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Autore: Lory221B    01/05/2016    1 recensioni
Sherlock è in fase autodistruttiva e niente sembra più scuoterlo. Mycroft non vede altra soluzione se non mandarlo in terapia. Nel frattempo un nuovo, complicato caso, riemerge dal passato.
Riuscirà Sherlock a risolvere il puzzle della sua mente, risolvere il caso e riavvicinare John, che sembra sempre più distante e travolto dalla routine della vita familiare?
Aggiunto un epilogo bonus parentlock
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice

Epilogo bonus... perché il setlock mi ha colpito e non mi sono mai cimentata con la parentlock.
Ammetto di riporre un'ingenua fiducia nella coppia Moffat-Gatiss, se così non fosse volevo almeno mettere su fanfiction la speranza che la quarta stagione ci dia qualche gioia. E poi, di tutte le long che ho scritto, questa resta la mia preferita e mi è sempre sembrato di non averle dato un finale.
Grazie a tutti quelli che leggeranno.


Epilogo


Sherlock si svegliò attorno alle 7 del mattino, un vero record rispetto alle ultime settimane; da quando John era tornato a Baker Street, dopo la morte di Mary, portandosi dietro quel piccolo fagottino che era la figlia, non erano riusciti a dormire più di quattro ore per notte. Un po' perché continuavano ad avere incubi, un po' perché la bambina si svegliava ogni due ore, piangendo e reclamando tutte le attenzioni dei due.

John era ancora profondamente addormentato; Sherlock non riusciva ancora a credere che fosse lì, che dividessero il letto e la vita. Spesso si incantava a guardarlo, cosa che stupiva soprattutto se stesso; non si era mai distratto tanto come da quando stava con John. La cosa lo sbalordiva e gli faceva ancora più ridere che John fosse a sua volta sorpreso da tanto interesse, tra i due non si sentiva il bello della coppia.

Ma per il detective, John era perfetto così com'era: i suoi capelli brizzolati, i suoi maglioni rassicuranti, il tono perentorio da capitano che lo richiamava all'ordine. Ultimamente lo sentiva sempre più spesso, dato che John non era sempre d'accordo con i suoi modi di intrattenere la figlia.

Decise di lasciarlo riposare, se lo meritava dopo tutto quello che era successo e andò a vedere cosa combinava la piccola. Ovviamente era già sveglia e quando vide il detective cacciò un urletto. Lui la prese in braccio prima che svegliasse l'intero quartiere e la portò in cucina per la colazione, o almeno per tentare di fargliela fare.


Nell'appartamento c'era sempre stato caos, ma nessun caos poteva battere quello di una neonata. Sherlock non ne aveva idea, ogni tanto la fissava chiedendosi come un esserino così piccolo potesse portare tanto scompiglio.

Senza neanche accorgersene erano già passati quattro mesi da quando il fratello di Victor aveva sparato a Mary, John era tornato a Baker Street e avevano iniziato una nuova vita insieme. A volte gli sembrava talmente strano, che temeva di essere perso in un trip infinito e che da un momento all'altro si sarebbe svegliato in ospedale, nuovamente solo e senza John.

La bimba richiamò la sua attenzione con un acuto e Sherlock fu sempre più convinto che l'avrebbe indirizzata verso la carriera di soprano. In effetti, quando iniziava a piangere e nessuno dei due capiva quale fosse il motivo (fame? mal di pancia?), l'unica soluzione era l'arrivo di Sherlock con il violino. Da lì la ferma decisione del detective che avrebbe frequentato un corso di musica. A John sembrava più che prematuro, dato che ancora non parlava, ma non sembrava un punto su cui si potesse contraddire il detective.

La verità era che ogni volta che la bambina strepitava, Sherlock temeva fosse per mancanza della mamma e si sentiva ancora più in colpa per quello che era successo; un giorno avrebbe dovuto spiegare alla bimba che la madre era morta perché l'ennesimo psicopatico lo aveva preso di mira e la famiglia Watson ne era rimasta in mezzo. Ma per il momento ringraziava che questa conversazione non sarebbe avvenuta prima di qualche anno.

Tentò di darle l'omogeneizzato, ma lei gli lanciò lo stesso sguardo di quando, per le vaccinazioni di rito, era stata punta con l'ago della siringa. Un misto di "perché mi stai facendo questo" e "mi vendicherò non facendovi dormire". O almeno, questo era quello che vedeva lui, secondo John aveva troppa fantasia.

John stava continuando a dormire profondamente, per cui il detective decise di portare la bimba a prendere aria. Quando c'era sole a Londra, bisognava approfittarne.

Quello che non sapeva, era il fatto che un uomo che spingeva una carrozzella con dentro un neonato, era praticamente una calamita per ogni donna single e anche per quelle sposate. Dovette evitare un sacco di "ma che bella bambina" e non scoppiare a ridere o dare dell'idiota a quelle che affermavano "è uguale a suo padre", intendendo lui. All'ennesimo "è bella come il papà" optò per un - Si, John è davvero bello - che parve zittire la maggior parte di loro.

John si svegliò di soprassalto qualche ora dopo, aveva come una strana sensazione. Si girò nel letto ma Sherlock non c'era. Guardò la sveglia, erano già le 10 del mattino; cominciò a credere che stesse ancora sognando, era da mesi che non dormiva tanto.

