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Autore: Calya_16    01/05/2016    1 recensioni
Cosa è successo a Daryl prima che l'apocalisse scoppiasse?
Com'era la sua vita poco prima di quell'evento e l'incontro improvviso con questo. Storia pre-apocalisse.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daryl Dixon, Merle Dixon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Daryl uscì all’aria aperta, respirando pesantemente.
Sentì il rumore del cancello che veniva aperto e così, riaperti gli occhi, uscì dal carcere e si diresse verso la macchina.
Iniziò a cercare le chiavi, rovistando nelle tasche. Quando finalmente riuscì a salire in auto e a chiudere la portiera rilasciò un urlo.
“Stupido figlio di puttana!” disse sbattendo i pugni sul volante.
Merle si era fatto prendere di nuovo mentre spacciava, in più era fatto e così erano scattate tante altre cose.
Daryl si trovava da solo, di nuovo.
Fece partire la macchina e si diresse verso il bilocale dove fino alla settimana scorsa viveva con suo fratello. Ora sarebbe stato solo suo, per un bel po’ di tempo.
Avevano avuto un’infanzia dura, non poteva negarselo, eppure Merle continuava a tirarsi e tirargli merda addosso. Naturalmente suo fratello pensava che quello fosse un vivere alla grande, non farsi comandare da nessuno ed essere libero.
“Sei talmente libero che sei finito dentro” pensò Daryl a voce alta, quasi ringhiando.
Scese in fretta dalla macchina, sbattendo violentemente lo sportello e tirandogli poi un calcio. Sollevò lo sguardo e incrociò quello di alcuni ragazzi che stavano passando per il quartiere sbagliato.
“Che avete da guardare?” gli ringhiò dietro Daryl, girandosi ed entrando nel disastrato edificio.
Stava per entrare nell’appartamento quando sentì la porta vicina aprirsi.
“Ehi”
Una donna estremamente magra, con biondi capelli che le ricadevano in avanti in modo scomposto e sporco cercò di attirare la sua attenzione.
“Lucy” la salutò Daryl, senza smettere di armeggiare con la serratura della propria porta.
“Aspetta, ti aiuto”
Lucy si fece avanti e riuscì ad aprire la porta. Sorrise a Daryl, cercando di mettere in mostra il corpo coperto solo da una leggera sottoveste.
Daryl fece un passo indietro, arrossendo violentemente: non si sentiva a suo agio in certe situazioni; s’irrigidì e smise quasi di respirare.
“Sei solo?”
Lucy gli sorrise in maniera maliziosa, cercando di entrare nel bilocale senza staccare gli occhi dall’uomo. Quel gesto riportò Daryl alla realtà, che si fiondò nell’appartamento facendo saltare Lucy nuovamente sul pianerottolo.
“Ehi! Lì dentro non vi è nulla che non abbia già visto”
“Buon per te” Daryl cercò di chiudere la porta ma Lucy cercò di raggiungerlo.
“Non vuoi un po’ di compagnia?”
“Quello è mio fratello. Io non ne ho bisogno”
“Be, sai dove trovarmi” la donna tornò al suo appartamento lanciandogli una lunga occhiata.
Quando finalmente Daryl riuscì a chiudere la porta e stare da solo crollò a sedere sul divano sfondato. Buttò il capo all’indietro e si riposò nella debole luce della stanza, provando a dimenticare tutto quello che era successo in quelle settimane.
 
