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Autore: Zia Enne    23/04/2016    0 recensioni
[ 「 Are you in touch with all of your darkest fantasies? 」- GDR ]
Non saprebbe dire precisamente perché ad un certo punto si è ritrovato con la lingua di Tyler infilata in gola, ma mentre ci rimugina guardando il soffitto del soggiorno, capisce che non è troppo difficile da assumere; è probabile che i loro lupi abbiano agito per conto loro, cercando conforto. Parlando di istinti troppo forti, appunto.
Devono anche aver pianto, un po’, ad un certo punto. E’ probabile che quelle lacrime lo imbarazzino più dello sperma che ha ora seccato sull’addome.
Genere: Commedia, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera, pannecotte al caramello o/ vi sono mancata? *-* (No.)

La storia che vi accingete a leggere, oppure no, ma ve lo dico lo stesso, è, come mia storia negli ultimi tempi XD una fanfiction sul mio nuovo grazioso GDR aka 「 Are you in touch with all of your darkest fantasies? 」- GDR aka, per noi poveri umani che ‘nc’hanno er fiato, Il Touch.
Se vi piacciono gli Urban Fantasy & la gente matta & l’angst & una buona dose di porno gay, è il posto che fa per voi. Cercateci su Facebook, su. Dai. Ennamo.
(Per quelle due buonanime di G. e A., sto lavorando per voi *o/*)

La storia conta 1366 parole nette, intese come testo escluso il titolo, le note bio e la citazione iniziale, che è tra l’altro un estratto role di un mio pg di un’altro GDR X°D ma a cui sono così affezionata che non posso fare a meno di utilizzare ad ogni occasione. I protagonisti sono Ivan Nabokov, un mio pg, e Tyler Hale che sono rispettivamente quei due bonazzi di Charlie Hunnam e Tyler Hoeclin *blink*; la storia è scritta e pubblicata con il consenso degli admin e della player di Tyler; hope you’ll have fun :3

 





life during wartime;

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“Non c'è niente di eterno in questo bacio, nessun incontro di anime. È un bacio rude, duro, disordinato, tremendamente triste.

Siamo due animali spaventati che si stringono per sopravvivere. [...] Intorno a noi aleggia un alone di caos, che ci arriva fin nelle ossa, ci terrorizza, ma finisce solo per farci aggrappare ancora di più l'uno all'altro, come se fossimo in un deserto, la pelle fosse l'unica cosa da bere e le labbra le uniche cose da cui berla.”



 

***

 

Ivan guarda il corpo nudo di Tyler steso accanto al suo, sul pavimento, e riflette che forse dovrebbe esserne sconvolto, ma poi ci riflette meglio e giunge alla conclusione che dovevano aspettarselo.

 

La sera prima era partita come ogni loro serata da due-tre mesi a questa parte: alcolici, strozzalupo, i pessimi canali tv gentilmente offerti dall’abbonamento scrauso di Tyler e lamentele ciniche e vaghe sulle loro situazioni sentimentali semplicemente ridicole. E stava andando tutto bene, insomma, come tutto era sempre andato, mentre mandavano giù bicchieri su bicchieri e raggiungevano il momento della serata in cui Ivan si spertica in lodi d’amore verso la barba di Tyler.

 

Solo che ieri sera quelle lodi non ci sono state; c’è stato un accendino d’argento, tra le mani di Tyler che, completamente ubriaco, aveva cominciato a far scattare distrattamente e «Vuoi darti fuoco ai capelli, Hale?» gli ha detto. «Era di mio nonno» si è sentito rispondere, quasi senza senso. Tyler non gli parla mai della sua famiglia, se non per le informazioni base su quello che le è successo; Ivan non chiede, non chiede mai, perché non è bravo in queste cose, e ha sempre pensato che Tyler non desiderasse la compassione di chicchessia; ma ieri sera, mentre gli parlava in un delirio alcolico di suo nonno, di sigari, delle sue sorelle, dei suoi genitori, ha sentito un malessere all’altezza dello stomaco, pensando che magari invece, a Tyler piacerebbe parlare della sua famiglia, magari ne ha bisogno, e non è necessariamente compassione quella che si aspetta da lui.

 

Ivan non si ricorda di quando e perché abbia cominciato a parlare della sua, di famiglia; gli detto del fatto che lui e Kevin dovranno andare a San Pietroburgo a breve, per ufficializzare il matrimonio, che non ci vuole andare, non li vuole rivedere, non vuole essere risucchiato di nuovo in quel branco, anche se si tratta della sua famiglia. Gli ha raccontato il suo abbandono ufficioso, del significato del tatuaggio che ha dietro alla schiena, che ha fatto a quattordici anni, quando si rese conto che il lupo che aveva dentro gli sarebbe stato stretto per sempre, che sarebbe stato per sempre schiavo di istinti troppo forti, di leggi naturali e magiche infrangibili, di legami a lui incomprensibili e non scelti.  
Si è sentito meschino, a dire quelle cose a Tyler, ma lui gli ha solo versato dell’altro whiskye.

 

Non saprebbe dire precisamente perché ad un certo punto si è ritrovato con la lingua di Tyler infilata in gola, ma mentre ci rimugina guardando il soffitto del soggiorno, capisce che non è troppo difficile da assumere; è probabile che i loro lupi abbiano agito per conto loro, cercando conforto. Parlando di istinti troppo forti, appunto.

 

Devono anche aver pianto, un po’, ad un certo punto. E’ probabile che quelle lacrime lo imbarazzino più dello sperma che ha ora seccato sull’addome.

