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Autore: SilviAngel    26/04/2016    4 recensioni
“Sei in ritardo Fiorellino” lo salutò il padrone di casa senza neppure voltarsi.
Ad Alec venne da sorridere silenziosamente, come era solito fare da sempre. Già da bambino era infatti solito sorridere in punta di piedi e nulla più.
Camminando a passo lento il figlio dell’angelo attraversò il salone e ripensò alla prima volta in cui Magnus se ne era uscito con quel nomignolo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Piccola OS inquadrabile tra il mancato matrimonio (ALLELUJA) e la sparizione di Jace con Valentine.
Dilatazione dei tempi tra i due eventi meramente funzionale alla trama…
Buona lettura.
 
I tuoi occhi
 
Sempre più spesso la mattina, Alec si svegliava su un costoso divano con una coperta cremisi che lo copriva a malapena, steso su un fianco e con un braccio infilato sotto un cuscino.
Ogni mattina in cui ciò accadeva, si stupiva di quanto fosse stato facile la notte prima addormentarsi, abbassare la guardia finalmente, segno inequivocabile di quanto oramai stare in quell’appartamento – stare con lui, con uno stregone, con un nascosto – fosse diventato naturale.
 
Dopo il bacio plateale di fronte a tutta la gente che contava, o almeno così aveva ripetuto all’infinito Maryse, Magnus e Alec avevano deciso di muoversi lentamente.
Valentine e tragedie permettendo, naturalmente.
Avevano passato alcuni pomeriggi insieme a passeggiare per Central Park.
Erano usciti una sera a cena.
Esperienza da rifare, non perché fosse stata bellissima, ma semmai il contrario. Era stata un’esperienza così imbarazzante, rigida e impostata da richiedere assolutamente un secondo tentativo.
Ciò che però entrambi preferivano erano le ore strappate alle ricerche, quando giungeva la sera e l’unica cosa che lo shadowhunter avrebbe voluto fare era prendere a testate il muro per la rabbia e l’inconcludenza di ogni loro azione.
Ogni volta in cui Alec si sentiva inutile e distrutto, abbandonava la rigida compostezza del nephilim e dopo una veloce doccia, fuggiva dall’Istituto per dirigersi al loft di Magnus, trovando ogni volta lo stregone di fronte alla finestra, intento ad osservare il tramonto con un bicchiere in mano e un cocktail dolce e leggero pronto per lui.
 
Anche quella giornata si stava per concludere nello stesso modo.
Nonostante i favori chiesti a fate, mannari, vampiri e stregoni, nonostante il Conclave stesse concentrando ogni sua capacità e risorsa, ancora non vi erano tracce di Jace e per quel motivo, anche quel giorno, Alec aveva lasciato l’Istituto, la famiglia e una Clary sempre più affranta per cercare rifugio, conforto e – perché no – un po’ di svago nel carattere vitale e premuroso di Magnus.
“Sei in ritardo Fiorellino” lo salutò il padrone di casa senza neppure voltarsi.
Ad Alec venne da sorridere silenziosamente, come era solito fare da sempre. Già da bambino era infatti solito sorridere in punta di piedi e nulla più.
Camminando a passo lento il figlio dell’angelo attraversò il salone e ripensò alla prima volta in cui Magnus se ne era uscito con quel nomignolo.
Rise tra sé e sé riportando alla mente lo sguardo oltraggiato che l’altro aveva indossato quando con candore e semplicità aveva obiettato “Perché mi guardi così? Non ti piace? Posso inventarmi altro” prima di cercare le sue labbra.
Alla fine però Fiorellino era rimasto e non erano stati fatti altri tentativi.
Oramai il nephilim aveva iniziato a intuire i pensieri dello stregone semplicemente sentendo come si rivolgeva a lui.
Alec, il nome che utilizzavano tutti, veniva dall’eterno usato assai di rado. Come se Magnus ci tenesse a distinguersi dalla massa di persone che lo chiamavano con quel diminutivo talmente comune.
Alexander, il nome per intero che lo shadowhunter adorava sentire mentre si arrotolava attorno alla lingua dello stregone uscendo ogni volta dalla sua bocca con un’intonazione, un’inflessione, un peso differente. Così e solo così lo chiamava Magnus quando lo baciava, quando si lasciava baciare e quando si accoccolavano sul divano o sul grande letto.
Ultimo, ma non meno importante, era poi Fiorellino.
Quando Magnus scherzava o i discorsi erano frivoli e romantici ecco che sbucava fuori, riuscendo sempre a strappargli un piccolo sorriso nonostante la giornata fosse stata pessima.
 