 
Un bussare insistente alla porta lo svegliò, facendolo alzare in fretta.
“Apri stronzo”
Un amico di suo fratello Merle, o meglio, quelli che lui amava definire amici finché non smettevano di rispettare le sue regole o lui non gli combinava qualcosa.
Daryl gli aprì e questo fece irruzione nella stanza iniziando a rovistare e buttare in giro oggetti per tutto l’appartamento.
“Cosa stai facendo?” Daryl gli si buttò addosso, sbattendolo a terra.
“Dove cazzo ha messo la mia roba?”
‘Bene, uno in crisi d’astinenza’, pensò Daryl sollevando gli occhi al cielo.
“Merle è in prigione. Vai a farti da un’altra parte”
Daryl lo prese per il colletto della maglia, trascinandolo carponi fin sul pianerottolo.
“Quel pezzo di merda si è fatto prendere? Digli che non me ne dimenticherò” cercò di minacciarlo il drogato provando ad alzarsi in piedi, sostenendosi al corrimano.
“Si, certo, stai tranquillo”
Daryl richiuse la porta e voltandosi guardò il casino ancora maggiore appena provocato nell’appartamento.
Si passò la mano sul volto respirando profondamente, tristezza e rabbia che si alternavano dentro di lui: ora era solo, completamente. Merle era sempre stato vicino a lui, lo aveva cresciuto, una sorta di modello e di protezione, benché molte decisioni del fratello non le approvasse. Ma lui cosa poteva farci? Era l’unica persona di cui si fidasse, che si prendeva cura di lui… da sempre.
Prese la giacca ed uscì, iniziando a sentire le pareti dell’appartamento schiacciarlo in uno strano senso di claustrofobia. Non aveva una meta, aveva solo bisogno di camminare e magari rifugiarsi in qualche bar e bere.
Uscito dal suo disastrato quartiere si rifugiò nel primo bar che vide: dentro vi era abbastanza casino da non farlo pensare troppo, eppure con angoli un poco appartati.
Andò così a sedersi ad un tavolo in ombra, osservando la gente divertirsi e socializzare, condurre una vita molto diversa dalla sua.
Ordinò una birra che arrivò in fretta e così si perse a pensare contro la sua volontà alla sua vita: abusi da bambino, suo padre pensava che fosse debole e sua madre era troppo fatta per intervenire. Morta presto. Merle lo aveva sempre aiutato, sbattendogli in faccia dure realtà ogni volta. Si erano fatti prendere più volte, e in un modo o nell’altro l’avevano scampata. Anche se un paio di volte era finito pure lui al fresco, anche solo per qualche notte.
La birra finì prima del previsto e così andò avanti ad ordinarne altre fino a che non si sentì più leggero e tutto non gli sembrò un po’ più chiaro: ora che Merle era al fresco poteva cercare di risistemare alcuni tratti della sua vita, provando a trovare un lavoro vero e poi un appartamento in un posto più decente, non in mezzo a spacciatori e prostitute. Certo, non sarebbe stato facile visto che quello era praticamente il suo ambiente natale.
Ad un certo punto si mise a ridere da solo, scuotendo il capo e ridendo sempre più forte: di chi erano qui pensieri, da dove arrivavano? Merle lo avrebbe ritrovato, lo avrebbe fatto nuovamente suo e tutto sarebbe tornato come prima.
Daryl sapeva che voleva di più, e solo l’alcool glielo fece ammettere silenziosamente, anche se cercava di negarselo con tutte le sue forze. Era sicuro che lui, tutto attorno a lui, mai sarebbe cambiato.
Tanto valeva continuare a bere e rimanere dove tutto era conosciuto e poteva essere affrontato nella sola maniera che conosceva.
 
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Si mosse e qualcosa di fresco e appiccicoso gli si spalmò sulla guancia. Mandando un grugnito di sorpresa spostò scompostamente le braccia urtando qualcosa: il rumore di un vetro a terra lo riportò alla realtà.
Daryl aprì gli occhi e cercò di mettersi a sedere, ma un forte mal di testa lo rallentò nei movimenti.
Si portò una mano al volto e portò via un po’ di saliva dalla guancia, pulendosi sul divano. Quando finalmente riuscì a mettersi seduto, con la testa tra le mani, si guardò attorno: al casino del giorno prima si era solamente aggiunta la mezza birra versata a terra, a cui aveva appena preso contro.
Cercò di ricordarsi come era tornato all’appartamento, ma non vi riuscì. Neanche si ricordava quanto aveva bevuto; sperava di non aver combinato troppi casini.
Si alzò e si avviò a farsi una doccia, per provare a tornare un poco lucido.
 
