l’oscurità nel suo sogno che il buio della sua camera le parve più chiaro. Distingueva chiaramente i mobili e i vari oggetti sparsi qua e là. Prese dei lunghi e profondi respiri dal naso e dalla bocca, anche l’aria sembrava più fresca contando il caldo di quei giorni. Le lenzuola erano aggrovigliate attorno alle sue gambe, alle braccia e alla vita; ecco spiegato il buio vivente. Si passò una mano sulla fronte, era sudata. Nel momento che si tranquillizzò sul cuscino e chiuse per un attimo agli occhi, qualcosa di pungente la pizzicò, proprio all’altezza del petto. Si portò istintivamente una mano al cuore. Guardò verso il soffitto. ‘Non ora! Ti prego non ora!’ chiese mentalmente. Faceva male, sempre di più. Poi, si attenuò e finalmente riuscì a calmarsi. Era durato più del solito, erano già due attacchi in un giorno. Non andava, qualcosa non andava. E se Andrew avesse avuto ragione? Il giorno dopo avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva. Erano le tre di notte. Adesso però doveva riuscire a dormire fino a domani.
 
-Io vado a fare una passeggiata!- annunciò affacciandosi alla porta della sala, dove Andrew e suo fratello stavano facendo i compiti. Gli occhi dell’angelo erano come un promemoria sulla sua scrivania, un post-it che voleva dimenticare. Fare un giro forse le avrebbe fatto bene. Era una bellissima giornata fuori, il cielo sereno e il sole che illuminava qualunque cosa. Sembrava tutto perfetto, niente avrebbe potuto rovinare quella giornata, se lo sentiva dentro. Prese un lungo respiro e con il sorriso sulle labbra si avviò verso il centro studentesco; dato che era di strada avrebbe riportato il libro preso in prestito alla biblioteca. Mentre camminava non poteva evitare di pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni, andando a ritroso fino ai giorni passati in montagna, la cena, i giochi e tutto quanto. Sembrava quasi impossibile che fosse capitato tutto così in breve tempo. Si strinse il giubbino addosso, quasi a volersi abbracciare da sola. Alzò gli occhi nell’azzurro tra le nuvole e le sembrò quasi strano non essersene mai accorta di quanto effettivamente non fosse poi così assurda la possibilità che ci potesse essere qualcuno che da lassù li guardava. Si sentì osservata e protetta al contempo. Avrebbe tanto voluto fare molte cose prima di andarsene, porre domande ad Andrew e saperne di più sul mondo e sull’umanità. Non ci aveva mai pensato così a fondo ma l’argomento umanità e Dio la sensibilizzava parecchio, specialmente dopo aver conosciuto un angelo in ‘carne ed ossa’. Riconsegnò il libro e decise che se la sarebbe presa comoda, avrebbe allungato un po’ il giro; non aveva voglia di rientrare subito. Mentre camminava ripensò anche ai discorsi fatti con l’angelo e a tutti i pensieri che la tormentavano, in particolar modo a come spiegare la sua situazione ai suoi e le loro possibili reazioni. La cosa le faceva paura non poteva negarlo. Si sentì in colpa con sé stessa, Andrew aveva solo cercato di aiutarla e lei lo aveva più volte respinto, spesso in modo brusco. Ma cosa doveva fare? Come farlo? Se certe volte si era sentita coraggiosa più che mai, in grado di spostare montagne, adesso era solo una ragazza impaurita di affrontare il suo futuro, piccola piccola come una bambina. Ad un certo punto la vista iniziò ad annerbiarlesi, si passò una mano sulla faccia come faceva sempre la mattina, in modo da poter tornare a vedere liberamente. La cosa strana era che questa volta sembrava non passare. Subito iniziò a girarle anche la testa, doveva assolutamente fermarsi. Si appoggiò al muro più vicino, entrando in un vicolo per potersi appoggiare con la schiena e riprendere fiato, lontano dal sole che con i suoi raggi di certo non l’aiutava a vedere. Nuvolette di fumo condensato uscivano dalle sue labbra arrossate. Il respiro le divenne corto e raspante, come quando si ha la tosse e il catarro impedisce al giusta respirazione, solo che questa volta faceva anche male. Tornò a tossire, ma cercava di limitarsi a causa del dolore. Se non tossiva non riusciva a respirare, ma se tossiva le bruciava tutto il petto. Finì in ginocchio senza rendersene conto e alcune lacrime isolate le rigarono le guance come ghiaccio sciolto al sole. Iniziò a tossire più forte, ma questo non sembrò portare miglioramenti. Si premette forte le mani al petto, quasi a voler schiacciare il dolore che l’attanagliava.
