Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Euphemia    24/04/2016    1 recensioni
{ Greek Mythology!AU || Prometeus || Eremin }
Eren, l'ultimo titano ammesso sull'Olimpo, ha commesso un orribile misfatto: ha rubato il fuoco al Padre degli Dèi e l'ha donato all'infima razza umana.
Ma perché l'ha fatto?
[Dal testo]
"Le catene a cui era legato gli logoravano la pelle dei polsi, le ginocchia gli dolevano, ma ad Eren nulla in quel momento importava più del destino che temeva avrebbe dovuto subìre il suo popolo diletto, per colpa dello sciocco ed egoista capriccio del Padre degli Dèi, spinto dal disprezzo per quelle creature fatte di fango e animate dal fuoco."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quei capelli color grano
 



Il silenzio che regnava nel tempio infastidiva Eren più di qualsiasi altra cosa, nonostante fosse stato obbligato in condizioni pressoché penose e ben più preoccupanti, quel giorno, durante l'assemblea degli dèi. 
Lui, un titano, diverso dagli altri, aveva commesso uno dei peggiori crimini; alto tradimento, nei confronti del Padre degli Dèi. Egli se ne stava seduto sul suo trono d'oro, proprio di fronte a lui, con la corona d'ulivo sul biondo capo e la veste nobile, e lo fissava con occhi cerulei freddi e penetranti, mentre stringeva nella mano destra una saetta luminosa, pronta ad essere scagliata in qualunque momento. Quel che sperava Eren era che il Dio volesse colpire lui, piuttosto che il mondo degli uomini - quello che lui tanto amava, che tanto aveva protetto, fino all'ultimo, anche in quel momento. 
Il titano non poteva fare a meno di notare gli sguardi degli altri dèi - quello di Ymir, la dea della saggezza, era distaccato, ma al contempo comprensivo, e quello di Jean, il dio delle arti e del Sole, sembrava sdegnato, e chissà quanto Eren in quel momento avrebbe voluto tirargli un pugno in faccia, così da poter deformare la bellezza di quel viso di cui il dio tanto si vantava; abbassò gli occhi solo quando incrociò le pupille nere di Levi, il dio della guerra, il cui sguardo diceva più di mille parole. Era condannato, avrebbe dovuto ascoltarlo; rubare il fuoco al Padre degli Dèi per donarlo a un'infima razza quale quella umana non era solo un sacrilegio, ma una diretta offesa a colui che, invece, aveva perdonato e accettato la stirpe di Eren - o per lo meno, solo lui e la sorella Mikasa, rendendoli liberi e partecipi della vita nell'Olimpo. L'ennesimo gesto misericordioso nei confronti degli uomini, quello del titano, che stavolta aveva fatto infuriare il Nobile Re, il quale difficilmente l'avrebbe perdonato. 
Le catene a cui era legato gli logoravano la pelle dei polsi, le ginocchia gli dolevano, ma ad Eren nulla in quel momento importava più del destino che temeva avrebbe dovuto subìre il suo popolo diletto, per colpa dello sciocco ed egoista capriccio del Padre degli Dèi, spinto dal disprezzo per quelle creature fatte di fango e animate dal fuoco. 
Deglutì quando gli venne in mente lui; l'essere più gentile che avesse mai visto, degno di ascendere all'Olimpo, forse, più degli stessi dèi. Era stata la creatura che per prima aveva forgiato, quella che gli aveva impresso speranza e amore nei confronti del genere umano e che gli aveva fatto trovare una ragione per vivere: ricordò gli  occhi azzurri come il cielo, i capelli color grano - ciò che più amava di lui, ogni volta che lo aveva cullato nel suo petto caldo e che gli aveva fatto ascoltare il battito del suo cuore. 
Nonostante si trovasse nel bel mezzo di un processo, Eren non potette evitare di trattenere un sorriso. 