 
La città aveva una luce strana agli occhi di Daryl: il suo appartamento era immerso in un’eterna foschia e penombra, la sua vita era fatta di facce sconosciute, pugni e luci a cui chiudeva gli occhi. Adesso che era solo voleva osservare gli altri, la gente comune così diversa da lui e da tutto quello che aveva sempre vissuto e conosciuto, curioso.
Passò davanti a bar, negozi, librerie e si perse ad immaginarsi a condurre una vita simile ma ogni volta non gli sembrava possibile, non ci si sentiva. Si perse in particolare ad osservare il volto di una donna riflesso in una vetrina: aveva uno sguardo stanco ma speranzoso, un qualcosa che conosceva molto bene, benché con gli anni avesse imparato a nasconderlo al mondò e a sé stesso.
Quando lei entrò nel negozio lui si avvicinò alla vetrina, curioso di sapere cosa mai avesse attirato la sua attenzione: un libro, con un uomo morto in copertina. Sollevò lo sguardo e lesse l’insegna: libreria. Daryl non si ricordava se avesse mai finito un libro in vita sua, e sinceramente non sapeva neanche se gli sarebbe piaciuto. Rimettendosi gli occhiali da sole decise di tornare all’appartamento, poiché era stato fuori quasi tutta mattina.
 
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Due giorni. Erano passati in fretta, nel cercare di trovare una propria via, di sistemare le alcune cose. Gli mancava Merle, non poteva negarselo, eppure senza di lui sembrava tutto più tranquillo.
Stava guardando la tv, distraendosi di tanto in tanto, quando da questa sentì provenire delle urla e subito la sua attenzione fu catturata: parlavano di un attacco chimico, qualcosa di strano, vi era gente che correva e piangeva; altri che si avventavano su dei corpi a terra, divorandoli. Era scoppiato il panico e intimavano di non uscire, i soccorsi sarebbero arrivati il prima possibile.
Subito Daryl capì di doversene andare, sapeva riconoscere le situazioni pericolose e non bloccò il suo istinto. Non aveva mai creduto negli aiuti “immediati”, e questa volta non gli sembrava diverso, anzi, pensava non sarebbero proprio arrivati. Cose come quelle le aveva viste solo nei videogiochi e non riusciva a capire come tutto fosse divenuto realtà, ma preferiva salvarsi da solo.
Così iniziò a radunare poche cose in uno zaino e prese le chiavi della moto.
Con questa sfrecciò veloce verso il carcere, osservando il casino che si stava scatenando: gente che usciva di fretta dagli edifici per correre a casa a recuperare le proprie cose o i propri cari, completo caos per le strade e traffico sempre più intenso, con lunghe colonne che si stavano formando e gente impazzita.
Lui aveva un solo pensiero in mente: doveva trovare il modo di recuperare suo fratello, portarlo fuori e poi rifugiarsi nella capanna nel bosco che avevano ereditato dal padre. L’unica cosa che quel vecchio gli aveva lasciato: i due fratelli la usavano come base, ci tenevano le armi ed era la loro casa quando andavano a caccia.
Eccolo davanti a lui, il carcere. Daryl si fermò seduto sulla moto, i piedi a terra e le braccia abbandonate lungo il corpo, mentre cercava di farsi passare il fiatone.
“Ehi fratellino!” la voce di Merle lo fece voltare in fretta, spaventandolo.
Come faceva Merle ad essere lì? Stava per chiederglielo quando questo saltò sulla moto.
“Casino, ne ho approfittato. Non riescono più a tenere niente, per fortuna che questo è solo un piccolo carcere di città”
Sì, in effetti Daryl sapeva che quel carcere era per reati minori, o per chi aspettava di essere trasferito. Sospirò di sollievo, partendo con suo fratello verso il bosco, sfrecciando attraverso la città cercando di uscirne il prima possibile.
La casa era come l’avevano lasciata e per loro fortuna sembrava che nessun altro avesse avuto l’idea di rifugiarsi in quella zona del bosco, così da organizzarsi al meglio.
 