 

Si alza sui gomiti in un movimento veloce e ovviamente sbatte la testa contro lo spigolo del tavolino. Perché sì, sono nudi, stesi sul pavimento, tra il divano e il tavolino del soggiorno. Erano partiti sul divano, in realtà, ma i movimenti bruschi e la gravità e il fatto che di soliti ci stiano stretti anche da fermi e seduti devono averli portati dove sono ora. Si massaggia la parte dove ha sbattuto, osservando la situazione corrente e cercando di mettere a fuoco: Tyler sta beatamente russando a pancia in giù, il viso rivolto verso il divano, la triskele sulla sua schiena che si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro; ora che lo nota, hanno le gambe che si toccano, con le caviglie incrociate tra loro, lo spettro di un contatto affettuoso.

Porta una mano sulla sua spalla, per scuoterlo «Hale.»

Mugugni in risposta e un russare più forte a seguire.
«Hale, svegliati» resiste alla tentazione di tirargli un cazzotto e di scoppiare a ridere insensatamente, limitandosi a scuoterlo più bruscamente finché Tyler non gli fa la grazia di aprire gli occhi e voltare il viso verso di lui. Si guardano per un po’ e a Ivan sta quasi per salire l’ansia per una possibile (e comprensibile) brutta reazione alla luce di un’analisi a mente lucida dell’accaduto  ma «Ti puzza l’alito, Nabokov» esordisce l’altro, pacatamente e tornando a guardare il divano.

 

Ovviamente.

 

«Neanche il tuo odore è il massimo al momento, eh, mia dolce petunia»

«E’ troppo presto per le tue minchiate»

«Sono le due del pomeriggio.»

«E’ sempre troppo presto. Vai a lavarti i denti.»
«Mi mancano i tempi in cui credevi io fossi più vecchio di te, mamma.»

 

Invece di rispondere, Tyler emette uno dei suoi brontolii standard, e ci vogliono pochi secondi prima che Ivan torni a sentirlo russare.

 

Ivan, da brava persona puntigliosa e a tratti permalosa, decidere di rispondere all’affronto rimettendosi a dormire a sua volta, riaccomodandosi nella sua posizione su un fianco a guardare il tavolino con i gesti e i versi più teatrali possibili.

 

Per qualche motivo, si ritrovano più vicini, le loro caviglie ancora incrociate, le loro schiene premono l’una contro l’altra un po’ di più rispetto a prima.


***


La seconda volta che Ivan si sveglia, Tyler non è accanto a lui.

 

Sente dei rumori di stoviglie provenire da dietro il divano, dove si trova la cucina molto minimal e basic, e il sottofondo familiare e confortante del battito cardiaco di Tyler; si tira di nuovo su sui gomiti, sbattendo, di nuovo, al tavolino, perché ci sono cose che non si imparano mai. Stavolta accompagna la cosa a un sonoro «Epporca puttana!»

 

«Baci tua madre con quella bocca, Nabokov?» Tyler compare nella sua visuale, con dei pantaloni della tuta addosso e Ivan ne è internamente grato; questo non gli impedisce di farsi rodere il culo un altro po’. «Vaffanculo pure a te, Hale, seriamente.»

 

Tyler gli lancia uno sguardo neutro mentre è ancora impegnato a massaggiarsi il punto dove ha sbattuto, poi chiude le mani attorno ad una tazza che non aveva notato tenesse e «Allora questo caffè me lo tengo» dice, tornandosene verso la cucina. Ivan fa giusto in tempo ad alzarsi bruscamente prima di realizzare che è stata una pessima idea quando avverte un lancinante dolore su per il-

Il gemito di dolore che emette deve attirare l’attenzione di Tyler, che si volta subito verso di lui e Ivan può vedere la consapevolezza dipingersi sul suo volto e sotto il suo sguardo si sente insensatamente arrossire. A chiazze, come se non bastasse.

«Se ti metti a ridere ti ammazzo.»
«Non-»
«Ti ammazzo e dico al mondo che hai una chiavetta usb di Hello Kitty»

L’occhiataccia che Tyler gli lancia è rovinata dal suo evidente sforzo dal trattenersi dal ridere, e Ivan lo odia. Anche se pure a lui viene da ridere, un po’. «Passami questo dannato caffé» gli ringhia contro, ancora con il volto e il collo a chiazze -e oddio, ancora nudo, ora che ci riflette- allungando una mano verso di lui e con l’altra tenendosi allo schienale del divano, tentando di muoversi il meno possibile. Tyler gli si avvicina e gli porge la tazza, arrendendosi ad una risata, e Ivan lo odia sempre di più.

Anche se forse no; è raro vedere Tyler ridere, ridere veramente. Lo guarda con gli occhi assottigliati che rilassa un po’ quando vede i denti bianchissimi venire appena scoperti, e un debole gorgoglio che è la risata di Tyler. Ivan ha sempre trovato un po’ ridicolo e un po’ tenero il fatto che quell’uomo dal corpo di un dio greco avesse i denti davanti un po’ grandi. Si sporge quasi senza riflettere, e gli preme un bacio sulle labbra, un tocco morbido e fugace che lascia confuso persino se stesso.

Per qualche motivo strano ai più, Tyler non sembra scomporsi più di tanto al gesto: «Ma non è che poi trovo Parkes incazzato sotto casa?»
«Non vedo perché dovrebbe mai saperlo. Ma in ogni caso dubito esista come pericolo.»
«Certo.»
«Se la metti così dovrei preoccuparmi io per Dylan»
«Ah. Ah. Ah. Ma in ogni caso, tutto è lecito in guerra e in amore?»

 

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«In quale delle due siamo, secondo te?»

 

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«Non lo so davvero.»
   
 
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