"Eren!" 
In quel momento, il titano non riuscì a pensare ad altro che al fatto che la sua sua voce, così soave, fosse altrettanto simile al dolce tintinnio delle campane che venivano suonate in onore delle festività care agli dèi; ma, adesso che ci pensava, assomigliava anche all'armoniosa melodia della lira di Jean, che adorava intrattenere i suoi fratelli con le sue straordinarie abilità musicali. 
Vide la sua testolina bionda correre verso di lui con un'espressione preoccupata dipinta sul viso, ma Eren gli sorrise comunque. Si allontanò dal numeroso gruppo di persone che l'avevano attorniato per salutarlo una volta giunto lì dall'Olimpo, dopo una delle sue animate discussioni con il Padre degli Dèi. 
"Ciao, Armin!" 
"Eren!" ripetè il ragazzo, stringendogli il tessuto della tunica che gli ricadeva sul petto. "Stai bene?"
"Certo! Insomma, Armin, sono un titano. Sono immortale." 
Il castano gli sorrise ancora, accarezzandogli i capelli d'oro e stringendone un ciuffo tra le dita con delicatezza. Il biondo arrossì, quando Eren fece scivolare la mano sulla sua guancia morbida. 
"Sono contento di vedere che anche tu stia bene. Voglio che tu resti esattamente come ti ho forgiato, intesi?" 
Armin esitò prima di alzare lo sguardo verso di lui; dopodiché, una volta trovato il coraggio, fece incontrare le sue iridi azzurre con quelle verdi di Eren. 
"Va bene." 

Quella sera, il titano non aveva nessuna voglia di ritornare all'Olimpo. Il Nobile Re l'avrebbe nuovamente punito in qualche modo per il suo carattere irruento, ed Eren sapeva che avrebbe dovuto portargli il massimo del rispetto, anche se si comportava ingiustamente; lo doveva per il suo bene e anche per quello della sorella Mikasa, se non voleva che il Padre degli Dèi li esiliasse come aveva fatto con gli altri loro fratelli. 
Aveva deciso di rimanere un altro po' nel mondo degli uomini, a bearsi della dolce compagnia di Armin, che in quel momento se ne stava con la testa poggiata sulla sua spalla e si godeva la bellissima vista del tramonto e l'ascesa del regno della notte. 
"Eren..." 
Il mormorio proveniente dalle labbra del biondo ridestò il titano dai suoi pensieri; si voltò verso di lui e guardò il suo viso, la cui pelle chiara era ora dipinta dei più bei colori del Sole cadente. 
"Che c'è?" 
"Devi smetterla di litigare con il Nobile Re... Ti punirà anche questa volta." 
"E tu devi smetterla di preoccuparti per queste sciocchezze. Qui, in mezzo agli uomini, è mille volte meglio che lassù sull'Olimpo."
Il titano gli mostrò un sorriso smagliante, a cui Armin rispose incurvando timidamente le labbra. Eren lo strinse a sé ancora di più, mentre affondava il naso nei suoi capelli color del grano e ne assaporava l'odore, che richiamava il profumo dell'erba bagnata di rugiada all'alba di ogni nuovo giorno. 
"Eren... Perché io?"
Quelle parole lo colsero di sorpresa. All'inizio, il castano non capì a cosa si riferisse; poi si ricordò di quanto lui adorasse restare in sua compagnia, passare le sue giornate a parlare insieme o godersi semplicemente il silenzio con lui, in risposta a quel desiderio che proveniva direttamente dal suo grande cuore. 
"Armin," rispose lui, dopo una lunga pausa. Nel mentre, intrecciò le sue dita con quelle sottili del ragazzo, che, ancora una volta, arrossì. "Tu sei il primo essere umano a cui io ho dato la vita. Sono stato io a chiamarti così: Armin, "grande". Perché tu, Armin,
tu rappresenti il mio sogno più grande." 
Altri minuti di silenzio passarono, prima che Eren riprendesse a parlare; il biondo poté sentire il respiro caldo del titano che si posava sui suoi capelli, il tepore della sua mano stretta attorno alla sua spalla, il veloce battito del cuore, quasi in sincronia con il suo. 
"Siete stati voi uomini a dare un senso alla mia immortale esistenza. Voi stessi siete gli ideali in cui credo."
Lentamente, Eren avvicinò le labbra a quelle di Armin, che sentì il suo fiato accarezzargli il volto con delicatezza. Il biondo strinse istintivamente le spalle, nel tentativo di rannicchiarsi ancor di più contro il petto caldo del titano, quasi come se volesse fondersi a lui, in una stretta che avrebbe voluto durasse in eterno - nonostante la sua natura mortale.
"Io vi proteggerò a ogni costo dalle ingiustizie del Dio, lotterò e farò sì che voi continuiate a vivere, e sono disposto a pagare anche con la mia stessa esistenza. Io vi amo. Io
ti amo, Armin." 
Le loro labbra si sfiorarono con cautela, fino a quando non si posarono decisivamente le une sulle altre. Mai il titano aveva provato un sapore così dolce come quello della bocca rosea di Armin, forse ancora di più del nettare sacro agli dèi. 
E solo in quel momento, Eren potè dirsi finalmente felice. 