“Oggi è stata dura” fu tutto ciò che Alec disse prima di raggiungere finalmente il padrone di casa. Senza aggiungere altro, semplicemente, lo abbracciò, avvolgendo le braccia attorno al torso e tirando la sua schiena contro il proprio petto.
“Che succede?” Magnus fece sparire il bicchiere, voltandosi fluido nell’abbraccio e scrutando con attenzione il viso del nephilim.
“Il Conclave pensa che ottenere tutto l’aiuto possibile per ritrovare Jace e Valentine non valga la revisione degli accordi. I membri dell’assemblea speravano davvero che le altre stirpi non avrebbero cercato di ottenere qualcosa proprio ora che siamo nel bisogno?” la voce di Alec salì di tono, diventando rabbiosa e le mani strinsero con foga la camicia liscia e sottile dello stregone.
“Alexander, che ne dici di staccare per qualche ora e andare a riposare? Penso che tu ne abbia dannatamente bisogno” mormorò apprensivo e dolce Magnus carezzandogli la guancia e beandosi del calore della pelle del giovane che rincorse il suo palmo, premendosi su di esso come avrebbe fatto un gatto in cerca di coccole.
“Penso tu abbia ragione. Mi fai compagnia?” rispose in un sussurro Alec, gli occhi chiusi poco prima che si aprivano per incontrare quelli scuri e caldi dello stregone.
La mano si allontano dal viso del nephilim muovendosi rapida per raggiungere le lunghe dita dell’arciere e, intrecciatesi ad esse, permisero a Magnus di trascinare il figlio dell’angelo attraverso il loft fino a raggiungere la sua camera.
 
“Allora, alcune semplici regole che dovresti già aver imparato” disse il padrone di casa non appena superata la soglia della stanza “Niente brutti pensieri a letto. Niente discorsi sul lavoro. E, soprattutto, niente scarpe sulle mie pregiatissime lenzuola”
Con un veloce schiocco di dita, Alec si ritrovò scalzo, a petto nudo e con indosso i morbidi pantaloni scuri che utilizzava di solito per allenarsi.
“Ma come…”
“Se non ricordo male, era quello che avevi addosso la prima volta in cui ho avuto la fortuna di osservare quali meraviglie si celavano sotto la tua camicia”
“Io non ho nulla di meraviglioso” obiettò sottovoce Alec mentre le guance si coloravano di una morbida tonalità di rosa acceso.
“Tu sei una meraviglia Alexander e ringrazio ogni giorno di essere stato il primo ad averlo notato”
Solo dopo essersi steso su un fianco in un lato del letto, Magnus riprese a parlare “Forza, salta su” lo invitò battendo più volte la mano al centro del materasso.
Alec soddisfò la richiesta e, gattonando impacciato, si coricò a specchio con lo stregone.
“Ora chiudi i tuoi splendidi occhi e riposa, io resto qui”
“Non voglio. Mi piace quello che sto guardando” scherzò Alec, sollevando un sopracciglio e motteggiando una vecchia battuta dell’immortale.
“Chi sei tu e cosa ne hai fatto del mio timido Fiorellino?” stette al gioco Magnus stringendogli una spalla tra le dita e scuotendolo un poco.
Lo shadowhunter rise di gusto, affondando poco dopo il viso nel cuscino.
“Adoro vederti ridere Alexander, ma davvero dovresti dormire un po’”
“La verità è che penso di essere così stanco da non riuscire neppure ad addormentarmi, è assurdo, lo so” il giovane tentò di spiegare la spossatezza che gravava sull’intero suo corpo.
“Non è assurdo. Se vuoi posso aiutarti”
“Vuoi cantarmi la ninnananna?”
“No, anche se so per certo che sortirei ottimi effetti. Pensavo a un piccolo incantesimo, simile a quello che i mondani definiscono ipnosi. Guardami negli occhi e concentrati”
 