-Dio ti prego non ora. Non.. ora.. – quanto mai non aveva dato retta ad Andrew? Perché non lo aveva ascoltato? Forse in quel momento non sarebbe stata sola.
-Ti prego.. aiutami. Ti prego.- il dolore e la paura facevano a gara per sopraffarla.
-Ellie.- una voce dolce e lontana la chiamarono.
Di fronte a lei c’era Monica, un abito bianco le cadeva ai piedi, illuminato dalla stessa luce che aveva illuminato Andrew quando si sera rivelato a lei.
-Monica.. – altri colpi di tosse le smorzarono le parole –Sei.. un.. un angelo anche tu?- strano come la cosa non la colpisse più di tanto; forse perché sotto sotto se lo era aspettato. Monica le sorrise dolce e compassionevole mentre si accucciava accanto a lei, annuendo.
-Sì, sono stata inviata da Dio per aiutare te e la tua famiglia in questo difficile momento.-
-Andrew aveva ragione.. Aveva ragione Monica e io non l’ho ascoltato.. Ti prego perdonami.- l’angelo allungò una mano per accarezzarle una guancia.
-Non è a me che devi chiederlo.-
-Dio ti prego perdonami.- gli spasmi si erano fatti incontrollati, Ellie era piegata in posizione fetale.
-Monica.. ho paura.- disse dopo un po’, gli occhi bagnati di pianto. La ragazza poté vedere che anche l’angelo aveva gli occhi lucidi.
-Lo so. Ma vedrai che andrà tutto bene. Non devi permettere che la paura abbia il sopravvento. Dio ti aiuterà, devi solo chiedere.-
-Sì, ma non cambierà le cose.-
-No, non le cambierà, ma avrai fatto la cosa giusta.-
-Non so se ce la faccio, forse Andrew ha ragione e adesso è troppo tardi.-
-Non è troppo tardi, non ancora. È vero non c’è molto tempo, ma forse ce n’è abbastanza per fare quello che devi fare.-
Non seppe quanto durò, ma così come era arrivato il dolore cessò. Lentamente, piano piano il bruciore sparì e la respirazione tornò normale. Le vertigini finirono e la vista riprese il suo normale funzionamento. Questa volta ci era andata molto vicino, più delle altre volte e adesso sapeva la verità. Aveva dovuto arrivare ad un passo dal limite per capire di non poter più aspettare. Si alzò in piedi e seppe cosa deva fare, aveva deciso, non avrebbe aspettato un secondo di più. Quella sera sarebbe tutto finito.
Il muretto con ringhiera circondava decine di case a schiera tutte apparentemente identiche, ma Ellie sapeva quale fosse la sua destinazione, la conosceva molto bene. Si fermò di fronte al numero 29 e suonò il campanello. Era agitata, ma in un certo senso era anche tranquilla; ringraziò Dio di quel coraggio che percepiva ma che sapeva non esserle proprio.
-Ehi ciao!- esclamò il ragazzo nel vederla, contento.
-Ciao.-
-Tutto bene? Che ci fai da queste parti?-
-Bene grazie, stavo facendo un giro quando ho deciso di fare un giro da queste parti. Tu tutto okay?-
-Tutto okay grazie.- un silenzio imbarazzante scese tra di loro.
-Zanna ti va di fare due passi?- il ragazzo incrociò i propri occhi nocciola con quelli di lei e capì subito che si trattava di una cosa seria. Prese il giubbino e la seguì. Camminarono un bel po’ in silenzio, fino a fermarsi in uno dei tanti parchetti della zona, recintato da una sottile rete metallica verde. I due ragazzi si sedettero su una panchina, osservando distratti la gente che passava.
-Quindi, che succede?- domandò il ragazzo, intuendo che dietro ci dovesse essere qualcosa.
-Niente di che.- fece una pausa –La verità è che mi sembra giusto doverti delle spiegazioni.- non si guardavano in faccia, ma mai avevano affrontato argomento più serio.
-In merito a cosa?- si sporse in avanti il ragazzo. Ellie appoggiò i gomiti sulle ginocchia, le mani unite davanti a sé, lo sguardo rivolto a terra un secondo prima di piantare gli occhi sul volto di lui.