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Passarono i giorni e non avevano più avuto notizia dal mondo esterno.
“Dovremmo tornare a dare un’occhiata in città?” chiese Daryl a un certo punto.
“Tu vai, io non è il caso che mi faccia vedere. Se tutto è tornato a funzionare non voglio tornare dentro” rispose Merle.
Così Daryl si spinse il più possibile vicino alla città solo per poi scoprire che tutto sembrava perduto, persone non morte camminavano in città. Decise così di tornare da Merle per riferirgli il tutto, ma quando arrivò alla capanna lo trovò a combattere contro quegli strani esseri.
“Questi stronzi hanno cercato di mordermi!” gli urlò Merle mentre ne sbatteva uno contro un albero.
“Wow amico, hai proprio bisogno di una doccia”
Quando lo zombie però cercò di morderlo di nuovo Merle gli piantò il coltello nel corpo, aspettandosi di vederlo crollare a terra.
“Non muore!” urlò sconvolto.
Provò ancora e ancora, imitato da Daryl.
“Dobbiamo andarcene!”
Daryl entrò nella capanna a recuperare i loro zaini e armi, mettendosi la balestra in spalla. Quando uscì vide Merle piantare il coltello in testa ad una donna, esultando.
“Ho trovato un modo per farli fuori!”
Daryl lo guardò sconvolto, nella sua mente il caos più totale per quella situazione.
“Dai Merle, sono troppi”
Gli zombie stavano aumentando, arrivavano emettendo strani suoni gutturali. Daryl cercò qualcosa per distrarli e l’unica cosa che gli venne in mente fu quella di dare fuoco alla capanna.
 
 
Dietro di loro l’unica eredità bruciava. Daryl e Merle procedevano veloci per il bosco, diretti verso un sentiero, domande sospese nelle loro menti, senza un futuro certo.
Daryl realizzò che avevano bisogno di un gruppo, almeno per il primo periodo. Sapeva che con Merle non sarebbe stato facile, ma dovevano provarci, per capire; se la sarebbero poi cavata da soli.
Certo, il futuro se lo immaginava diverso, non di perdere nuovamente suo fratello ma non esser più solo, non di affezionarsi e diventare uomo. Non di essere fondamentale e parte di un qualcosa, di un gruppo, e trovare qualcuno con cui condividere quello era stato e che sarebbe diventato.
Il viaggio del giovane Daryl stava per concludersi, l’uomo stava arrivando.






Nota dell'autrice: dopo aver scritto la mia versione pre-apocalisse di Carol ho deciso di scrivere anche quella di Daryl. E' stato molto più difficile con lui: durante il telefilm hanno accennato al suo passato, ma son tasselli sparsi e che uno deve ricostruire in proprio, non un qualcosa di lineare e mai ben definito, sempre un po' offuscato. In linea generale comunque la storia è uguale per tutti: niente per Daryl è stato facile, mai.
Doversi immaginare comunque il suo contensto quando la società esisteva ancora è stato difficile, cercare di introdursi nel suo mondo e nel suo rapporto con Merle (figura con la quale ho sempre avuto un rapporto di amore-odio).
Quindi ecco qua uno dei possibili scenari che mi sono immaginata per lui, ho voluto condividerlo con voi!
Ricordatevi di passare sulla pagina autrice per rimanere sempre aggiornati sulle storie e su quando le pubblicherò, e rimanere in contatto: https://www.facebook.com/Calya_16-1009973959067923/
   
 
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