Nonostante l'incredulità dovette ammettere che erano davvero le 10 ed era riuscito a dormire per ben dodici ore. Il fatto che Sherlock non fosse a letto e la bambina fosse così zitta cominciò a preoccuparlo; il detective si era dimostrato incredibilmente paziente con la piccola ma negli ultimi giorni la mancanza di sonno aveva avuto ripercussioni anche su di lui, al punto che Lestrade aveva dovuto telefonare a John perché venisse a recuperare Sherlock a Scotland yard, dato che si era addormentato sulla scrivania di Sally.

Il ché, in realtà, era stato piuttosto divertente.

Entrò in cucina, dove c'erano gli evidenti segni di un tentativo di colazione, che Ginny doveva aver rifiutato visto che c'era omogeneizzato sparso dappertutto. Rise forte, proprio nel momento in cui entrava la signora Hudson, che guardò  l'appartamento sconsolata - Ragazzi, sembra sia passato un uragano -

- Che ha l'aspetto di mia figlia signora Hudson -

- Mi sembra più una scusa per non pulire, in realtà - rispose lei, scuotendo la testa - Come vanno comunque le cose tra voi ?-

John sorrise fra sé - Bene, sembra quasi che non siano passati anni da quella prima cena da Angelo. E' davvero strano in realtà -

- La vita è un gran casino John - sentenziò la signora Hudson - Un giorno cerchi un appartamento per restare a Londra e quello dopo hai una figlia e un compagno che si comporta come un adolescente -

- Le prometto che metteremo a posto. O accetteremo quell'offerta di Mycroft, di far intervenire un'impresa di pulizie. Ha idea di dove siano Sherlock e Ginny comunque? -

- Sono usciti un'ora fa -

John temette che l'avesse portata sulla scena di un crimine, per cui  fece per telefonargli, quando sentì il rumore di passi sulle scale e intuì che il giro per Londra era già finito, probabilmente la figlia doveva essere cambiata e il detective era talmente impacciato nel farlo, che nemmeno ci provava quando non erano a casa.

Quello che non si aspettava era che tornassero con almeno quattro borse appese sulla carrozzella di Ginny, cosa che evidentemente divertiva la piccola, visto che continuava a guardare il movimento oscillante delle borse, quasi rapita.

- Sai che è una carrozzella e non un carrello per la spesa vero? - fece John.

- Buongiorno anche a te -

- Cos'è tutta quella roba? -

- Niente, ho pensato che era tempo di shopping -

- Perché? Ha già abbastanza vestiti -

- John, onestamente, ok che è una femmina, ma davvero ha bisogno di tutti questi vestitini rosa? -

La piccola rise, concordava col detective. John le lanciò un'occhiataccia divertita, avrebbe dovuto stare dalla sua parte, non da quella di Sherlock. Invece preferiva ascoltare il detective che parlava di omicidi, piuttosto che lui che le leggeva la storia di cappuccetto rosso. Confidava che fosse perché la voce di Sherlock era decisamente più sexy della sua.

- A che ora ti sei svegliato? - chiese John, cominciando a mettere a posto gli acquisti.

- Le 7. E Ginny stava già per mettersi a strepitare. Credo che le serva un bel caso di omicidio -

- Sherlock! - tuonò il capitano Watson.

- Ve bene, scherzavo - rispose, strizzando l'occhio alla piccola, che continuava a ridere dalla carrozzella - Però, se proprio fossimo in vena, potresti indossare quella specie di marsupio porta neonato e andare a vedere l'ultimo caso di Lestrade. Ti dico solo che qualcuno è stato ucciso con un paletto di legno -

- Come se fosse un vampiro? - rispose John, cercando di tenere un tono neutro, ma sembrava davvero interessato.

- Non è intrigante? - fece il detective, con una punta di speranza che John lo seguisse, anche se significava portare Ginny, dato che la signora Hudson cominciava ad esser troppo stanca per fare la baby-sitter per tante ore.

- Sally dirà che siamo una coppia di psicopatici a portare una bambina sul luogo di un delitto -

- Da quando ci importa cosa dice Sally? Possiamo tenerla in braccio a turno, prima esamino il cadavere io, poi tu -

Ginny sembrò approvare, perché cominciò ad agitarsi ridendo.

John la guardò così allegra e non poté non esserne felice, era vero che dormivano poco e lavoravano ancora meno per starle dietro, ma era davvero felice. Temeva che superato il momento di allegria iniziale, Sherlock si sarebbe stufato di loro e si sentì in colpa per averlo soltanto pensato. Inaspettatamente era davvero dolce con la piccola.

Spesso si sentiva un'idiota per aver nascosto dentro, per tanto tempo, quello che provava per Sherlock;
gli dispiaceva di aver dovuto superare tante peripezie per accorgersene, avrebbe dovuto dirgli tutto tanti anni prima, si sarebbero risparmiati tanta sofferenza. Ma come gli aveva detto la sua terapista, era inutile continuare a sentirsi in colpa per tutto, doveva solo pensare al futuro.

Forse non era sempre tutto perfetto ma era quello che aveva sempre voluto.

 

   
 
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