-A tutto quello che è successo negli ultimi tempi. Avrai tutto il diritto di arrabbiarti e se non vorrai più parlarmi non ti biasimerò, ne hai tutte le ragioni.- pausa con sospiro –La verità è che non ti ho lasciato perché non ti amavo più, in realtà non hai idea di quante volte mi sia maledetta per averlo fatto e quante volte sia stata male. Odiavo il fatto di essermi messa io stessa in questa situazione e di star facendo soffrire un sacco anche te.-
-E allora perché lo hai fatto?- la voce di Zanna era atona, stava valutando attentamente la situazione e sebbene lei ci stesse male sapeva di meritarselo, lei stessa si era cacciata in quel guaio.
-Perché non volevo farti soffrire.-
-Che vuoi dire?- il suo sguardo adesso era chiaramente confuso. Ellie sospirò nuovamente.
-Zanna io.. io.. sto per.. io sto per morire.- le parole sebbene pronunciate a bassa foce furono uno schiaffo nell’aria. Zanna la guardò con occhi spalancati.
-Di che parli?- era chiaramente spaventato ed Ellie quasi quasi si pentì di averlo invischiato in quella storia.
-Ho un’insufficienza cardiaca e non mi rimane molto tempo. Non te l’ho detto perché non volevo farti soffrire, così ho pensato di lasciarti in modo che tu potessi metabolizzare il dolore della separazione e ti risparmiassi quello della morte. Non volevo che tu mi guardassi come un cadavere che cammina per tutto il tempo che mi sarebbe rimasto. Credimi non è stato facile prendere questa decisione e mi pento ogni giorno per il male che ti ho fatto.- questa volta non fu un attacco di tosse ad interromperle le parole, ma il gesto improvviso del ragazzo. Le sue braccia la circondarono abbracciandola con forza. Lo sentiva tremare e le si spezzò il cuore un po’ per il dolore  un po’ per la compassione. Quanto gli voleva bene.
-Perdonami Andrea. Ti prego perdonami se puoi.-
Lui sollevò il viso per guardala e la baciò mentre se la stringeva appresso.
-Certo che ti perdono. Sono stato malissimo ma mai avrei immaginato che potesse essere per questo motivo. Ero arrabbiato con te, ma tu lo hai fatto solo per proteggermi. Non dovevi Ellie, non dovevi farlo. Non dovevi tagliarmi fuori, io voglio stare con te fino alla fine anche se sarà difficile e sarà più doloroso.-
-Grazie.-
Fu l’unica cosa che riuscì a dire.
 
Nel tornare a casa parlarono poco, dicendosi semplicemente le cose essenziali, in particolar modo i loro pensieri e le loro emozioni, in modo da colmare il vuoto che avevano provato per tutto quel tempo. Quando arrivarono si era fatto buio e le finestre del pian terreno erano tutte illuminate. Ellie si fermò sull’entrata del viottolo prima di entrare.
-Tutto okay?- le domandò il ragazzo.
-Più o meno.- poi lo guardò
-No, non ho la minima idea di come farò a dirlo ai miei.- ammise amareggiata.
-Vedrai che ce la farai. Esattamente come sei riuscita a dirlo a me.- la consolò lui accarezzandole un bracco. La ragazza fece una smorfia nel tentare di fare un sorriso.
-Lo spero.-
-Andrà bene ne sono sicuro. Vuoi che venga con te?-
-No è.. è una cosa che devo fare da sola.- il coraggio mischiato alla paura era una miscela al quanto pericolosa. Aveva brividi ovunque eppure era decisa a farlo. Salutò la persona più importante della sua vita dopo la sua famiglia, prese un lungo respiro e si decise ad entrare.
Suono di risate e allegria aleggiava nell’aria, insieme al caldo accogliente della vecchia casa. Ellie era nervosa, più del giorno del suo concerto. Seguì le voci che la condussero in sala. Sua madre era seduta sul divano intenta a fare i dispetti a Will seduto sul pavimento, suo padre era seduto al tavolo, ridendo della scene mentre al contempo leggeva al giornale, Andrew invece era in piedi, appoggiato con la schiena al mobile alle spalle di Will, con le braccia conserte. Tutti i loro sguardi si puntarono su di lei al suo ingresso, tutti erano raggianti. Chissà cosa si era persa nel frattempo, la verità era che adesso stava per smorzarli tutti quanti.
-Ellie! Dove sei stata? Iniziavamo a preoccuparci.- le disse la madre, senza però essere arrabbiata.