I due uomini erano stesi al centro del letto, occhi negli occhi da pochi attimi, ma il nephilim non focalizzava la sua attenzione arrivando a esasperare lo stregone.
“Alexander, concentrati”
“Voglio vedere i tuoi occhi” esordì Alec dal nulla.
“È quello che cerco di convincerti a fare”
“No. Non quelli umani”
“Alexander…” lo supplicò Magnus, per nulla desideroso di mostrare quel piccolo segno della sua natura demoniaca.
“Mi piacciono i tuoi occhi, non fraintendere. Mi piace la sensazione che mi dà vederli fissi su di me, ma Isabelle ha detto che la sera in cui ci siamo conosciuti, al Pandemonium, ti ha visto e, anche solo se per un attimo, giura di aver notato occhi di un colore differente” il cacciatore cercò di convincerlo a cedere, arrivando ad avvicinarsi con l’intero suo corpo a quello steso a poco più di una spanna di distanza.
“Non amo mostrarli”
“Perché?”
“Ogni volta che qualcuno, per sbaglio, li ha visti mi ha chiamato mostro o figlio del demonio e so che non è altro che la semplice e unica verità, ma mi ha fatto male il modo e il tono con cui sono state dette quelle parole. Ero solo un bambino quando decisi che li avrei nascosti”
“Io non sono qualcuno. So chi sei. Ho conosciuto stregoni con le corna o con artigli lunghi svariati centimetri. Io voglio solo vederti per come sei”
“Davvero non scapperai?” la paura sottile serpeggiava tra le parole dell’eterno.
“No” soffiò lento Alec avvicinandosi ancora, giungendo quasi a sfiorare la punta del naso dell’immortale con il proprio.
“E sia” sospirò Magnus chiudendo gli occhi per riaprirli un attimo dopo.
 
Il respiro di Alec si incagliò tra il petto e la gola.
Gli occhi di Magnus erano inquietanti, ma belli. Belli tanto da togliere il fiato.
La pupilla era allungata come quella di un gatto, sottile e verticale; l’iride era invece di un giallo cangiante, tendente ai riflessi tipici dell’oro o di una pietra preziosa e la sclera era anch’essa gialla, leggermente più chiara e uniforme.
Nell’insieme, gli occhi dello stregone erano luminosi e quasi liquidi, attraenti e decisamente indimenticabili.
“Alexander, di’ qualcosa, ti prego”
“Sono belli”
“Davvero?” domandò profondamente stupito e al contempo felice lo stregone, sorridendo impacciato “Sono un po’ impegnativi però da sfoggiare”
“Sì, sono belli” lo rassicurò ancora Alec, sporgendosi in avanti e posando le sue labbra su quelle di Magnus senza chiudere gli occhi.
Il padrone di casa accolse con sorpresa quel gesto, soprattutto notando – attimo dopo attimo – che Alec non accennava a sciogliere il legame tra i loro sguardi.
Lo stava baciando a occhi aperti.
Magnus sentì qualcosa squassarlo al centro del petto.
Alexander gli stava baciando l’anima, ne era certo.
Il bacio divenne ben presto profondo e bagnato, coinvolgente e caldo, tanto da essere impossibile mantenere quella scomoda posizione e, per questo, muovendosi in modo ancora impacciato e goffo, Alec spinse l’eterno a stendersi sulla schiena, salendogli sopra.
Quando per necessità si staccarono, il nephilim rimase a pochi millimetri dalle labbra dell’altro.
“Guarderai solo me con i tuoi occhi. Non voglio che nessun’altro li veda. Sono miei, solo miei”
“Io sono tuo. Solo tuo” promise Magnus prima di attirarlo nuovamente sulla sua bocca.
In fondo il meritato e necessario riposo del guerriero poteva aspettare ancora un poco. 
   
 
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