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Autore: Ria-chan    17/04/2016    3 recensioni
Lo stesso ha fatto sul campo di battaglia, è rimasto fino all’ultimo, il “chirurgo della morte” e, probabilmente, se Bepo non lo avesse fatto desistere su quel campo, Law, ci sarebbe morto. Ma lui lo avrebbe fatto, per il suo onore di capitano, per la sua ciurma e, soprattutto per i suoi più cari amici. Sarebbe morto e, forse, sarebbe stato anche meglio.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bepo, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nickname Autore: Ria-chan
Titolo: Sumimasen, capitano!
Fandom: One Piece
Personaggi: Trafalgar Law/Bepo
Genere:  Drammatico
Rating: arancione
Avvertimenti:  One-shot
Note dell'Autore :
 Non lo so, è una storia vecchia, recuperata dal mio archivio delle storie concluse e mai pubblicate. E' deprimente. Forse noiosa. Credo la cancellerò presto.
 
Sumimasen, capitano!
 
Law è esausto.
Si regge a malapena in piedi e vede sangue dappertutto.
Sulle dita ambrate, sulla felpa sulla quale si è pulito più volte le mani, sui pantaloni e perfino sulle braccia tatuate.
E’ ferito, ma questo non importa. E’ stanco, ma neanche questo importa.
La sua ciurma è messa peggio e lui, prima che sé stesso, da buon capitano, vuole curare gli altri.
Si strofina la fronte con il dorso della mano per asciugarsi il sudore e chiude per un attimo gli occhi - Calmati! Respira. Respira. Ancora. Calmati. – si ripete, come una litania, fino alla nausea, fino allo sfinimento e prega che tutto sia solo un brutto sogno. Le sue mani sono ferme mentre affondano nel corpo di uno dei suoi compagni, ma il suo spirito ed il suo cuore vacillano.
Non doveva succedere! Non doveva spingersi così oltre mandando la sua ciurma al massacro! E’ un pessimo capitano, si ripete, eppure è in quella sala operatoria da quasi due giorni e non accenna ad abbandonarla. Ancora non si capacita di come un singolo uomo abbia potuto fare tanto, di come un singolo uomo sia riuscito a recidere, in un solo attimo, tante vite.
Abbassa nuovamente la lampada sul lettino in metallo e affonda ancora le mani in un corpo familiare. Sa che non riuscirà a salvarli tutti, sa che probabilmente anche quell’uomo che ora è sotto le sue mani, uno dei suoi più cari amici, esalerà l’ultimo respiro e questo lo uccide ma no, non vuole e non deve pensarci adesso, perché, altrimenti, i suoi nervi cederebbero. Continua imperterrito a operare, suturare, bendare e medicare e non mangia neanche, non dorme e benché tremi, non si cambia di abiti. Rimane in quella sala e si perde, mentre, oltre sé stesso, perde uno dopo l’altro molti compagni.
Lo stesso ha fatto sul campo di battaglia, è rimasto fino all’ultimo, il “chirurgo della morte” e, probabilmente, se Bepo non lo avesse fatto desistere su quel campo, Law, ci sarebbe morto. Ma lui lo avrebbe fatto, per il suo onore di capitano, per la sua ciurma e, soprattutto per i suoi più cari amici. Sarebbe morto e, forse, sarebbe stato anche meglio.
 

 
Law è esausto. Distrutto.
Non ce la fa più. La sua mente si annebbia. Il suo cuore è stanco. La vista cala e il corpo si affloscia privo di energia.
Bepo lo osserva; non gli ha ancora parlato perché lui sa, sa che a nulla servirebbe e che, lo stesso che sta facendo Law, se potesse, lo farebbe anche lui. Gli si spezza però il cuore a vedere il suo più caro compagno in quello stato pietoso, con le occhiaie più marcate del solito, gli occhi acuti adesso vacui e spenti  e le mani tremanti.
Bepo soffre. Ha sofferto e sta soffrendo la morte di ogni amico che li sta lasciando ma, se perdesse anche Law, non potrebbe sopportarlo. Ogni tanto cerca così di calmarlo, di aiutarlo e di scuoterlo: gli porta del cibo e lo imbocca con la forza, lo costringe a cambiarsi di abiti e lo copre quando, esausto, Law crolla sul lettino metallico accanto al corpo di qualcuno. Cerca di fare il possibile, Bepo, ma sa che non basta.
 

 
Penguin muore. Shachi muore. Molti altri ancora, muoiono. E Law è morto anche lui. Non in senso letterale almeno ma, per Bepo, Law è prossimo alla morte. Ogni giorno si spegne un po’ di più, ogni giorno lo vede più stanco, magro e vuoto. Ogni giorno lo vede meno “Trafalgar Law –chirurgo della morte” e più “Law”, semplicemente “Law”.
Vorrebbe cercare Eustass e farsi aiutare Bepo, ma non sa dove rintracciarlo al momento e sa anche che la ricerca richiederebbe troppo tempo che non ha. Cammina così avanti e dietro e raccatta lungo i corridoi i libri che Law ha lanciato contro i muri per sfogare la sua ira. Non l’ha mai visto così Bepo, da quando è al suo fianco mai ha visto Law così fuori controllo; ha seriamente paura che il moro voglia compiere qualche gesto assurdo: come cercare l’uomo vestito di piume rosa e sfidarlo per recuperare il suo orgoglio e donare pace ai suoi compagni e trema al sol pensiero. – Non glielo lascerò fare, capitano – sussurra Bepo a sé stesso mentre raccoglie, da terra, l’ultimo libro e lo legge alla pagina in cui è aperto:
"Quegli amici che hai, e la cui amicizia hai messo alla prova,
aggrappali alla tua anima con uncini d'acciaio." [William Shakespeare]
Non riesce a capire appieno quella frase, il vice peloso, ma qualcosa in quegli “uncini d’acciaio” gli ricorda il bisturi con cui il suo capitano ha tentato di salvare i suoi compagni. Ora non ha dubbi che, tutti, siano legati all’anima di Law come da indissolubili fili d’acciaio. Non ha neanche dubbi che, allo stesso modo, anche lui è legato a Law, che sia vivo….o morto. E quando pensa al “morto”, non si riferisce certo a Law…
Richiude il libro e – Sumimasen! – sussurra ancora, prima di avviarsi a testa basta verso la cabina di Law.
 

 
–Capitano? Dove sta andando? – Bepo vede il moro al centro della stanza, la sua nodachi in spalla e lo sguardo risoluto: – Il sottomarino è tuo, Bepo. Sarai un bravo capitano. Addio - . Bepo ascolta in silenzio e non si muove, non almeno finché Law raggiunge il suo fianco prima di superarlo e varcare la porta. Nel momento però, in cui le spalle dei due si sfiorano appena, l’orso alza una zampa e colpisce il moro dietro la nuca: - Sumimasen, capitano - .
E’ una cosa che ha deciso poco prima, leggendo quella frase ed è convinto che sia la cosa giusta.
Attraversa i corridoi metallici e li osserva per quella che crede sarà l’ultima volta. Non ha paura al pensiero che non tornerà più indietro e che, forse, non vedrà mai più il suo più prezioso compagno nonché capitano; non ha paura perché ora gli è chiaro: le loro anime sono tutte legate le une alle altre e non sarà la morte a separarle.
 – Sumimasen, capitano –
Nel sussurrarlo, però, questa volta non abbassa la testa: sta andando a combattere per il suo capitano, per riprendersi il suo onore e per vendicare i suoi amici. No, questa volta, benché si scusi, non gli interessa di essere perdonato.
   
 
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