-Sono andata a trovare Zanna, abbiamo fatto un giro a piedi.- mentre rispondeva fissò gli occhi in quelli di Andrew, facendogli capire cosa in realtà il ‘fatto un giro’ volesse significare. Lui sembrò capire e non ci fu bisogno di aggiungere altro.
-Mamma stava per chiamare tutti quelli che conosceva!- la prese in giro il bambino, beccandosi come punizione una serie di solletico a volontà, la quale lo mandò ad accasciarsi sul tappeto in preda alle risa. Ellie rise a quella scena. Poi però si impose di essere ferma nella sua decisione, se si fosse lasciata trasportare dalla quotidianità sarebbe passato altro tempo, tutti sarebbero andati a dormire e nulla sarebbe cambiato. Perciò prese un bel respiro…
-Sentite, devo parlarvi!- disse ad alta voce, tanto che Lily si interruppe dal fare il solletico al figlio. Tutti la guardarono. Perse l’uso della parola, colta dal panico. Dovette guardare Andrew per prendere da lui il coraggio di fare quello che andava fatto.
-Che c’è tesoro?- chiese con fare comprensivo la madre.
-C’è qualcosa che ti turba?- aggiunse il padre.
-A dire il vero…è così.-
-Dicci tutto, noi siamo qui.- la incoraggiò la donna.
-Lo so che voi ci siete e…a dire la verità…sono io che devo scusarmi con voi.- sentiva le emozioni premere da dentro di lei, risalire verso il suo viso, surriscaldandolo e andando a concentrarsi nella zona lacrimale degli occhi.
-Ellie, ma che cosa dici?- adesso Lily iniziava ad intuire che forse la figlia aveva veramente un grosso problema da affrontare e aveva bisogno del loro sostegno di genitori.
-Ecco io…devo scusarmi perché…quello che devo dirvi in realtà è da un po’ che lo so.- adesso la voce era rotta dai singhiozzi, Ellie stava cercando di imporsi di non piangere, perché sapeva che se ciò fosse successo non sarebbe più riuscita ad andare avanti.
-Ellie, è successo qualcosa?- anche nel tono di voce di James si sentiva la preoccupazione.
Andrew dalla sua postazione si era solo irrigidito, continuava a guardarla, conscio di non poter fare nulla per alleviare quel momento di dolore per tutti. Lui in quel momento era inutile. Poteva solo guardarla e pregare.
-Ellie, stai male?- la voce di Will sebbene preoccupata appariva la più squillante ed innocente , ed Ellie sorrise, perché nella sua semplicità il suo fratellino aveva indovinato.
-Sì, fratellino. Temo proprio di non essere più in forze.-
-Che vuoi dire tesoro?- chiese ancora Lily.
-Vi ricordate quando sono stata male in montagna? E vi ho detto che non era la prima volta che succedeva, che era solo stanchezza e sarebbe passato tutto? Beh, ecco…non è proprio così.-
-Spiegati.- le intimò di continuare James, ormai dimentico del giornale.
-La verità è che già prima di andare in montagna mi era capitato. Mi è capitato persino la sera che sono andata a cena a casa di Andrew. Io ho minimizzato la cosa, ma sapevo che la cosa non era normale. Così sono andata all’ospedale a fare degli accertamenti. Ricordate quando da piccola avevo avuto quei problemi?-
-Sì, ma eri molto piccola. Il dottore ha detto che se i sintomi non si fossero più ripresentati allora eri guarita.- rispose la madre, confusa.
-Si sbagliava. Il dottore mi ha detto che con il passare del tempo la cosa non è migliorata, in poche parole la malattia ha alterato il funzionamento del cuore e, col tempo, questo ha causato uno scompenso cardiaco.-
-E quindi?- Lily iniziò ad agitarsi, era come se prevedesse qualcosa di terribilmente brutto ed imminente.
-E quindi niente. …Sto morendo.-
Il silenzio che scese nella stanza dopo quelle due semplici parole fu devastante, come il silenzio dopo che un uragano ha distrutto tutto quanto. Ellie rimase zitta, non sapeva cos’altro aggiungere, forse se l’avessero fucilata sul posto sarebbe stato meglio.
-Eh…stai scherzando?- Lily accenno un sorriso nervoso e tirato, guardando seriamente negli occhi la figlia, sperando che si mettesse di punto in bianco a ridere a crepapelle, ma non successe nulla di tutto quello. Ellie si sentiva gli occhi sempre più umidi e una lacrima le rigò la guancia.