"Eren" 
La voce solenne del Padre degli Dèi raggiunse le sue orecchie come un fastidioso ronzio; avrebbe voluto ribellarsi al volere del Dio, distruggerlo assieme alla sua prepotenza e al suo egoismo, ma sapeva bene che quel desiderio sarebbe stato in qualsiasi modo irrealizzabile. Si limitò a digrignare i denti, mentre ascoltava le sue parole con ritrosia. 
"Tu, della stirpe dei titani, hai osato tradire la fiducia degli dèi, rubando loro il fuoco sacro, per donarlo ai tuoi uomini."
Eren poteva sentire addosso a lui gli sguardi pungenti di tutti i presenti nel tempio; non li sopportava, specialmente quelli dei suoi più acerrimi nemici. 
"Per aver disubbidito ai miei ordini e per aver compiuto tale ennesimo indegno atto, ti esilio sul monte Caucaso laddove verrai inchiodato, e ogni giorno manderò la mia aquila a divorarti il fegato, in modo tale che tu sempre ricordi lo scempio che hai commesso. Questa è la tua condanna." 
Un leggero mormorio si diffuse per tutto il tempio; il titano riuscì a sentire diverse parole di consenso per l'ordine stabilito dal Nobile Re, altre invece di compassione nei suoi confronti; ma a lui non importava. Nessuna punizione era per lui troppo pesante da poter essere sopportata, in difesa del suo amato popolo di uomini. Ripensò ad Armin, al suo sorriso, all'odore dei suoi capelli color grano, al suo sapore; il cuore gli si scaldò, al ricordo della sua voce leggiadra, del suo timido tocco, della sua pelle candida. L'avrebbe protetto, per sempre; poco importava della sua dolorosa tortura. Era pronto al sacrificio, desideroso di offrirsi pur di far sì che Armin continuasse ad essere felice; e anche lui lo sarebbe stato, perché, ogni giorno, quell'aquila non gli avrebbe ricordato la sua punizione, ma la vita stessa della sua amata creatura.
Eren alzò lo sguardo.
"La accetto."








Note dell'autrice
Ciao a tutti! 
So che la Eremin non è molto popolare, ma ci tenevo a scriverci qualcosa su, perché mi piace da morire. Inoltre, dato che adoro alla follia anche le Greek Mythology!AU, ho deciso di approfittarne... (anche se in realtà questa storia è stata scritta un sacco di mesi fa, ma okay)
Vabbe, Eren è Prometeo, che, per ordine di Zeus, forgiò gli uomini, Armin è il primo da lui creato, poi ho amato immaginare Levi come Ares (anche se ero indecisa tra lui e Reiner), Jean come Apollo (e ci sta tutto), Ymir come Atena... Avevo pensato a Marco come Ermes (anche perché il suo nome significa "Messaggero"), ma in un altro contesto avrei visto benissimo Armin come Ermes e Marco come Giacinto perché lo shippo con Apollo alias Jean coff coff. <3 
E il Nobile Re chi è - premettendo che, nonostante gli articoli maschili, potrebbe anche trattarsi di una donna? Ho lasciato libera interpretazione per il Padre degli Dèi, aggiungendovi solo una descrizione abbastanza generica. Può essere chiunque voi vogliate - persino quello strano e tutt'ora sconosciuto Re degli uomini (SPOILER) la cui volontà si tramanda di generazione in generazione.
Per il resto che dire? Temo l'OOC e spero di essere rientrata nell'IC- Se avete commenti o non so cosa, scrivetemi pure! :) 
A presto!
Euphemia >.^

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Euphemia