-No, mamma.- anche la voce era impastata.
-Ellie.- suo fratello la guardava dal basso in alto, non ricordava di aver mai visto la sorella piangere e adesso che lei era grande, per lui era impossibile che piangesse, non Ellie, non sua sorella.
-E’ assurdo. Quel dottore si è sicuramente sbagliato.- incominciò James, fuori controllo.
-No, papà. Non si è sbagliato.- lo rassicurò amaramente la figlia.
-Ci sarà pur qualcosa che possiamo fare, una cura o…qualcosa.-
-Sai adesso cosa faccio, chiamo l’ospedale San Michele, loro di sicuro sapranno dirci altro.-
-Papà aspetta, non farlo.- tentò di fermarlo Ellie. –Non servirà a niente.-
-Ci deve essere qualcosa.- Lily era sull’orlo del pianto.
-Per favore, basta. Fermatevi!-
James abbassò il telefono sul tavolo, mentre la segreteria elettronica dell’ospedale si sentiva a malapena dall’altoparlante. Gli occhi erano vacui, sconvolti. Sua madre faticava a trattenere i singhiozzi, sebbene da donna orgogliosa che era non voleva farsi vedere così debole proprio in quel momento.
-Perché ce lo dici solo adesso? Non hai pensato che forse, se ce l’avessi detto prima, magari…- anche suo padre aveva gli occhi lucidi.
‘Per favore, che qualcuno mi faccia svanire subito’ pensò Ellie, distrutta dal dolore.
-Avreste potuto fare qualcosa?- terminò lei la frase per il padre –No, non c’era già niente da fare allora. Solo, avevo paura.-
-Avevi paura della tua famiglia?- Lily non riusciva a capire, una singola informazione era stata capace di mandarla in tilt.
-Sì. Avevo paura di come l’avreste presa. Non volevo che soffriste. Non volevo che ogni singolo giorno fingeste di stare bene, quando in realtà avreste soltanto sofferto per me. Non volevo che mi guardaste con pietà. Io volevo…solo…- Ellie non ce la fece, si portò una mano davanti alla bocca nel momento stesso che le lacrime uscirono dai suoi occhi come un fiume in piena, il volto rosso, gli occhi chiusi, incapace di proferire parola.
Lily si alzò dal divano e abbracciò la figlia, mentre anche lei iniziava a piangere, sebbene silenziosamente, doveva mantenere il controllo, per la sua bambina.
-Tesoro, Ellie.- cercò di consolarla.
-Volevo solo proteggervi, ve lo giuro.- la ragazza abbracciò la  madre, sentendosi terribilmente in colpa.
-Oh, tesoro! Siamo noi che dovremmo proteggere te e Will, non tu.- si aggregò anche James.
-Ellie.- Will le corse in contro, aggrappandosi alle sua gambe, piangendo disperato come solo un bambino sa fare.
-Poi Will è stato male e ho visto come siete stati. Mi dispiace di aver aspettato così tanto.-
-Oh, Ellie non ti devi preoccupare. Ci siamo qui noi con te.-
-Per questo hai organizzato tutte quelle cene? E quelle feste? Per questo eri sempre così allegra?- le domandò la madre, guardando la figlia in faccia, la quale, incapace di parlare ulteriormente, annuì.
-Mamma, papà, perdonatemi se potete.- in tutta risposta i genitori l’abbracciarono ancora più forte.
Quando i pianti iniziarono a calmarsi si sedettero tutti sul divano, Andrew aveva pensato bene nel frattempo di ritirarsi in cucina, era giusto che affrontassero la cosa in privato. Ellie informò i genitori della malattia e del fatto che le rimanesse poco tempo. Non fu una cosa piacevole, sebbene fosse breve. Quella sera tutti andarono a dormire in silenzio, con la consapevolezza in più (però) che presto non sarebbero più stati insieme.
 
Ellie era seduta sul letto, la schiena appoggiata alla testata del letto mentre leggeva un libro. Quando la sagoma di Will si materializzò vicino allo stipite, la guardava stando sulla soglia, triste. La ragazza richiuse il libro e guardò con fare triste amorevole allo stesso tempo il fratello.
-Che c’è campione?- gli domandò  a bassa voce.
Il bambino entrò nella stanza e si sedette sul letto in parte alle sue gambe.
-Ho paura.-
-Di che cosa?-
-Di quando tu non ci sarai più.- la ragazza afferrò il bambino per le braccia, tirandolo verso di sé in un caldo abbraccio.
-Ascoltami bene fratellino e non scordare mai quello che sto per dirti: io per te ci sarò sempre, anche quando…non ci sarò più.-
-Ma non sarà la stessa cosa. Non potrai aiutarmi a fare i compiti e non verrai più al parco con me. Resterò solo.-
-No, tesoro. Non dirlo mai. Non sarai mai da sole. Rimarrò sempre con te, qui.- e puntò l’indice contro il suo petto. Poi se lo tirò nuovamente appresso. –Credimi, vorrei tanto che le cose potessero andare diversamente.-
-Dirò le preghiere tutte le sere. Chiederò a Dio di lasciarti qui con me.-
-Ascoltami Will, non servirà.-
-Ma Dio ci ascolta, vero?-
-Certo, che ci ascolta.-
-Allora, forse se gli faccio capire quanto è importante ti lascerà qui.-
-Will, certe volte le cose devono andare come vanno. –
-Ma perché?-
-Non lo so. L’unica cosa che so è che c’è sempre un buon motivo. E tu non rimarrai solo. Ci saranno la mamma e il papà e tu dovrai aiutarli quando io non ci sarò più.-
-Ma io sono ancora piccolo.-
-Sì, ma sei abbastanza grande per poterli aiutare.-
-Tu dici?-
-Certo. E ricordati che ogni volta che mi penserai io sarò con te. Anche quando ti sembrerà che io non ci sarò più.-
-Promesso?-
-Promesso.-
Rimasero in quella posizione  a lungo. Ellie faticò molto per non ricominciare a piangere. Non voleva, non davanti a Will. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma il peggio doveva ancora venire e quando sarebbe giunta lei non ci sarebbe stata per aiutarli.
 
Era ora di andare a dormire, quando una voce alle sue spalle la fece sussultare.
-Ben fatto.-
Andrew la guardava dal fondo del letto, sorridendo sollevato. Lei sorrise.
-A dire la verità ho ancora una cosa da fare.- lui corrugò le sopracciglia.
-Cosa?-
-Scusarmi con te.- lui sorrise.
-Ellie, non ce n’ è bisogno, era comprensibile…-
-No, Andrew…davvero. Io…mi sono comportata molto male nei tuoi confronti e non una volta sola. Tu sei venuto qui, sei stato con noi tutto questo tempo, per aiutarci, per starci vicino e io non solo non ti ho dato ascolto ma ti ho anche trattato male. Mi dispiace, davvero. So che non serve a niente piangere sul latte versato, ma non posso farci nulla; avrei voluto darti retta. Puoi perdonarmi anche tu?- le costò molto dire quelle parole, anche perché si sentiva terribilmente in imbarazzo. Ma l’angelo sorrise ancora di più.
-Certo che posso. Ellie sei una ragazza straordinaria, ed i tuoi genitori se lo ricorderanno sempre.- le disse, poggiandole una mano sulla spalla.
-Andrew…-
-Sì?-
-E’ normale…sì insomma…avere paura?-
-Sì.- rispose lui a bassa voce, annuendo grave –Ma tu abbi fede, sempre. Non sarai mai da sola, mai.-
Ellie si voltò la frazione di un secondo, che quello dopo lui era scomparso. Sorrise.
Buffo come tutto stava per finire, eppure lei in quel momento stesse sorridendo.
Aveva paura, come mai prima d’allora. Ma non poteva tirarsi indietro, perciò si fece coraggio, immaginando di avere ancora almeno un po’ di tempo.
 
-Andrew?- Monica lo chiamò flebilmente.
L’Angelo della Morte era in piedi sul ciottolato di fronte a casa e continuava a guardare quella finestra, lassù in alto, ma non era preoccupato, sorrideva.
-Ormai il tempo sta per scadere.- si aggiunse seriamente Tess.
L’angelo annuì sospirando, ma non era triste –Già.-
-Anche i suoi genitori adesso sanno la verità.-
-Sì, ma questo non basterà a calmare la crisi che avverrà dopo la tempesta.- rincarò la dose Tess. Il loro incarico non era ancora finito.
-Andrew, quando avverrà?- domandò Monica, con la voce incrinata.
L’angelo estrasse dalla tasca del suo completo bianco il suo orologio d’oro, poi prese un profondo respiro, lo rimise a posto e tornò a scrutare quella finestra lassù in alto.
-Molto poco.-
 
 
 
 








 



 
 
  
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